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Pubbl. Lun, 19 Apr 2021

Homelessness: origini, misure di contrasto e rapporto con il carcere di un fenomeno ancora in crescita

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Vincenzina Dima



Il presente contributo approfondisce il tema della marginalità sociale e della carenza alloggiativa, soffermandosi sulla situazione nazionale ma volgendo anche uno sguardo all´Europa. L´articolo si occupa del problema anche in relazione al carcere, soffermandosi sulle difficoltà di accesso alle misure alternative alla detenzione, da parte delle persone senza fissa dimora.


ENG The paper explores the theme of social marginality and homelessness, focusing on the national situation but also looking at Europe. The article also deals with the problem in relation to prison, focusing on the difficult access to the alternative measures to detention.

Sommario: 1. Premessa;  2. Homelessness in Italia e in Europa; 2.1 Quali possono essere le strategie di contrasto a questo fenomeno?3. Homeless e carcere; 3.1 Misure di emergenza connesse alla pandemia da Covid-19; 4. Conclusioni; 5. Ringraziamenti.

1. Premessa

Il termine “homelessness” indica l’assenza di una soluzione alloggiativa stabile ed appropriata. Gli homeless vengono distinti dalla scienza sociale in tre categorie: le persone che vivono per strada (primary homeless); coloro che si spostano tra una soluzione abitativa temporanea e l’altra, incluse le abitazioni di amici, familiari e i dormitori pubblici, di associazioni private o della Chiesa (secondary homeless); e infine coloro che vivono in abitazioni private condivise, senza servizi igienici privati e senza una sicurezza circa la possibilità di permanenza, in una parola: chi vive in situazioni di estrema precarietà alloggiativa, pur non vivendo per strada (tertiary homeless).[1]

Molto spesso, all’origine della condizione degli homeless vi sono forti traumi familiari, gravi lutti, abusi, abbandono, la perdita di una persona cara, la dipendenza da sostanze alcoliche e stupefacenti, problemi di salute mentale.

2. Homelessness in Italia e in Europa

La pandemia che da ormai un anno si è abbattuta sulle nostre vite continua a nuocere maggiormente ai più fragili. In Europa si contano circa 700.000 persone senza dimora.[2]

Si tratta di numeri che negli ultimi anni sono cresciuti sempre di più e che, con l’attuale crisi pandemica, non cessano a diminuire. Vi è da dire che si tratta di un fenomeno non calcolabile con esattezza, attese le difficoltà di censire la popolazione dei senza dimora.

Secondo alcuni dati raccolti da FEATNSA[3], e risultanti dal V rapporto sull’esclusione sociale in Europa, pubblicato nel 2020, la percentuale di persone senza fissa dimora è cresciuta, in media, del 70% nel territorio europeo, prendendo come riferimento un arco temporale di dieci anni.

Sulla base dei dati disponibili, e ricordando che non esiste un sistema unitario di monitoraggio del fenomeno, in Germania si registrano 337.000 persone senza dimora nell’anno 2018; in Spagna 22.938, in base ai dati raccolti nel 2012; in Francia 143.000 nel 2012, con un aumento del 50% rispetto al dato del 2001, in Italia, 50.724 nel 2014, con un aumento del 6.5 % rispetto al 2011. I Paesi con le percentuali più ridotte sono quelli del Nord Europa, come Danimarca e Finlandia, con 6.431 e 4.600 persone senza dimora registrate nel 2019.

In Danimarca, tuttavia, vi è stato un incremento nel fenomeno del 28.7% rispetto al 2009, mentre la Finlandia registra una diminuzione del 32% rispetto alla precedente rilevazione, avvenuta nel 2015.[4]

Anche i dati di questi Paesi, benché ridotti rispetto a quelli degli altri, non sono confortanti, tenuto conto della popolazione nazionale che in Danimarca è pari 5,806 milioni e in Finlandia è di 5.518 milioni, contro un Paese come l’Italia con una popolazione di 60,36 milioni di persone.

2.1 Quali possono essere le strategie di contrasto a questo fenomeno?

In Italia, dal 2014, viene adottato il c.d. approccio Housing First. Si tratta di un approccio innovativo, sviluppato dal Dr. Sam Tsemberis a New York negli anni Novanta, che punta al graduale reinserimento nella società delle persone senza fissa dimora, attraverso misure di supporto non solo materiale ma anche medico e psicologico delle persone senza fissa dimora.

Nel 2015, il nostro Paese ha adottato le Linee di Indirizzo per il Contrasto alla Grave Emarginazione Adulta.

Le linee guida sono il frutto di un accordo tra il Governo, le Regioni, le Province Autonome e le Autonomie locali, assunto in sede di Conferenza Unificata, che ha coinvolto un gruppo di lavoro coordinato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Direzione Generale per l’Inclusione e le Politiche Sociali, che si è avvalso della Segreteria Tecnica della fio.PSD (Federazione Italiana Organismi per le Persone Senza Dimora).[5]

Le Linee di Indirizzo si ispirano ai principi guida europei:

"Abitare è un diritto umano; I partecipanti hanno diritto di scelta e controllo; Distinzione tra abitare e trattamento terapeutico; Orientamento al Recovery; Riduzione del danno; Coinvolgimento attivo e non coercitivo; Progettazione centrata sulla persona; Supporto flessibile per tutto il tempo necessario".[6]

Uno degli strumenti attraverso i quali passa l’emancipazione delle persone senza dimora dalla loro condizione di marginalità è, in primo luogo, l’iscrizione alla anagrafe comunale.

Il nostro ordinamento prevede che le persone senza dimora possano stabilire la residenza nel luogo del proprio domicilio ovvero nel Comune vivono di fatto e, in mancanza, nel Comune di nascita (D.P.R. 223 del 30.05.1989), in una via fittizia[7] territorialmente non esistente, con effetti equivalenti, sul piano giuridico, a quelli derivanti dalla fissazione della residenza presso un indirizzo realmente esistente (Circolare Istat n. 29/1992).

Inoltre, il D.M. 6 luglio 2010 del Ministero dell’Interno, in attuazione della legge n. 94 del 2009 Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, stabilisce che, una volta iscritta una persona nell’anagrafe della popolazione residente, i comuni evidenziano la posizione anagrafica di senza fissa dimora nell’Indice nazionale delle anagrafi (Ina).

Tale informazione viene conservata nel Registro delle persone senza dimora di cui è titolare il Dipartimento per gli affari interni e territoriali – Direzione centrale per i servizi demografici presso il Ministero dell’Interno.[8]

Grazie alla residenza fittizia, le persone senza fissa dimora possono ottenere la carta d’identità, la tessera sanitaria, il permesso di soggiorno.

L’effettivo riconoscimento della residenza fittizia rappresenta un traguardo fondamentale, che attua i principi di solidarietà e uguaglianza di cui agli artt. 2 e 3 Cost..

Fissare la residenza fittizia vuol dire avere la possibilità di iscriversi ai Centri per l’impiego, quindi di cercare lavoro (art. 4 Cost.), permette di accedere al gratuito patrocinio e quindi garantisce il diritto di difesa alla persona priva di risorse (art. 24 Cost), permette di richiedere la tessera sanitaria, quindi è funzionale alla protezione del diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., permette di avere accesso alle misure di assistenza e previdenza sociale (art. 38 Cost), e di esercitare il diritto al voto (art. 48 Cost).

Le problematiche delle persone senza fissa dimora non sono ignorate a livello europeo. Infatti, con una risoluzione adottata il 24 novembre dello scorso anno, il Parlamento europeo ha chiesto all’Unione e agli Stati membri di decriminalizzare la condizione degli homeless[9] e di continuare ad investire nelle misure di contrasto alla marginalizzazione, tanto più oggi che la pandemia da Covid-19 ha comportato un crollo dell’economia globale e la disoccupazione è in crescita.

I parlamentari europei chiedono che la Commissione investa in misure di lungo periodo che consentano di eliminare il fenomeno entro il 2030.[10]

Più precisamente, il Parlamento europeo chiede che l’Unione si assuma la responsabilità di fronteggiare il fenomeno, e lavori sul piano della prevenzione. Si incentiva poi lo scambio delle best practices tra i Paesi membri, e si richiede che vangano promosse misure di accesso equo ai servizi pubblici essenziali concernenti salute, istruzione e servizi sociali.

Si insiste poi sulla necessità di supportare l’integrazione delle persone senza fissa dimora nel mercato del lavoro, anche attraverso misure di sostegno finanziario alle associazioni che si occupano di poverty alleviation.

3. Homeless e carcere

Il rapporto tra carcere e persone senza fissa dimora è purtroppo molto stretto.

All’emarginazione sociale si accompagna spesso la commissione di c.d. reati di povertà, vale a dire reati bagatellari (piccoli furti, piccolo spaccio di stupefacenti). In molti casi, si tratta di reati che prevedono l’arresto obbligatorio in flagranza (art. 380 c.p.p.).

Nei casi in cui l’agente non dispone di un domicilio idoneo, il carcere si presenta, quindi, come conseguenza dei reati di povertà già in fase precautelare e cautelare.

Per le persone senza fissa dimora, poi, il carcere costituisce l’unica soluzione in fase di esecuzione della pena, anche quando la stessa è di scarsa entità. L’assenza di un domicilio idoneo, infatti, rappresenta un ostacolo insuperabile alla concessione di misure alternative alla detenzione che pure sarebbero fruibili in astratto. 

Ciò si traduce in un’inaccettabile discriminazione nei confronti dei soggetti più deboli, rispetto ai quali, dunque, il carcere non rappresenta, come vuole la nostra Costituzione, l’extrema ratio, ma l’ordinaria modalità di espiazione delle pene, anche di scarsa entità.

A questo proposito, in dottrina vi è chi dubita della legittimità costituzionale dell’attuale sistema di accesso alle misure alternative extramurarie, nella misura in cui esso è, di fatto, condizionato al grado di integrazione economico sociale del condannato.

Muovendo dalla contrarietà dell’attuale sistema agli artt. 3 e 27 c. 3 Cost., la dottrina ipotizza la configurabilità di un danno non patrimoniale da perdita di chance di risocializzazione, derivante da un illecito “legislativo” dello Stato, risarcibile ai sensi dell’art. 41 CEDU.[11]

Per persone già particolarmente fragili, gli effetti negativi della “prisonizzazione”[12] non possono che essere peggiori rispetto alla media.

Emerge, dunque, la grande importanza che nel nostro sistema riveste l’accesso alle misure alternative alla detenzione, soprattutto per le persone più deboli, prive di una rete di rapporti affettivi e lavorativi che possa sostenerle.

Le misure alternative alla detenzione inframuraria sono state introdotte per la prima volta nel nostro ordinamento nel 1975, dalla legge n. 354 di riforma dell’ordinamento penitenziario.[13]

Dai lavori preparatori della legge suddetta, emerge come, sotto il profilo sociale, la popolazione carceraria fosse all’epoca rappresentata per il 52% da lavoratori dipendenti, dal 33% di disoccupati, dal 2% di impiegati e dallo 0,7% tra imprenditori e liberi professionisti. I soggetti analfabeti erano pari al 9,6 %, e il 75,6 % aveva conseguito solo il diploma di quinta elementare.

Questo era lo stato dei fatti quando sono state introdotte le misure alternative.[14]

Oggi, nonostante le perduranti difficoltà, il rapporto tra carcere e società esterna è mutato. Non poche sono le associazioni che si occupano di supporto dei detenuti. Anche sotto il profilo lavorativo, si annoverano esperienze anche assolutamente positive.[15]

In tale contesto, le misure alternative alla detenzione rispondono a molteplici scopi.

Da un lato, nel caso di accesso alle stesse dalla libertà (art. 656 c.p.p.) permettono di evitare al condannato il c.d. “assaggio di carcere”; dall’altro rappresentano importanti occasioni di reinserimento graduale del detenuto in società, nel caso in cui intervengano successivamente.

Le misure alternative, dall’affidamento in prova al servizio sociale, alle varie forme di detenzione domiciliare, alla semilibertà,[16] rappresentano quasi un miraggio per i detenuti che non dispongono di un idoneo domicilio.

3.1 Misure di emergenza connesse alla pandemia da Covid-19

A questo problema si è cercato di rimediare con interventi mirati resi ancor più necessari a causa dell’emergenza Covid-19, che ha messo in luce le criticità del nostro sistema penitenziario, soprattutto sotto il profilo del sovraffollamento.

Per fronteggiare le criticità venutesi a creare all’interno delle affollate carceri italiane, in costanza di emergenza sanitaria, sono stati messi a punto due progetti.

Il primo è il progetto di inclusione sociale per le persone senza fissa dimora in misura alternativa del 3 aprile 2020, a cura della Direzione generale per l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova.[17]

Sul punto è altresì intervenuta una delibera di Cassa ammende del 6 aprile 2020, avente ad oggetto un programma di interventi per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID 19 in ambito Penitenziario.[18]

Anche questa misura è destinata a soggetti privi di risorse economiche, alloggiative, lavorative.

Molte sono le realtà coinvolte in questi progetti, ad esempio, tra queste la Cooperativa di Bessimo ONLUS con sede a Concesio (BS) e la Cooperativa sociale “Malgrado Tutto” di Lamezia Terme (CZ), entrambe attive da anni in attività di sostegno sociale delle persone più fragili.

Queste realtà hanno preso parte al progetto promosso dalla Direzione generale per l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova.

In particolare, la Cooperativa di Bessimo si occupa di favorire percorsi di inclusione sociale rivolti a soggetti in esecuzione penale, detenuti negli Istituti di pena bresciani: Nerio Fischione (già Canton Mombello) e Verziano, e in quelli di Bergamo e Cremona. Collabora con l’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna di Brescia.

All’inizio della pandemia, la Cooperativa lombarda, in quanto ente capofila del progetto “Vale la Pena 2019”, è stata incaricata, dalla direzione degli Istituti di Pena bresciani, unitamente alla Garante dei diritti dei detenuti e alla Presidente del Tribunale di Sorveglianza, di farsi carico di un lavoro di rete straordinario, volto ad aumentare sensibilmente il numero di posti letto esterni disponibili all’accoglienza di detenuti sprovvisti di domicilio.

L’obiettivo perseguito era quello di attenuare il sovraffollamento carcerario, a fronte della crisi pandemica, e di individuare soluzioni per l’esecuzione extramuraria delle pene detentive di minore entità.

La rete di intervento ha coinvolto gli enti partner del progetto: la Cooperativa Il Calabrone, la Cooperativa Contatto e l’Associazione Carcere e Territorio, l’Associazione Vol.Ca., l’Associazione Fi.Li. e Casa Emmaus.

Nel caso della Cooperativa di Bassimo, si è riusciti ad aumentare il numero di posti letto disponibili per detenuti privi di risorse proprie da 17 a 29 posti letto.

Nonostante le difficoltà connesse all’emergenza epidemiologica, si è provveduto ad implementare l’impegno degli operatori Housing della Cooperativa per gestire al meglio ogni nuovo ingresso, ed offrire, oltre all’ospitalità (posto letto in appartamento condiviso, uso bagno, cucina e in alcuni casi il vitto) anche un supporto educativo adeguato, che prevede l’avvio ad attività formative, professionalizzanti e di volontariato.

Dal mese di maggio del 2020, la Cooperativa può mettersi in contatto con i detenuti che intendono accedere ai servizi offerti dalla stessa, attraverso mezzi di comunicazione da remoto, questo consente di conoscere il detenuto e predisporre uno specifico percorso.

La Cooperativa di Bessimo registra una buona collaborazione con la direzione degli Istituti di pena del territorio, che assicura che ogni detenuto venga tenuto in isolamento e sottoposto a tampone prima della dimissione, e poi accompagnato dai coordinatori della Cooperativa presso l’appartamento allo stesso assegnato. 

In esecuzione del progetto promosso dalla Direzione generale per l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova, la Cooperativa di Bessimo ha accolto 34 soggetti (dal febbraio 2020 a fine novembre) e sono state attivate 18  borse lavoro.[19]

Da Nord passiamo al Sud: anche la Cooperativa sociale “Malgrado tutto” di Lamezia Terme ha partecipato al progetto di inclusione sociale per le persone senza fissa dimora in misura alternativa.

“Malgrado tutto” ha costituito, a tal fine, un’ATS (Associazione Temporanea di Scopo) insieme ad altre due associazioni calabresi: la Cooperativa Sociale Calabria Futura di Sant’Onofrio (VB), e il Consorzio Jobel di Crotone (KR). “Malgrado tutto” è ente capofila dell’ATS.

La cooperativa sociale “Malgrado Tutto” offre da sempre sostegno alle persone in situazione di fragilità (tossicodipendenti, persone con disagio psichico, migranti, detenuti in misura alternativa, e persone senza fissa dimora), in coerenza con la propria filosofia di servizio alla comunità a titolo volontario ed in sinergia con i servizi sociali del comune di Lamezia Terme e con le forze dell’ordine del territorio.

La Cooperativa si occupa di supportare i suoi ospiti nelle attività di tipo burocratico, come l’accompagnamento presso gli UIEPE per colloqui periodici, presso i Servizi Sociali, il SERT, il Centro per l’impiego, e supporta le pratiche volte a richiedere misure a sostegno del reddito.

Gli operatori della Cooperativa sociale “Malgrado tutto” propongono diversi progetti, volti alla rieducazione e al reinserimento degli ospiti nella società, come laboratori esperienziali sulla conoscenza di sé stessi.

Vengono proposti lavori di gruppo, anche in sinergia con l’Associazione Italiana Mediatori Penali. Alcuni interessanti progetti sono: il Progetto Falegnameria, finalizzato all’acquisizione di abilità manuali attraverso attività di manutenzione (riparazioni) e attività di costruzione (piccoli mobili e oggetti di legno); il Progetto Terra, che prevede la coltivazione di un piccolo orto e l’accudimento di animali da cortile e da compagnia; il Progetto Baco, per coltivazione del baco da seta.

In entrambe le esperienze, il progetto di inclusione sociale, promosso dalla Direzione generale per l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova, viene salutato con grande favore ed entusiasmo.

Tuttavia, non mancano aspetti critici rispetto alla sua pratica applicazione.

Si registrano difficoltà nell’ammettere i detenuti a queste misure. Inoltre, la buona riuscita di percorsi di reinserimento sociale richiederebbe maggiori risorse economiche ed uno snellimento delle procedure, quindi, una riduzione delle tempistiche.

4. Conclusioni

Il fenomeno degli homeless continua ad essere un grande problema in Italia e in Europa. Nell’ambiente detentivo, il gap tra persone a reddito medio-alto e persone più fragili, sul piano sociale ed economico, cresce esponenzialmente e si acuisce a causa dei problemi atavici del sistema penitenziario e dell’emergenza pandemica tutt’ora in atto.

Le misure previste a livello nazionale ed europeo, benché pregevoli, non appaiono sufficienti. È auspicabile, quindi, il loro rafforzamento.[20]


Note e riferimenti bibliografici

[1] Tale categorizzazione è tratta da Hanson-Easey, Scott; Every, Danielle; Tehan, Bridget; Richardson, John; Krackowizer, Antoinette (2016). "Climate change, housing and homelessness: Report on the homelessness and climate change forum (why are climate change and homelessness in the same category?)" (PDF). Archived from the original (PDF) on 14 April 2019. Retrieved 18 March 2019.

[2] https://www.feantsa.org/en/report/2020/07/23/   

[3] FEANTSA è l’acronimo di European Federation of National Organisations Working with the Homeless (https://www.feantsa.org/en).

[4] https://www.feantsa.org/public/user/Resources  

[5] Numerose sono le associazioni che si occupano di assistenza alle persone senza fissa dimora in Italia, tra queste, una delle realtà più importanti è rappresentata dalla Comunità di S. Egidio che opera nelle maggiori città. La Comunità di Sant’Egidio di Roma ha recentemente trovato un accordo con Federalberghi per ospitare le persone senza dimora nelle strutture attualmente chiuse per via della situazione epidemiologica.

[6] Principi elaborati da un team di esperti tra cui Marco Iazzolino per l’Italia, in collaborazione con il Dr. Tsemberis, fondatore del primo programma Housing First (Pathways to Housing). Nel 2014 è altresì sorto il Comitato Scientifico coordinato da fio.PSD che studia le caratteristiche e le dinamiche dell’Housing First in Italia e ne monitora gli sviluppi.

[7] A Roma, le persone senza dimora hanno la possibilità di fissare la residenza fittizia in via Modesta Valenti. Modesta Valenti era una donna senza fissa dimora, deceduta a Roma, presso la stazione Termini, il 31 gennaio del 1983. La Comunità di Sant’Egidio ne onora la memoria ogni anno, in occasione dell’anniversario della sua scomparsa.

[8] https://www1.interno.gov.it/   

[9] Esistono paesi come l’Ungheria la condizione dei senza fissa dimora è penalmente sanzionata. In Italia, l’art. 670 c.p. prevedeva il reato di mendicità. L’articolo è stato abrogato dall’art. 18 c.1 legge 205/1999. È tutt’ora punito l’esercizio molesto dell’accattonaggio, ai sensi dell’art. 669-bis c.p., inserito, in sede di conversione, dall’art. 21-quater d.l. 113/2018 conv. in l. 132/2018.

[10] https://www.europarl.europa.eu/news/en/press-room/20201120IPR92124/eu-should-set-goal-to-end-homelessness-by-2030

[11] G. DARAIO, Homeless e misure alternative al carcere: un rapporto problematico, in La vittima del processo. I danni da attività processuale penale a cura di Giorgio Spangher, Giappichelli, 2017, 281 ss.

[12] Il termine è stato coniato dal sociologo americano Donald Clemmer, nella sua opera The Prison Community (1940-1948).

[13] Il Capo VI della Legge 354/1975 ne reca la disciplina.

[14] Dati tratti dall’importante testimonianza del dott. Vincenzo Semeraro, magistrato di sorveglianza del Tribunale di Verona, resa in occasione del webinar del 21/01/2021, organizzato dall’associazione Avvocato di Strada, Verona.

[15] Significative sono le esperienze di economia carceraria. Per maggiori informazioni è possibile visitare il sito: https://economiacarceraria.com/.  La stessa Comunità di Sant’Egidio opera con i suoi volontari nelle carceri. Un’altra importante associazione che si occupa di difendere i diritti dei detenuti e le garanzie del sistema penale è Antigone ONLUS.

[16] Artt. 47, 47-ter e 48 L. 354/75.

[17] https://www.giustizia.it/giustizia/it  1

[18]https://www.giustizia.it/giustizia/it/   

[19] Dati registrati il 07/12/2020.

[20] Si ringraziano per la collaborazione al presente contributo, e per il prezioso lavoro di ogni giorno, la dottoressa Alessia Gaetano della Cooperativa sociale “Malgrado Tutto” e la dottoressa Gabriella Feraboli della Cooperativa di Bessimo. Si ringrazia altresì la Comunità di Sant’Egidio di Roma per l’ispirazione del presente lavoro, in particolare, Matteo Bottazzi e Stefania Tallei. Un ringraziamento anche all’associazione Avvocato di Strada – Verona, e al Professor Girolamo Daraio dell’Università di Salerno.