Pubbl. Ven, 18 Set 2020
Il legittimario completamente pretermesso e l´esercizio dell´azione di riduzione
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Giulia Fadda
”Il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l´esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. Ne consegue che la condizione della preventiva accettazione dell´eredità con beneficio d´inventario, stabilita dall´art.564 c.c., comma 1, per l´esercizio dell´azione di riduzione, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede, e non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore” (Cass. 19 novembre 2019 n.30079). La Corte di Cassazione conferma la distinzione tra legittimario completamente pretermesso e legittimario leso al fine dell´esercizio dell´azione di riduzione. Il presente contributo analizza la questione
Sommario: 1. La vicenda processuale; 2. Il legittimario completamente pretermesso; 3. L'azione di riduzione; 4.L'esercizio dell'azione di riduzione da parte del legittimario completamente pretermesso; 5. Conclusioni
1. La vicenda processuale
La vicenda processuale riguarda una madre che in vita ha compiuto delle cessioni di quote di una società a responsabilità limitata a favore dei suoi due figli. Alla sua morte sono presenti altri legittimari, ma non sono residuati ulteriori beni.
Di conseguenza, i legittimari completamente pretermessi si sono rivolti al Tribunale di Milano esercitando l’azione di simulazione e l’azione di nullità verso le suddette cessioni con lo scopo di far ricomprendere le quote della società nell’asse relitto.
La domanda attorea si basa sul concetto che la reale natura giuridica dei negozi posti in essere non sia di cessione a titolo oneroso, ma di contratto misto con donazione. A tal proposito, gli attori ritengono che le donazioni dissimulate realizzate dalla de cuius verso i propri figli siano nulle per mancanza del rispetto della forma di atto pubblico richiesta per le donazioni[1]. Di conseguenza, seguendo detto ragionamento, i beni oggetto delle stesse rientrano nell’asse ereditario e devono essere divisi anche tra i legittimari completamente pretermessi.
I convenuti sostengono la mancanza di legittimazione degli attori alla presentazione del ricorso. La loro difesa si basa sulla convinzione che l’art. 564 c.c.[2] richieda la preventiva accettazione con beneficio di inventario al fine dell’esercizio dell’azione di riduzione. Di conseguenza, la parte attorea non è legittimata ad esercitare l’azione di riduzione mancando la preventiva accettazione con beneficio di inventario.
In primo grado, il Tribunale di Milano ha riconosciuto la mancanza di legittimazione degli attori, dato che non hanno presentato alcuna domanda di reintegrazione della legittima o di accertamento della loro qualità di eredi.
In secondo grado, la Corte di Appello di Milano ha distinto tra la legittimazione ad esercitare l’azione di simulazione e quella a richiedere la divisione dell’asse relitto. In particolare, ha affermato che i legittimari completamente pretermessi hanno diritto ad esercitare l’azione di simulazione, dato che al fine dell’esperimento di quest’ultima non è necessario il contestuale esercizio dell’azione di riduzione. Infatti, è già presente un interesse attuale all’accertamento della effettiva consistenza del patrimonio relitto.
Allo stesso tempo, però, la Corte di Appello ha ritenuto mancante la legittimazione degli appellanti all’esercizio della azione di riduzione. Il ragionamento della Corte si è basato sulla circostanza che al fine dell’esercizio della suddetta azione è necessaria la preventiva accettazione con beneficio d’inventario.
La Corte di Cassazione, invece, ha riconosciuto la legittimazione della parte attorea all’esercizio dell’azione di riduzione, dato che non è necessaria la preventiva accettazione con beneficio d’inventario per il legittimario completamente pretermesso[3]. Da tale assunto ha, inoltre, dedotto che quest’ultimo in riferimento alla azione di simulazione sia da considerare come terzo e non come erede.
Nel proseguo del presente contributo sarà oggetto di analisi l’orientamento della Corte di Cassazione in riferimento al rapporto tra il legittimario completamente pretermesso e l’esercizio dell’azione di riduzione.
2. Il legittimario completamente pretermesso
Il legittimario completamente pretermesso è colui che, nonostante abbia il diritto di partecipare alla successione secondo quanto previsto dalla normativa in materia di successione necessaria, non può prendervi parte a causa della volontà del testatore (in caso di successione testamentaria) oppure per atti compiuti in vita dal de cuius (in caso di successione legittima).
Nella sentenza oggetto di analisi la Corte di Cassazione esplicita quali siano i casi in cui si verifichi la posizione di legittimario completamente pretermesso.
Nello specifico, una prima ipotesi si presenta nella successione testamentaria, laddove il de cuius abbia disposto di tutti i suoi beni mediante istituzioni di erede a titolo universale. In tale fattispecie, infatti, il legittimario completamente pretermesso non è chiamato alla eredità fino a quando con l’esercizio della azione di riduzione non ottenga la riduzione della disposizione testamentaria nei suoi confronti, come previsto dall’art. 457 comma 2 c.c.[4].
L’altra ipotesi riguarda la successione legittima. Nello specifico, il de cuius, nonostante non abbia disposto per testamento, ha la possibilità di pretermettere completamente uno o più legittimari mediante il compimento di donazioni in vita che esauriscano l’intero asse ereditario. In questo caso il legittimario completamente pretermesso deve esercitare la azione di riduzione, se ha intenzione di ricevere quanto allo stesso spettante dalla successione[5].
3. L’azione di riduzione
Prima di analizzare il rapporto tra l’esercizio della azione di riduzione e il legittimario completamente pretermesso è necessario soffermarsi sul primo elemento.
In ambito successorio il legislatore assicura una quota di legittima a determinati soggetti, definiti legittimari. Si tratta del coniuge, dei figli o loro discendenti e, in mancanza di questi ultimi, degli ascendenti del de cuius, come previsto dall’art. 536 c.c.[6].
In questo modo, il legislatore pone un limite all’autonomia testamentaria. Infatti, il testatore potrebbe spingersi a compiere donazioni in vita oppure disposizioni testamentarie che ledono un legittimario o addirittura lo pretermettono del tutto dalla successione. Di conseguenza, il legislatore riconosce al legittimario il diritto di pretendere la propria quota di legittima mediante l’esercizio dell’azione di riduzione. Quest’ultima ha la finalità di rendere inefficaci verso il legittimario che agisce in riduzione le disposizioni testamentarie o le donazioni poste in essere dal de cuius lesive della quota di legittima di colui che esercita la suddetta azione. Nel caso in cui quanto oggetto di azione di riduzione sia stato alienato ad un altro soggetto il legittimario ha a disposizione anche l’azione di restituzione, che permette di recuperare detto bene.
L’art. 564 c.c. prescrive che al fine dell’esercizio dell’azione di riduzione sia necessario accettare preventivamente con beneficio d’inventario ed imputare alla propria quota di legittima le donazioni e i legati ricevuti.
In riferimento al primo elemento si rimanda a quanto affermato successivamente.
Per quanto riguarda, invece, l’imputazione di quanto ricevuto dal de cuius per donazione o per legato essa non è necessaria laddove il de cuius abbia compiuto una dispensa dalla stessa. Quest’ultima può avvenire sia all’interno del testamento sia nell’atto di donazione[7].
4. L’esercizio della azione di riduzione da parte del legittimario completamente pretermesso
Dopo aver chiarito cosa si intenda per legittimario completamente pretermesso e cosa sia la azione di riduzione è necessario analizzare il rapporto tra i due elementi, così come delineato dalla Corte di Cassazione.
Il problema che si presenta è capire se la preventiva accettazione con beneficio di inventario, richiesta dall’art. 564 c.c., sia sempre necessaria al fine dell’esercizio della azione di riduzione. In caso di risposta affermativa, risulterebbe escluso il legittimario completamente pretermesso, dato che non essendo delato non ha la possibilità di compiere la suddetta accettazione.
A tal proposito, la Corte ha negli anni sostenuto che deve essere compiuta una distinzione tra la posizione di legittimario e quella di erede[8].
Se si sostenesse il contrario, allora il legittimario completamente pretermesso si troverebbe nella incapacità di esercitare l’azione di riduzione e, conseguentemente, di partecipare alla ripartizione dell’asse ereditario pretendendo quanto allo stesso spettante.
Detta situazione contrasterebbe con la funzione della azione di riduzione. Infatti, come chiarito precedentemente, quest’ultima è lo strumento di tutela non soltanto per il legittimario che è stato ricompreso nella successione ma che necessita di una integrazione della legittima, ma anche per il legittimario completamente pretermesso al fine di partecipare alla successione.
La Corte ritiene, quindi, che il requisito dell’accettazione con beneficio d’inventario, al fine dell’esercizio della azione di riduzione, sia richiesto solamente per il soggetto che, oltre ad essere legittimario, sia anche delato. Di conseguenza, non rientra in tale categoria il legittimario completamente pretermesso.
5. Conclusioni
Con la sentenza analizzata nel presente contributo la Cassazione conferma quanto sostenuto dalla stessa nel corso degli anni, vale a dire che per il legittimario completamente pretermesso non vale la condizione prevista dall’art. 564 c.c. per l’esercizio dell’azione di riduzione consistente nell’accettazione con beneficio d’inventario. In questo modo gli Ermellini distinguono tra la qualità di erede e la qualità di legittimario completamente pretermesso. Di conseguenza, soltanto il legittimario leso nella quota di legittima deve anche accettare con beneficio d’inventario al fine dell’esercizio dell’azione di riduzione, perché ha anche la qualità d’erede.
[1] In tema di negozio misto con donazione la Corte di Cassazione sostiene la tesi della natura giuridica di donazione. Di conseguenza, al fine della validità di detto negozio è necessario il rispetto della forma dell’atto pubblico prevista dall’art.782, comma 1 c.c., che recita:
“La donazione deve essere fatta per atto pubblico, sotto pena di nullità. Se ha per oggetto cose mobili, essa non è valida che per quelle specificate con indicazione del loro valore nell’atto medesimo della donazione, ovvero in una nota a parte sottoscritta dal donante, dal donatario e dal notaio”
[2] Il tenore letterale dell’art.564 c.c. è il seguente:
“Il legittimario che non ha accettato l'eredità col beneficio d'inventario non può chiedere la riduzione delle donazioni e dei legati, salvo che le donazioni e i legati siano stati fatti a persone chiamate come coeredi, ancorché abbiano rinunziato all'eredità. Questa disposizione non si applica all'erede che ha accettato col beneficio d'inventario e che ne è decaduto.
In ogni caso il legittimario, che domanda la riduzione di donazioni o di disposizioni testamentarie, deve imputare alla sua porzione legittima le donazioni e i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato espressamente dispensato.
Il legittimario che succede per rappresentazione deve anche imputare le donazioni e i legati fatti, senza espressa dispensa, al suo ascendente.
La dispensa non ha effetto a danno dei donatari anteriori.
Ogni cosa, che, secondo le regole contenute nel capo II del titolo IV di questo libro, è esente da collazione, è pure esente da imputazione.”
[3] La Corte di Cassazione ha affermato nella sentenza in esame: “Come questa corte ha già avuto modo di precisare, il legittimario pretermesso non è chiamato alla successione per il solo fatto della morte del de cuius, potendo acquistare i suoi diritti solo dopo l’esperimento delle azioni di riduzione o di annullamento del testamento. Ne consegue che la condizione della preventiva accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario, stabilita dall’art. 564 c.c., comma 1, per l’esercizio dell’azione di riduzione, vale soltanto per il legittimario che abbia in pari tempo la qualità di erede, e non anche per il legittimario totalmente pretermesso dal testatore”.
[4] L’art. 457, comma 2 c.c. recita “Non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria.”.
[5] La Corte di Cassazione ha sostenuto nella sentenza in esame: “Ora, una totale pretermissione del legittimario può aversi tanto nella successione testamentaria, quanto nella successione ab intestato e, precisamente: a) nella successione testamentaria, se il testatore ha disposto a titolo universale dell’intero asse a favore di altri, in base alla considerazione che, a norma dell’art. 457 c.c., comma 2, questi non è chiamato all’eredità fino a quando l’istituzione testamentaria di erede non venga ridotta nei suoi confronti; b) nella successione ab intestato, qualora il de cuius si sia spogliato in vita dell’intero suo patrimonio con atti di donazione, sul rilievo che, per l’assenza di beni relitti, il legittimario viene a trovarsi nella necessità di esperire l’azione di riduzione a tutela della situazione di diritto sostanziale che la legge gli riconosce.”.
[6] L’art. 536 c.c. recita: “Le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o altri diritti nella successione sono: il coniuge, i figli, gli ascendenti.
Ai figli sono equiparati gli adottivi.
A favore dei discendenti dei figli, i quali vengono alla successione in luogo di questi la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli”.
[7] Per una disamina dell’argomento della dispensa da imputazione: G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Tomo I, Milano, Giuffré Editore, 2015 pp.549 – 552; L. GENGHINI – C. CARBONE, Le successioni per causa di morte, Tomo I, Padova, Cedam, 2012, pp. 728 – 731.
[8] Vedi Cass. Civ, Sez. II, 29 maggio 2007, n.12496; Cass. civ. Sez. II, 03 luglio 2013, n. 16635.