Pubbl. Lun, 1 Feb 2021
Le Sezioni Unite sull´installazione dei ripetitori di telefonia mobile sulle parti comuni
Modifica paginaIl presente elaborato analizza le sentenze gemelle nn. 8434 e 8435 del 2020 delle Sezioni Unite con l´intento di mettere in evidenza i passaggi più interessanti della motivazione fornita dalla Corte per confermare l´ammissibilità in astratto dell´art. 1108, co. 3, c.c. al contratto di concessione del lastrico solare condominiale. La Corte si sofferma, inoltre, sulla necessità di accertare in concreto la reale volontà delle parti circa il tipo contrattuale utilizzato; compito affidato al giudice di merito, il quale deve verificare se le parti abbiano inteso stipulare un contratto ad effetti reali o ad effetti obbligatori.
Sommario: 1. Premessa; 1.1 Inquadramento giuridico dell’istituto del condominio; 2. Cenni sul principio di autonomia negoziale; 3. Sentenza n. 8434 del 30 aprile 2020. Il caso di specie; 3.1 La pronuncia n. 8435/2020: i fatti oggetto di causa; 4. La questione rimessa alle Sezioni Unite; 4.1 Quale efficacia per il contratto di concessione del lastrico solare?; 5. Conclusioni
1. Premessa
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le sentenze gemelle n. 8434[1] e n. 8435[2] del 30 aprile 2020, hanno risposto al quesito sull'applicabilità dell’art. 1108, comma 3, cod.civ. al contratto con il quale si concede ad un terzo l’utilizzo del lastrico solare di un condominio per installarvi un impianto destinato a servizi di telefonia mobile[3].
Per una migliore comprensione dei temi analizzati dalla Suprema Corte nelle sentenze in esame, è doveroso compiere alcune considerazioni di carattere generale in materia di condominio.
1.1 Inquadramento giuridico dell’istituto del condominio
Il codice civile dedica all’istituto del condominio il capo II del titolo VII del libro III; la collocazione topografica non è priva di valore, infatti, il condominio costituisce una figura tipica di comunione[4]. Come nella comunione anche nel condominio accade che due o più soggetti sono titolari di diritti reali che insistono su un medesimo bene.
Tuttavia a caratterizzare l’istituto del condominio c’è un elemento in più. Il diritto di proprietà sulle cose comuni dipende dalla sussistenza in capo a ciascun comunista di un diritto di proprietà pieno ed esclusivo su un altro bene, ovvero sull’unità abitativa incorporata nell’edificio[5].
Il discrimen tra comunione e condominio va, quindi, individuato nella diversa funzione che i beni condominiali hanno rispetto a quei beni che, oggetto di proprietà condivisa, hanno tuttavia una loro utilità autonoma e non sono messi al servizio di beni ulteriori.
I beni condominiali invece sono necessariamente collegati ad altri beni, rispetto ai quali rivestono un ruolo di accessorietà.
Pertanto, nel condominio la comunione sui beni di uso comune si instaura necessariamente, a causa della strumentalità che questi beni hanno per l’uso o per il miglior godimento dell’unità immobiliare appartenente a ciascun condomino. Invece, nella comunione ordinaria il bene che è oggetto di proprietà condivisa produce una utilità per così dire ‘autonoma’ e non strumentale al godimento di un altro bene.
Il condominio[6], infatti, presenta una struttura composita caratterizzata dalla compenetrazione fisica di proprietà individuali e proprietà comuni tra loro collegate in modo funzionale.
I condomini sono titolari sia di un diritto di proprietà pieno ed esclusivo sulle unità abitative sia di una quota di comproprietà sulle parti comuni, quota che è proporzionale al valore dell’immobile posseduto.
Affinchè possa configurarsi una situazione di condominio, dunque, è imprescindibile la ricorrenza di alcuni requisiti. In primis la presenza di due o più unità abitative che appartengano a soggetti distinti[7], e in secondo luogo l’esistenza di spazi condivisi e di elementi materiali necessari per tutte le unità abitative[8].
A caratterizzare ulteriormente l’istituto del condominio vi sono, inoltre, ulteriori aspetti tipici: l’assemblea condominiale, organo collegiale deputato ad approvare gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione, e l’amministratore di condominio, il quale riveste la funzione di rappresentante legale sia del condominio sia dei singoli condomini.
Per quanto concerne poi la distinzione tra atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione, essa non è formalmente espressa nelle norme sul condominio e va ripresa dalla disciplina del capo I sulla comunione[9].
Senonché, pure in assenza di una espressa previsione normativa, questa distinzione sarebbe comunque desumibile dalle norme contenute nel capo II, le quali differenziano i quorum necessari per l’approvazione degli atti amministrativi in base alla natura e al contenuto dei medesimi[10].
A questo riguardo una delle norme che ha suscitato l’interesse della giurisprudenza è l’art. 1108 cod.civ. “Innovazioni e altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione”, inserito nel capo I ed applicabile al condominio per il rinvio di cui all’art. 1139 cod.civ., disposizione di chiusura del capo II.
L’art. 1108 cod.civ. stabilisce che per approvare gli atti di straordinaria amministrazione è necessario in alcuni casi il consenso unanime dell’assemblea e in altri il raggiungimento di un voto di maggioranza qualificata.
Il primo comma, ad esempio, richiede un voto “che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune” quando devono essere approvate innovazioni atte a migliorare o agevolare il godimento; stessa regola vale per gli altri atti di straordinaria amministrazione a patto che “non risultino pregiudizievoli all’interesse di alcuno dei partecipanti”[11].
Il terzo comma, poi, introduce la regola dell’unanimità quando oggetto di approvazione sono atti di alienazione, di costituzione di diritti reali ovvero contratti di locazione di durata ultra novennale.
La norma, quindi, riferisce la regola dell’unanimità ai rapporti negoziali ad effetti reali. In via eccezionale però l’art. 1108, terzo comma, cod.civ. si estende anche al contratto di locazione se la durata è superiore ai nove anni.
La scelta del legislatore, di richiedere un consenso unanime da parte dell’assemblea condominiale quando devono essere approvati contratti ad effetti reali, si spiega tenendo conto del peso che simili contratti hanno all’interno dell’ordinamento giuridico. I contratti ad effetti reali, ai sensi dell’art. 1376 cod.civ., producono un effetto immediato nella sfera giuridica degli stipulanti, salvi i casi in cui le parti decidano di posticiparne gli effetti ad un momento successivo. Quindi l’effetto costitutivo o traslativo del diritto sulla res è immediato.
Al contrario, i contratti ad effetti obbligatori non modificano nell’immediato la sfera giuridica delle parti, ma le obbligano a eseguire prestazioni mediante le quali sarà possibile realizzare il risultato a cui il contratto è preordinato e soddisfare gli interessi dei contraenti[12].
Orbene, da ciò ne consegue che la disciplina a cui vengono assoggettati i contratti ad effetti reali e i contratti ad effetti obbligatori deve necessariamente essere differente.
Un esempio evidente è rappresentato, nello specifico, dall’art. 1108, comma 3, cod.civ. secondo cui solo per i contratti ad effetti reali deve essere raggiunto in seno all’assemblea un consenso unanime.
La deroga prevista nello stesso articolo, relativa al contratto di locazione ultra novennale, si spiega in ragione della particolare pregnanza del termine di durata del contratto che si traduce in un vincolo particolarmente gravoso, e che a parere del legislatore non meritava un consenso minore.
2. Cenni sul principio di autonomia negoziale
Ebbene, proprio la differenza tra contratti ad effetti reali e contratti ad effetti obbligatori è stata il punto di partenza per affrontare il dibattito sulla applicabilità dell’art. 1108 terzo comma cod.civ. ai contratti con i quali si dà in uso il lastrico condominiale.
Infatti nonostante la vicenda trattata dalle Sezioni Unite possa apparire legata, in via esclusiva, ad un specifico settore del diritto civile, quello inerente la disciplina sul condominio, in realtà essa consente di analizzare tematiche più ampie e di maggiore spessore.
Infatti, la Suprema Corte ha colto l’occasione per richiamare ed enfatizzare principi generali di diritto civile quali l’autonomia negoziale e il numerus clausus dei diritti reali.
Ormai da decenni la giurisprudenza di legittimità segue un filone interpretativo incline ad estendere l'applicazione dell’art. 1322 cod.civ., in considerazione della tutela che l’ordinamento giuridico moderno manifesta a favore dell’autonomia negoziale[13].
Secondo la Cassazione la risoluzione del problema, circa l’applicabilità dell’art. 1108, comma 3 cod.civ. alla vicenda in esame, postula in via preliminare l’indagine in merito al tema della natura del contratto.
Le due questioni sono legate da un nesso di conseguenzialità.
Come già evidenziato nella disciplina contenuta nel titolo VII del libro III cod.civ. si distinguono atti di ordinaria amministrazione e atti di straordinaria amministrazione, questi ultimi connotati da differenti quorum da raggiungere in sede di delibera a seconda del tipo di atto che deve essere approvato. Quindi è in base alla natura dell’atto che si determina il quorum necessario per l’approvazione dell’atto amministrativo.
Pertanto, in primis, andrà indagata la natura dell’atto che concede l’utilizzo del lastrico solare così da poter risolvere il problema sul tipo di consenso, unanime o di maggioranza, occorrente per la sua approvazione[14].
Nell’ambito dell’indagine sulla natura dell’atto oggetto di approvazione la Cassazione ha individuato la chiave di volta nel principio dell’autonomia contrattuale contenuto nel disposto normativo ex art. 1322 cod.civ.
Alle parti deve essere riconosciuta
“la possibilità di scegliere, nell'esercizio dell'autonomia privata riconosciuta dall'articolo 1322 cod.civ., se perseguire risultati socio-economici analoghi, anche se non identici, mediante contratti ad effetti reali o mediante contratti ad effetti obbligatori […]”[15].
Ciò significa che, la domanda su quale sia la natura da riconoscere al contratto di concessione dell’utilizzo del lastrico solare non può ricevere una risposta in “astratto” ma implica una attività esegetica da parte dell’interprete, che deve sondare la volontà delle parti contenuta nel regolamento contrattuale.
Solo allora sarà possibile affermare se le parti si siano determinate nel senso di stipulare un contratto ad effetti reali ovvero un contratto ad effetti obbligatori, e se ai fini dell’approvazione del contratto sia necessario un consenso unanime o di maggioranza.
La Cassazione ha precisato che, nonostante la diversità di effetti che simili schemi contrattuali producono, entrambi sono astrattamente idonei a realizzare la causa del contratto; cioè consentire al concessionario lo sfruttamento economico dell’impianto collocato sul lastrico solare. Motivo per il quale sta alle parti scegliere quale dei due tipi contrattuali meglio soddisfa i loro interessi negoziali; e a ben vedere questa scelta emerge, al di là del nomen juris, da come le parti hanno deciso di regolamentare in concreto i loro rapporti[16].
Il compito del giudice, dunque, sarà quello di interpretare le clausole negoziali inserite nel contratto.
3. Sentenza n. 8434 del 30 aprile 2020. Il caso di specie
Il 12 novembre 2008 alcuni condomini citavano in giudizio la società che aveva stipulato il contratto di locazione per la concessione dell lastrico solare, e la società concessionaria, titolare del ripetitore di telefonia mobile, per richiedere la rimozione dei manufatti dalla superficie condominiale. Il giudice di primo grado rigettava le domande degli attori, i quali proponevano impugnazione in appello.
Nel giudizio di secondo grado la Corte d'Appello di Genova ribaltava la sentenza di primo grado, condannando parte convenuta alla rimozione delle opere presenti sul lastrico solare condominiale.
In seguito le due società, quella concedente e quella concessionaria del lastrico condominiale, proponevano ricorso per Cassazione avverso la decisione del Giudice d’Appello. Alla luce della particolare rilevanza della questione di diritto oggetto del ricorso, la Seconda Sezione della Corte di Cassazione rimetteva la causa al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite.
3.1 La pronuncia n. 8435/2020: i fatti oggetto di causa
Il 27 giugno 2008 veniva proposto ricorso per l'annullamento di una delibera assembleare, attraverso la quale era stato approvato un contratto di concessione del lastrico condominiale per l'installazione di un impianto ripetitore di telefonia mobile.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso.
La sentenza di primo grado veniva altresì confermata dal giudice d’appello, che respingeva le doglianze degli appellanti affermando che la collocazione del ripetitore sulla superficie condominiale violava il divieto di innovazioni sancito dall’art. 1120 cod. civ. e l’art. 6 del regolamento condominiale.
Infatti, trattandosi di un contratto costitutivo di diritti reali la sua approvazione necessitava dell’unanimità da parte dell’assemblea condominiale ai sensi dell’art. 1108, comma 3, cod.civ.
La sentenza d’appello veniva impugnata per cassazione, e anche in questa occasione la Seconda Sezione della Corte di Cassazione, per consentire un esame accurato della questione di diritto sottostante, rimetteva la causa al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite.
4. La questione rimessa alle Sezioni Unite
Alle Sezioni Unite è stato chiesto se il consenso che l’assemblea deve dare, per approvare il contratto con il quale si concede in godimento ad un terzo il lastrico solare per installare infrastrutture, deve essere unanime o di maggioranza.
L’art. 1108 cod.civ., al comma 3, stabilisce che è necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio quando devono essere approvati atti di alienazione, di costituzione di diritti reali sul fondo comune o di locazione con durata superiore a nove anni.
In questo senso la questione sulla natura giuridica del contratto assume valore preliminare, e si rende necessario stabilire se esso sia un contratto costitutivo di diritti reali a cui può applicarsi l’art. 1108 comma 3 cod.civ.
Invero, stando alla lettera dell’art. 1108, comma 3 cod.civ. e, considerando il contratto de quo un contratto costitutivo di diritti reali, per l’approvazione del contratto si dovrebbe ritenere necessario il consenso di tutti i partecipanti al condominio.
Al contrario, escludendo l’applicazione del disposto normativo ex art. 1108, comma 3 cod.civ. a causa della natura obbligatoria del contratto, potrebbe ritenersi sufficiente la maggioranza dei voti senza che sia necessario raggiungere l’unanimità.
Nelle proprie motivazioni le Sezioni Unite, confutando in parte il ragionamento seguito dal giudice d’appello che invocava la violazione del divieto di innovazione di cui all’art. 1120 cod.civ., hanno escluso il rilievo dato alla disciplina sulle innovazioni in materia di condominio per la diversa finalità che gli atti di innovazione perseguono rispetto al contratto in oggetto.
Invero, l’art. 1120 cod.civ. prevede che le innovazioni possono essere deliberate a maggioranza.
Il quorum di maggioranza richiesto varia in relazione al tipo di innovazione, se si tratta di innovazioni finalizzate al miglioramento, all’uso più comodo o al maggiore rendimento delle cose comuni è sufficiente una maggioranza relativa; invece in casi specifici, indicati nel 2° comma dell’art. 1120 cod.civ., è richiesta una maggioranza qualificata.
Il numero 3) del comma 2 dell’art. 1120 cod.civ., in effetti, fa riferimento alla “installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l’accesso a qualunque altro genere di flusso informativo […]”.
Tuttavia, le Sezioni Unite smentiscono l’applicabilità dell’art. 1120 cod.civ. per la semplice ragione che nel caso di specie l’impianto che viene installato non soddisfa un interesse del condominio, mentre le opere di innovazione sono generalmente preordinate a soddisfare un interesse diretto dei condomini.
In senso esemplificativo, la struttura installata sul lastrico solare non è strumentale alla ricezione del segnale radiotelevisivo cui si riferisce l’art. 1120, comma 2, n. 3 cod.civ.
L’impianto viene installato per favorire lo sfruttamento di un diritto economico che fa capo ad un terzo, ed è a sue spese che si provvede ad installare, manutenere e rimuovere l’opera posta sulla superficie del condominio.
Pertanto, sarebbe fuorviante ritenere che l’assemblea condominiale in questa circostanza sia chiamata ad approvare una innovazione, piuttosto l’atto amministrativo che deve essere approvato è il contratto stipulato dal condominio con un terzo.
4.1 Quale efficacia per il contratto di concessione del lastrico solare?
Quindi, sgomberato il campo dalla possibile applicazione dell’art. 1120 cod.civ., la Cassazione torna ad occuparsi del problema relativo all’applicabilità dell’art. 1108 comma 3 cod.civ.; ciò dovrebbe ritenersi possibile qualora il contratto in esame sia costitutivo di un diritto reale ovvero di un diritto personale di godimento di durata ultra novennale.
Sul punto la Corte si è pronunciata in senso favorevole[17].
Invero, deve ritenersi possibile utilizzare come schema negoziale sia quello ad effetto reale, nel qual caso il contratto avrebbe ad oggetto un diritto di superficie, sia quello ad effetti obbligatori avente ad oggetto un diritto personale di godimento atipico.
La corretta qualificazione giuridica del contratto de quo, e in termini di contratto ad effetti reali e di contratto ad effetti obbligatori, rappresenta una ‘questione di fatto’[18]. Una volta interpretata la volontà dei contraenti se lo schema negoziale utilizzato è inquadrabile nella categoria dei contratti costitutivi di diritti reali dovrà ritenersi applicabile l’art. 1108 comma 3 cod.civ.
Qualora, invece, dovesse emergere che le parti abbiano voluto stipulare un contratto ad effetti obbligatori, assimilabile al contratto di locazione, l’art. 1108, comma 3, cod.civ. sarà applicabile se il contratto ha una durata superiore a nove anni. Al contrario, se la durata del contratto non supera i nove anni sarà sufficiente la maggioranza prevista dal terzo comma dell’art. 1136 cod.civ. per gli atti di ordinaria amministrazione.
La volontà contrattuale degli stipulanti va sindacata tenendo conto di elementi testuali ed extra testuali; non avendo, invero, effetto dirimente la qualifica formulata dai contraenti e quindi il nomen juris formalmente dichiarato[19].
Tra gli elementi presi in considerazione dalla Corte vi sono la durata del rapporto, la previsione di una deroga al principio di accessione che consenta al titolare dell’impianto di rimuovere l’opera, piuttosto che consentirne l’automatico acquisto al proprietario del suolo alla scadenza del termine contrattuale.
Un altro elemento che assume rilievo sono le modalità di pagamento del corrispettivo indicate in contratto. Le parti potrebbero aver previsto il pagamento di un unico corrispettivo oppure il pagamento di un canone periodico, com’è tipico nei contratti personali di godimento.
E ancora può influenzare l’attività di interpretazione la presenza di elementi extra testuali come la forma dell’atto o il comportamento delle parti anche successivo alla conclusione del contratto[20].
Potrebbe essere significativa la circostanza che le parti scelgano le forme dell’atto pubblico per la stipula, questo sarebbe un elemento a favore della qualificazione del contratto come atto ad effetti reali. Stesse considerazioni valgono qualora le parti decidano di trascrivere il contratto nei registri immobiliari, infatti la trascrizione degli atti è funzionale quando l’atto ha ad oggetto diritti reali o contratti di locazione ultra novennale.
Qualora, poi, il contratto in esame dovesse essere ricondotto nella categoria dei contratti ad effetti reali si dovrebbe ritenere in modo risolutivo che esso abbia ad oggetto un diritto di superficie.
Cioè il concessionario acquisterebbe un diritto di proprietà superficiaria sulla costruzione che ha collocato sul lastrico solare, e quindi sull’impianto di tecnologia mobile; sicché l’impianto andrebbe qualificato come bene immobile.
Infatti, il diritto di superficie presuppone che si instauri un rapporto tra due beni immobili e perché ciò accada è necessario qualificare l’impianto tecnologico come bene immobile[21].
A tal proposito la Cassazione, seguendo l’orientamento prevalente, conclude che deve essere qualificato come bene immobile ogni costruzione, di qualsiasi materiale, incorporata o in qualsiasi modo congiunta al suolo anche se in modo transitorio. Infatti, superando la tradizionale classificazione sulla natura dei beni, non è più consentito valutare la natura immobiliare di un bene guardando solo alla sua staticità e all’irreversibilità del suo attaccamento al suolo. La distinzione tra bene immobile e bene mobile è una distinzione che da tempo la giurisprudenza e la dottrina arricchiscono di contenuto. Il punto di veduta non è più di tipo ontologico o naturalistico ma funzionale ed economico.
Dare peso al dato economico e funzionale, significa esplorare l’idoneità del bene incorporato al suolo di formare oggetto di diritti in relazione alla sua dimensione spaziale, sicché a rilevare non è più solo la stabilità della unione o il fatto che essa sia irreversibile.
Ne consegue che l’inquadramento giuridico di un bene come bene immobile è collegato al fatto che quel bene soddisfa gli interessi del soggetto titolare proprio in ragione della sua collocazione in quel luogo.
È la dimensione spaziale del bene che consente al bene di svolgere la sua funzione e soddisfare le esigenze economiche del suo titolare.
Ed è dunque in questo senso che il ripetitore telefonico acquista la qualità di bene immobile, il ripetitore ha una sua utilità proprio perchè si trova in quel luogo dove può svolgere al meglio la sua funzione.
Inoltre, chiosa la Corte, a corroborare la tesi della natura immobiliare dell’impianto per i servizi di telefonia mobile vi sono alcune norme di settore che disciplinano l’installazione di questi apparecchi. Si può accennare alla disciplina contenuta nel T.U.E., il cui art. 3 espressamente qualifica l’installazione di ripetitori per i servizi telefonici un’attività di nuova costruzione.
Anche il decreto legislativo n. 259/2003, cioè il cossiddetto codice delle comunicazioni elettroniche, equipara le infrastrutture destinate ai servizi pubblici di telecomunicazione alle opere di urbanizzazione primaria[22]. Inoltre, la giurisprudenza penale in sintonia con la giurisprudenza costituzionale e amministrativa, da tempo, afferma che in caso di mancato rilascio dell'autorizzazione di cui all’articolo 87 d.lgs. n. 259/2003 deve ritenersi integrato il reato di costruzione abusiva di cui all'art. 44, lett. b), d.p.r. n. 380 del 2001.
I richiami enunciati consentono di affermare, in modo risolutivo, che gli impianti per i servizi di telefonia possono essere qualificati come costruzioni e quindi beni immobili.
Ed essendo entrambi i beni di natura immobiliare, l’impianto installato e la superficie condominiale, l’unico diritto reale che nella specie può configurarsi è quello di superficie[23].
Il diritto di superficie, invero, è quel diritto che attribuisce al titolare la facoltà di mantenere sul suolo altrui una costruzione destinata ad essere, una volta realizzata, oggetto di proprietà superficiaria. Cioè il diritto di proprietà si instaura su una costruzione che viene realizzata su un suolo altrui, in evidente deroga al principio di accessione che vuole che qualsiasi opera costruita sul suolo acceda automaticamente alla proprietà del titolare del fondo.
A rigore non sarebbero configurabili altri diritti reali, come ad esempio la servitù o il diritto reale d’uso; non può esserci una servitù perchè essa presuppone una relazione tra fondi e quindi l’esistenza di un fondo dominante e di uno servente mancanti nel caso di specie[24].
Vero è, infatti, che tra le figure di diritti reali disciplinate dal codice l’istituto della servitù è probabilmente quello che presenta maggiori affinità con l’istituto della superficie.
Il dato comune è rappresentato dal fatto che entrambi sono caratterizzati dalla diversità della res; invece gli altri diritti reali non insistono su beni differenti ma sulla stessa res, si pensi all’usufrutto che ha ad oggetto un bene che è contestualmente oggetto di nuda proprietà.
Le servitù prediali, a contrario, hanno come presupposto necessario l’esistenza di due fondi di cui uno gravato da un peso che avvantaggia l’altro. Il diritto di superficie presenta tratti simili perché, ancorchè esso attribuisca un diritto di fare sul suolo altrui e ab origine il fondo sia unico, dopo che il superficiario esercita il proprio diritto, costruendo sul fondo, viene in essere un nuovo bene di cui egli acquista la proprietà. Una volta che il suolo sia stato edificato il superficiario diventa proprietario della costruzione che vi si appoggia.
In dottrina si è detto che in questo caso si configurerebbe una sorta di servitù di appoggio perché il superficiario ha il diritto di mantenere e appoggiare il bene su una proprietà altrui. Ciò che, però, differenzia la superficie dalla servitù è l’elemento della compenetrazione, invero, i fondi più che essere vicini sono fisicamente compenetrati.
Questo consente di tracciare una netta linea di demarcazione tra i due istituti ed escludere che nel caso di specie il concessionario sia titolare di un diritto di servitù.
D’altra parte però non può neanche ritenersi che il diritto di installare il ripetitore telefonico costituisca un diritto d’uso, e ciò in ragione delle limitazioni che interessano il titolare dell’impianto il quale non ha un diritto di utilizzazione pieno.
In sintesi, mentre il titolare di un diritto d’uso ex art. 1021 cod.civ. non può subire limitazioni nel godimento del bene potendo egli trarre dalla cosa qualsiasi ogni utilità, ad eccezione di quei limiti che derivano inevitabilmente dalla natura e dalla destinazione economica del bene; al contrario il soggetto a cui è concesso il godimento del lastrico solare ha la sola facoltà di utilizzare l’impianto tecnologico, non potendo fare del lastrico un uso diverso da quello espressamente pattuito né trarne altra utilità che esso sia idoneo a produrre.
Ed è a proposito di ciò che la Cassazione ribadisce e applica due principi di portata generale di fondamentale importanza: il principio di tipicità e il principio del numero chiuso dei diritti reali.
Il diritto reale d’uso non può configurarsi in questa fattispecie contrattuale poiché altrimenti verrebbe violato il principio del numerus clausus. Infatti, ammettere che le parti possono qualificare il diritto nascente da questo tipo contrattuale come diritto d’uso significa consentire loro di mutare gli elementi strutturali del tipo legale[25].
L’autonomia negoziale non ha il potere di creare nuovi tipi di diritti reali o ancora peggio di modificare, alterandone la struttura, quelli previsti dalla legge. La tipicità che caratterizza i diritti reali è principio inderogabile che non consente all’autonomia privata di modificare il nucleo di poteri e le modalità di godimento stabiliti dalla legge[26].
E nonostante il codice civile non presenti una dicitura espressa a favore dei principi del numero chiuso e di tipicità, questi costituiscono principi cardine della nostra tradizione giuridica[27]. Essi vanno desunti dall’ordinamento giuridico nel suo insieme e si giustificano per ragioni di ordine pubblico.
Orbene, se le parti venissero lasciate libere di predisporre regolamenti contrattuali contenenti diritti reali atipici il rischio sarebbe quello di esporre ogni consociato ad interferenze ingiustificate nella propria sfera giuridica. Infatti, com’è noto, i diritti reali sono capaci di produrre i loro effetti anche al di fuori del rapporto giuridico in cui vengono ad esistenza; nel senso che, una volta costituito, il diritto reale sarà idoneo ad incidere la sfera giuridica di coloro che in futuro acquisteranno diritti sul medesimo bene.
Quindi un primo rischio è rappresentato dal fatto che la proprietà venga gravata da pesi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge a discapito della circolazione dei beni con conseguente danno per l’economia generale.
Ma vi è di più.
La proliferazione dei diritti reali atipici avrebbe in ogni caso come effetto quello di far schizzare i costi di transazione; invero, l’acquirente prima di procedere all’acquisto di un bene gravato da diritti reali atipici sarebbe costretto a dedicare una parte delle sue risorse economiche all’accertamento circa il contenuto dei diritti frutto di autonomia negoziale. Operazione che a ben vedere rallenterebbe e scoraggerebbe gli scambi economici.
Pertanto, dopo aver concisamente delineato le ragioni che sottendono il principio del numerus clausus, ed aver escluso la possibilità di ravvisare nel contratto di concessione del lastrico solare diritti reali diversi da quello di superficie, è possibile continuare l’analisi delle motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione.
Nella sentenza la Cassazione, dopo aver ammesso che nel caso di specie l’autonomia negoziale può optare per un tipo legale ad effetti reali, costitutivo di un diritto reale di superficie, ha poi precisato che ciò non toglie che gli stipulanti possono scegliere una versione per così dire ‘obbligatoria’ del medesimo. Cioè un contratto che non produce effetti reali ma obbligatori e che riconosca al concessionario un diritto personale di godimento.
Va chiarito, infatti, che il principio dell’autonomia negoziale, di cui all’articolo 1322 cod.civ., consente alle parti di conseguire risultati socio-economici simili a quelli che deriverebbero dalla stipula di un contratto avente ad oggetto diritti reali mediante schemi negoziali ad effetti obbligatori.
Più nello specifico il contratto che attribuisce un diritto personale di fare e di godere per tutta la durata del rapporto di una determinata costruzione sarebbe assimilabile, in via analogica, al contratto di locazione. Vien da sé che a questa figura contrattuale atipica, che la Cassazione definisce ‘contratto atipico di concessione ad aedificandum ad effetti obbligatori’, saranno estendibili, in quanto compatibili, tutte le norme che il legislatore prevede in materia di locazione.
Proseguendo le Sezioni Unite si sono, poi, espresse su quale secondo loro sia tra i due schemi negoziali quello più idoneo a soddisfare gli interessi delle parti nel caso di concessione di un lastrico solare condominiale.
La Corte ha affermato che normalmente lo schema negoziale più adatto è quello ad effetti obbligatori, perchè in linea di principio il contratto avente ad oggetto un diritto reale di superficie riconosce al beneficiario una possibilità generica di realizzare costruzioni sul fondo altrui.
È un potere di costruzione tendenzialmente generico che non dà rilievo al tipo di costruzione da realizzare; invece nel caso di specie l’interesse del soggetto concessionario del lastrico solare è un interesse specifico ed ha ad oggetto una costruzione specifica.
La specificità della costruzione assume rilievo nell’economia del contratto.
Quindi più che acquistare un generico diritto di costruire, il concessionario sta acquistando un vero e proprio diritto personale di godimento assimilabile a quello riconosciuto al conduttore nell’ambito del contratto di locazione.
Il diritto personale di godimento ha ad oggetto lo spazio sul quale verrà collocato l’impianto; impianto che verrà fissato alla superficie solo per ragioni di comodità e sicurezza.
Infatti, il ripetitore è in grado di svolgere la sua funzione anche senza essere fissato alla superficie condominiale. Simili considerazioni smentirebbero, dunque, la qualifica di bene immobile dell’opera costruita sul lastrico solare, dato che a prescindere dalla incorporazione con il suolo essa è suscettibile di sfruttamento economico e quindi non perde, né muta la sua funzione economica.
Emerge poi un dato significativo, il soggetto al quale viene dato in uso il lastrico solare non ha un vero e proprio interesse a costruire ma piuttosto ad avere la disponibilità materiale di quello spazio per collocarvi il ripetitore di telefonia mobile.
Se ne deduce, dunque, che il modello contrattuale più adeguato a questa fattispecie è quello che attribuisce un diritto personale di godimento assimilabile a quello che caratterizza i rapporti di locazione, con la peculiarità che in questo caso il concessionario dispone anche di uno ius edificandi[28].
Dalla comparazione tra contratto di locazione e contratto atipico di concessione ad edificandum emerge tuttavia una evidente diversità, infatti il contratto di locazione riconosce al conduttore un potere di godimento particolarmente ampio, mentre il contratto di concessione ad edificandum attribuisce una facoltà di utilizzo del bene piuttosto circoscritta che si esaurisce nel diritto di appoggio.
E’ noto che anche nel contratto di locazione le parti possono modulare, in senso difforme alle previsioni legali, il quantum del diritto di godimento riducendone l’ampiezza; tuttavia ciò richiede una deroga espressa all’interno del paradigma contrattuale, deroga che invece costituisce la regola nel contratto di concessione ad edificandum.
5. Conclusione
In conclusione, quindi, il contratto con il quale si concede di installare un impianto destinato a servizi di telefonia mobile è un contratto a struttura flessibile che può essere validamente ed efficacemente stipulato sia con effetti obbligatori sia con effetti reali.
È evidente, però, che a queste condizioni diventa imprescindibile interpretare la reale volontà dei contraenti perché la scelta di un tipo negoziale, piuttosto che di un altro, produce effetti differenti, primo fra tutti in tema di applicabilità dell’art. 1108, comma 3, cod.civ.
Se il contratto stipulato è un contratto che produce effetti reali esso dovrà essere approvato all’unanimità dall’assemblea condominiale, stessa soluzione se si tratta di contratto di locazione di durata ultra novennale.
Se, invece, il contratto costituisce un diritto personale di godimento di durata non superiore ai nove anni per la sua approvazione sarà sufficiente la maggioranza prevista per gli atti di ordinaria amministrazione dal terzo comma dell’art. 1136 cod.civ.
L’interesse mostrato dagli operatori del diritto verso le sentenze n. 8434 e n. 8435 del 2020 è dovuto al fatto che esse contengono una acuta analisi su temi[29] che hanno riflessi sull’intero ordinamento giuridico, e consentono una attenta riflessione su questioni rispetto alle quali da tempo giurisprudenza e dottrina sono alla ricerca di visioni condivise[30].
Di grande interesse appare il contributo dato dalla Cassazione con riferimento alla definizione di bene immobile, secondo la visione economico-funzionale, e alla distinzione tra diritto reale di superficie, servitù e diritto d’uso.
In questa cornice, infine, il richiamo ai principi di autonomia contrattuale e tipicità/nominatività dei diritti reali rappresenta un elemento degno di nota, in particolare nel passaggio motivazionale in cui si afferma che l'autonomia privata
“[…] può conformare, ai sensi dell'articolo 1322 cod.civ., i rapporti obbligatori, ma non le situazioni reali, in ciò sostanziandosi, in ultima analisi, la differenza tra "tipo contrattuale" e "tipo di diritto reale"[31].
[1] Sezioni unite di Cassazione, sentenza n. 8434, ric. n. 22954/2014, ud. 5 novembre 2019, dep. 30 aprile 2020.
[2] Sezioni unite di Cassazione, sentenza n. 8435, ric. n. 02241/2018, ud. 5 novembre 2019, dep. 30 aprile 2020.
[3] M. R. Pernice, "Ripetitori di telefonia mobile e lastrico solare condominiale", http://www.salvisjuribus.it/, 25 maggio 2020; C. Augusto, “Ripetitore sul lastrico solare? Il quorum per deliberare dipende dalla natura del contratto”, https://www.quotidianogiuridico.it/, 10 giugno 2020; G. Bordolli, “Contratto con cui il condominio concede, dietro corrispettivo, il lastrico solare per l’installazione di un impianto per l’esercizio di telefonia mobile, riservando al detentore del lastrico la possibilità di asportalo alla fine del rapporto contrattuale, richiede l’approvazione di tutti i condomini se alla società di telecomunicazione è stato attribuito un diritto di superficie, mentre basta una delibera a maggioranza se viene stipulato un contratto atipico di concessione ad aedificandum, di natura personale, di durata inferiore ai nove anni”, www.diritto.it, 4 maggio 2020; I. Marconi, “ Ripetitore su lastrico solare: unanimità per installarlo solo se contratto è ultranovennale”, https://www.altalex.com/, 20 maggio 2020; La Redazione, “Concessione in uso del lastrico solare condominiale: tipologie contrattuali secondo le SS.UU.”, https://www.professionegiustizia.it/documenti/notizia/2020/concessione-uso-lastrico-solare-condominio-maggioranze-tipologie-contrattuali-ssuu, 1 giugno 2020.
[4] G. Chinè, M. Fratini, A. Zoppini, Manuale di diritto civile, Nel Diritto Editore, VII Edizione, 2016, pag. 687.
[5] Per ulteriori approfondimenti sui rapporti tra Comunione e Condominio vedi F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Edizioni scientifiche italiane, XV edizione, cap. XIX, pag. 275 e ss.
[6] Qui inteso nella sua accezione fisica.
[7] Il numero minimo di soggetti necessario perché ci sia un condominio è stato in passato oggetto di contrasti, tra chi sosteneva che fossero necessari almeno tre soggetti e chi invece riteneva ammissibile l’esistenza del condominio anche nel caso in cui i condomini fossero solo due. A prevalere è stata quest’ultima tesi così come confermato dalla Suprema Corte nell’ordinanza n. 5288/2012 che ha affermato che la disciplina sulle spese condominiali si applica anche in caso di condominio minimo.
[8] Si fa riferimento a titolo esemplificativo nel primo caso a vialetti o area di parcheggio e nel secondo caso a pilastri, travi portanti, scale e altri elementi meglio specificati nell’art. 1117 c.c.
[9] L’estensione della disciplina del capo I al capo II del titolo VII è prevista dal rinvio contenuto nell’art. 1139 cc “Rinvio alle norme sulla comunione”.
[10] Vedi gli artt. 1117 ter, 1119, 1120 e 1136 c.c.
[11] Per maggiore chiarezza si offre il testo per intero dell’art. 1108 c.c.
“Con deliberazione della maggioranza dei partecipanti che rappresenti almeno due terzi del valore complessivo della cosa comune, si possono disporre tutte le innovazioni dirette al miglioramento della cosa o a renderne più comodo o redditizio il godimento, purché esse non pregiudichino il godimento di alcuno dei partecipanti e non importino una spesa eccessivamente gravosa. Nello stesso modo si possono compiere gli altri atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, sempre che non risultino pregiudizievoli all'interesse di alcuno dei partecipanti. È necessario il consenso di tutti i partecipanti per gli atti di alienazione o di costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le locazioni di durata superiore a nove anni. L'ipoteca può essere tuttavia consentita dalla maggioranza indicata dal primo comma, qualora abbia lo scopo di garantire la restituzione delle somme mutuate per la ricostruzione o per il miglioramento della cosa comune.”
[12] C. M. Bianca, Diritto civile, Vol. 3 Il Contratto, Giuffrè, III Edizione, 2019, cap. X, pag. 475 e ss.
[13] Già nel 2001 la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 7300, affermava la necessità di valorizzare l’art. 1322 c.c. per una più corretta e puntuale interpretazione della volontà delle parti. Vedi G. Chinè, M. Fratini, A. Zoppini, Manuale di diritto civile, op. cit., pag. 629,
“La concessione ad aedificandum, stante l'autonomia contrattuale delle parti, riconosciuta dall'art. 1322 c.c. non si concreta sempre necessariamente in un diritto di superficie, ai sensi dell’art. 952 c.c., potendo in taluni casi assumere i caratteri e i contenuti di un diritto personale nei soli confronti del concedente, trovando al sua fonte in un contratto (atipico) con effetti meramente obbligatori non soggetto a rigori di forma o pubblicità. Tuttavia al fine di poter interpretare in tal senso, anziché in quello conforme allo schema tipico approntato dal legislatore, la concreta pattuizione intervenuta fra le parti, occorre che emergano (e vengano indicati dal giudice di merito) i peculiari indici rivelatori di una simile configurazione giuridica”.
[14] F. Taglialavoro, “Installazione di impianti di telefonia mobile su parti condominiali: interpretazione del contratto tra unanimità e maggioranza qualificata (nota a Cass., Sez. Un., n. 8434/2020).”, https://www.giustiziainsieme.it/, 14 luglio 2020.
[15] Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 3484 del 30 aprile 2020, punto 28 della motivazione; Si consiglia la lettura di L. Ariola, L. Ciafardini, F. Izzo, in Codice Civile annotato con la giurisprudenza, Simone, XX Edizione, 2017, pag. 1420,
“In base al principio dell’autonomia contrattuale […] è consentito alle parti di sottrarsi alla regola della tipicità dei diritti reali su cose altrui attraverso la costituzione di rapporti meramente obbligatori; […] le parti ben possono pattuire un obbligo personale, configurabile quando il diritto attribuito sia previsto per un vantaggio della persona […]”
in riferimento ad una sentenza della S.C. che aveva escluso la nullità di un accordo verbale in applicazione dell’art. 1424 c.c., Cass. del 4 febbraio 2010, n. 2651, Cass. dell’11 febbraio 2014, n. 3091.
[16] Per una compiuta analisi del tema si consiglia la lettura di C. M. Bianca, Diritto civile, op. cit., cap. VII, pag. 373 e ss.
[17] E. Messineo, “Installazione ripetitore su lastrico solare condominiale: la Cassazione fa chiarezza”, https://www.studiocataldi.it/, 3 giugno 2020.
[18] Ad abundantiam si consiglia la lettura di G. Chinè, M. Fratini, A. Zoppini, op. cit. pag. 1502, di cui un estratto “L’interpretazione, come si è detto, è volta ad indagare il significato obiettivo dell’accordo, la cui valutazione si risolve in una indagine di fatto (questio facti).”
[19] G. Chinè, M. Fratini, A. Zoppini, op. cit., pag. 1503 che confutando il principio in claris non fit interpretatio dà comunque atto della esistenza di un orientamento giurisprudenziale che privilegia in modo per lo più esclusivo l’interpretazione letterale, Cass. del 27 giugno 1997, n. 5734.
[20] L. Ariola, L. Ciafardini, F. Izzo, op. cit., pag. 1518, a conforto della esigenza di arricchire il percorso ermeneutico con la valutazione del comportamento complessivo delle parti.
[21] Interessante spunto di riflessione sulla classificazione di un bene come bene immobile offre A. Busani, “Ma... la tour eiffel è un bene mobile? Riflessioni sulla natura immobiliare dell'impianto fotovoltaico", in sommariowww.notaio-busani.it; Vedi anche C. T. Sillani,” Il diritto di superficie e la proprietà superficiaria”, https://elibrary.fondazionenotariato.it/, ISSN 2531 – 5315.
[22] Sezioni unite di Cassazione, sentenza n. 8434/2020, punto 24.4 della motivazione, il “ […] testo unico dell'edilizia (d.p.r. n. 380/2001), il quale, nell'articolo 3, comma 1, lett. e), punto 4, ricomprende espressamente, fra gli interventi di ‘nuova costruzione’ la «istallazione ... di ripetitori per i servizi di telecomunicazione»; per altro verso, dal codice delle comunicazioni elettroniche (d.lgs. n. 259/2003), il quale, nell'articolo 86, comma 3, espressamente assimila alle opere di urbanizzazione primaria le «infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88»”.
[23] C. Trinchillo, "Breve analisi dei rapporti tra diritto di superficie ed edificio in condominio. Il diritto di sopraelevazione previsto dall'art. 1127 cod. civ.", Riv. notariato 2002, 05, 1129, www.assonotai.it, Anno II n.1-2/2003,
“Quanto al diritto di «proprietà superficiaria», lo stesso, per quanto riguarda il contenuto, è del tutto assimilabile a quello del normale diritto di proprietà, se si eccettua la limitazione rispetto alla ordinaria bilateralità della sua estensione in senso verticale.”
[24] A questo proposito notevole è il contributo fornito da C. Trinchillo, op. cit., che analizza in modo puntuale analogie e differenze tra diritto di superficie e servitù prediali.
“Pur vertendosi in tema di servitù, i punti di contatto con la figura del diritto di superficie sono evidenti: in entrambe le fattispecie la fase della esecuzione dell'opera è prodromica e funzionale alla realizzazione della situazione definitiva nella quale il diritto vero e proprio in re aliena si sostanzia; in entrambe le fattispecie le due fasi hanno i connotati della realità […] in entrambe le fattispecie la mancata esecuzione delle opere comporta la estinzione del diritto per prescrizione. Un elemento caratteristico differenzia tuttavia, dall'esempio proposto in tema di servitù, l'ipotesi della superficie: in quest'ultima, infatti, l'attività del titolare dello jus ad aedificandum non è soltanto diretta alla realizzazione delle opere per un rapporto di servitù tra due fondi già esistenti, ma si sostanzia nella stessa costruzione del «fondo» al quale, nella relazione finale tra le due res, competerà il diritto di appoggio sull'altro.”
[25] Sezioni unite di Cassazione, sentenza n. 8434/2020, punto 25.3 della motivazione, “Donde la non utilizzabilità del paradigma del diritto reale di uso, giacché il principio del numerus clausus dei diritti reali (il quale) non consente di ritenere che il nucleo di poteri e di modalità di godimento che connotano l'utilità che il titolare di un determinato diritto reale può trarre dal bene che ne forma oggetto possa essere conformato dall'autonomia privata”; Posizione già espressa da Cassazione, 26 febbraio 2008, n. 5034.
[26] A supporto va dato atto della scelta del legislatore di espungere dal codice civile del 42’ alcune norme presenti nel codice del 1865 che riconoscevano alle parti la possibilità di prevedere nel regolamento negoziale deroghe alla disciplina giuridica in materia di servitù e usufrutto, rispettivamente agli artt. 476 e 616.
[27] Costituisce a questo proposito una significativa conferma di quanto detto il recentissimo intervento di Cassazione civile, Sez. Un., 17 dicembre 2020, n. 28972, in tema di creazione di diritti reali di uso esclusivo su una porzione di cortile condominiale, in https://www.jusforyou.it/, 17 dicembre 2020.
[28] I. Marconi, “Ripetitore su lastrico solare: unanimità per installarlo solo se contratto è ultranovennale.
Se l’installazione è frutto di una concessione a effetti obbligatori, ricorre lo schema negoziale del contratto atipico di concessione ad edificare (Cass., SS.UU., sentenza 8434/2020)”, https://www.altalex.com/, 20 maggio 2020.
[29] Sulla libertà di autonomia negoziale vedi il contributo di E. Zito, "Quali limiti all'autonomia contrattuale? Approdi definitivi della Suprema Corte", http://www.salvisjuribus.it/, 26 maggio 2020; A. Calabrese, “L’autonomia negoziale del contratto atipico di concessione ad aedificandum”, http://www.salvisjuribus.it/, 14 dicembre 2020.
[30] A questo proposito rappresenta un interessante spunto di riflessione la disputa sulla ammissibilità di deroghe al principio del numerus clausus dei diritti reali, vedi D. Quattrone, "Superamento o temperamento del "numerus clausus" e della tipicità dei diritti reali? Punti di contatto e differenze con i diritti obbligatori", http://www.salvisjuribus.it/, 26 aprile 2020; C. Granelli, "Diritti reali tra innovazione e continuità", http://www.juscivile.it/, 2014 - 10.
[31] SU, punto 25.1 della motivazione.