Pubbl. Mar, 6 Apr 2021
I crimini perpetuati nei confronti degli Uiguri: un´occasione mancata per la Corte Penale Internazionale
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Cristina Milano
L´Office of the Prosecutor della Corte Penale Internazionale non ha ritenuto necessario procedere con le indagini volte ad accertare il compimento di crimini contro l'umanità da parte delle autorità cinesi nei confronti della minoranza musulmana degli Uiguri, sfiancati da continue violazioni dei propri diritti umani fondamentali, a causa dell'assenza dei requisiti formali richiesti per l'esercizio della competenza della Corte.
Sommario: 1. La minoranza degli oppressi; 2. L'esame dell'Office of the Prosecutor; 3. Riflessioni conclusive.
1. La minoranza degli oppressi
Non esiste pace, non esiste giustizia, non esiste verità alcuna per il popolo degli Uiguri, condannati a vivere un incubo senza fine, nel totale disprezzo delle basilari norme internazionali di protezione dei diritti e della dignità umana, per il solo fatto di non appartenere al gruppo etnico "Han", ossia il maggioritario della Cina.
Gli Uiguri sono una minoranza di religione musulmana e turcofona che risiede nell'ampia regione dello Xinjiang, nel nord ovest della Cina. Nel 2014, il governo cinese dichiarò fermamente guerra al terrorismo violento di matrice islamica estremista, sottoponendo, come sottolineato dal Parlamento europeo lo scorso dicembre, la minoranza uigura a «detenzione arbitraria, tortura e gravi restrizioni culturali e della pratica del loro culto, nonché a un sistema digitale di sorveglianza così invasivo da controllare ogni aspetto della loro vita quotidiana mediante telecamere per il riconoscimento facciale»[1].
Inoltre, dal 2017 trapelano numerose voci e notizie circa l'esistenza di veri e propri campi di concentramento (definiti dalle autorità cinesi centri “di trasformazione attraverso l’educazione” o di "formazione professionale"), nei quali gli Uiguri vengono rinchiusi e costretti a sopravvivere (l'utilizzo del verbo vivere parrebbe alquanto azzardato), subendo quotidianamente gravi e sistematiche violazioni dei propri diritti fondamentali[2].
Negli ultimi anni, le autorità di Pechino hanno altresì avviato dei programmi di riduzione e di controllo delle nascite dei bambini uiguri, attraverso piani di sterilizzazioni di massa; in siffatti centri "educativi", le donne uigure vengono obbligate a sottoporsi all'applicazione di spirali intrauterine di difficile rimozione o ad assumere contraccettivi orali, nella piena non curanza delle regole mediche di base, poste a tutela della salute umana[3]; tali misure di controllo delle nascite tra gli Uiguri potrebbero soddisfare tutti criteri necessari per qualificare le azioni del governo cinese come crimini contro l'umanità.
L'esistenza dello scenario drammatico appena descritto è stata sapientemente smentita dal regime di Xi Jingping, il quale al contempo ha dato inizio ad un rigido, nonché spaventoso, progetto di "sinizzazione" degli Uiguri, che mira alla completa eliminazione di tale etnia minoritaria.
Nondimeno, la Cina continua a trarre profitto dal lavoro forzato degli Uiguri in un'area particolarmente rilevante per l'economia cinese: Pechino è, infatti, uno dei maggiori produttori di cotone al mondo e la regione dello Xinjiang fornisce oltre il 20 % della produzione mondiale di cotone [4].
2. L'esame dell'Office of the Prosecutor
Nel luglio 2020, alcuni esponenti della minoranza uigura hanno presentato denuncia, a nome del "East Turkistan Government in Exile" (ETGE) e dell' "East Turkistan National Awakening Movement" (ETNAM)[5] all'Office of the Persecutor della Corte penale internazionale (d'ora in avanti, OTP o il Procuratore), chiedendo alla Corte di procedere con le indagini nei confronti di dirigenti e alti ufficiali del governo cinese, accusati di crimini contro l'umanità perpetuati nei confronti degli Uiguri, con particolare enfasi sull'avvenuta deportazione illegale di individui appartenenti a tale etnia dal Tagikistan e dalla Cambogia (entrambi Stati parte dello Statuto di Roma, al contrario invece della Cina) nella regione dello Xinjiang, in seguito alle richieste delle stesse autorità di Pechino; a tal proposito, l'ETGE e l'ETNAM hanno sostenuto che numerosi crimini nei confronti della popolazione uigura siano stati commessi in questi Stati, dove gli Uiguri sarebbero stati arrestati (o, per meglio dire, rapiti) e condotti nei campi di prigionia situati in territorio cinese.
Risulta opportuno sottolineare che all'OTP è attribuito il potere di iniziativa e il compito di avviare l'azione penale in base ad una notitia criminis, relativa ad una situazione in cui si ritenga che siano stati commessi crimini internazionali, per i quali è prevista la competenza ratione materiae della Corte (vedi articolo 5(1) dello Statuto di Roma).
Il Procuratore potrà aprire un'indagine sulla base dell'acquisizione d'ufficio di una notitia criminis, previa autorizzazione della Camera Preliminare; come in questo caso, molto frequentemente l'OTP agisce in seguito alla presentazione di communications (denunce) ad opera di gruppi individui o organizzazioni ed è incaricato di verificare la sussistenza di una «reasonable basis to proceed with an investigation into the situation», nonché di stabilire se «the situation meets the legal requirements of the Statute[6]». A tal proposito, l'OTP dovrà stabilire se i crimini in esame rientrino nella competenza della Corte, ai sensi dell'articolo 12 dello Statuto: crimini commessi sul territorio di uno Stato parte dello Statuto, o da cittadini di uno Stato parte, o ancora nel territorio o da cittadini di Stati non parte dello Statuto, ma che abbiano accettato la giurisdizione della Corte con un'apposita dichiarazione[7].
Il 14 dicembre 2020, nel Report on Preliminary Examination Activities, l'OTP ha dichiarato che non avvierà indagini formali mirate all'accertamento di crimini internazionali nei confronti degli Uiguri.
Dopo aver sottolineato che la giurisdizione della Corte può essere esercitata soltanto se l'azione criminosa in esame (cd. actus reus) sia stata almeno parzialmente condotta nel territorio di uno Stato parte dello Statuto, il Procuratore ha stabilito che tale condizione non sussiste nel caso di specie: a tal riguardo, i crimini commessi nei confronti della popolazione uigura denunciati nella communication, risultano esser stati compiuti esclusivamente da cittadini cinesi nel territorio della Cina, uno Stato non parte dello Statuto di Roma. Inoltre, sulla base delle osservazioni avanzate dal Procuratore, il trasferimento degli Uiguri dalla Cambogia e dal Tagikistan nello Xinjiang non può essere ricompreso nella categoria del crimine di deportazione, così come descritto nell'articolo 7(2)(d) dello Statuto ai fini dell'esercizio della giurisdizione della CPI[8].
Infatti, come si evince dal Report on Preliminary Examination sopramenzionato, la Camera Preliminare della CPI ha stabilito che l'interesse giuridico protetto dalla previsione dei crimini di deportazione e trasferimento forzato è da individuarsi nel diritto dei singoli individui di vivere nello Stato in cui risiedono legalmente.
In particolare, il Procuratore richiama espressamente la decisione del Tribunale per l'ex Jugoslavia (ICTY) nel caso Popović et al., in cui viene altresì sottolineato che l'interesse tutelato dal divieto di commissione dei crimini di deportazione e trasferimento forzato si ricollega indissolubilmente al diritto delle vittime di vivere nelle loro abituali dimore e al diritto di non essere private delle loro proprietà, attraverso l'allontanamento coatto verso una località diversa dal luogo di residenza. Citando la pronuncia della Seconda Camera dell'ICTY, risulta evidente che «the clear intention of the prohibition against forcible transfer and deportation is to prevent civilians from being uprooted from their homes and to guard against the wholesale destruction of communities[9]».
Riprendendo la pronuncia del Tribunale per l'Ex Jugoslavia nel caso Naletilić et. al.[10], l’OTP dichiara, dunque, che l'allontanamento forzato di persone dalle loro case e il conseguente trasferimento in centri di detenzione non dà luogo al crimine di trasferimento forzato, in quanto esse sono state arrestate «in order to be detained and not to be transferred[11]». Formalmente (e, a detta di chi scrive, paradossalmente) l'interesse giuridico appena descritto non è stato violato[12].
3. Riflessioni conclusive
Sulla base delle osservazioni fino ad ora avanzate, è possibile evidenziare come l'operato della Corte penale internazionale abbia dimostrato ancora una volta di essere caratterizzato da un formalismo che non le permette di perseguire a pieno gli scopi per cui è stata istituita, lasciando di fatto impuniti le autorità responsabili di crimini tanto efferati perpetuati nei confronti degli Uiguri e tradendo le speranze e le aspettative non solo degli Stati parte dello Statuto di Roma, ma anche di un popolo ormai sfiancato da continue violazioni dei propri diritti umani fondamentali, che anela disperatamente alla giustizia.
Inoltre, tra le ragioni che hanno spinto l'OTP a decidere di non avviare formalmente le indagini potrebbero anche essere ricomprese altresì considerazioni di politica internazionale, a cui la Corte non sembra essere del tutto estranea (si pensi alle vicende che hanno coinvolto alcuni Stati africani, fra cui il Burundi, indirizzandoli verso la scelta di recedere dallo Statuto di Roma). Tale visione, che parrebbe supporre l'esistenza di una labile linea di separazione fra ragioni politiche e giustizia internazionale, risulta ancora più evidente con riguardo al compimento del crimine di genocidio, (nel caso degli Uiguri un genocidio di carattere culturale[13]), come di recente sottolineato dal Presidente della Corte penale internazionale Chile Eboe-Osuji: «the crime of genocide, for instance, typically involves a malignant strain of politics that culminates in the view that an identified group do not belong where they are. That was the story of the Holocaust as it was the story of the Rwandan Genocide as that of any other genocide that you can conjure up[14]».
Nel frattempo, è stato istituito a Londra dal noto avvocato britannico Sir Geoffrey Nice un tribunale indipendente, investito del compito di indagare sulle "atrocità attualmente in corso" nello Xinjiang a danno della minoranza uigura[15].
Pertanto, in virtù di quanto riscontrato precedentemente, si auspica ad una futura riconsiderazione delle vicende riguardanti i crimini commessi dal governo cinese nei confronti degli Uiguri: invero, secondo il disposto dell'articolo 15(6) dello Statuto di Roma, quantunque l'OTP non abbia ritenuto necessario procedere formalmente con le indagini relative ad una determinata situazione, ad esso non è preclusa la possibilità di rivalutare la medesima, in base ad eventuali fatti, elementi di prova nuovi o ulteriori informazioni debitamente sottoposte alla sua attenzione[16].
[1] Cfr. Risoluzione del Parlamento europeo sul lavoro forzato e la situazione degli Uiguri nella regione autonoma uigura dello Xinjiang, 2020/2913(RSP), 17 dicembre 2020
[2] Amnesty International, Cina, Amnesty International denuncia campagna di intimidazione contro gli uiguri all’estero, 21 febbraio 2020, www.amnesty.it
[3] L. MASTRODONATO., "Il genocidio demografico e culturale degli uiguri in Cina", Lifegate, 26 gennaio 2021, www.lifegate.it
[4] Cit. Risoluzione del Parlamento europeo sul lavoro forzato e la situazione degli Uiguri nella regione autonoma uigura dello Xinjiang
[5] Sul punto in esame, vedi anche G. PANE "Il popolo abbandonato degli Uiguri: il Prosecutor della CPI chiude le indagini contro la Cina", in Ius in itinere, 22 gennaio 2021
[6] Cit. The Office of the Prosecutor, Policy Paper on Preliminary Examinations, November 2013
[7] Cfr. A. DEL VECCHIO, I tribunali internazionali tra globalizzazione e localismi, Cacucci Editore, Bari, 2015, p. 52
[8] Cfr. articolo 7(2)(d) dello Statuto di Roma: "Deportation or forcible transfer of population means forced displacement of the persons concerned by expulsion or other coercive acts from the area in which they are lawfully present, without grounds permitted under international law".
[9] Cit. International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia, Prosecutor v. Popović et al., Trial Judgment, IT-05-88-T, 10 giugno 2010, para. 900
[10] International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia, Prosecutor v. Naletilic et al., Trial Judgment, IT-98-34-T, 31 Marzo 2003, para. 535-537
[11] Cit. The Office of the Prosecutor, Report on Preliminary Examination Activities, para. 73-76,14 dicembre 2020
[12] Ibid.
[13] Sulla discussione concernente il genocidio culturale, si veda anche E. NOVIC, The concept of cultural genocide: an international law perspective, Oxford University Press, New York, Oxford 2016
[14] Cit. C. EBOE-OSUJI, Strugglesof Justice in a Highly Political Context: Lecture delivered as part of the Winter Courses of the Hague Academy of International Law, The Hague, Netherlands, 16 gennaio 2020. Vedi anche sul punto, G.POLLI, Corte penale internazionale (Cpi), Orizzonti politici, 12 luglio 2020, https://www.orizzontipolitici.it/
[15] Per maggiori approfondimenti, si veda la pagina web del tribunale suddetto: https://uyghurtribunal.com/about/
[16] Cfr. articolo 15(6) dello Statuto di Roma: "If, after the preliminary examination [...], the Prosecutor concludes that the information provided does not constitute a reasonable basis for an investigation, he or she shall inform those who provided the information. This shall not preclude the Prosecutor from considering further information submitted to him or her regarding the same situation in the light of new facts or evidence."