Pubbl. Ven, 26 Nov 2021
Brevi riflessioni sulla nullità di protezione consumeristica: profili dogmatici e problematiche processuali
Modifica paginaIl presente contributo si sofferma sulla nullità di protezione in favore del consumatore, di derivazione europea, mettendone in luce tanto gli aspetti dogmatici, quanto quelli di carattere processuale.
Sommario: 1 Premessa; 2 La nullità di protezione: collocazione nel sistema ed aspetti sostanziali; 3 La rilevazione officiosa della nullità di protezione: la sentenza della Suprema Corte; 4 Ammissibilità della convalida; 5 Nullità di protezione e novazione; 6 Considerazioni conclusive.
1. Premessa
La tematica della rilevabilità d’ufficio e della convalidabilità della nullità consumeristica è particolarmente centrale nel diritto dei contratti, non solo per l’impatto in subiecta materia delle istanze proveniente dal diritto europeo, ma anche per il compenetrarsi di aspetti sostanziali e processuali[1].
In particolare, stante la disciplina civilistica della nullità, ci si domanda se la nullità di protezione, il cui atteggiarsi, come si dirà, è peculiare, possa essere suscettibile di rilevazione ex officio da parte del giudice, nonché, nel silenzio della legge, di essere sanata mercé la convalida.
In via preliminare, al fine di meglio organizzare le seguenti riflessioni, occorre prendere le mosse da alcune brevi notazioni di carattere sistematico.
2. La nullità di protezione: collocazione nel sistema ed aspetti sostanziali
La nullità consumeristica si iscrive nella più ampia categoria che riflette l’impatto delle aree civilistiche di origine comunitaria nel sistema del diritto civile[2], ossia dell’attitudine di queste a smuovere i tradizionali istituti civilistici, tra i quali campeggia la nullità, che è la forma più grave di invalidità negoziale.
La previsione di una disciplina in parte derogatoria rispetto all’istituto del diritto comune affonda la propria ratio essendi nell’esigenza, particolarmente avvertita a livello comunitario, di protezione del contraente debole ove la pattuizione presenti forti profili di asimmetria. Ed invero, la contrattazione tra il consumatore ed il professionista, che la dottrina prevalente riconduce nel novero del secondo contratto, è caratterizzata dalla sussistenza di un’asimmetria di posizione, che accresce il rischio di abusi da parte del soggetto forte nei confronti della parte debole[3].
È in tale ottica che si collocano una vasta congerie di istituti, tra cui possiamo ricordare quello delle clausole vessatorie, del recesso consumeristico, del neoformalismo negoziale[4] e, per l’appunto, della nullità consumeristica, che rivestono la funzione di protezione della parte debole, ossia del consumatore.
Tale species di nullità rinviene il proprio fondamento normativo nell’art. 36 cons., che afferma al primo comma che le clausole vessatorie, ossia quelle che determinano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi, sono nulle, mentre il contratto rimane valido per il resto[5].
Dall’esegesi della disposizione in commento emerge una peculiare forma di nullità parziale, atteso che la presenza di una clausola nulla non ha una forza tale da inficiare l’intero contratto. Trattasi, pertanto, di nullità speciale[6], la quale si discosta significativamente da quella prevista dal codice civile agli artt. 1418 ss. c.c.
Il legislatore, nel richiamare la previsione di cui all’art. 33 cons, è molto preciso nel delineare lo spettro della nullità di protezione, ricomprendendovi al proprio interno tutte quelle ipotesi in cui la clausola è manifestamente vessatoria. In tale quadro ordinamentale, inoltre, assai significativa è la previsione di cui al comma 3 della norma in commento, la quale stabilisce che la nullità opera solo a vantaggio del consumatore è può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
È nella previsione predetta, in particolare, che si illumina il cd. favor consumatoris e la funzione essenzialmente protettiva di tale forma di nullità. Di talché, può affermarsi che uno strumento di tal genere ha il compito di ripristinare l’equilibrio normativo del contratto, alterato dall’inserimento nella pattuizione di una clausola affetta da vessatorietà.
A tali considerazioni, fanno eco le riflessioni della dottrina, la quale non ha mancato di evidenziare che l’operatività dell’istituto in discorso è fortemente legata alla protezione dell’interesse del consumatore[7].
Segnatamente, la nullità di protezione, collocandosi nel contesto di quel processo da più parti definito come di frantumazione della nullità, costituisce non già un tertium genus di invalidità[8], bensì una nullità speciale, che è da considerarsi quasi un ibrido, presentando sia alcune caratteristiche della nullità, sia dell’annullabilità[9]. Ed invero, volgendo lo sguardo alla disciplina codicistica, emerge in maniera nitida che la nullità di protezione presenta tanto la possibilità di rilevazione officiosa, nonché l’imprescrittibilità dell’azione, quanto la legittimazione relativa, potendo essere fatta valere solo dal consumatore.
Tale ordine di considerazioni trova conferma nel dato positivo di cui agli artt. 1421[10] e 1441 c.c.[11], che, nel disciplinare la legittimazione all’azione, scolpisce in maniera nitida la differenza tra nullità ed annullabilità, la prima potendo essere fatta valere da chiunque, la seconda dalla sola parte nel cui interesse è stabilito dalla legge.
Alla luce di ciò, alcuni autori hanno affermato che la nullità in discorso, in realtà, sia una forma superannullabilità[12], proprio perché sembrerebbe offuscare le differenze sussistenti tra nullità ed annullabilità[13].
La tesi in discorso non appare meritevole di accoglimento, atteso che, come è stato sottolineato, la tutela del consumatore sembra essere strumentale a quella di un interesse più forte, che è rappresentato dalla concorrenza nel mercato.
La nullità di protezione, in definitiva, sembra essere posta tanto nell’interesse dell’ordinamento, che non tollera la presenza di pattuizioni manifestamente squilibrate, che dell’interesse del contraente debole.
3. Rilevazione officiosa della nullità di protezione: la sentenza della Suprema Corte
E pur tuttavia, il regime processuale della nullità di protezione è particolarmente controverso, specie avuto riguardo alla sua rilevabilità d’ufficio da parte del giudice, della quale per lungo tempo si è dubitato[14].
Tale orientamento trovava conforto nella circostanza che le nullità protettive, come evidenziato, si pongono in notevole distonia con la nullità civilistica, siccome sono poste a protezione di interessi generali. Così argomentando, sebbene non vi sia nel nostro ordinamento una disposizione che esplicitamente vieti la rilevabilità d’ufficio, si riteneva che ammettere l’esistenza di tale potere in capo al giudice avrebbe comportato un vulnus di non lieve momento alla ratio della nullità di protezione.
Tale opinione è stata disattesa dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione[15], le quali, in una nota pronuncia, hanno evidenziato che anche le nullità di protezione sono poste a tutela di interessi generali, come l’equilibrio contrattuale ed il corretto funzionamento del mercato. Di talché, la nullità di protezione, detta anche di protezione virtuale da taluni[16], rappresenta il proprium delle nullità speciali, tale ordine di considerazioni estendendosi altresì a quelle nullità il cui regime processuale non espressamente dal legislatore[17].
Alla luce di ciò, si giustifica la previsione della possibilità di rilevazione ex officio da parte del giudice, che potrebbe apparire dissonante, ma che in realtà è manifestazione del predetto interesse ordinamentale, che si compendia nella necessità che in sede processuale venga operata una concreta valutazione dell’interesse protetto[18].
Di talché, ai fini della declaratoria processuale della nullità, non è sufficiente che il giudice si limiti a sindacare il mero conflitto tra l’autonomia privata e la previsione normativa, cioè tra contratto e legge, ma può rilevare ex officio la nullità solo dove essa sia funzionale alla protezione dell’interesse del contraente debole.
Nel contesto processuale, pertanto, la rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione, affermata dalla giurisprudenza della Suprema Corte, comporta che il giudice abbia il potere/ dovere di segnalare la nullità alle parti, ma la declaratoria di questa è subordinata alla specifica domanda del consumatore, che può esercitare un potere di veto in tal senso.
Tale potere comporta che il consumatore conserva la facoltà di non avvalersi di tale nullità, domandando che la causa venga decisa nel merito.
L’orientamento in discorso è condiviso altresì dalla giurisprudenza sovranazionale, la quale ha stabilito che il giudice deve esaminare d’ufficio la natura abusiva di una clausola contrattuale e non applicarla, a meno che il consumatore non vi si opponga[19].
La nullità di protezione, in definitiva, è rilevabile d’ufficio, ma non è dichiarabile da parte del giudice. Tale potere è da ritenersi coessenziale al perseguimento di interessi costituzionalmente protetti, come il corretto funzionamento del mercato e la giustizia contrattuale, la quale impone l’uguaglianza perlomeno formale tra contraenti forti e deboli.
Alla luce delle prefate considerazioni, può dirsi che l’apparente dissonanza tra la rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione ed il favor consumatoris si risolve avendo riguardo alla differenza ontologica che sussiste, a livello processuale, tra il potere officioso di rilevare la nullità e quello di dichiararla, il che avviene con sentenza dotata di efficacia di giudicato.
La coesistenza tra la rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione e la legittimazione relativa, in definitiva è individuato nella separazione tra il rilievo e la declaratoria della nullità, da ciò discendendo che il giudice è sempre tenuto a sollevare la questione di nullità, ma può accertarla in sentenza solo se conforme all’interesse della parte legittimata a domandarla[20].
Complementare alla tematica dianzi affrontata, da ultimo, è quella della disponibilità processuale della nullità di protezione alla luce del contegno processuale della parte debole. Tale problematica è divenuta particolarmente attuale nel dibattito civilistico alla luce della giurisprudenza comunitaria, la quale condiziona il rilievo officioso della nullità di protezione a legittimazione relativa al preventivo interpello del consumatore, con ciò escludendosi che la nullità possa essere dichiarata qualora questi vi si opponga.
L’opinione prevalente ritiene che dal comportamento processuale del consumatore e, in particolare, dal mancato esercizio di una mera difesa come quella relativa alla quaestio nullitatis della clausola non si possa evincere un intento validativo di essa[21].
4. Ammissibilità della convalida
Passando alla problematica della convalida, può dirsi che essa si colloca nel più ampio contesto della chiarita disponibilità da parte del consumatore della nullità di protezione, che secondo taluna dottrina assurgerebbe ad una forma di recupero del contratto invalido e, nella specie, di un recupero della clausola nulla[22]. Di talché, ci si interroga sulla possibilità per il consumatore di disporre nella maniera più piena del proprio diritto processuale, attraverso una sanatoria della nullità di protezione.
La tematica in discorso appare di notevole interesse sistematico, atteso che manifesta in maniera peculiare le interferenze sussistenti tra la disciplina civilistica e quella consumeristica, le quali, giusto la previsione di cui all’art. 1469 bis c.c.[23], poi confluita nell’art. 142 cons[24], sono caratterizzate da un rapporto di specialità.
Nel silenzio della legge consumeristica, in definitiva, occorre volgere lo sguardo al dettato civilistico, onde rinvenire nell’architettura codicistica una disposizione nel novero della quale ricomprendere la sanabilità della nullità di protezione.
In tale prospettiva, può ab imis escludersi la possibilità di applicare l’art. 1444 c.c.[25], perché una tale evenienza avrebbe l’effetto di rendere efficace un negozio ab origine improduttivo di effetti[26]. Di talché, se così si opinasse, si recherebbe un vulnus di non lieve momento ai principi generali in tema di invalidità negoziale.
Sulla scia di tali riflessioni, allora, alcuni autori hanno proposto l’utilizzabilità in via analogica dell’art. 1423 c.c[27]., che, nel prevedere l’impossibilità della convalida del contratto nullo, fa salve le ipotesi in cui la legge preveda diversamente, come quelli in materia di invalidità delle delibere assembleari, di cui all’art. 2379 c.c[28]. o di conferma delle donazioni nulle, di cui all’art. 799 c.c[29].
La sanatoria della nullità di protezione, allora, potrebbe avvenire pel il tramite di un negozio ex post, successivo alla conclusione del contratto, con il quale il consumatore disponga della nullità, optando per la convalida della clausola affetta da nullità.
A tale specifico riguardo, vi è chi ha ritenuto che il riferimento mosso dalla disposizione in commento al termine legge vada interpretato non già in senso restrittivo, ma in senso evolutivo, dovendosi intendere con tale termine non solo la legge in senso formale, bensì anche quella in senso sostanziale, ossia come ordinamento.
Tale concetto, invero, è decisamente più ampio, ove lo si consideri nella sua dimensione valoriale. Donde potrebbe ammettersi la sanatoria della nullità di protezione non solo quando la legge strictu sensu intesa lo consenta, ma anche nelle ipotesi in cui appaia la soluzione più ragionevole nel bilanciare i contrapposti interessi negoziali del consumatore e del professionista[30].
Per contro, un'altra parte della dottrina ha ritenuto che ammettere la sanabilità della nullità consumeristica comporterebbe non solo l’introduzione di uno strumento per eludere la protezione del contraente debole, ma si porrebbe altresì in contrasto con l’art. 143 cons, il quale è chiaro nell’affermare che i diritti attribuiti dal codice al consumatore sono irrinunciabili, prevedendo espressamente la nullità di ogni pattuizione che si ponga in contrasto con le pattuizioni consumeristiche[31].
La tesi in discorso, per quanto fondata sul dato testuale, sembra porsi in contrasto con la più generale attenzione che il diritto europeo, da cui la disciplina del Codice del consumo promana, agli aspetti economico-sostanziali della pattuizione, che impongono una valutazione della fattispecie negoziale che abbia riguardo all’effettiva protezione dell’interesse del contraente debole, che ben può manifestarsi nella disponibilità della nullità di protezione.
Alla luce di ciò, può osservarsi un riemergere del potere di autonomia privata, il quale può liberamente esplicarsi, nel rispetto dei limiti posti dalla Costituzione e dalla legge ordinaria. Di talché, la convalida della nullità di protezione potrebbe porsi in aporia con il sistema solo ove la clausola nulla sia caratterizzata da una vessatorietà massima, tale da porsi in contrasto con la dignità umana ed i diritti fondamentali del consumatore.
5. Nullità di protezione e novazione
Complementare alle problematiche dianzi trattate è quella relativa alla possibilità di novare una clausola affetta da nullità di protezione.
Sul punto, la giurisprudenza comunitaria, tornando ad occuparsi della tematica delle clausole abusive, ha di recente fornito risposta positiva al quesito predetto, affermando che è possibile novare una clausola affetta da nullità di protezione, a condizione che vi sia consapevolezza del vizio da parte del consumatore[32]. Ed invero, la nullità della novazione, ex art. 1708 c.c., presuppone la nullità dell’obbligazione originaria, di talché se la nullità di protezione non fosse sanabile, allora non sarebbe ammissibile il fenomeno novativo.
Nel momento in cui, come evidenziato, si ammette la sanabilità della nullità di protezione, pel il tramite della convalida, allora ciò rende possibile altresì la novazione della clausola affetta da tale species di nullità. Qualora si opinasse diversamente, non sarebbe ammissibile la novazione della clausola abusiva, poiché se l’oggetto della novazione è nullo non è possibile novare alcunché.
Un effetto di tal genere, inoltre, parrebbe potersi produrre anche alla luce della più volte richiamata separazione tra il dovere di rilevazione officiosa della nullità di protezione e la mancata declaratoria ove non sussista l’interesse del consumatore.
Ciò in ragione del fatto che la clausola abusiva, non essendo stata dichiarata processualmente la nullità, continua a produrre i suoi effetti e, conseguentemente, è suscettibile di novazione.
Alla luce di ciò, la Corte di giustizia conclude che l’ articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a che una clausola di un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, il cui carattere abusivo è suscettibile di essere accertato giudizialmente, possa essere oggetto di un contratto di novazione tra tale professionista e detto consumatore
La nullità di protezione, pertanto, sembrerebbe essere considerata dal legislatore alla stregua di un’annullabilità a fini processuali, ciò confermando la natura ibrida dell’istituto.
6. Considerazioni conclusive
In conclusione, possono svolgersi le seguenti riflessioni.
La rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione è da considerarsi immanente al sistema, atteso che, se così non fosse, si pregiudicherebbero eccessivamente le ragioni della parte debole dei contratti asimmetrici. Tale ordine di considerazione sembra potersi estendere altresì a tutti i contratti che presentino tali caratteristiche, come quelli di investimento, da ciò discendendo che la nullità di protezione è suscettibile di essere utilizzata in svariati settori.
E pur tuttavia, la dianzi richiamata attitudine dell’istituto in discorso non pare scalfire la centralità della nullità codicistica, potendosi affermare piuttosto una coesistenza tra le due forme di nullità nel sistema del diritto civile.
Ciò parrebbe essere confermato dall’ammissibilità della convalida, che postula la disponibilità della nullità speciale da parte del consumatore. Ed invero, una tale soluzione appare coerente con il carattere relativo della nullità, nonché con la possibilità della sua rilevazione officiosa.
La dialettica tra autonomia privata ed ordinamento, in definitiva, si arricchisce di uno strumento versatile, che è sì maggiormente in grado di soddisfare le esigenze della parte nel cui interesse è istituito, ma che non può porsi in contrasto con i principi generali.
[1] Il tema in dottrina è affrontato esaustivamente da G. PERLINGIERI, La convalida della nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, seconda edizione, Napoli 2011 e da S. PAGLIANTINI, Nullità di protezione e facoltà di non avvalersi della dichiarabilità quid iuris, nota a Cass. 12 dicembre 2014 n. 26242, parte I, in Foro it., 2015, passim; Id., La nullità di protezione tra rilevabilità d’ufficio e convalida: lettere da Parigi e dalla Corte di Giustizia, in Riv. dir. priv, 2009, p. 139 ss.
[2] Cfr. Per un approfondimento dei rapporti tra l’ordinamento europeo e quello interno in materia di diritti dei contratti nella dottrina civilistica moderna cfr. F. BELLOMO, Lezione su contratti del consumatore, Roma, 2019, nonché Nuovo sistema del diritto civile, Bari, 2021, in corso di pubblicazione. La dottrina moderna evidenzia come il diritto europeo scalfisca uno dei dogmi tradizionali del diritto dei contratti classico, ossia quello della sacralità del contratto. Tale principio comporta l’insindacabilità dell’equilibrio contrattuale originario, siccome frutto del regolamento di interessi voluto dalle parti contraenti.
[3]Per una bibliografia essenziale cfr. C.M. BIANCA, Il contratto, seconda edizione, Milano, 2000, p. 624 ss.; A. DI MAJO, La nullità, in U. CARNEVALI, E GABRIELLI, M. TAMPONI, Il contratto in generale, in M. BESSONE, Trattato di diritto privato, XII, Torino, 2002, passim; M. FRATINI, Manuale sistematico di diritto civile, ultima edizione, Roma 2021, p. 1448 ss.; F. GAZZONI, Manuale di diritto civile, diciassettesima edizione, Napoli, 2015; R. GIOVAGNOLI, Manuale di diritto civile, Roma, 2019, p. 1001 ss.; S. MONTICELLI, Autonomia privata e limiti alla disponibilità della nullità contrattuale, in Contr. impr., 2018, 3, p. 1029; G. PASSAGNOLI, Nullità speciali, Milano, 1965; Id., Note critiche in tema di sanabilità e rinunziabilità della nullità di protezione, in Pers. merc., 2012, p. 24 ss.; S. POLIDORI, Nullità relativa e potere di convalida, in Rass. dir. civ., 2003, p. 931 ss.; Id., Nullità di protezione e sistematica delle invalidità negoziali, Napoli, 2016; A. PROTO, Crisi del contratto e nullità di protezione, in Variazioni su temi del diritto del lavoro, 2017, IV, passim; V. SCALISI, Il diritto europeo dei rimedi: invalidità e inefficacia, in Riv. dir. civ., 2007, I, p. 843 ss.; A. TORRENTE, P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, ventiquattresima edizione, Milano, 2019.
[4] La teorica in commento è stata recepita dalla più recente giurisprudenza in materia di contratti finanziari e di investimento. Sul punto, v. Cass., Sez. Un., n. 898 del 2018, nonché da ultimo Cass. Sez. Un. 28314 del 2019, di cui amplius infra.
[5] Il carattere di nullità parziale necessaria, pertanto, è nitidamente affermato dalla norma.
[6] Cfr. M. FRATINI, op. cit., p. 1412, ad avviso del quale la specialità della nullità di protezione risiede nel proteggere contemporaneamente interessi individuali e meta individuali, racchiudendo in sé la funzione e della nullità e dell’annullabilità. Contra v. A. GENTILI, La nullità di protezione, in Eur. dir. priv., 2011, p. 117 ss., il quale nega il carattere speciale alla nullità di protezione, osservando che essa si sostanzierebbe nella manifestazione più moderna di una delle funzioni tradizionalmente assegnate all’istituto della nullità, ossia quella si protezione, nella quale si illumina la dialettica tra interesse privato ed interesse generale.
[7] Cfr. S. RUSCICA, La nullità del contratto, in Rassegna dottrinale e giurisprudenziale sull’autonomia negoziale e sul contratto, Roma, 2019, passim.
[8] Cfr. R. GIOVAGNOLI, op. cit., p. 986.
[9] L’art 1421 c.c. testualmente recita salvo diverse disposizioni di legge, la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
[10] L’art. 1441 c.c. dispone che L’annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge. L’incapacità del condannato in istato di interdizione legale può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse.
[11] L’opinione in discorso sembrerebbe trovare conforto nella giurisprudenza comunitaria e da ultimo in Cort. Giust. 9 luglio 2020, causa C-452/18 in materia di nullità della novazione.
[12] A favore dell’incompatibilità tra la nullità protettiva e la rilevabilità d’ufficio si schiera G. PASSAGNOLI, op. cit., p. 189; Tale impostazione è stata condivisa, altresì, da Cass., Sez. Un., n. 3508 del 1974, nella quale si afferma l’incompatibilità logica tra il carattere relativo della nullità ed il rilievo officioso del vizio inficiante il contratto. Sul punto, cfr. altresì F. GAZZONI, Manuale, cit., p. 1002, nonché in Obbligazioni e contratti, Napoli, 2013. Nella giurisprudenza della Corte di giustizia, invece, la rilevabilità d’ufficio della nullità di protezione è pacificamente ammessa. In particolare, occorre che il contraente protetto non manifesti una volontà contraria, di talché il giudice dovrebbe sempre rilevare la nullità relativa, a meno che il soggetto non manifesti un interesse all’efficacia del contratto.
[13] Cfr. Cass. Sez. Un. n. 26242 del 2014, in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, pp. 199 ss, dove si afferma che il giudice non dichiara una nullità rilevata nei casi di nullità speciali o di protezione, se la parte interessata non manifesta interesse alla dichiarazione;
[14] Si rammenta che in tale ipotesi ad essere virtuale non è tanto la nullità, bensì il regime processuale protettivo in discorso.
[15] Cfr. R. GIOVAGNOLI, op. cit., ibid.
[16] Cfr. G. D’AMICO, Nullità virtuale-nullità di protezione ( variazioni sulla nullità ), in Contratti, 2009, p. 742. L’Autore sostiene che la nullità in commento non comporta deroga alcuna al principio posto dall’art. 1421 c.c., poiché trattasi di nullità che, finché sussiste, può essere rilevata dal giudice senza alcun limite.
[17] Cfr. Cort. Giust. Sentenza Pannon del 4 giugno del 2009 in causa C-243/08 nella quale si afferma che quello del rilievo officioso della nullità delle clausole abusive è un dovere da parte del giudice.
[18] Cfr. G. PERLINGIERI, op. cit., p. 70.
[19] Cfr. R. GIOVAGNOLI, op. cit., ibid.
[20] L’art. 1469 bis c.c. dispone che le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore.
[21] Gli articoli 1469-bis, 1469-ter, 1469-quater, 1469-quinquies e 1469-sexies del codice civile sono sostituiti dal seguente: art. 1469 bis c.c. Le disposizioni del presente titolo si applicano ai contratti del consumatore, ove non derogate dal codice del consumo o da altre disposizioni più favorevoli per il consumatore.
[22] L’art. 1444 c.c. testualmente recita: Il contratto annullabile può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento, mediante un atto che contenga la menzione del contratto e del motivo di annullabilità, e la dichiarazione che s’intende convalidarlo. Il contratto è pure convalidato, se il contraente al quale spettava l’azione di annullamento vi ha dato volontariamente esecuzione conoscendo il motivo di annullabilità. La convalida non ha effetto, se chi l’esegue non è in condizione di concludere validamente il contratto.
[23] Cfr. S. POLIDORI, Nullità di protezione e sistematica delle invalidità negoziali, Lecce, 2016.
[24] L’art. 1423 c.c. dispone che Il contratto nullo non può essere convalidato, se la legge non dispone diversamente.
[25] L’art. 2379 c.c. dispone che Nei casi di mancata convocazione dell’assemblea, di mancanza del verbale e di impossibilità o illiceità dell’oggetto la deliberazione può essere impugnata da chiunque vi abbia interesse entro tre anni dalla sua iscrizione o deposito nel registro delle imprese, se la deliberazione vi è soggetta, o dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea, se la deliberazione non è soggetta né a iscrizione né a deposito. Possono essere impugnate senza limiti di tempo le deliberazioni che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività illecite o impossibili. Nei casi e nei termini previsti dal precedente comma l’invalidità può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
[26] L’art. 799 c.c. dispone che La nullità della donazione, da qualunque causa dipenda, non può essere fatta valere dagli eredi o aventi causa dal donante che, conoscendo la causa della nullità, hanno, dopo la morte di lui, confermato la donazione o vi hanno dato volontaria esecuzione.
[27] Cfr. G. PERLINGIERI, La convalida della nullità di protezione e la sanatoria dei negozi giuridici, cit., ibid.
[28] Cfr. R. GIOVAGNOLI, op. cit. p. 1003.