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Pubbl. Mar, 15 Set 2020

Lesione dell´affidamento incolpevole: decide il giudice ordinario.

Federica Scordino



”Spetta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria la controversia relativa ad una pretesa risarcitoria fondata sulla lesione dell’affidamento del privato nell’emanazione di un provvedimento amministrativo a causa di una condotta della pubblica amministrazione che si assume difforme dai canoni di correttezza e buona fede, atteso che la responsabilità della P.A. per il danno prodotto al privato quale conseguenza della violazione dell’affidamento dal medesimo riposto nella correttezza dell’azione amministrativa sorge da un rapporto tra soggetti (la pubblica amministrazione ed il privato che con questa sia entrato in relazione) inquadrabile nella responsabilità di tipo contrattuale, ” Cass. 8236 del 28/04/2020


Sommario: 1. Premessa: la Sentenza n° 8236/2020; 2. Il riparto di giurisdizione; 3. I contrasti giurisprudenziali; 4. i fatti di causa; 5. La decisione: osservazioni conclusive.

Sommario: 1. Premessa: la Sentenza n° 8236/2020; 2. Il riparto di giurisdizione; 3. I contrasti giurisprudenziali; 4. i fatti di causa; 5. La decisione: osservazioni conclusive.

1. Premessa: la Sentenza n° 8236/2020

Con la Sentenza n° 8236 del 2020, le Sezioni Unite civili delle Corte di Cassazione hanno riconosciuto un altro tipo di danno subìto dal privato: il cosiddetto "danno da comportamento" da parte della PA. In passato, infatti, veniva riconosciuto il danno solo da provvedimento, quel danno prodotto a causa dell'esercizio del potere autoritativo della PA e che si estrinseca con l'emanazione del provvedimento. 

La tematica, dunque, riguarda una nuova tipologia di danno, quello derivante dall'affidamento che il privato ha riposto in capo alla PA una volta avviato un procedimento amministrativo, e leso, appunto, dalla condotta della PA. Nel caso di specie, infatti questa ha generato con un comportamento incoerente false aspettative in capo al privato e ha procrastinato il termine per l'emanazione del provvedimento amministrativo con il quale si sarebbe concluso il procedimento. Da ciò sorge un dibattito incentrato sul riparto di giurisdizione: da un lato, l'amministrazione comunale ritiene che la competenza spetti al giudice amministrativo in quanto la causa si fonderebbe su un danno da ritardo, generatosi dalla mancata osservanza dei termini procedimentali; dall'altro, invece, la società attrice sostiene la giurisdizione ordinaria.

Quest'ultima sarà la tesi sostenuta dalle SS.UU. le quali hanno identificato "l'affidamento illegittimo" come una situazione autonoma e che va tutelata in quanto tale, escludendo qualsiasi collegamento con l'interesse pubblico. La Sentenza, come si avrà modo di puntualizzare in seguito, risolve un dibattito giurisprudenziale di grande rilievo, e coglie l'occasione per rimarcare alcuni dei principi fondamentali del nostro ordinamento. 

2. Il riparto di giurisdizione

Il riparto di giurisdizione è una tematica che, prima ancora dell’avvento della Costituzione, è stata fonte di ampi dibattiti e concerne le regole necessarie al fine di individuare il giudice competente. Ciò significa che ci sono dei criteri, i quali, qualora si voglia intentare una causa, permettono di attribuire la competenza al giudice ordinario oppure al giudice amministrativo.

La problematica attinente al riparto giurisdizionale emerge nel momento in cui una controversia riguarda un privato e la Pubblica Amministrazione. La nostra Costituzione non fa altro che fotografare una realtà preesistente, plasmata da due importanti interventi normativi: la Legge n. 2248 del 1865, nota come Legge abolitiva del contenzioso amministrativo, e la Legge n. 5992 del 1889, conosciuta tradizionalmente come Legge costitutiva della Quarta Sezione del Consiglio di Stato.

Con il primo intervento normativo si diede vita ad un’unica giurisdizione (con l’art.21): quella ordinaria. In poco tempo si consolidò un’interpretazione restrittiva dell’art. 2 (Legge n.2248) sottraendo al giudice ordinario la competenza circa le controversie in cui veniva coinvolta la Pubblica Amministrazione, in quanto, in tali casi, si sosteneva che in capo al privato non fosse ravvisabile un diritto soggettivo ma un interesse legittimo.

Questo vuoto giurisdizionale venne colmato con il secondo intervento normativo che ha devoluto tali controversie alla Quarta Sezione del Consiglio di Stato (la prima sezione alla quale venne attribuito un potere giurisdizionale). Questa realtà venne ripresa dal nostro Costituente nell’art. 103 Cost2. al quale fanno da contorno gli artt. 243 e 1134 Cost.

In questo modo la distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi ha costituito, in linea generale, il parametro identificativo del giudice competente: qualora la lesione riguardasse un diritto soggettivo, la competenza verrebbe attribuita al giudice ordinario; nel caso invece di interesse legittimo, al giudice amministrativo.

Nel corso del tempo sono stati individuati diversi criteri al fine di distinguere i diritti soggettivi dagli interessi legittimi e di conseguenza attribuire la competenza al giudice ordinario o a quello amministrativo.

3. I contrasti giurisprudenziali

La lesione dell’affidamento ha rappresentato una tematica sulla quale la giurisprudenza ha generato nel tempo due percorsi argomentativi differenti, ognuno dei quali ha raggiunto una conclusione diversa.

Tre coeve ordinanze nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011 hanno ritenuto rientrante nella giurisdizione del giudice ordinario: a) la controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni lamentati per la lesione dell’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole poi legittimamente annullato in via di autotutela; b) la controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni lamentati per la lesione dell’affidamento riposto nell’attendibilità dell’attestazione rilasciata dalla Pubblica Amministrazione circa la edificabilità di un’area e nella legittimità della conseguente concessione edilizia, successivamente annullata; c) la controversia avente ad oggetto la domanda autonoma di risarcimento danni proposta da colui che, avendo ottenuto l’aggiudicazione in una gara per l’appalto di un pubblico servizio, successivamente annullata dal giudice amministrativo, deduca la lesione dell’affidamento ingenerato dal provvedimento di aggiudicazione apparentemente legittimo.

In sostanza, in tutti e tre i casi che sono stati oggetto delle appena citate ordinanze, i privati non mettevano in discussione l’illegittimità dei provvedimenti amministrativi, ma chiedevano il risarcimento dei danni generati da un comportamento complessivo della Pubblica Amministrazione.

Il presupposto affinché si possa attribuire la competenza al giudice amministrativo è che il danno per il quale si chiede il risarcimento sia ricollegabile all’illegittimità del provvedimento amministrativo. Con le medesime pronunce, è stato inoltre rimarcato che esula dalla giurisdizione amministrativa la domanda con cui il destinatario di un provvedimento ampliativo illegittimo chieda il risarcimento del danno subito a causa dell’emanazione del successivo annullamento (sia ad opera del giudice, che della stessa Pubblica Amministrazione in via di autotutela).

Non mancarono, comunque, pronunce attraverso le quali i giudici della Cassazione, inserirono nella giurisdizione amministrativa esclusiva l’azione risarcitoria per lesione dell’affidamento riposto nella legittimità dell’atto amministrativo poi annullato (SS.UU. nn. 8057/2016 e 13454/2017). Ai sensi delle appena citate sentenze, ciò che viene in rilievo nelle vicende processuali è l’agire provvedimentale complessivo della Pubblica Amministrazione.

4. I fatti di causa 

La società De Candido Costruzioni citava in giudizio il comune di Lignano Sabbiadoro davanti al Tribunale di Udine esponendo che la medesima società aveva presentato un progetto preliminare di massima per la realizzazione di un grande complesso alberghiero e, su richiesta del Comune, presentava inoltre un PAC (piano attuativo comunale) di iniziativa privata, poi successivamente modificato e integrato secondo le indicazioni degli uffici comunali.

Nonostante il Comune chiedesse alla società di presentare direttamente la domanda relativa al permesso di costruire in deroga, con conseguente rinuncia al PAC già depositato, e avendo tuttalpiù informato la società circa il parere favorevole espresso dalla Commissione urbanistica comunale, dopo quattro anni ipotizzava la necessità di presentare il PAC. Per i fatti fin qui esposti, la società De Candido lamentava come il Comune si fosse comportato in modo ondivago, chiedendo continuamente il deposito di documentazioni e procrastinando la procedura per poi infine rimanere inerte generando un aggravio di tempo e denaro per la società De Candido.

L’amministrazione Comunale eccepiva il difetto di giurisdizione, ritenendo che, non essendo stato emanato alcun provvedimento amministrativo idoneo a giustificare un legittimo affidamento in capo alla società, la doglianza di quest’ultima sarebbe riconducibile all’inosservanza dei termini procedimentali. Per tale ragione, il danno da ritardo rientrerebbe nella giurisdizione amministrativa esclusiva ai sensi dell’art. 1335 c.p.a.

A tal proposito, in un precedente caso giurisprudenziale (Sentenza n.179/2016), la Corte costituzionale ha rimarcato che anche nei casi rientranti nella giurisdizione amministrativa esclusiva, qualora siano stati lesi diritti, si presuppone che questi ultimi siano coinvolti nell’esplicazione della funzione pubblica, esercitata mediante provvedimenti o mediante accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento.

I Giudici della Cassazione hanno ritenuto infondata la motivazione appena esposta e sostenuta dall’Amministrazione comunale al fine di attribuire la controversia al giudice amministrativo: le doglianze vantate dalla parte attrice (società De Candido) non facevano leva sul mancato rispetto dei termini procedimentali da parte del Comune, bensì sul fatto che lo stesso ha provveduto negativamente all’istanza presentata dalla società dopo aver ingenerato in capo alla stessa un affidamento circa l’esito positivo del procedimento amministrativo.

La pretesa risarcitoria vantata dalla società ha ad oggetto un danno provocato, non da un provvedimento emanato dalla Pubblica Amministrazione (che nel caso di specie, pacificamente si ritiene non sia stato emanato), ma dal comportamento assunto da questa consistente nel rapporto intercorso tra i vari uffici comunali e la società De Candido, tale da ingenerare in quest’ultima un affidamento incolpevole circa l’esito positivo dell’istanza presentata. Per questo si potrebbe semplicemente parlare di danno da comportamento e non da provvedimento.

Il caso di specie si caratterizza infatti per l’assente emanazione di un provvedimento ampliativo, avendo il Comune comunicato alla società solo ed esclusivamente l’atto di preavviso di diniego. Alla stregua di ciò, per i Giudici, non è nemmeno condivisibile un orientamento sostenuto in dottrina, secondo il quale la richiesta di risarcimento del danno provocato dall’emanazione di un provvedimento ampliativo, poi successivamente annullato poiché illegittimo, va avanzata di fronte al giudice amministrativo; si trascura infatti che tale lesione non sarebbe infatti provocata dall’illegittimità del provvedimento amministrativo, ma da un comportamento complessivo della Pubblica Amministrazione in grado di ingenerare un affidamento incolpevole in capo al privato il quale assiste all’emanazione del provvedimento ampliativo e successivamente all’annullamento dello stesso.

Ciò che sta alla base del diritto al risarcimento, in tali casi, non è la violazione di norme di diritto pubblico da parte della PA, ma la violazione da parte della stessa dei principi di correttezza e buona fede i quali stanno alla base di qualunque rapporto non soltanto tra privati ma anche in quelli intercorrenti con la PA. In tutti questi casi, cioè quando la Pubblica Amministrazione abbia leso l’affidamento del privato, non sussiste alcun collegamento, nemmeno mediato, con l’esercizio del potere da parte della stessa amministrazione, tale da poter giustificare una giurisdizione amministrativa.

I principi di correttezza e buona fede non si inseriscono nel piano procedimentale seguito dalla PA e che si concluderà con l’emanazione del provvedimento, ma riguardano il complessivo relazionarsi dell’amministrazione competente con il privato; tale relazione prescinde dall’emanazione di un provvedimento (tanto che nel caso di specie, pacificamente si ritiene che non sia stato emanato alcun provvedimento).

5. La decisione: osservazioni conclusive

La Corte di Cassazione segue un ragionamento che funge da filo conduttore per l’intera sentenza: affinché sussista la giurisdizione ordinaria, è necessario che la causa petendi non si radichi nelle modalità di esercizio del potere amministrativo, ciò accade quando la lesione vantata dal privato risiede non tanto nel cattivo esercizio del potere amministrativo, bensì nel comportamento della PA. Per cui, volendo riprendere la pronuncia della Corte costituzionale sopra citata (Sentenza n.179/2016), la giurisdizione amministrativa esclusiva necessita l’esercizio, quindi l’esplicazione del potere amministrativo attraverso l’emanazione del provvedimento. Qualora tale condizione non dovesse sussistere, il solo coinvolgimento nella controversia della PA, non può giustificare la giurisdizione amministrativa.

L’affidamento incolpevole a cui si fa riferimento costituisce una situazione autonoma, necessitante di una tutela a sé, e non in virtù del collegamento con l’interesse pubblico: il privato ha riposto fiducia (a causa di pareri favorevoli e positivi espressi dall’amministrazione comunale) sull’esito positivo del procedimento amministrativo avviato su propria istanza. Il danno sussiste nella fiducia mal riposta, cioè nella contraddittorietà e non coerenza comportamentale della PA, in quanto, dopo aver procrastinato a lungo la procedura amministrativa, rimane inerte, si limita tuttalpiù a comunicare all’interessato i motivi del rigetto.

L’amministrazione comunale, nel caso di specie, non ha fatto altro che deludere le aspettative del privato. Il principio della tutela dell’affidamento nei confronti della condotta della PA, come confermano i Giudici della Cassazione, viene preso in esame in diverse disposizioni normative: si può pensare all’indennizzo nel caso di revoca di un provvedimento che rechi pregiudizio agli interessati (art. 21 quinquies, legge 241/1990); ai limiti cronologici per l’annullamento d’ufficio (art. 21 nonies della medesima legge); oppure ancora all’inosservanza dolosa o colposa dei termini conclusivi del procedimento amministrativo (art. 2 bis). In tutti questi casi il legislatore cerca di evitare il generarsi di situazioni di incertezza in capo al privato. Così come chiunque altro, anche la Pubblica Amministrazione è chiamata a conformarsi alle regole civilistiche e ai principi generali di correttezza e buona fede, i quali, una volta violati, generano una lesione nell’affidamento incolpevole che il privato aveva riposto in capo al complessivo comportamento della PA.

Alla stregua del ragionamento seguito dalla Corte di Cassazione, la responsabilità che incorre in capo alla PA non può che considerarsi responsabilità da contatto sociale qualificato e dunque rientrare nella categoria di responsabilità contrattuale: infatti, nel momento in cui il privato si rivolge alla PA, si instaura un rapporto socialmente e giuridicamente rilevante, tale da giustificare una bilaterale o unilaterale fiducia in capo all’altrui corretta condotta.

 


Note e riferimenti bibliografici

1Art. 2, Legge 2248/1865: “Sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le materie nelle quali si faccia questione d'un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché siano emanati provvedimenti del potere esecutivo o dell'autorità amministrativa”.

2Art. 103 Cost.: “Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi(1). La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge (2). I tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate”.

3Art. 24 Cost.: “Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi(1). La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento(2). Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione(3). La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari”.

4Art. 113 Cost.: “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa(1). Tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti(2). La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa”.

5Art. 133 c.p.a.: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: a) le controversie in materia di: 1) risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo;…”.