Pubbl. Mer, 2 Set 2020
Dietro le quinte della giustizia costituzionale: la fine di un idillio
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Luana Leo
Sin dagli esordi, la giustizia costituzionale si è contraddistinta per una serie di ”ombre ”, verso le quali non è mai stata riposta attenzione. La mancata volontà di intaccare l´architettura disegnata dai Padri Costituenti ed i silenzi legislativi hanno confinato il sistema, anche a causa di un´inevitabile influenza da parte del diritto costituzionale. I frequenti tentativi di dialogo tra la Corte italiana e le Corti sovranazionali hanno portata ”a galla” tutte le questioni accantonate in precedenza, segnalando così l´urgenza di una ristrutturazione della giustizia costituzionale.
Sommario: 1. Le origini della giustizia costituzionale: l'esperienza nordamericana; 2. Il mancato recepimento della dottrina “Marshall” nel contesto europeo; 3. I modelli di giustizia costituzionale; 4. La Corte Costituzionale e il dibattito in Assemblea Costituente; 4.1 Le fonti normative sulla Corte Costituzionale; 4.2 La composizione ed il funzionamento della Corte Costituzionale; 5. La riforma costituzionale francese del 2008: un esempio da seguire?; 6. L' urgenza di un dialogo tra Corti: verso il cambiamento?
1. Le origini della giustizia costituzionale: l'esperienza nordamericana
Per “giustizia costituzionale” deve intendersi la viva possibilità di sindacare la legittimità di una legge – o di un atto avente forza di legge – rispetto alla Costituzione. La giustizia costituzionale, dunque, si concretizza in un giudizio sulle leggi che si pongono in contrasto con la Costituzione, giudizio destinato ad appurare la conformità di una fonte inferiore (legge) rispetto ad una fonte superiore (Costituzione)1.
L'esigenza di introdurre negli ordinamenti giuridici un sistema di giustizia costituzionale risale verso la seconda metà del XVIII secolo. Il presupposto teorico del moderno controllo di costituzionalità delle leggi trova terreno fertile nell'animato dibattito2 che si sviluppa prima della Convenzione di Filadelfia, e poi attorno al testo della Carta Statunitense del 17873. Storicamente, si lega detto momento all'entrata in scena di una nozione della Costituzione quale “insieme di principi e regole dotate di un carattere di stabilità capaci di resistere all’invece sempre mutevole atteggiarsi della legge ordinaria, prodotto della volontà di maggioranze parlamentari analogamente mutevoli e transeunti”4 .
La Costituzione americana, tradizionalmente rigida5 (tale da presuporre un particolare procedimento per la sua revisione, nonché quello regolamentato dall'art. V6), non contemplava7 un sistema di giustizia costituzionale. L'implementazione di un sistema che consentisse di garantire alla Costituzione una posizione nettamente superiore rispetto alle altre fonti normative, trae origine dall'attività giurisprudenziale e più precisamente dalla nota sentenza del presidente della Corte Suprema, il giudice John Marshall, che nel delineare la pronuncia relativa alla causa Marbury v. Madison (1803) risolse, una volta per tutte, il problema del rapporto tra norme costituzionali e norme di legge ordinaria. In particolare, egli convalidò la predominanza delle prime rispetto alle seconde; di conseguenza, riconobbe ai giudici il compito di accertare la conformità delle leggi (che dovevano applicare nei loro giudizi) rispetto alla Costituzione e, in caso di comprovato contrasto, disapplicare la legge incostituzionale8. Da tale pronuncia ne discese un principio cardine: la decisione varata da un giudice in punto di costituzionalità o incostituzionalità vincola la pronuncia di un ulteriore giudice che, in seguito, esamina la stessa questione9. Le decisioni adottate a tal riguardo dalla Corte Suprema, dunque, hanno valore vincolante per tutti i giudici americani e possono subire talune modifiche soltanto su impulso della Corte medesima, ove la questione venga riaffrontata10.
La peculiarità di codesto periodo storico risiede nell'evoluzione della Suprema Corte che nasce negli Stati Uniti come organo (essenzialmente) di ultima istanza, competente cioè a riesaminare le liti decise in via definitiva da un giudice federale (o statale), il cui proposito consiste nel rifinire i mezzi processuali che le consentano di dedicarsi quasi totalmente su questioni di ordine costituzionale. La Corte Suprema, altresì, si distingue per la redazione del primo modello di giustizia costituzionale, in grado di influenzare non solo la giurisprudenza successiva ma anche di condizionare l'istituzione in Italia di un organo munito della funzione di controllo sulla costituzionalità delle leggi. Sebbene alla sentenza sopraccitata si riconosca il merito di aver evidenziato la il valore e l'urgenza di un giudizio sulle leggi, permane la mancanza (piuttosto sentita) di una vera e propria Corte Costituzionale11.
2. Il mancato recepimento della dottrina “Marshall” nel contesto europeo
In Europa, verso la fine del '700, dilaga un clima politico-culturale diverso da quello nordamericano, che ostacola il recepimento della dottrina “Marshall”. L'Inghilterra, fortemente legata alla grande tradizione12 del parlamentarismo d'oltremanica, intraprende un percorso a sé stante in ragione della mancanza di una Costituzione organica scritta, tale da precludere l'instaurazione di un sistema di giustizia costituzionale13.
A codesto vuoto si accosta l'assenza di un sindacato di costituzionalità, l'omessa considerazione del magistrato quale “giudice delle leggi” e l'avvenuta istituzione della nuova Supreme Court of the United Kingdom tramite il Constitutional Reform Act 2005.
Sotto tale profilo, si scorge la mancata volontà del potere legislativo di consentire ad un'ulteriore organo, avente natura giurisdizionale e dotato di indiscutibile rinomanza, di compromettere l'azione del corpo costituzionale supremo. In ragione di ciò, si dovrebbe parlare di un'inesistenza della giustizia costituzionale in Inghilterra. Tuttavia, grazie all'equity del Common Law si intravedono lievi segnali di un sindacato di costituzionalità che, a livello continentale, viene qualificato come diffuso e secondo ragionevolezza14.
Un'apertura alla giustizia costituzionale si ravvisa nell'incorporazione del diritto europeo (CEDU e UE) nell'ordinamento inglese (avutasi con l'adozione dello Human Right Act 1998) e nell'istituzione della Supreme Court15 (mediante la Constitutional Reform Act 200516), alla quale spetta il compito di risolvere i conflitti sorti tra le varie parti del Regno.
In Francia, in seguito alla rivoluzione del 1789 sfociata nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, permane un clima pervaso dalle ideologie del giacobino Jean-Jacques Rousseau, che porta a qualificare l'assemblea elettiva come padrona della sovranità nazionale17. La supremazia parlamentare inizia a perdere dei colpi solo con la V Repubblica in virtù dell'intensificazione della figura del Capo dello Stato18.
Nel 1795 Emmanuel-Joseph Sieyès propone, in un opuscolo stampato a Leipzig, l'inserimento nella Costituzione francese di una jury constitutionnaire, intesa alla stregua di una diramazione del medesimo “organo legislativo”, volta a prendere posizione sui reclami di violazione della Costituzione sollevati contro i decreti della “Legislatura”, all'infuori che fungere da centro di potenziali revisioni costituzionali. Il primato dell'Assemblea elettiva è quindi mitigato dalla risaputa sussistenza nel testo costituzionale dei diritti di libertà civile, ai quali deve essere garantita una tutela incessante e indiscutibile anche contro la legge (e gli atti dei poteri pubblici). Quest'ultima osservazione incarna l'ideologia19 del politico francese, dapprima aggredita nell'Assemblea Nazionale francese, poi accolta in maniera parziale nella Costituzione del 1795 ed infine, soggetta ad un radicale mutamento nella conseguente Costituzione del 1799.
Il sistema di giustizia costituzionale francese è rimasto per un lungo periodo indenne alla grandi riforme e senz'altro sarebbe rimasto snello se non si fosse adattato alle richieste della giustizia moderna in grado di convertire il Conseil Constitutionnel20 in un tribunale analogo agli altri e sprovvisto di una propria personalità.
Oltre a codesta trasformazione, un passo decisivo è stato attuato, di recente, con l'approvazione della riforma costituzionale del 2008. Nella Germania di Weimar (1919)21, per molti anni, l'attenzione viene riposta alla disciplina dei rapporti tra il Reich e i Lander. Tuttavia, in tale contesto, si rivela particolarmente acceso il dibattito tra due grandi giuristi e filosofi della scena europea, Hans Kelsen e Carl Schmitt, in ordine alla determinazione del “custode della Costituzione”.
Per Kelsen, il potere costituente rappresenta un fatto storico ma irrazionale ed esterno alla Costituzione, mentre quest'ultima non è altro che uno strumento diretto a limitare il potere attraverso il diritto, ossia regolamentando gli organi e il procedimento legislativo22. La concezione di Kelsen – contrapposta alla visione americana – genera l'idea di un sistema di giustizia costituzionale affidabile ad un organo giurisdizionale, il tribunale costituzionale23, capace di escludere dall'ordinamento le leggi incostituzionali.
Al contrario, Schmitt concepisce il potere costituente come la volontà politica della collettività che decide sulla specie e la forma della propria unità politica e, nella medesima prospettiva, considera la Costituzione come un qualcosa di “politico” e sostanziale, volto alla difesa dell'unità di un popolo. Per Schmitt, il ruolo di “custode” della Costituzione (espressione elaborata dallo stesso) deve essere riservato al Capo dello Stato. Tale pensiero viene rafforzato dall'art. 48 della Carta di Weimar che concedeva al Presidente del Reich, nelle situazioni di urgenza, l'opportunità di cumulare in sé i poteri del Cancelliere (potestas). La tesi di Schmitt non è tollerabile24. Una corrente25 di pensiero attribuisce a Kelsen il grande merito di aver saputo cogliere fino in fondo il potenziale anti-liberaldemocratico del Custode della Costituzione.
3. I modelli di giustizia costituzionale
Una volta definite, in linea di massima, le origini della giustizia costituzionale, appare opportuno delineare specificatamente i relativi modelli, tenendo conto del fatto che con l'evoluzione della giustizia costituzionale si assiste al sorgere di nuovi esemplari, i cd. modelli misti26.
Tradizionalmente, si distinguono tre modelli di giustizia costituzionale: il primo, si è sviluppato nel Common Law (Regno Unito e Stati Uniti) con il caso Bonham del 1610 e più precisamente con il celebre caso Marbury vs. Madison nel 1803; il secondo, sulla scia della Costituzione Spagnola di Cadice del 1812, si è affermato nello Yucatan e nel Messico; il terzo, ideato da Kelsen e portato a compimento con la Costituzione della Repubblica austriaca nel 1920, incarna perfettamente la prospettiva che emerge nel territorio austriaco e si consolida con un intento: autorizzare la maggioranza parlamentare a ledere la Costituzione, a danno delle minoranze.
Nel 1610 il magistrato britannico sir Edward Coke dichiara, nel celebre caso Bonham, che una legge contraria al Common Law è invalida. In particolare, questi fece proprie le teorie di Bracton e Fortescue – per i quali il Monarca doveva assoggettarsi alla lex terrae – portando in avanti la propria nozione di “legge fondamentale” e identificandola con i sacri principi del Common Law.
Per Coke, il Common Law rappresentava sia la legge fondamentale del Regno Unito sia l'incarnazione della ragione: essa, infatti, includeva tutto quello che, nel corso degli anni, i magistrati avevano racchiuso nella propria concezione di costituzione (ossia il bill of rights e il frame of governement). Sebbene tale caso affondi le proprie radici in formulazioni risalenti, non vi è alcun dubbio in ordine all'originalità del contributo fornito da Coke27. Tuttavia, l'incessante scontro inglese tra il potere giudiziario ed il potere legislativo, vide il trionfo di quest'ultimo e di conseguenza il distacco definitivo dalla dottrina di Coke28.
Il noto caso americano Marbury vs. Madison, in cui la legge ordinaria viene subordinata alla Costituzione, è preceduto da un'ulteriore episodio (Calder v. Bull) deciso dalla Corte Suprema nel 1789. In tale vicenda, avente ad oggetto una sentenza in materia di successione, il giudice Chase affermava di non potersi esprimere circa la questione se un magistrato possa o meno disapplicare una legge per contrasto con la Costituzione, riservandone invece le sorti alle Corti del Connecticut29.
Nel caso Marbury vs. Madison, il giudice Marshall ricorre alle stesse espressioni adottate nella causa sopracitata30, con una sostanziale differenza: la sua argomentazione è legata al valore della Costituzione scritta. Secondo quest'ultimo, ciascun giudice ha il dovere di osservare ed applicare la Costituzione in virtù del giuramento espletato dallo stesso prima dell'esercizio delle sue funzioni e della superiorità riconosciuta alla Costituzione quale legge suprema.
Alla luce di ciò, il giudice Marshall convalida e potenzia il principio della separazione e dell'equilibrio tra i poteri, soggetti alla sola Costituzione31.
La prospettiva spagnola si differenzia notevolmente dal prototipo americano: il problema non è tanto quello di un rapporto tra le fonti (la Costituzione al di sopra della leggi) o tra i poteri dello Stato (assoggetti alla Costituzione), ma concerne le garanzie che la Costituzione attribuisce ai singoli in relazione ai diritti fondamentali in essa sanciti. Sebbene taluni ravvisino32 l'origine della tutela dei diritti costituzionali nell'esperienza nord-americana, il celebre caso Marbury vs. Madison spazza via qualsiasi dubbio. Il Tribunale costituzionale spagnolo, delineato in ogni suo tratto nel titolo IX della Costituzione del 1978, unico e diretto discendente del Tribunale di Garanzie Costituzionali enunciato dalla Costituzione repubblicana del 1931, si immette nel panorama generale di espansione della giustizia costituzionale comunitaria al termine della seconda guerra mondiale33. Agli ulteriori mezzi riportati dalla Costituzione spagnola del 1978 per la difesa dei diritti e delle libertà34, si accosta il ricorso di amparo innanzi al Tribunale Costituzionale, un ricorso straordinario avente carattere eccezionale, finalizzato a proteggere un determinato gruppo di diritti laddove dai procedimenti ordinari di controllo non si ottenga alcun tipo di risultato35.
A tal proposito, occorre evidenziare che il ricorso di amparo, prima che nella Costituzione spagnola del 1978, ha trovato spazio nello Stato dello Yucatan e nel Messico36, la cui Costituzione federale del 1958 accorda a tale strumento una configurazione più estesa37. Il ricorso di amparo, poi, è stato introdotto in ulteriori Paesi dell'America Latina38, aventi quale unica caratteristica comune l'esistenza di un ricorso individuale per la tutela dei diritti costituzionalmente garantiti. Gli ordinamenti di tali Stati, infatti, presentano ingenti differenze39.
Storicamente, il modello più interessante di giustizia costituzionale europea è quello realizzato in Austria, in conseguenza della cd. Oktoberverfassung del 1920, alla cui redazione aveva contribuito Kelsen, conosciuto peraltro come il fondatore della cd. “Scuola di Vienna”. Il modello austriaco si caratterizza per l'attribuzione al Tribunale costituzionale federale di una serie di competenze piuttosto articolate. A prescindere dalla funzione di risoluzione dei conflitti, la versione “pura” di tale modello – cd. Verfassungsbeschwerde – aveva come obiettivo non tanto quello di tutelare i diritti soggettivi dei cittadini, quanto il sistema oggettivo delle norme costituzionali40. Con riguardo al ricordo diretto, il primo aspetto della Verfassungsbeschwerde attiene alla portata espansiva della categoria degli atti avverso i quali esso è dato, salvo specifiche eccezioni. Prescindendo dall'inconveniente pratico, rappresentato da un elevato numero di ricorsi individuali, il sopraccitato istituto gode del merito di essersi posto a coronamento dello stato di diritto, con un valore più simbolico che concreto41.
4. La Corte Costituzionale e il dibattito in Assemblea Costituente
In Italia, al pari dell'Austria e della Spagna, si decise di introdurre un giudizio di legittimità costituzionale di tipo accentrato, donato ad un organo ad hoc: la Corte Costituzionale42.
All'indomani del referendum istituzionale del 2 giugno 1946, i Padri costituenti non erano concordi sull'insediamento dell'organo di garanzia del futuro ordine costituzionale. Il dibattito, quindi, si incentrava sul modello di giustizia costituzionale: il Verfassungsbeschwerde (di provenienza austriaca) ed il judicial rewiew of legislation (di estrazione nord-americana).
Le idee più interessanti derivavano da Leone e Patricolo (inclini alla creazione di un giudice ad hoc), da Einaudi (difensore del modello diffuso) ed infine da Calamandrei43 (fautore del modello misto, composto da elementi di sindacato diffuso ed altri di sindacato accentrato). Sebbene si assistette ad una fervente diatriba tra le forze politiche, la tematica non ricevette particolare attenzione. Occorre puntualizzare che, del progetto di Costituzione, la parte relativa alla Corte Costituzionale venne definita, in sette leste sedute, dalla II Sottocommissione (13 - 24 gennaio 1947). Nelle sedute dal 27 novembre al 2 dicembre 1947, venne approvato un articolato parificabile a quello incorporato nella corrente Costituzione, differendo a successivi interventi legislativi gli intrecci attinenti alla nomina dei giudici e all'accesso alla Corte. La controversia in atto venne superata con un compromesso sostanziale che diede origine ad “una forma di ibridazione” tra i due modelli,
“con la costruzione di un sistema di giustizia costituzionale peculiare, che non ha riscontri in altre parti del mondo e che è destinato ad operare come anello di raccordo tra la sfera giurisdizionale (per mezzo del controllo del giudice sulla non manifesta infondatezza e sulla rilevanza della questione) e la sfera politica (mediante l’efficacia erga omnes delle pronunce)”44.
L'omissione di un'apposita regolamentazione esauriente e la difficoltà di nominare i giudici di nomina parlamentare, a causa gli intensi dibattiti di natura politica, rimandarono il “lancio” della Corte Costituzionale. Tale organo, disciplinato dagli artt. 134-147 della Costituzione del 1947, entrò in funzione solo nel 1956 in seguito all'approvazione delle leggi costituzionali (9 febbraio 1948, n. 1; 11 marzo 1953, n. 1) ed ordinarie (11 marzo 1953, n. 87), previste dall'art. 137 Cost., indispensabili per il concreto funzionamento della Corte Costituzionale. Per tale ragione, nell'intervallo di tempo intercorso tra le due suddette date, il controllo (diffuso) di costituzionalità venne riservato alla magistratura45. La scelta accordata al sistema accentrato viene imputata a motivi avanti natura sia tecnico-giuridica che politica. In primo luogo, appare necessario sottolineare la mancanza in Italia del principio dello stare decisis. In secondo luogo, deve essere segnalata la ferma volontà di non squilibrare la posizione reciproca dei poteri dello Stato, riservando in via esclusiva al potere giurisdizionale la funzione di congelare l'operatività delle leggi, l'approvazione delle quali, così come l'abrogazione, è riservata all'organo legislativo46.
La succinta esperienza dell'Alta Corte della Regione Siciliana e la permanenza della stessa anche in seguito all'introduzione della Corte Costituzionale, aveva innescato una serie di problemi. In sede di approvazione47 dello Statuto della Regione Siciliana che istituiva il suddetto organo, si manifestava il bisogno di un coordinamento generale dell'Alta Corte con le previsioni della futura Legge Fondamentale dello Stato.
In particolare, nel corso dei lavori preparatori della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 2, venne rigettata la proposta avente ad oggetto l'arresto delle funzioni dell'Alta Corte Siciliana, poiché considerata insensata in ragione del fatto che le norme dello Statuto siciliano concernenti l'Alta Corte dovevano già ritenersi tacitamente abrogate per effetto della XVI Disposizione transitoria della Costituzione48. Tuttavia, la definitiva estinzione dell'Alta Corte dall'ordinamento italiano è stata messa a punto solo in seguito all'intervento della Corte Costituzionale che, con sentenza 15 gennaio 197049, n. 6, sancì l'illegittimità costituzionale degli artt. 6 e 27 dello Statuto speciale della Regione siciliana, per contrasto con i principi costituzionali che negano la coesistenza di più organi di giurisdizione costituzionale, in considerazione dell'unità della Repubblica, sancita formalmente dall'art. 5 della Costituzione. In codesto scenario, trova spazio l'obiezione di Vittorio Emanuele Orlando50.
4.1 Le fonti normative sulla Corte Costituzionale
A differenza di quanto stabilito per gli altri organi dello Stato, la Costituzione riserva alla Corte Costituzionale una normativa piuttosto esauriente. Tuttavia, appare opportuno marcare la permanenza di taluni punti rimasti in sospeso e dunque non trattati nel dibattito tenutosi in seno all'Assemblea Costituente51.
Le competenze della Corte Costituzionale sono illustrate sommariamente nel Titolo VI della Parte II della Costituzione, intitolato “garanzie costituzionali”, nella Sezione I, alla stessa appositamente riservata. Tali norme sono integrate dalla legge cost. n. 1/1948 (“Norme sui giudizi di legittimità costituzionale e sulle garanzie di indipendenza della Corte Costituzionale”), dalla successiva legge cost. n. 1/1953 (“Norme integrative della Costituzione concernenti la Corte Costituzionale”) e infine dalla risaputa legge n. 87/1953 (“Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte Costituzionale). Le norme sulla Corte Costituzionale sono intese come il risultato dell'intervento coordinato di tre soggetti divergenti (legislatore costituzionale, legislatore ordinario e Corte Costituzionale) che riflettono tre differenti tipologie di fonti (Costituzione e leggi costituzionali; leggi ordinarie; regolamenti della Corte Costituzionale).
L'art. 134 Cost. accorda a tale organo il sindacato: sulle controversie relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza di legge dello Stato e delle Regioni; sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato e su quelli tra lo Stato e le Regioni, e tra le Regioni; nonché sulle accuse promosse contro il Presidente della Repubblica. Originariamente, l'art. 134 attribuiva alla Corte Costituzionale anche la competenza a conoscere dei reati attuati dai ministri52.
L'art. 135 Cost. regolamenta la composizione e lo status dei giudici della Corte Costituzionale. L'art. 136 Cost. contempla gli effetti delle sentenze tramite le quali la Corte dichiara l'illegittimità costituzionale di una norma di legge ovvero di un atto avente forza di legge. Infine, l'art. 137 comma 1 Cost. prevede una riserva di legge costituzionale circa le condizioni, le forme, i tempi di proponibilità dei giudizi di legittimità costituzionale e le garanzie d'indipendenza dei giudici della Corte”53. Il comma 2 della stessa previsione riserva, invece, ad una legge ordinaria il compito di delineare “le altre norme necessarie per la costituzione ed il funzionamento della Corte”. Sempre alla fonte primaria, il comma 5 della medesima previsione rimette la disciplina delle norme per l'elezione del Capo dello Stato. In particolare, il significato accordato alla duplice riserva di legge contenuta nell'art. 137 Cost. merita attenzione, in ragione di un dibattito avutosi molti anni addietro. Una parte della dottrina (Grosso e Modugno) qualifica la riserva costituzionale come assoluta, derogabile, peraltro, tramite la sola legge ordinaria prescritta dal secondo comma dell'art. 13754.
Una seconda corrente di pensiero (Nocilla e Pizzorusso), invece, intende la medesima come relativa (tale interpretazione, malgrado risulti allettante, non trova piena concretizzazione)55. Con riguardo alla riserva di legge ordinaria, occorre riflettere sulla posizione occupata dalla l. 87/1953. L'art. 1 della suddetta legge – il quale modifica l'apparato normativo delineato dall'art. 137 Cost. - riserva alla legge ordinaria emanata per la “prima attuazione” una peculiare efficacia, escludendo così che ulteriori leggi successive (certamente, “non di prima attuazione”) possano abrogarla o modificarla.
Tuttavia, tale considerazione è respinta non soltanto in ragione di leggi ordinarie successive “non di prima attuazione” modificative della l. 87/1953, ma anche alla luce della condotta esaminatrice della stessa Corte56. La collocazione, nel sistema delle fonti, dei regolamenti adottabili dalla Corte Costituzionale, a norma degli artt. 1457 e 2258 della l. 87/1953, è impegnativa. Al contrario dei regolamenti parlamentari59 (il cui fondamento è da rinvenire direttamente nella Costituzione), i regolamenti della Corte troverebbero base nella legge ordinaria60 (cioè in quella legge alla quale l'art. 137 Cost. rimanda in modo che metta a punto “le altre norme necessarie per la costituzione ed il funzionamento della Corte”), alla quale sarebbero, dunque, gerarchicamente subordinati, quali effettivi regolamenti.
Tale disparità di trattamento tra Corte Costituzionale e Parlamento, assieme alla necessità di garantire l'autonomia e l'indipendenza della Corte rispetto agli atti che la stessa è tenuta a giudicare, porta a riflettere al di là del sistema normativo. Tenuto presente che la Corte italiana è un organo costituzionale di garanzia della Legge Fondamentale, ne dovrebbe discendere che la potestà di autoorganizzazione e di autonomia normativa della Corte attiene alla posizione costituzionale della stessa, tanto da essere implicita nel testo costituzionale relativo alla Corte Costituzionale61.
4.2 La composizione ed il funzionamento della Corte Costituzionale
La struttura ordinaria della Corte Costituzionale è definita direttamente dalla Costituzione, che all'art. 135 statuisce espressamente la presenza di quindici giudici
“nominati per un terzo dal Presidente della Repubblica, per un terzo dal Parlamento in seduta comune e per un terzo dalle supreme magistrature ordinarie e amministrative” selezionati “fra i magistrati anche a riposo delle giurisdizioni superiori ordinaria ed amministrativa, i professori ordinari di università in materie giuridiche e gli avvocati dopo venti anni di esercizio”.
Ulteriori indicazioni circa la nomina dei giudici costituzionali si ricavano dalla l. cost. 2/67 e dalla l. 87/53, contenente le norme sulla (prima) costituzione e sul funzionamento della Corte. In particolare, per quanto concerne i giudici di nomina presidenziale, si prevede62 che ciò avvenga con decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri63. Con riguardo ai giudici eletti dalle supreme magistrature64, spetta alla Corte di Cassazione la nomina di tre membri, mentre al Consiglio di Stato e alla Corte dei Conti compete la scelta di un giudice ciascuno65.
Tale porzione della Corte, data la sua estrazione “tecnica”, è ritenuta distante da interferenze esterne e per tale ragione protetta nella sua indipendenza. Una questione controversa concerne l'attribuzione di significato al concetto di “suprema magistratura” e perciò l'individuazione del collegio elettorale. Sul punto, sono emersi ben due orientamenti contrapposti: uno favorevole a ritenere compresi nel concetto di suprema magistratura tutti i magistrati di grado supremo indipendentemente dal tipo di funzioni espletate, l'altro incline a includere in tale concetto tutti i magistrati esercitanti funzioni di grado supremo anche se carenti di qualifica. A seguito dell'approvazione della l. 87/1953 e delle svariate prese di posizione della Corte Costituzionale, nella prassi si è consolidata la regola generale della corrispondenza tra qualifica e funzione, nonché il possesso concomitante dei requisiti formali e sostanziali (essere magistrati di grado superiore e assolvere concretamente le relative funzioni)66.
Infine, la designazione parlamentare dei giudici si rivela maggiormente spinosa, a causa della determinazione di un quorum elevato e della necessità di un accordo tra le svariate forze politiche. Originariamente, ai fini dell'elezione parlamentare67 in seduta comune dei giudici costituzionali, si prevedeva la maggioranza dei tre quinti dei membri per i primi due scrutini e dei tre quinti dei presenti per gli scrutini successivi. Attualmente, è richiesto il quorum dei due terzi dei componenti per i primi tre scrutini e il quorum dei tre quinti negli scrutini successivi al terzo68. Tale mutamento, non appoggiato totalmente, rappresenta la causa di ritardi, anche gravi, nella designazione dei giudici69, tali da incidere negativamente non solo sull'attività della Corte, ma anche e soprattutto sulla funzionalità del collegio. Strettamente legata alla composizione della Corte Costituzionale, nonché alle relative modalità, è la tematica dello status del giudice costituzionale70; alcuni aspetti si ricavano dalla Costituzione.
In primo luogo, la durata del mandato è pari a nove anni, decorrenti dal giorno del giuramento. Alla scadenza di tale termine, il giudice cessa dalla carica e dall'esercizio delle funzioni, in quanto non è ammessa alcuna forma di prorogatio. L'ufficio di giudice costituzionale, poi, è incompatibile con quello di componente del Parlamento, di consigliere regionale, con l'esercizio della professione legale, con ogni impiego pubblico e privato, con l'esercizio di amministratore e Sindaco di attività commerciali e industriali aventi fini di lucro, con l'esecuzione di attività politica per conto di un partito politico (non è impedita però la semplice iscrizione al medesimo)71.
I giudici costituzionali, al fine di garantire la propria l'estraneità agli interessi coinvolti nel giudizio, nonché la propria indipendenza, godono di particolari prerogative: immunità e improcedibilità (“I giudici della Corte costituzionale non sono sindacabili, né possono essere perseguiti per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni”)72; inamovibilità (i membri di tale organo non possono essere rimossi né sospesi dal loro ufficio se non a seguito di una deliberazione della stessa Corte, presa a maggioranza dei due terzi dei presenti73, per sopravvenuta incapacità fisica o civile o “per gravi mancanze nell'esercizio delle loro funzioni”74); convalida delle nomine (la cd. verifica dei poteri, che è un giudizio volto a riscontrare la presenza dei requisiti soggettivi di ammissione, compete alla Corte Costituzionale che delibera a maggioranza assoluta dei componenti)75; trattamento economico (ai giudici di detto organo spetta una retribuzione non inferiore a quella di un magistrato ordinario che assolva le più elevate funzioni). A codeste garanzie, si accostano quelle poste a tutela dell'organo nel suo complesso76. Infine, la disciplina inerente al singolo giudice termina con l'istituto delle dimissioni77, il cui dato normativo è scarno.
Sul versante operativo, l'attività della Corte Costituzionale è imperniata sulla collegialità78, poichè spetta al collegio approvare il dispositivo delle decisioni e delle motivazioni, in conformità di quanto presentato dal giudice redattore. Per le ordinanze, invece, l'approvazione è tacita: è sufficiente che i giudici non chiedano modifiche o la lettura collegiale entro cinque giorni dal momento in cui l'ordinanza stessa viene distribuita.
L'organizzazione dei lavori del collegio è amministrata dal Presidente, nominato dalla Corte Costituzionale tra i suoi componenti per la durata massima di tre anni, salvo un'eventuale rielezione. Ai fini della comprensione del meccanismo di funzionamento di detto organo, un elemento basilare è costituito dalla scelta tra il ricorso all'udienza pubblica (che dovrebbe essere la regola) o alla camera di consiglio. Di recente79, detto dilemma, a livello incidentale, è stato oggetto di intervento in occasione della riscrittura nel 2008 delle Norme integrative. L'art. 9 prevede che “se nessuna delle parti si è costituita in giudizio, il Presidente può convocare con decreto la Corte in camera di consiglio”; sempre il Presidente, ma soltanto dopo aver provveduto all'ascolto del giudice per l'istruzione “può convocare ugualmente la Corte in camera di consiglio, qualora ravvisi che possa ricorrere il caso di manifesta infondatezza, di manifesta inammissibilità, di estinzione ovvero di restituzione degli atti al giudice remittente”. In ultima analisi, “se la Corte ritiene che la causa non debba essere decisa in camera di consiglio, dispone che sia discussa in pubblica udienza”.
Passando all'altro fronte, nonché al giudizio incidentale, anche qui occorre considerare le Norme integrative, che all'art. 23 rinviano all'art. 980. L'operato della Corte, altresì, si caratterizza per la presenza di due figure, oggetto di dibattito nei casi di mancata coincidenza (per il medesimo provvedimento): il giudice relatore e il giudice redattore81.
5. La riforma costituzionale francese del 2008: un esempio da seguire?
La giustizia costituzionale ha trovato terreno fertile nella maggior parte degli ordinamenti; in alcuni di questi, altresì, non ha mai cessato di perfezionarsi82. Di recente, si è assistiti non soltanto alla democratizzazione di Paesi riluttanti ad accogliere l'idea di un sindacato giurisdizionale sulle leggi83, ma anche alla nascita o all'intensificazione della giustizia costituzionale in contesti di per sé già democratici84.
Tale dato ha consolidato la visione di una giustizia “a tutti i costi”, dettata dall'esigenza (sempre più sentita) di non privare nessun tipo di atto e nessuna condotta politica di una figura giudiziaria. A detta realtà, poi, si è accostato il fenomeno dell'ibridazione dei modelli. In particolare, il modello kelseniano di giustizia costituzionale ha subito una repentina trasformazione, tramite l'introduzione del controllo concreto (fondato sulla garanzia dei diritti soggettivi, nella forma del giudizio incidentale e del ricorso individuale diretto a tutela dei diritti fondamentali) accanto al controllo astratto (incentrato sulla garanzia del diritto obiettivo). Il suddetto innesto interessava, negativamente, l'ordinamento francese, data la conservazione del controllo di costituzionalità accentrato, tale da imporre ai giudici comuni l'applicazione della legge anche se connotata da forti sospetti di incostituzionalità85, con la preclusione di ogni possibilità, per i titolari di diritti, di ricorrere ad un giudice al fine di sollevare l'incostituzionalità della legge.
Da detta circostanza, ritenuta ormai obsoleta, è scaturita la necessità di voltare pagina, anche a fronte delle difficoltà in cui il giudice veniva a trovarsi non essendogli consentito alcun intervento in ordine alla legge incostituzionale (ciò incentivava il ricorso al diritto sovranazionale). La riforma costituzionale francese del 2008 prende avvio86 dalla necessità di difendere la tradizione e di conseguenza preservare la Costituzione da attacchi esterni, nonché dall'evoluzione crescente del diritto sovranazionale (CEDU)87. Complessivamente, nel 2008, il testo della Costituzione francese ha subito un'incisiva revisione, incentrata sulla volontà di modificare circa la metà degli articoli. La predetta revisione, pur essendosi contraddistinta88 sotto il profilo espansivo (per il numero delle disposizioni e il pregio degli interventi), non ha scardinato gli assetti basilari della forma di governo francese89, limitandosi ad apportare taluni ritocchi90.
Con la riforma costituzionale del 2008, il controllo di costituzionalità delle leggi viene definitivamente metabolizzato alla stregua di un “elemento naturale” della vita pubblica francese91, tramite l'inserimento nel testo costituzionale del 1958 del nuovo art. 61-1, la modifica dell'art. 62 e la legge organica del 10 dicembre 2009, entrata poi in vigore il 1 marzo 2010. Appare necessario segnalare l'accensione di un dibattito inerente all'esigenza di una riforma in tema di giustizia costituzionale verso gli anni Novanta, con i progetti del 1990 e del 1993. Tuttavia, tali tentativi vennero frenati, in ragione del contesto politico francese di allora (diverso da quello odierno), nonché per la temuta incidenza sul piano istituzionale dell'organizzazione dei rapporti tra i poteri dello Stato. Tornando alla riforma del 2008, occorre immediatamente evidenziare come la stessa, pur ritenendosi originale, non sia stata in grado di porre fine all'eccezionalismo francese, che si caratterizza per la sussistenza di spiccati elementi di politicità nell'operato del Conseil constitutionnel, tali da renderlo “unico nel suo genere”.
Uno dei temi più “caldi” e non definiti dalla riforma concerne la composizione dell'organo: l'omessa modifica delle norme inerenti alla struttura del Conseil porta inevitabilmente a giudicare la riforma del 2008 non propriamente produttiva. In particolare, la falla risiede nella mancata sussistenza di un giudice imparziale, la cui nomina non coinvolga la maggioranza politica. Una seconda questione, piuttosto travagliata, concerne l'apertura degli archivi del Conseil constitutionnel, racchiudenti il testo delle deliberazioni, nonchè i verbali delle sedute dell'organo92, includenti tutti gli interventi, le votazioni e i relativi risultati, i materiali manifestati e depositati in tale sede. La peculiarità di tale tema risiede nel fatto che contestualmente alla riforma del 2008, una legge organica93 ha consentito la consultazione dei materiali d'archivio discendenti dal Conseil, trascorso un termine tassativo di venticinque anni. Una volta constatata la legittimità di tale legge, il Presidente del Conseil ha avviato una ricerca accademica sui primi venticinque anni di operato, in seguito confluita nella pubblicazione di un volume94, presentato il 30 gennaio del 2009.
Quel che merita di essere segnalato è il concreto intento della manovra. Essa non incentiva la “giurisdizionalizzazione” dell'organo, ma al contrario mira a “politicizzare” lo stesso, dando netta dimostrazione della persistenza dell'eccezionalismo della giustizia costituzionale in Francia e della difficoltà di rendere il Conseil constitutionnel un reale organo costituzionale. Dalla riforma costituzionale francese del 2008 si evince la mancata volontà di accorciare le distanze tra il Conseil e le ulteriori giurisdizioni costituzionali.
6. L' urgenza di un dialogo tra Corti: verso il cambiamento?
Definire con precisione il ruolo che, allo stato attuale, la Corte Costituzionale assolve è un compito non agevole, a fronte della presenza di questioni aperte e silenzi allarmanti.
Un dato pare non dubitabile: oggi, la Corte si trova molto spesso nel pieno dibattito politico.
Tale considerazione trova conferma in tre realtà. Innanzitutto, la celerità dei tempi del giudizio porta inevitabilmente la Corte a giudicare leggi appena approvate dal Parlamento. In secondo luogo, si deve tener presente che la riforma del Titolo V della Costituzione ha indotto la crescita esponenziale dei ricorsi in via principale, che di frequente implicano la soluzione di delicate diatribe tra lo Stato e le Regioni. Infine, la permanente crisi del sistema dei partiti, oggi sempre più esplicita, ha infranto gli equilibri istituzionali, innescando una serie continua di pressioni, malcontenti e disagi. Con l'intento di proteggersi dagli agenti esterni, nonché dalle forze politiche, essa ha tentato di instaurare un'ottimale dialogo con altri organi giudiziari, sia nazionali che sovranazionali.
La situazione appena delineata ha portato parte della dottrina a identificare il sistema costituzionale nazionale alla stregua di un “sistema multilivello”, all'interno del quale la Corte italiana gioca il ruolo di “manovratore di scambi” tra i vari attori, nazionali e sovranazionali, che ne fanno parte95. Il rapporto tra la Corte Costituzionale ed i giudici comuni trova fondamento in occasione del dibattito sul modello di giustizia costituzionale96. In particolare, la prima punta a “decentrare”97 il controllo di costituzionalità, invitando il giudice comune ad offrire un'interpretazione della legge conforme alla Costituzione, prima di sollevare la questione di costituzionalità (in caso di omessa risposta del giudice comune, la questione è dichiarata inammissibile). In ordine ai rapporti tra ordinamento italiano e ordinamento sovranazionale, appare opportuno evidenziare che, la comunicazione (spesso spigolosa) tra le Corti non è mai venuta a mancare, specie tra la Corte Costituzionale e la Corte di Giustizia delle Comunità europee. Il contrasto con la Corte di Lussemburgo ha preso le mosse con la sentenza n. 14/1964 (Costa/ENEL), è proseguito con la sentenza n. 98/1965 (Acciaierie San Michele), sino ad essere alleviato, ma non “sistemato” del tutto, dalle sentenze n. 183/1973 (Frontini) e n. 232/1975 (Industrie Chimiche), a fronte del riconoscimento della prevalenza del diritto comunitario.
Tuttavia, in caso di potenziale conflitto, il controllo, ideato come questione di legittimità costituzionale rispetto all'art. 11 Cost., rimaneva nelle mani della Corte Costituzionale. Pochi anni dopo, la Corte di Giustizia, con la sentenza Simmenthal (1978) pose l'accento sulla necessità di una tempestiva applicazione delle norme comunitarie dotate di effetto diretto, scongiurando procedure che non garantissero codesta immediatezza, inclusa la questione di legittimità costituzionale affidata alla Corte Costituzionale. Sul piano pratico, la sentenza Granital (1984)98 ha prestato una (modesta) soluzione al rapporto controverso tra norma interna e norma comunitaria, appianando così il vivace dibattito tra le due protagoniste.
Il dialogo con la Corte europea99 dei diritti di Strasburgo, invece, si presenta più fluido. In seguito alla riforma del 2001, che ha indicato nel nuovo art. 117 gli obblighi internazionali come limite generale di validità della legislazione statale e regionale, si è assistiti ad un propagato ricorso al diritto internazionale di fonte pattizia quale parametro interposto di legittimità costituzionale delle leggi.
Il tema dell'incomunicabilità tra le Corti europee pone in risalto nuove e “vecchie” questioni, non più rimandabili.
1 La suddetta definizione è necessaria poiché agli organi di giustizia costituzionale le Costituzioni contemporanee tendono spesso ad assegnare, oltre al giudizio di costituzionalità delle leggi, altre funzioni ricollegate all'applicazione della Costituzione, che tuttavia non sono riconducibili alle ragioni, alla logica e, conseguentemente al modello del controllo sulle leggi (a. pisaneschi, Diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 577).
2 Sul punto, si ricordi Jacopo Ortis, secondo cui: “Una legge contro la costituzione è nulla; una legge contro l’equità naturale è nulla (...). Le Corti esecutive non devono applicarla”.
3 Giocano un ruolo favorevole in questa direzione alcuni elementi teorici fondamentali già acquisiti dai capi intellettuali del movimento di indipendenza nordamericano della separazione dei poteri statuali: la prima, infatti, concorre all’elaborazione del concetto di costituzione quale legge fondamentale in considerazione del suo contenuto, che recepisce i diritti di natura della persona umana sancendo la loro intangibilità e incomprimibilità ad opera dei pubblici poteri, ivi compresa l’attività del legislatore; il secondo determina, invece, il riconoscimento della differenza che corre tra potere costituente, capace di dar vita a una costituzione, e potere costituito, nell’ambito del quale è possibile collocare sia il potere giudiziario, sia quello esecutivo, ma anche quello legislativo, sottomesso al pari degli altri al potere costituente, e quindi non in grado di apportare modifiche alla costituzione vigente, almeno attraverso la legge ordinaria (si veda, r. romboli, e. malfatti, s. panizza, Giustizia costituzionale: Corredato degli Atti normativi, Giappichelli, Torino, 2016, p. 1).
4 È a questa nozione che ci si riferisce quando si parla di costituzioni rigide in contrapposizione alla differente nozione di costituzioni flessibili. Anche queste ultime ambiscono a porsi come leggi fondamentali, ma trascurano di predisporre gli strumenti giuridici in grado di salvaguardare nel tempo questa aspirazione a dare stabilità ai principi e alle regole che esse contengono (p. caretti, Costituzione e giustizia costituzionale, in Enc. Treccani, 2012).
5 Occorre tracciare una distinzione tra costituzione rigida e costituzione flessibile. La costituzione è rigida se per essere modificata richiede procedimenti diversi e aggravati rispetto a quello di approvazione delle leggi leggi ordinarie. Al contrario, la costituzione è flessibile se può essere modificata mediante un ordinario procedimento di legislativo. Come esempio di Costituzione flessibile, di frequente è addotto lo Statuto Albertino, il primo atto costituzionale italiano, che non conteneva disposizioni in ordine alla propria modificabilità e che nel corso della sua vigenza ha subito numerose modifiche mediante atti legislativi. Tuttavia, secondo a. pace, La causa della rigidità costituzionale, CEDAM, Padova, 1995, anche lo Statuto Albertino doveva essere ritenuto una Costituzione rigida, per due motivi: da un lato, “il Preambolo qualificava tale atto come legge fondamentale perpetua e irrevocabile”, in secondo luogo, la fonte costituzionale per sua natura dispone in ordine ai profili essenziali dello Stato e della forma di governo, come nessun'altra fonte normativa può fare.
6 Ai sensi dell'art. V della Costituzione degli Stati Uniti d'America: “Il Congresso, quando i due terzi di ciascuna Camera lo ritengano necessario, potrà proporre emendamenti a questa Costituzione o, su richiesta dei Legislativi dei due terzi dei vari Stati, potrà convocare una Convenzione per proporre emendamenti, che, in entrambi i casi, saranno validi ad ogni intento e proposito come parte di questa Costituzione quando ratificati dai Legislativi dei tre quarti dei diversi Stati, o da apposite Convenzioni nei tre quarti di essi, a seconda che l'uno o l'altro modo di ratifica sia proposto dal Congresso; con l'eccezione che nessun emendamento che sia fatto prima dell'anno 1808 potrà in qualsiasi modo incidere sulla prima e sulla quarta clausola della Sezione nona dell'articolo primo; e che nessuno Stato potrà, senza il suo consenso, esser privato della sua parità di suffragio nel Senato”.
7 Sebbene la supremazia gerarchica delle norme costituzionali nei confronti della legge e di ogni altra fonte risultasse dall'art. VI comma 2 della Costituzione degli Stati Uniti d'America. Essa, infatti, prescriveva che: “Questa Costituzione, e le leggi degli Stati Uniti che saranno fatte in sua applicazione; e tutti i trattati stipulati o che saranno stipulati sotto l'autorità degli Stati Uniti, costituiranno la legge suprema del Paese; e in ciascuno Stato i giudici ne saranno vincolati, senza considerare qualsiasi cosa sia disposta in contrario nella Costituzione o nelle leggi di qualsiasi Stato”.
8 Sul tema, si veda n. cezzi, Le finzioni di Marbury vs. Madisone la rule of law d’America, in Diritti Comparati, n. 1, 2017.
9 Si tratta del principio dello “stare decisis” (cioè del valore vincolante del precedente giudiziario). Sul tema, si veda s. sica, Il valore del precedente:attuale dimensione del diritto “vivente”, in Federalismi.it, n. 18, 2018; g. canale, L’uso “tendenziale” del precedente nella giurisprudenza costituzionale i suoi possibili sviluppi futuri, in Consulta Online, 2020; a. guazzarotti, Uso e valore del precedente CEDU nella giurisprudenza costituzionale e comune posteriore alla svolta del 2007, 2012; a. di clemente, Il precendente vincolante in Common Law, in Cammino Diritto, n. 6, 2008; a. fusco, p. maressa, Il Precedente Vincolante, in MEDAlics, 2017.
10 In particolare, secondo il giudice Marshall “E’ enfaticamente dovere e competenza del potere giudiziario di dire che cos’è la legge. Coloro che applicano la regola a casi particolari, la devono necessariamente esporre e spiegare. Se c’è un conflitto fra due leggi, le corti devono decidere l’operatività di ciascuna. Allo stesso modo se una legge è in contrasto con la Costituzione; se sia la legge che la Costituzione trovano applicazione in un determinato caso, in modo che la Corte possa decidere il caso in conformità alla legge, senza considerare la Costituzione, oppure in conformità alla Costituzione, senza considerare la legge, la Corte dovrà determinare quale di queste regole contrastanti deve essere applicata. Questa è l’essenza stessa della funzione giudiziaria. Se poi, le corti devono considerare la Costituzione, e la Costituzione è legge superiore a qualsiasi altra legge dell’ordinamento, sarà la Costituzione, e non la legge ordinaria, ad essere applicata al caso in questione. Coloro, invece, che contestano il principio, secondo il quale la Costituzione deve essere considerata dalle Corti come legge suprema, sono costretti ad affermare che le corti dovrebbero chiudere gli occhi davanti alla Costituzione e vedere solamente la legge. Questo principio minerebbe il fondamento stesso di tutte le costituzioni scritte. Dichiarerebbe che se anche il potere legislativo facesse ciò che è espressamente vietato, questo atto, nonostante l’espresso divieto, sarebbe in realtà efficace. Conferirebbe al potere legislativo una onnipotenza pratica e reale, con lo stesso spirito che cerca invece di restringere i suoi poteri entro stretti limiti” (si veda, Marbury v. Madison 1 CRANCH 137, in Consulta Online, 1803).
11 Tale assenza è dovuta al controllo di costituzionalità statunitense che appare e si sviluppa con carattere “diffuso”, nel senso che non esiste una Corte che espleta tale compito, ma ciascun giudice, è tenuto ad appurare se gli atti legislativi da applicare siano o meno conformi alla Costituzione.
12In Inghilterra si afferma l'idea di un'onnipotenza dell'organo legislativo, dopo che questo con il “septemnial act”, agli inizi del Settecento, modificò la durata triennale delle sue legislature, stabilita da una delle leggi della “gloriosa rivoluzione”, così mostrando la flessibilità di queste ed i limiti di tale potere; i diritti medesimi dell'uomo vennero ricollegati a fattori storici e di cultura generale (si veda, a. cerri, Corso di giustizia costituzionale, Giuffré, 2008, p. 17).
13Per un approfondimento sul tema, si veda a. torre, La giustizia costituzionale nel Regno Unito: caratteri, istituzioni e prospettive, in Sistemi e modelli di giustizia costituzionale (a cura di l. mezzetti), Cedam, Padova, 2008.
14a. ruggeri, a. spadaro, Lineamenti di giustizia costituzionale, Giappichelli, Torino, 2014, p. 23.
15 Per un approfondimento sulla Corte Suprema, si veda a. torre, La Corte Suprema del Regno Unito: la nuova forma di una vecchia idea, in Giornale di storia costituzionale, Fasc. 11, 2006.
16 Con il Constitutional Reform Act 2010, poi, il Parlamento inglese ha introdotto una serie di importanti norme su una pluralità di materie tra cui il pubblico impiego, la ratifica dei trattati, lo status economico e fiscale dei parlamentari, in particolare andando a modificare il Parliamentary Standards Act del 2009 e l’European Parliament (Pay and Pensions) Act del 1979, ed emendando il Government Resources and Accounts Act del 2000 e il Government of Wales Act del 2006.
17 Per un approfondimento sul tema si veda a. torre, Percorsi dottrinali italiani sulla Costituzione della Quinta Repubblica francese, in La Costituzione Francese / La Constitution Française, m. calamo specchia (a cura di), Giappichelli, Torino, 2009.
18 Il controllo della costituzionalità delle leggi ad opera del Presidente della Repubblica consiste nell'appurare, in una fase preliminare all'atto di promulgazione, l'esistenza di tutte le condizioni formali prescritte dalla Costituzione per l'entrata in vigore della legge. Tale controllo posto in essere dal Capo dello Stato richiama una risalente teoria costituzionale avanzata da Hans Kelsen, oggetto di dibattito negli anni Trenta, sulle forme e l'efficacia della tutela della Costituzione. Per un approfondimento su tale teoria, si veda s. gambino, Diritti fondamentali e giustizia costituzionale: esperienze europee e nord-americana, Giuffré, Milano, 2012, p. 6.
19 Per un approfondimento sul tema, si veda m. barberis, L'ombra dello Stato. Syeyès e le origini rivoluzionarie dell'idea di nazione, in Il Politico, Vol. 56, n. 3, 1991, p. 509-531.
20 Per un approfondimento sul tema delle istituzioni francesi, si veda s. gaboriau, Istituzioni e organi di garanzia in Francia, in Questione Giustizia, Fasc. 1, 2020.
21 Per un approfondimento sul tema, si veda p. ridola, La Costituzione della Repubblica di Weimar come “esperienza” e come “paradigma”, in Rivista AIC, n. 2, 2014; t. e. frosini, Costituzione e sovranità nella dottrina della Germania di Weimar, in Il Politico, Vol. 61, n. 1, pp. 95-127.
22 Ricercando il fondamento della validità della Costituzione, Kelsen perviene all'individuazione della “costituzione che è storicamente la prima”, la cui autorità non può essere ricondotta a una norma positiva e che quindi è entrata in vigore in modo rivoluzionario (in g. giorgini, l. mezzetti, a. scavone, La costituzione "vivente": nel cinquantesimo anniversario della sua formazione, FrancoAngeli, Bologna, 1997, p. 99.
23 La scelta del Tribunale costituzionale è motivata anche dal fatto che, molto spesso, le violazioni hanno come parti in causa gli organi istituzionali, nonché Parlamento e Governo.
24 Una descrizione critica di Schmitt è compiuta da j. f. Kervégan, f. mancuso, Che fare di Carl Schmitt?, Laterza, Roma-Bari, 2016.
25 c. galli, Genealogia della politica, Carl Schmitt e la crisi del pensiero politico moderno, Bologna, 1995, p. 685.
26 La diffusione dei modelli ha favorito talune contaminazioni, dando vita a quella che è stata definita un'ibridazione dei sistemi di giustizia costituzionale. Per un approfondimento, si veda g. rolla, Il processo di ibridazione dei sistemi accentrati di giustizia costituzionale. Note di diritto comparato., Instituto de Investigaciones Jurídicas de la Unam, 2015; r. romboli, e. malfatti, s. panizza, Giustizia costituzionale: Corredato degli Atti normativi., Giappichelli, Torino, 2016, pp. 8-12.
27 I principi elaborati da Coke assunsero particolare importanza nel momento in cui alcune Corti americane invalidarono leggi avverse alla Magna Charta, al common law inglese, alla giustizia e ai diritti fondamentali. Sul punto, si veda m. einaudi, Le origini dottrinali e storiche del controllo giudiziario sulla costituzionalità delle leggi negli Stati Uniti d'America, Torino, Istituto giuridico della R. Università, 1931, pp. 28-31 e 64.
28 William Blackstone, nei suoi Commentaries on the Laws of England, qualificò la dottrina come “irragionevole” e contraria ai principi del costituzionalismo inglese. La situazione non è mutata da allora, se si considerano le difficoltà che la giurisprudenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee incontra tuttora nel cercare di armonizzare la legislazione britannica con l'ordinamento comunitario. Sul caso Bonham, si veda m. marchesiello, Diritto di resistenza: Come fare la rivoluzione attraverso il diritto, Gruppo Abele, Torino, 2020.
29 Tuttavia, l'impostazione avanzata dal giudice Iredell prevarrà nella giurisprudenza successiva. In particolare, questi concorda con la decisione del giudice Chase ma se ne allontana nel punto in cui sostiene che le Corti debbano poter invalidare le leggi federali o statali che violino i limiti che Costituzione federale ha prescritto per il potere legislativo.
30 Si tratta delle seguenti espressioni: “the Constitution controls any legislative act repugnant to it”; “an act of the legislature, repugnant to the Constitution, is void”.
31 Secondo quanto sostenuto da e. pacini di suni, Tre modelli di giustizia costituzionale, in Rivista AIC, n. 1, 2016, pp. 7-8: “Sia per la separazione dei poteri che per il sindacato sulle leggi la Costituzione scritta è indubbiamente un parametro più certo, ben definito e indiscutibile rispetto ad un generico e indeterminabile common law. Apparentemente quest’ultimo avrebbe consentito maggiore discrezionalità ai giudici, ma anche sotto questo profilo merita osservare che il più sicuro confronto con le norme contenute in un testo costituzionale non toglie ai giudici la possibilità di dare a tali norme letture e significati sempre nuovi, come ha dimostrato e continua a dimostrare la giurisprudenza statunitense. Dall’affermazione del controllo giudiziario sulla costituzionalità delle leggi si tende a far discendere un “governo dei giudici”: a me sembra che tale controllo garantisca invece una dialettica tra potere legislativo e potere giudiziario e che essa abbia assicurato la supremazia della Costituzione più antica in vigore, adattandola all’evoluzione della società, senza comprometterne il significato”.
32 h. fix-zamudio, Breve introducción al juicio de amparo mexicano, Memoria del Colegio Nacional, n. 1, 1976, pp. 22-23.
33 Il Tribunale costituzionale spagnolo non rappresenta soltanto un organo di controllo della costituzionalità che, risolvendo le antinomie interpretative sulla Costituzione tra maggioranza e minoranza, ne rende effettivo il carattere normativo e assicurando l'effettivo rispetto delle procedure della sua garanzia, trasforma la Costituzione in un testo indisponibile per il potere legislativo dello Stato. Il Tribunale è il principale difensore dei diritti e l'organo politico incaricato di dirimere i conflitti tra lo Stato centrale e gli enti decentrati di cui quest'ultimo si compone. Per assicurare tali funzioni, il legislatore costituente prima, e quello organico dopo, hanno previsto un modello di giustizia costituzionale rispondente a tre obiettivi essenziali: assicurare, per quanto possibile, la legittimità delle sue decisioni giurisdizionali, favorendone, in tal modo, l'accettazione pacifica dei suoi destinatari; stabilire dei limiti al suo intervento, assicurandone, in ogni caso, la natura straordinaria; e garantire, infine, la rapidità di risposta al Tribunale nel caso in cui, in via eccezionale, ne fosse richiesto l'intervento (in s. gambino, Diritti fondamentali e giustizia costituzionale: esperienze europee e nord-americana, Giuffré, Milano, 2012, pp. 292-293).
34 Si tratta del controllo di costituzionalità, della rigidità costituzionale, della riserva di legge ordinaria ed organica e del Difensore del Popolo.
35 L'introduzione in Spagna del ricorso di amparo rispose ad una necessità storica: proteggere i diritti non solo di fronte al potere legislativo, ma anche di fronte all'esecutivo e all'amministrazione e, soprattutto, di fronte al potere giudiziario. Per un approfondimento sul ricorso di amparo, si veda u. adamo, L’amparo constitucional in Spagna: passato, presente e futuro del ricorso diretto al giudice costituzionale tra natura soggettiva e oggettiva del controllo, in Consulta Online, Fasc. III, 2015; c. nasi, Il ricorso di amparo elettorale in Spagna: il Tribunale costituzionale fra garanzia dei diritti e garanzia dell’esercizio non arbitrario della funzione giurisdizionale, in Federalismi.it, Fasc. 4, 2013. Per un raffronto sul tema tra Spagna ed in Italia, si veda r. romboli, La protezione dei diritti fondamentali davanti alla Corte Costituzionale Italiana ed al Tribunal Constitucional spagnolo: due modelli a confronto, in Diritto Pubblico Europeo, Fasc. 1, 2020.
36 Su spinta di Manuel Crescencio Rejón grazie ad un voto particolare presentato da Mariano Otero nell’aprile 1847.
37 Ai sensi dell’art. 101 della suddetta Costituzione: “I tribunali della federazione risolveranno ogni controversia suscitata: I) da leggi o atti di qualsiasi autorità che violino le garanzie individuali; II) da leggi o atti dell’autorità federale che colpiscano o restringano la sovranità degli Stati; III) da leggi o atti delle autorità statali che invadano la sfera dell’autorità federale”. L'incidenza individuale del ricorso di amparo è sottolineata dall’art. 102, secondo cui “Tutti i giudizi dei quali parla l’articolo precedente saranno instaurati su domanda della parte lesa per mezzo di procedimenti e forme che saranno stabilite dalla legge. La sentenza si occuperà sempre e soltanto di individui singoli, limitandosi a proteggerli relativamente al caso su cui versa il processo, senza fare alcuna dichiarazione generale rispetto alla legge o all’atto che la motivi”. Il contenuto dell’art. 101 della Costituzione del 1857 è stato poi riprodotto nell’art. 103 della Costituzione del 1917 .
38 Guatemala, El Salvador, Honduras, Nicaragua, Panama, Costa Rica, Paraguay, Ecuador e Perù.
39 In alcuni Paesi la competenza spetta ai giudici ordinari, in altri invece alle Corti Superiori, ad appositi Tribunali o Corti Costituzionali.
40 Sul punto, Kelsen sosteneva che: “La legislazione non può essere affidata ad un tribunale perché l’organizzazione dell’organo legislativo è dominata essenzialmente da punti di vista diversi dalla costituzionalità del suo funzionamento. Annullare una legge significa porre una norma generale di segno negativo. E un tribunale che ha il potere di annullare le leggi è di conseguenza organo del potere legislativo” (in h. kelsen, La giustizia costituzionale, Giuffré, Milano, 1981, pp. 172-173).
41 r. romboli, e. malfatti, s. panizza, Giustizia costituzionale: Corredato degli Atti normativi., Giappichelli, Torino, 2016, pp. 20-21.
42 Le istituzioni del Regno d’Italia, proclamato nel 1861, sono derivate ed hanno tratto largamente la loro legittimazione e le loro caratteristiche fondamentali dall’ordinamento del Regno di Sardegna, che era uno Stato liberale moderato, dotato di una forma di governo tipica della “monarchia limitata” e regolato nelle sue linee fondamentali dallo Statuto Albertino del 1848. Lo Statuto Albertino era, al pari di varie altre Carte europee del primo liberalismo, una Carta sicuramente molto innovativa rispetto ai precedenti regimi delle monarchie assolute, ma al tempo stesso non poco moderata e poco garantista (u. de siervo, La giustizia costituzionale come fattore di unificazione del nostro paese, in cortecostituzionale.it, 2010). L'esistenza di un'istituzione investita di attribuzioni riconducibili alla nozione di giustizia costituzionale e, soprattutto, la previsione di un controllo, accentrato in un organo ad hoc, della legittimità formale e sostanziale delle leggi e degli atti aventi forza di legge costituisce una novità per l'ordinamento italiano. Nell'ordinamento precostituzionale esisteva un sindacato giudiziario diffuso e formale delle leggi , con effetti incidenter tantum, limitati al singolo giudizio ed alle sole parti processuali di esso (g. d'orazio, La genesi della Corte Costituzionale, in Comunità. Studi e ricerche di scienze sociali, Milano, 1981, pp. 25-26). Il più importante precursore della Corte Costituzionale in Italia è l'Alta Corte della Regione Siciliana. Essa, istituita dallo Statuto regionale del 1946, espletava funzioni di giustizia politica e di legittimità costituzionale. A causa della paralisi riconducibile alla mancata sostituzione di alcuni suoi componenti da parte del Parlamento in seduta comune, tale organo cessò di operare nel 1955 (per un approfondimento sul tema, si veda e. balocchi, La giurisdizione dell'Alta corte per la Regione siciliana (intorno all'ordinanza del 5 luglio 1955), in Il Foro Italiano, Vol. 79, Parte Quarta, 1956, pp. 163/164-181/182; c. mortati, L'Alta corte per la Sicilia nella Repubblica italiana “una e indivisibile”, in Il Foro Italiano, Vol. 79, Parte Quarta, 1956, pp. 185/186-203/204; g. lauricella, L'Alta Corte per la Regione siciliana: modelli di riferimento stranieri. Una possibile soluzione., in Cronache Parlamentari siciliane, 1990).
43 Sul pensiero di Calamandrei, si veda t. groppi, Il contributo di Piero Calamandrei sulle vie di accesso alla Corte costituzionale, in Consulta Online, 2020; a. barbera, Calamandrei e l'ordinamento giudiziario: una battaglia su più fronti, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2006.
44e. cheli, Il giudice delle leggi, Bologna, Il Mulino, 1996, p. 31.
45 Ai sensi della VII disp. trans. fin. della Costituzione, comma 2: “Fino a quando non entri in funzione la Corte costituzionale, la decisione delle controversie indicate nell'articolo 134 ha luogo nelle forme e nei limiti delle norme preesistenti all'entrata in vigore della Costituzione.
46 Tuttavia, la preoccupazione suddetta non sarebbe stata eliminata dalla semplice rinuncia ad un controllo di costituzionalità di tipo diffuso e dall'istituzione di un controllo di tipo accentrato attribuito ad un organo formalmente non appartenente alla magistratura, qualora i componenti di tale organo fossero stati solo magistrati. Anzi, se così fosse, il peso della magistratura, non tanto in quanto potere in sé e per sé ma in quanto potere al quale concretamente apparterebbero i membri dell'organo speciale competente a sindacare la legittimità costituzionale delle leggi, sarebbe ancora maggiore, dal momento che in un sistema accentrato la conseguenza dell'illegittimità della legge non è la sua disapplicazione ma la ben più grave misura del suo annullamento. Inoltre, poiché tra le competenze della Corte Costituzionale italiana, oltre al giudizio di legittimità costituzionale, vi è anche la funzione di decidere sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, certamente pericoloso, non soltanto in nome del principio della terzietà del giudice, sarebbe stato affidare l'esercizio di tale funzione ad un organo composto da soggetti appartenenti ad un solo potere dello Stato (s. m. cicconetti, Lezioni di giustizia costituzionale: Quinta edizione, Giappichelli, Torino, 2014, pp. 9-10).
47R.D. 15 maggio 1946 n. 455.
48 Ai sensi della XVI Disposizione transitoria della Costituzione: “Entro un anno dall'entrata in vigore della Costituzione si procede alla revisione e al coordinamento con essa delle precedenti leggi costituzionali che non siano state finora esplicitamente o implicitamente abrogate”.
49 Secondo la Consulta “bisogna insistere sul carattere di provvisorietà, a suo tempo posto in evidenza dalla sentenza n. 38 del 1957, che ebbe a caratterizzare sin dall'inizio l'istituzione dell'Alta Corte: introdotta, per far fronte a situazioni politiche particolari e contingenti, prima ancora che avessero luogo le elezioni dell'Assemblea costituente, e quando perciò tutto si ignorava circa l'assetto che allo Stato italiano avrebbero conferito l'esito del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 e la successiva opera dell'Assemblea costituente”.
50 Per un approfondimento, si veda g. d'orazio, La genesi della Corte Costituzionale, Edizioni di Comunità, Milano, 1981, pp. 58-72.
51Si pensi ad es. alle modalità di accesso e di funzionamento del giudice costituzionale.
52 Tale competenza è venuta meno in seguito all'abrogazione parziale dell'ultimo capoverso della disposizione, ai sensi dell'art. 2, legge cost. n. 1/1989 (“Modifiche degli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione e della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, e norme in materia di procedimenti per i reati di cui all'art. 96 della Costituzione”).
53 La riserva di legge costituzionale si giustifica non solo poiché garantisce ad un tempo tanto le minoranze parlamentari, quanto la necessaria indipendenza della Corte, privando la maggioranza del potere di dettare le regole fondamentali sulla giustizia costituzionale, ma anche perchè tali regole vengono sottratte al sindacato della Corte stessa, la quale si troverebbe altrimenti ad essere sia destinatario che giudice delle norme che la riguardano (in a. vignudelli, Diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, 2010, p. 1039).
54 Sebbene tale opzione prevalga, essa non rimane esente da critiche. Secondo a. cerri, Corso di giustizia costituzionale, Giuffré, Milano, 2008, p. 51, “l'ipotesi ricostruttiva muove nell'ottica di un “avvaloramento” della legge n. 87/1953, destinata allo specifico incombente di rendere possibile il funzionamento della Corte e, dunque, il “decollo” dell'istituto”.
55 Tale alternativa non può dirsi realizzata nel diritto positivo, perché soltanto l'accesso alla Corte, e quindi la sola fase instaurativa del giudizio di costituzionalità, è stato disciplinato formalmente costituzionale (con la l. cost. 1/48). Secondo alcuni il legislatore avrebbe poi tentato di recuperare una valenza più pregnante alla riserva di legge costituzionale per il tramite della l. cost. 1/53, il cui art. 1 prevede che la Corte eserciti le sue funzioni nelle forme, nei limiti e nelle condizioni di cui alla Carta Costituzionale, alla l. cost. 1/48, ed alla legge ordinaria emanata per la prima attuazione delle predette norme costituzionali (in r. romboli, e. malfatti, s. panizza, Giustizia costituzionale: Corredato degli Atti normativi., Giappichelli, Torino, 2016, p. 38).
56 La legge in questione non è garanzia contro qualsiasi sua modificazione in virtù di una sua particolare forza che la difenda nel suo complesso. Essa è protetta contro le eventuali modificazioni in contrasto con i principi costituzionali attinenti all'indipendenza della Corte Costituzionale e all'effettività della sua funzione; è difesa, cioè, contro le modifiche incostituzionali che intacchino i fondamenti della giustizia costituzionale, quali previsti dalla Costituzione (in l. clementi, l. cuocolo, f. rosa, g. e. vigevani, La Costituzione Italiana. Commento articolo per articolo. Parte II – Ordinamento della Repubblica (Articoli 55-139) e Disposizioni transitorie e finali, Il Mulino, Bologna, 2018, p. 451.
57 Ai sensi dell'art. 14 della l. 87/1953: “La Corte può disciplinare l’esercizio delle sue funzioni con regolamento approvato a maggioranza dei suoi componenti. Il regolamento è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale”.
58 Ai sensi dell'art. 22 della suddetta legge: “Nel procedimento davanti alla Corte costituzionale, salvo che per i giudizi sulle accuse di cui agli articoli 43 e seguenti (5), si osservano, in quanto applicabili, anche le norme del regolamento per la procedura innanzi al Consiglio di Stato in sede giurisdizionale. Norme integrative possono essere stabilite dalla Corte nel suo regolamento. La Corte, nei limiti di un fondo stanziato a tale scopo con legge del Parlamento, provvede alla gestione delle spese, dei servizi e degli uffici, e stabilisce, in apposita pianta organica, il numero, la qualità e gli assegni, nonché le attribuzioni, i diritti ed i doveri dei funzionari addetti a ciascun ufficio”.
59Per un approfondimento sui regolamenti parlamentari e sulle recenti modifiche, si veda r. lugarà, I regolamenti parlamentari al vaglio di costituzionalità: la Consulta indica la strada, in Rivista AIC, n. 1, 2014; e. frontoni, Lo statuto giuridico dei regolamenti parlamentari nel sistema delle fonti del diritto, in federalismi.it, 2008.
60 A meno che non li si voglia ricollegare direttamente alla Costituzione, con il conseguente venir meno del criterio della gerarchia e la sua sostituzione con quello della separazione delle competenze e, per questa via, riconoscere loro natura di fonte primaria, ma non quella di atto avente forza di legge (in t. martin es, Diritto costituzionale, Giuffré, Milano,1986, p. 40).
61a. pisaneschi, Diritto costituzionale, Giappichelli, Torino, 2015, p. 592.
62Art. 4 l. 53/1987
63Il fatto che la legge originariamente prevedesse – nell'ipotesi di rinnovo contestuale di tutti i componenti – che le nomine avvenissero in ordine successivo, induceva a ritenere che la scelta presidenziale dovesse cadere su persone in grado di rappresentare un elemento riequilibratore per l'organo, tra la componente più spiccatamente tecnico-giuridica e quella politico-istituzionale. L'ipotesi del rinnovo contestuale non ha trovato, in concreto, applicazione dal momento che si procede alla sostituzione dei singoli componenti della Corte ogni qual volta occorre, ma rimane il fatto che le nomine presidenziali hanno spesso cercato di caratterizzarsi per il tentativo di rafforzare l'equilibrio nella composizione dell'organo (in r. romboli, e. malfatti, s. panizza, Giustizia costituzionale: Corredato degli Atti normativi., Giappichelli, Torino, 2016, p. 46).
64Per un approfondimento sul tema, si veda s. aloisio, Considerazioni sui giudici costituzionali eletti dalle supreme magistrature (Intervento presentato al convegno La composizione della Corte costituzionale. Situazione italiana ed esperienze straniere tenutosi a Roma nel 14 marzo 2003), Giappichelli, Roma, 2004, pp. 181-198.
65Art. 2 l. 53/1987
66 In applicazione di tale regola, la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 111/1963, ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, legge n. 87/1953 nella parte in cui esclude dal collegio elettorale della Corte dei conti i referendari e i vice-referendari.
67 Per un approfondimento sul tema, si veda p. pederzoli, I giudici della Corte Costituzionale, in Discrimen.it, 2018.
68 La ratio di una simile scelta normativa è facilmente rinvenibile nella necessità di creare la più ampia convergenza possibile intorno alla designazione dei giudici costituzionali, in maniera tale da far sì che ciascuno di essi non sia espressione di una precisa forza partitica, ma sia piuttosto persona gradita al più ampio numero possibile di parlamentari. Si sono volute creare le condizioni per “spoliticizzare” la scelta dei giudici costituzionali che è maggiormente connotata in senso politico imponendo alla maggioranza di accordarsi con l’opposizione (l. pesole, La composizione della Corte Costituzionale e autonomie territoriali, in La composizione della Corte Costituzionale. Situazione italiana ed esperienze straniere. Atti del Seminario di Roma del 14 marzo 2003., a. anzon, g. azzariti, m. luciani (a cura di), Giappichelli, Torino, 2004, pp. 22-23).
69 Ai sensi dell'art. 5 comma 2, legge n. 2/1967: “In caso di vacanza a qualsiasi causa dovuta, la sostituzione avviene entro un mese dalla vacanza stessa”.
70 Nozione tradizionalmente ricondotta a quel complesso di disposizioni, contenute in varie foti normative, relative ai motivi di cessazione e sospensione dalla carica, alle cause di incompatibilità, alle garanzie, alla retribuzione, ecc., con una sorta di appendice rappresentata da quanto accordato dai giudici per il periodo successivo alla scadenza del mandato (r. romboli, Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2011-2013), Giappichelli, Torino, 2014, p.3).
71 Ove il giudice ricopra una di queste funzioni, egli è tenuto a sospenderle per il periodo in cui sarà in carica.
72Art. 5 legge cost. 1/1953.
73Art. 7 legge cost. 1/1953.
74Art. 3 legge cost. 1/1948.
75Art. 2 legge cost. 2/1967.
76 In particolare, la Corte Costituzionale gode delle seguenti prerogative: autonomia regolamentare, autonomia amministrativa e finanziaria, inviolabilità dell'edificio, tutela penale, autodichia.
77 Ai sensi dell'art. 17 del Reg. gen. Corte Cost: “Le dimissioni del giudice devono essere presentate alla Corte. La deliberazione con la quale la Corte accetta le dimissioni è depositata in cancelleria”.
78 Per un approfondimento sulla collegialità, si veda gruppo di dottorato, L'organizzazione e il funzionamento della Corte Costituzionale, p. Costanzo (a cura di), Giappichelli, Torino, 1995, pp. 417-424.
79 Il ricorso all'udienza pubblica o alla camera di consiglio è stato oggetto di dibattito anche in passato. Sul punto, si veda r. romboli, Aggiornamenti in tema di processo costituzionale (2011-2013), Giappichelli, Torino, 2014, pp. 15-16.
80 Il medesimo rinvio è previsto dall'art. 24 delle Norme integrative nell'ipotesi di conflitto di attribuzioni tra i poteri dello Stato.
81 Sul tema, si veda a. rauti, Le nuove “norme integrative” della Corte tra collegialità e celerità del giudizio costituzionale, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2008, pp. 5-13.
82 Un esempio è rappresentato dal Belgio, ove dal 2003 la Cour d’arbitrage controlla il rispetto dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione.
83Ad es. Canada, Nuova Zelanda.
84Ad es. Francia, Belgio, Lussemburgo.
85 La politicità del Conseil constitutionnel trova conferma nel procedimento legislativo, in quanto tale organo si colloca prima della promulgazione della legge legge, sospendendola.
86 Per un approfondimento sulla partenza della riforma costituzionale in Francia, si veda d. paris, Prime osservazioni sull’avvio della riforma della giustizia costituzionale in Francia: dalla loi organique n. 2009-1523 alle prime decisioni del Conseil constitutionnel, in Rivista AIC, 2010.
87 La riforma costituzionale francese, dal punto di vista della giustizia costituzionale comparata, può essere letta sotto due distinti punti di vista. Da un lato essa rappresenta un elemento della tendenza alla espansione della giustizia costituzionale e alla convergenza dei modelli, attraverso l’introduzione in un sistema accentrato e astratto di tipo kelseniano di una forma di controllo concreto, con conseguente spostamento del ruolo del giudice costituzionale da custode dei corretti rapporti tra poteri a garante dei diritti. Dall’altro costituisce un tentativo di porre freno alla “diffusione” del controllo sulle leggi, in favore di un recupero del suo carattere accentrato. Tale tentativo va di pari passo con il recupero della “parametricità” della Costituzione nazionale. Sotto tale aspetto si muove sulla stessa linea non solo della giurisprudenza in materia di controlimiti e di primazia del diritto costituzionale nazionale rispetto a quello comunitario, ma anche con la recente giurisprudenza costituzionale italiana in materia di CEDU, che ha bloccato sul nascere qualsiasi forma di controllo di convenzionalità diffuso, accentrandolo nella mani della Corte costituzionale (t. groppi, Riformare la giustizia costituzionale: dal caso francese indicazioni per l'Italia?, in Astrid Rassegna, 2009, pp. 4-5).
88 Per un approfondimento sulle novità apportate dalla riforma, si veda m. troisi, L'accesso alla giustizia costituzionale in Italia e in Francia dopo la riforma del 2008, in Gruppo di Pisa, 2014, pp. 20-27.
89 Per un approfondimento del tema, si veda, f. pastore, Funzioni parlamentari non legislative e forma di governo nella V Repubblica francese, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2009; s. bonfiglio, La forma di governo nella V Repubblica francese: un sistema in disequilibrio?, in La Costituzione francese / La Constitution française, Atti del Convegno biennale dell'Associazione di Diritto Pubblico Comparato, m. calamo specchia (a cura di), Vol. 2, Bari, Torino, Giappichelli, 2009.
90 Circa gli effetti della riforma sulla forma di governi, si veda m. volpi, La forma di governo in Francia alla luce della riforma costituzionale del 2008, in Astrid Rassegna, 2008.
91 Come noto, il controllo di costituzionalità delle leggi è stato introdotto nell'ordinamento francese nel 1958, con l'intento di frenare l'egemonia parlamentare. Per lungo tempo, tale istituto è stato vissuto come un corpo totalmente estraneo alla cultura giuridica francese, eversivo e irrispettoso della sovranità popolare. Nel corso degli anni Settanta, due eventi provvidero a mutare il ruolo del Conseil, a trasformarlo in un organo di giustizia costituzionale e soprattutto a farne uno strumento insostituibile della “democrazia dell'alternanza” (per un approfondimento su tali eventi, si veda e. grosso, Diritto costituzionale comparato, Laterza, Roma-Bari, 2014, pp. 187-189.
92 Originariamente, tali prospetti non erano destinati ad essere pubblicati. Solo nel 2001, con una sentenza del Conseil constitutionnel, è stato disposto il loro confluire negli archivi nazionali.
93Legge organica 15 luglio 2008, n. 295.
94 “Les grandes déliberations du Conseil constitutionnel 1958-1983”.
95 t. groppi, s. simoncini, Introduzione allo studio del diritto pubblico e delle sue fonti, Giappichelli, Torino, 2012, p. 315
96 Per un approfondimento sulle origini del rapporto tra Corte Costituzionale e giudici comuni, si veda r. romboli, I rapporti tra giudici comuni e Corte Costituzionale nel controllo sulle leggi in via incidentale in Italia: l'esperienza di 50 anni di giurisprudenza costituzionale, in Biblioteca Jurìdica Virtual del Instituto de Investigaciones Juridicas de la UNAM, 2016, pp. 320-323.
97 Per un approfondimento sui rapporti controversi tra Corte Costituzionale e giudici comuni, si veda l. iannuccilli, L'interpretazione secondum constitutionem tra Corte Costituzionale e giudici comuni, in Cortecostituzionale.it, 2009; e. lamarque, La fabbrica delle interpretazioni conformi a Costituzione tra Corte costituzionale e giudici comuni, in Astrid Rassegna, 2009; g. bergonzini, Corte Costituzionale e giudici disobbedienti: patologia, filosofia ed effettività del sistema di giustizia costituzionale, in Rivista AIC, n. 3, 2009.
98 Con riguardo alla sentenza Granital, si veda a. pace, La sentenza Granital, ventitrè anni dopo, in Diritto comunitario e diritto interno: atti del seminario svoltosi in Roma. Palazzo della Consulta 20 Aprile 2007, Giuffré, Milano, 2008, pp. 405-430; c. amalfitano, Il dialogo tra giudice comune, Corte di giustizia e Corte Costituzionale dopo l'obiter dictum della sentenza n. 269/2017, in Osservatorio sulle Fonti, Fasc. 2, 2019; d. tega, Il superamento del “modello Granital”. Le questioni in materia di diritti fondamentali tra incidente di costituzionalità e rinvio pregiudiziale, in Consulta Online, 2020; l. s. rossi, Il 'triangolo giurisdizionale' e la difficile applicazione della sentenza 269/17 della Corte costituzionale italiana, in Federalismi.it, Fasc. 16, 2018.
99 Sul rapporto tra tali Corti si veda f. gallo, Rapporti fra Corte costituzionale e Corte EDU, in Rivista AIC, n. 1, 2013; r. romboli, La influenza della Cedu e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani nell’ordinamento costituzionale italiano, in Consulta Online, Fasc. III, 2018.