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Pubbl. Lun, 29 Nov 2021

L´impugnabilità diretta della legge-provvedimento dinanzi al giudice amministrativo costituisce difetto assoluto di giurisdizione

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Marcella Notarpietro



Il Consiglio di Stato, con la sentenza 2409/2021, ha dichiarato l´inammissibilità per difetto assoluto di giurisdizione del ricorso con il quale si impugni in via diretta dinanzi al giudice amministrativo un atto avente forza di legge. I profili di maggior rilievo della natura e della disciplina delle leggi-provvedimento, alla luce di quanto sancito dal Consiglio di Stato in tema di rimedi esperibili: la richiamata inammissibilità prescinde dal fatto che l’atto impugnato sia caratterizzato dalla presenza di un contenuto particolare e concreto e, dunque, idoneo a incidere sulla sfera giuridica soggettiva dei destinatari, non potendo i ricorrenti impugnare in via diretta la legge-provvedimento che si assume lesiva.


ENG The Council of State, in its judgment 2409/2021, declared inadmissibility for absolute lack of jurisdiction of the appeal in which an act with the force of law is directly challenged before the administrative court. In the light of that judgment, the present report examines the most important aspects of the nature and discipline of the so-called ”leggi-provvedimento” and finally reiterates the provisions of the Council of State concerning remedies available against them.

Sommario: 1. Premessa; 2. Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2409; 3. Difetto assoluto di giurisdizione; 4. Natura e disciplina delle cd. “leggi-provvedimento”; 5. Leggi-provvedimento costituzionalmente legittime e costituzionalmente illegittime; 6. Rimedi esperibili: spostamento del regime di tutela; 7. Conclusioni.

1. Premessa

La presente trattazione tenta di evidenziare i profili formali e sostanziali di maggior rilievo della sentenza del Consiglio di Stato n. 2409/2021[1], con particolare riferimento al tema del difetto assoluto di giurisdizione alla luce della natura e della disciplina delle leggi-provvedimento e dei rimedi esperibili contro di esse.

2. Sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 marzo 2021, n. 2409

Il caso oggetto della presente trattazione vedeva il Comune di Sersale impugnare la sentenza del TAR Calabria n. 602/2020[2] che decideva del ricorso dell’Ente locale avverso la Legge regionale n. 45/2019[3] con la quale veniva modificato l’art. 6 della Legge regionale n. 41/2016[4], istitutiva della Riserva Naturale Regionale delle Valli Cupe.

Con il ricorso di primo grado, il Comune di Sersale censurava la Legge regionale n. 45/2019 nella parte in cui disponeva la sostituzione del Comune di Sersale dalla gestione della Riserva delle Valli Cupe in favore dell’associazione Legambiente Calabria, ritenendola affetta da profili di illegittimità sotto molteplici aspetti: violazione di legge ed eccesso di potere, erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti, eccezione di illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 97 e 3 della Costituzione arbitrarietà, irragionevolezza della legge provvedimentale, disparità di trattamento, violazione dei principi di leale collaborazione tra amministrazioni dello Stato.

In particolare, il Comune di Sersale – dopo aver qualificato la legge regionale n. 45/2019 come legge-provvedimento – censurava la norma regionale in quanto la scelta legislativa sembrava essere caratterizzata da arbitrarietà e irragionevolezza: non sembravano desumibili valide ragioni in grado di giustificare l’articolo 6 della Legge regionale 41/2016.

Il TAR Calabria dichiarava il ricorso inammissibile per molteplici ragioni che si possono, orientativamente, riassumere come segue. Innanzitutto il sindacato di legittimità deve essere garantito dalla Corte costituzionale, la quale graniticamente ha sempre affermato che l’incostituzionalità di una norma legislativa non può costituire l’unico motivo di ricorso d’innanzi al giudice a quo: invero nel giudizio principale deve essere individuabile « un petitum separato e distinto dalla questione (o dalle questioni) di legittimità costituzionale, sul quale il giudice rimettente sia chiamato a pronunciarsi […] »[5].

Nel caso di specie, invece, il giudizio introdotto d’innanzi al TAR aveva un petitum (annullamento della legge provvedimento) in tutto coincidente con quello del giudizio che doveva essere devoluto alla Corte costituzionale: si chiedeva, in sostanza, una pronuncia demolitoria di una legge in contrasto con la spettanza di tale potere alla sola Corte costituzionale e in contrasto con la natura eminentemente incidentale del giudizio di legittimità costituzionale. Per tutto quanto appena detto dunque il TAR dichiarava il ricorso inammissibile in quanto l’Ente locale aveva cercato tutela contro un atto che riteneva immediatamente lesivo secondo una « via sbagliata ».

Cionondimeno, il Comune di Sersale ricorreva in appello avverso la suddetta sentenza, censurandone l’apparato motivazionale in particolare laddove il giudice de quo aveva ravvisato un’identità di petitum tra giudizio principale e giudizio costituzionale e prospettando dunque l’assenza di incidentalità.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza oggetto della presente disamina, dichiara l’appello dell’Ente locale infondato e conferma la sentenza di primo grado per le ragioni che seguono. Se è vero che la Corte costituzionale deve adottare un approccio ampio sulle questioni di costituzionalità – al fine di assicurare piena tutela alle situazioni soggettive degli amministrati – cionondimeno si deve escludere l’impugnabilità diretta della legge provvedimento dinanzi al giudice amministrativo. Invero, « il giudizio di costituzionalità deve conservare il proprio carattere incidentale, e quindi muovere pur sempre dall’impugnazione di un atto amministrativo […] rispetto al quale la norma di legge si ponga quale presupposto ».

Come ancora chiarito in precedenza dallo stesso Consiglio di Stato[6], in ipotesi di leggi provvedimento l’unica possibilità di tutela per i cittadini è quella di impugnare gli atti applicativi della legge, deducendo l’incostituzionalità della stessa: il Comune di Sersale avrebbe dovuto impugnare un provvedimento emesso dall’associazione Legambiente Calabria quale risultante dalla modifica di cui alla Legge regionale 45/2019, sollevando in via incidentale questione di legittimità costituzionale.

Pertanto la domanda di prime cure risulta inammissibile, in quanto si risolve nella richiesta di annullamento di un atto formalmente legislativo che invece esula dalle attribuzioni del giudice amministrativo.

Il giudizio di costituzionalità di una legge-provvedimento, dunque, presuppone che il giudizio di primo grado verta su un atto formalmente e sostanzialmente amministrativo applicativo di una legge provvedimento che si assume incostituzionale: in assenza di tale atto applicativo il ricorso è da ritenersi inammissibile per difetto assoluto di giurisdizione del giudice amministrativo.

3. Difetto assoluto di giurisdizione

Alla luce del caso in oggetto appena tracciato, appare utile ai fini della presente disamina svolgere una breve ma utile digressione in tema di giurisdizione, partendo proprio dal riparto di quella amministrativa e quella ordinaria.

Il riparto di tale giurisdizione ha posto sin dal momento dell’istituzione della IV Sezione del Consiglio di Stato il problema di fissare il criterio sulla base del quale determinare il giudice competente[7]. Al riguardo si sono avute non poche oscillazioni giurisprudenziali e accesi dibattiti dottrinali che si sono concentrati sempre sul medesimo punctum dolens : capire se il riparto debba fondarsi sul criterio del petitum ovvero della causa petendi [8].

In base al criterio del petitum il giudice competente viene individuato non sulla base della natura della situazione giuridica dedotta in giudizio e che si assume lesa, bensì in ragione della tipologia di pronuncia richiesta. Dunque se si chiede l’annullamento di un atto amministrativo illegittimo, il giudice competente sarà il giudice amministrativo; se si chiede una pronuncia di condanna della Pubblica Amministrazione al risarcimento dei danni, allora il giudice competente sarà il giudice ordinario. In base al criterio della causa petendi, invece, la giurisdizione si radica in virtù della natura della situazione giuridica che si assume lesa: se ad essere leso è un interesse legittimo, il giudice competente è quello amministrativo; se ad essere leso è un diritto soggettivo, il giudice competente è quello ordinario.

L’applicazione del criterio della causa petendi comporta, al contrario del criterio del petitum, le conseguenze che seguono. In primis non può esservi nessuna doppia tutela perché ogni situazione giuridica soggettiva merita una determinata tutela affidata ad un determinato giudice; in secundis ogni qualvolta il giudice travalichi le proprie attribuzioni si pone una questione attinente alle giurisdizione.  

Stando a quanto appena detto, appare utile sottolineare che conformemente al principio della divisione dei poteri, la giurisdizione costituisce una delle tre funzioni dello Stato insieme a quella legislativa e quella esecutiva: essenzialmente consiste nel potere dei giudici – siano essi ordinari o speciali, oppure civili, penali o amministrativi – di pronunciarsi e decidere su una determinata domanda giudiziale.

La giurisdizione trova fondamento nella Carta costituzionale agli articoli 24 – nella parte in cui stabilisce che tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti soggettivi e interessi legittimi – e 101 ss., i quali attribuiscono l’esercizio della giurisdizione alla magistratura ordinaria, civile e penale. La giurisdizione costituisce un presupposto processuale, la cui mancanza impedisce al giudice di decidere il merito della lite: in assenza di tale presupposto il giudice deve chiudere il processo in rito, in linea con quanto avvenuto nelle vicende processuali oggetto di questa trattazione.

Volendo analizzare in particolare il campo della giurisdizione della Corte costituzionale, l’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1[9] rimette alla decisione della Corte le questioni di legittimità costituzionali delle leggi o degli atti aventi forza di legge, quando rilevate d’ufficio o sollevate da una delle parti in corso di giudizio e ritenute non manifestatamente infondate. Addentrandosi ancora più nello specifico, la legge 87/1953, all’art. 23 comma 1[10], precisa che il giudizio di cui trattasi deve svolgersi d’innanzi ad un’autorità giurisdizionale. Infine, le norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale all’art. 1[11] disciplinano il deferimento alla stessa dell’ordinanza con cui il « giudice, singolo o collegiale » a quo promuove il giudizio di legittimità costituzionale.

Tali disposizioni, dunque, delineano due condizioni ai fini del presupposto processuale della legittimazione ad attivare l’incidente di costituzionalità[12]: uno di carattere soggettivo, ovverosia la qualità di “autorità giurisdizionale” del soggetto che rimette la questione alla Corte costituzionale; uno di carattere oggettivo, ovverosia la sussistenza di un “giudizio” nel corso del quale la questione è sollevata o rilevata d’ufficio per essere poi sempre rimessa con ordinanza.

4. Natura e disciplina delle cd. “leggi-provvedimento”

A fronte di quanto appena detto, appare ulteriormente opportuno tracciare i profili delle cd. “leggi-provvedimento”. Queste ultime hanno assunto nel dibattito dottrinale e giurisprudenziale una portata problematica, tendendo esse a contemplare una molteplicità di significati[13].

Una conclusiva definizione di legge-provvedimento appare complessa per diversi ordini di motivi che verranno di seguito esaminati. Nondimeno, una base di definizione di legge-provvedimento ci viene data dalle pronunce della Corte costituzionale[14]. Quest’ultima definisce leggi-provvedimento quelle che «contengono disposizioni dirette a destinatari determinati»[15], che «incidono su un numero determinato e limitato di destinatari»[16], che «hanno un contenuto particolare e concreto»[17], che sono «ispirate da particolari esigenze» e che, infine, «comportano l’attrazione alla sfera legislativa della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa»[18].

Ciò premesso, la legge-provvedimento è un atto avente forza di legge, ovverosia adottato in base agli artt. 71 ss. della Costituzione. Trattasi dunque di un atto solo formalmente legislativo in quanto esso condivide i caratteri formali della legge e i caratteri sostanziali di un provvedimento amministrativo[19].

Nel nostro ordinamento giuridico le leggi conoscono diverse aggettivazioni: leggi statali, leggi regionali, leggi costituzionali ecc. In tali espressioni le parole vivono in un rapporto di genus ad species, dove la parola legge indica il genere e l’aggettivo indica la specie in cui si caratterizza[20]. Nell’espressione legge-provvedimento, invece, l’aggettivo è sostituito da un sostantivo e questo implica importanti conseguenze[21]: nel caso delle leggi statali, regionali o costituzionali, invero, l’espressione ha rilevanza formale, indicando il soggetto che le delibera; nel caso delle leggi-provvedimento, invece, la parola “provvedimento” sta ad indicare il contenuto della legge e ciò implica due importanti conseguenze. Per prima cosa la legge-provvedimento può essere sia una legge statale che una legge regionale e, inoltre, la legge provvedimento si individua come tale in base dunque al suo contenuto tipico di un provvedimento amministrativo. Esiste perciò nell’ordinamento la legge intesa in modo tradizionale e la legge-provvedimento, che invece devia dal concetto e la natura dell’atto normativo e unisce le caratteristiche tipiche della legge e quelle del provvedimento amministrativo.

Siffatto inquadramento implica una necessaria disamina della contrapposizione tra la legge, che vede i suoi caratteri essenziali nella generalità e nell’astrattezza, e il provvedimento amministrativo che invece ne è privo[22].

Il concetto di generalità riguarda i destinatari dell’atto normativo, che si definiscono come un insieme aperto dei soggetti che potrebbero astrattamente rivestire le qualità indicate dalla norma. Parallelamente, l’astrattezza ha invece a che vedere con il comportamento tipo che potrebbe essere astrattamente realizzato dai soggetti destinatari di cui sopra. Alla luce di tali definizioni, l’ipotesi di inammissibilità delle leggi-provvedimento per carenza degli indefettibili requisiti di generalità e astrattezza è stata, inizialmente, fortemente sostenuta in dottrina[23]. In realtà tale tesi è stata ben presto disattesa e superata dalla giurisprudenza costituzionale[24]: si è andata affermando una concezione formalistica della legge che non distingue contenutisticamente la funzione legislativa da quella amministrativa e che ha fatto emergere l’insufficienza del criterio della generalità e dell’astrattezza ai fini dell’identificazione delle leggi-provvedimento[25].

Le leggi-provvedimento risultano dunque riconducibili a diversi tipi di atti[26] che la dottrina distingue e classifica a seconda che esse si limitino ad eseguire una precedente legge generale o siano innovative nel sistema legislativo, ovverosia che per un singolo caso pongano regole specifiche. La legge è meramente esecutiva rispetto ad una precedente legge se non contiene alcuna disposizione modificativa del sistema legislativo, come esecutivo è un qualunque atto amministrativo che per sua stessa natura applica una legge. Se invece la legge, disciplinando un caso specifico, introduce una innovazione nel sistema legislativo allora essa non può essere meramente esecutiva, seppur in parte riproduttiva di disposizioni già esistenti: tale legge è una legge-provvedimento.

5. Leggi-provvedimento costituzionalmente legittime e costituzionalmente illegittime

La legge-provvedimento non è dunque di per se’ costituzionalmente illegittima, ma – alla luce di quanto chiarito in precedenza – merita di essere finemente analizzata.

In dottrina si è spesso parlato del tentativo di creare sulla base della Costituzione una cd. “riserva di amministrazione”, concludendo che le leggi che vi rientrino, se violano tale riserva, sono incostituzionali. È necessario anzitutto distinguere tra riserva di atto amministrativo e riserva di amministrazione, partendo dal presupposto per cui secondo Costituzione esiste una riserva di atto amministrativo ma non esiste una riserva di amministrazione[27]: sia gli organi legislativi che il Governo possono, anche sulla base del principio di legalità[28], essere investiti del potere di compiere atti amministrativi. È dunque possibile che Parlamento, Governo e Consigli regionali adottino veri e propri atti amministrativi, del medesimo regime giuridico di tutti gli altri atti amministrativi.

Occorre sottolineare come il fondamento costituzionale della riserva di atto amministrativo risieda nel fatto che la Costituzione italiana contiene il principio di divisione dei poteri. Innanzitutto in democrazia il principio di divisione dei poteri prevede come suo immediato corollario il principio secondo cui solo i giudici possono sindacare in ultima istanza sulla esatta applicazione della legge: se il legislatore dapprima approva la legge e poi pretende egli stesso di applicarla, sottrae ai giudici la loro essenziale funzione. In secondo luogo esiste una differenza fondamentale tra i giudici della magistratura ordinaria e la Corte costituzionale: i primi decidono su diritti soggettivi ed interessi legittimi, mentre i secondi decidono sulla legge.

Cionondimeno, le leggi-provvedimento, in ragione della loro natura sostanzialmente composita, devono essere sottoposte ad uno stretto controllo di legittimità costituzionale. La valutazione circa la loro legittimità si baserà su profili di arbitrarietà e ragionevolezza delle scelte del legislatore e non più su profili di validità come avviene per i provvedimenti amministrativi. Se le questioni di legittimità costituzionale muovono dall’assunto per il quale le norme censurate abbiano carattere provvedimentale, ne segue la necessità di uno scrutinio di costituzionalità stretto e particolarmente severo poiché in tali norme è insito il pericolo di un arbitrio e di potenziale deviazione, in danno di determinati soggetti, dalle regole dettate in materia di provvedimento amministrativo.

Quando la legge si sostituisce al provvedimento amministrativo il sindacato di costituzionalità sulla norma provvedimentale diviene efficiente solo se attinge alla razionalità oggettiva della disposizione censurata, per come essa vive nell’ordinamento e per gli effetti che vi produce. È perciò necessario accertare in maniera stringente se siano identificabili interessi in grado di giustificare la legge-provvedimento.

6. Rimedi esperibili: spostamento del regime di tutela

Chiarito dunque che la legge-provvedimento non è di per se stessa incostituzionale, possono emergere altri aspetti per i quali essa lo diventi: violazione del principio di eguaglianza, di buon andamento e di imparzialità della Pubblica Amministrazione, o per manifesta irragionevolezza[29].

La tutela accordata al privato subisce una modifica sia sul piano soggettivo che sul piano oggettivo: il soggetto privato che voglia censurare una legge-provvedimento non potrà proporre ricorso d’innanzi al giudice amministrativo – come per gli ordinari provvedimenti amministrativi – e non potrà nemmeno censurare la norma direttamente davanti alla Corte costituzionale. Il giudizio di costituzionalità deve conservare il proprio carattere incidentale, dovendo sorgere nel giudizio a quo come un cd. “incidente processuale”.

Dunque, il privato che abbia interesse nella declaratoria di incostituzionalità della legge-provvedimento può limitarsi a introdurre un giudizio di fronte al giudice amministrativo censurando non la legge stessa ma un provvedimento che ne dia concreta attuazione. Al giudice di merito invece bisogna lasciare la scelta circa il deferimento della questione di legittimità costituzionale alla Corte costituzionale, essendo il giudice de quo il solo cd. “introduttore necessario”[30]:

« […] È infatti riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall'interessato, oltre che prospettata d'ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo »[31].

7. Conclusioni

Da tutto quanto appena detto, possiamo desumere tre profili importanti circa le leggi provvedimento. In primis, le leggi-provvedimento devono ritenersi in via principio compatibili con l’assetto dei poteri delineato in Costituzione, non contenendo quest’ultima in alcun modo un principio di “riserva di amministrazione”, tutt’al più invece una riserva di atto amministrativo. In secundis, le leggi-provvedimento non sono censurabili con i medesimi rimedi processuali tipici che conosciamo per i provvedimenti amministrativi, ma necessitano di un controllo accentrato di costituzionalità. Ad ultimum, tale controllo della controllo della Corte costituzionale deve attenersi a parametri di ragionevolezza e proporzionalità, desumibili anche caso per caso dalla valutazione degli elementi sui quali la legge-provvedimento va ad incidere.

Ciò che emerge inoltre è che – seppur la giurisprudenza abbia in diversi modi chiarito che i diritti del cittadino d’innanzi ad una legge-provvedimento non sono sacrificati ma solo tutelati in sede costituzionale invece che in sede amministrativa – appare innegabile come materialmente le due forme di tutela non possano essere equiparabili in termini di incisività.

Per prima cosa i ricorrenti non possono impugnare in via diretta la legge-provvedimento che si assume lesiva ma devono attendere che ne sia emanato un provvedimento amministrativo applicativo. In secondo luogo, il giudizio della Corte costituzionale è subordinato ad un previo filtro del giudice remittente (giudice a quo). Infine, il sindacato di costituzionalità circa la ragionevolezza demandato poi alla Corte non può ritenersi equiparabile a quello sull’eccesso di potere proprio del giudice amministrativo.

Qualora la legge assuma i caratteri tipici della legge-provvedimento, così come delineati nella presente trattazione, può ritenersi che sussista un rischio non trascurabile di elusione delle garanzie sostanziali che offre la disciplina del procedimento amministrativo, ma anche delle garanzie processuali che contraddistinguono il processo amministrativo e che non possono egualmente essere assicurate nel processo costituzionale[32].


Note e riferimenti bibliografici

[1] Consiglio di Stato sez. IV, 22/03/2021, (ud. 11/03/2021, dep. 22/03/2021), n.2409

[2] TAR Calabria, sede di Catanzaro, 22 Aprile 2020, n. 602/2020;

[3] Legge Regionale Calabria 25 novembre 2019, n. 45 (in BU 25 novembre 2019, n. 131);

[4] Legge regionale Calabria del 27 Dicembre 2016 , n. 41; Articolo 6 (Ente di gestione): « 1. La gestione della Riserva naturale regionale delle Valli Cupe è demandata all'associazione Legambiente Calabria riconosciuta a livello nazionale, secondo le indicazioni previste dagli articoli 6 comma 10 e 26 della l.r. 10/2003. 1 bis. L'ente gestore garantisce la partecipazione degli enti locali interessati alla gestione della riserva ai sensi della lettera c) del comma 1, dell'articolo 22 della legge n. 394/1991. 2. La Regione Calabria sostiene con un contributo annuale, da determinarsi in sede di approvazione della legge di stabilità regionale, le spese di funzionamento della riserva naturale regionale delle Valli Cupe sostenute dall'associazione nazionale Legambiente Calabria. 3. La sede legale ed operativa dell'Ente di gestione dell'area protetta viene individuata secondo l'articolo 8 della l.r. 10/2003 ».

[5] Corte Costituzionale, sent. del 13/01/2014, n.1; Corte Costituzionale, sent. del 12/01/2000, n.4;

[6] Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 Ottobre 2008, n. 4933;

[7] F. G. SCOCA (a cura di), Giustizia Amministrativa, Torino, 2017, 71-72

[8] o petitum sostanziale; su tale dibattito Cfr. V. CERULLI IRELLI, Il problema del riparto delle giurisdizioni. Premesse allo studio del sistema vigente, Pescara, 1979.

[9] Legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 “Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipendenza della Corte costituzionale” (G.U. n. 43 del 20 febbraio 1948); Art. 1: « 1. La questione di legittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge della Repubblica rilevata d'ufficio o sollevata da una delle parti nel corso di un giudizio e non ritenuta dal giudice manifestamente infondata, è rimessa alla Corte costituzionale per la sua decisione. 2. Quando una Regione ritenga che una legge od atto avente forza di legge della Repubblica invada la sfera della competenza ad essa assegnata dalla Costituzione, può, con deliberazione della Giunta regionale, promuovere l'azione di legittimità costituzionale davanti alla Corte nel termine di 30 giorni dalla pubblicazione della legge o dell'atto avente forza di legge. Una legge d'una Regione può essere impugnata per illegittimità costituzionale, oltre che nei casi e con le forme del precedente articolo e dell'art. 127 della Costituzione, anche da un'altra Regione, che ritenga lesa da tale legge la propria competenza. L'azione è proposta su deliberazione della Giunta regionale, entro 60 giorni dalla pubblicazione della legge. 3. I giudici della Corte costituzionale non possono essere rimossi, né sospesi dal loro ufficio se non con decisione della Corte, per sopravvenuta incapacità fisica o civile o per gravi mancanze nell'esercizio delle loro funzioni. Finché durano in carica, i giudici della Corte costituzionale godono della immunità accordata nel secondo comma dell'art. 68 della Costituzione ai membri delle due Camere. L'autorizzazione ivi prevista è data dalla Corte costituzionale ».

[10] Legge 11 marzo 1953, n. 87, Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale (Gazzetta Ufficiale 14 marzo 1953, n. 62); Art. 23 comma 1: « Nel corso di un giudizio dinanzi ad una autorità giurisdizionale una delle parti o il pubblico ministero possono sollevare questione di legittimità costituzionale mediante apposita istanza, indicando: a) le disposizioni della legge o dell’atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, viziate da illegittimità costituzionale; b) le disposizioni della Costituzione o delle leggi costituzionali, che si assumono violate ».

[11] Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale (Gazzetta Ufficiale 7 novembre 2008), Capo primo questioni di legittimità costituzionale nel corso di un giudizio, Art. 1 – Trasmissione dell’ordinanza notificata: « L’ordinanza, con cui il giudice, singolo o collegiale, davanti al quale pende la causa, promuove il giudizio di legittimità costituzionale, deve essere trasmessa alla Corte costituzionale insieme con gli atti e con la prova delle notificazioni e delle comunicazioni prescritte nell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 ». 

[12] R. NEVOLA (a cura di), La legittimazione ad attivare il giudizio incidentale di costituzionalità: giudice a quo e processo principale nella giurisprudenza della Corte, in Quaderno processuale del Servizio studi della Corte Costituzionale, 2016;

[13] C. MORTATI, Le leggi provvedimento, Milano, 1968;

[14] A. GIURDANELLA, Legge provvedimento e incostituzionalità, su Giurdanella.it, 11 gennaio 2021;

[15] Corte Costituzionale sent. n. 154/2013, n. 137/2009, n. 2/1997;

[16] Corte Costituzionale sent. n. 94/2009;

[17] Corte Costituzionale sent. n. 20/2012, n. 270/2010, n. 241/2008, n. 267/2007;

[18] Corte Costituzionale sent. n. 64/2014, n. 275/2013

[19] P. SCARLATTI, Il regime delle leggi-provvedimento regionali nella trasformazione dell’ordinamento costituzionale italiano, in Giur. cost., fasc.1, 1 Febbraio 2019, pag. 559;

[20] G. U. RESCIGNO, Leggi-provvedimento costituzionalmente ammesse e leggi-provvedimento costituzionalmente illegittime, Relazione esposta al 53° convegno di studi amministrativi di Varenna – 22 settembre 2007

[21] E. BATTISTA, La legge provvedimento: definizione, ammissibilità e limiti, su Agalegale.it, 5 giugno 2021;

[22] S. SPUNTARELLI, L'amministrazione per legge, Milano, 2007;

[23] V. CRISAFULLI, Fonti del diritto (diritto costituzionale), in Enciclopedia del diritto XVII, Milano, 1968, 947 ss.; M. MAZZIOTTI DI CELSO, Parlamento (funzioni), in Enciclopedia del diritto XXXI, Milano, 1981, 784 ss.; A.A. CERVATI, in G. Branca (a cura di), Commentario della Costituzione, Bologna-Roma 1985, 38 ss.;

[24] Corte costituzionale, sent. n. 59 del 1957, in cui la Corte afferma la sussistenza della propria giurisdizione anche nei confronti delle leggi-provvedimento (cfr. sul punto, P. BARILE, Competenza della Corte costituzionale sulle leggi-provvedimento, in Giur. cost. 1957, 677 ss., nonché A. CARDONE, Le leggi-provvedimento e le leggi autoapplicative, in R. Romboli (a cura di), L'accesso alla giustizia costituzionale: caratteri, limiti, prospettive di un modello, Napoli, 2006, 381 ss.)

[25] P. SCARLATTI, Il regime delle leggi-provvedimento regionali nella trasformazione dell’ordinamento costituzionale italiano, in Giur. cost., fasc. 1, 2 Febbraio 2019, pag. 559;

[26] M. CAMMELLI, Premesse allo studio delle leggi-provvedimento regionali, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1971; G. ARCONZO, Contributo allo studio sulla funzione legislativa provvedimentale, Milano 2013; P. VIPIANA, Legge-provvedimento regionale, in D. disc. pubbl., Agg. IV, Utet 2010;

[27] S. CALDARELLI, L’illegittimità costituzionale delle legge-provvedimento e la “riserva” di procedimento amministrativo, in Giustiziainsieme.it, 22 Luglio 2020;

[28] A. CERRI, Principi di legalità, imparzialità, efficienza, in L. Lanfranchi (a cura di), Garanzie costituzionali e diritti fondamentali, Roma 1998;

[29] L. FACONDINI Una recente pronuncia del Consiglio di Stato sulla legge provvedimento, in diritto.it, 1 giugno 2021; 

[30] G. SOBRINO, Il problema dell’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale della legge elettorale alla luce delle sentenze n. 1/2014 e n. 35/2017 e le sue possibili ricadute: dalla (non più tollerabile) “zona franca” alla (auspicabile) “zona a statuto speciale” della giustizia costituzionale?, in Federalismi.it n. 15/2017, 26 luglio 2017; Vedi anche L. IMARISIO e I. MASSA PINTO, La sentenza n. 1 del 2014 sull’incostituzionalità parziale della legge elettorale: le sue possibili narrazioni e il suo seguito legislativo, in Dem. e Dir., n. 3-4/2013;

[31] Cassazione civile, Sez. I del 09 luglio 2020, n. 14666;

[32] A. D’AMICO, Legge-provvedimento: il Consiglio di Stato esclude l’impugnabilità diretta dinanzi al giudice amministrativo per difetto assoluto di giurisdizione, Nota a Cons. St. n. 2409/2021 in IlDirittoAmministrativo.it.