Pubbl. Mer, 24 Giu 2020
Riciclaggio e autoriciclaggio
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Giuseppe Maria Marsico
L´elaborato analizza il percorso evolutivo delle fattispecie di riciclaggio e autoriciclaggio, dalle prime e rudimentali forme, a meccanismi assai più sofisticati, resi necessari dall´evoluzione della realtà bancaria e dei mercati finanziari. Il fenomeno del riciclaggio ha assunto, oggi, una dimensione globale, a seguito di importanti cambiamenti della società e del mondo economico-finanziario e sociale, primo fra tutti il progresso tecnologico. Verranno inoltre presi in esame i profili differenziali e di similitudine rispetto ad altre fattispecie criminose, nonché le problematiche applicative, anche rispetto al caso di concorso di persone nel reato.
Sommario: Introduzione - 1. La Sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 17235/2018: brevi premesse in fatto – 2. Il reato di riciclaggio – 3. Differenza tra ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio e fattispecie di reato affini - 3.1. Il reato di riciclaggio e la novella di cui all'art. 648-ter1: analisi storica e ratio della norma - 4. La configurabilità del tentativo - 4.1. La retroattività e l’efficacia nel tempo del reato di riciclaggio e autoriciclaggio - 5. Riciclaggio, autoriciclaggio e concorso di persone nel reato: problematiche applicative - 6. Gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali: le possibili soluzioni alle problematiche applicative - 6.1. La teoria della diversità del titolo del reato - 7. Conclusioni
Introduzione
Il presente elaborato ha come obbiettivo l’approfondimento dei reati di cui agli artt.648-bis e 648-ter1 c.p., con specifico riguardo all’evoluzione storica di tali istituti, nonché alla ratio degli stessi e alle relative problematiche applicative.
Una sezione del lavoro sarà dedicata all'analisi della sentenza n. 17235/2018 della seconda sezione penale della Corte di Cassazione, in tema di reati contro l’ordine pubblico, riciclaggio e autoriciclaggio; una particolare attenzione è stata destinata al percorso logico - argomentativo seguito dai giudici di legittimità, anche in riferimento al concorso di persone nel reato dell’intraneus e dell’extraneus.
Verranno inoltre presi in rassegna i principali orientamenti giurisprudenziali e dottrinali in materia.
1. La Sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 17235/2018: brevi premesse in fatto
Per comprendere la ratio della novella - introdotta nell’ordinamento italiano con la legge 15 dicembre 2014 n.186 - occorre prendere le mosse da alcune premesse fattuali portate all'attenzione del supremo consesso.
Nel caso di specie, una commercialista aveva posto in essere plurime operazioni commerciali, finanziarie e societarie, attraverso le quali aveva fatto rientrare in Italia ingenti somme di illecita provenienza detenute all’estero da terzi soggetti.
Ciò era avvenuto mediande l'utilizzo fraudolento della normativa del c.d. scudo fiscale. Le somme di denaro erano state utilizzate poi per l’acquisto di una s.r.l., proprietaria di vari appartamenti.
La Corte d’appello di Napoli aveva confermato la responsabilità della commercialista, imputata per il reato di riciclaggio, per cui la stessa ricorreva in Cassazione, dolendosi dell'asserita erronea applicazione degli artt. 2, comma 1, 157, 110 e 648-ter.1, commi 2 e 3, c.p., nella parte in cui la Corte d’appello non aveva riqualificato i fatti accertati come concorso nel nuovo delitto di autoriciclaggio e non aveva dichiarato l’insussistenza del fatto per non essere state impiegate le somme in attività economiche o finanziarie.
La difesa della ricorrente si doleva del fatto che il reato contestato non era previsto come fattispecie criminosa nel momento in cui era stato commesso.
Avverso tale provvedimento, l’imputata proponeva ricorso in Cassazione, deducendo, innanzitutto, l’omessa motivazione ed illogicità della sentenza d’Appello: era stata dichiarata la consapevolezza dell’imputata in ragione della conoscenza che la stessa avrebbe avuto dell’asserita provenienza illecita delle somme oggetto dell’operazione di riciclaggio contestata.
L’imputata aveva altresì rilevato che il giudice di secondo grado avrebbe dovuto dichiarare l’insussistenza del fatto per non essere state impiegate le somme in attività economiche o finanziarie (come sancito espressamente dall'art.648 ter c.p.) e la non punibilità delle condotte stesse per essere state le utilità de quibus utilizzate al mero godimento personale.
2. Il reato di riciclaggio
Il concetto di riciclaggio si identifica nella ormai classica definizione fornita nel 1985 dalla Commissione Presidenziale statunitense sul crimine organizzato: questa è stata recepita ed accolta successivamente dalla dottrina del nostro Paese1.
Il riciclaggio di denaro definisce quell'insieme di operazioni mirate e idonee a dare una parvenza di liceità a capitali la cui provenienza e origine sono in verità illecite, ostacolando e rendendo più difficile l'identificazione e il successivo eventuale recupero.
Tale fattispecie di reato, prevista dall’articolo 648-bis del Codice penale, indica la condotta di chi sostituisce o trasferisce denaro o altri beni per occultarne la provenienza illecita.
L’incriminazione del riciclaggio ha il preciso scopo di intensificare la lotta alla criminalità organizzata e tutelare sia l’aspetto patrimoniale che l’interesse pubblico alla corretta amministrazione della giustizia.
Il delitto di riciclaggio è punibile a titolo di dolo generico: esso consiste, infatti, nella coscienza e volontà di effettuare la sostituzione, il trasferimento o altre operazioni riguardanti denaro, beni o altre utilità, con la consapevolezza della generica provenienza di tali beni o utilità da delitto non colposo.
Per la configurazione di tale reato è, inoltre, necessaria la consapevolezza della idoneità della condotta a creare ostacolo alla identificazione di tale origine e provenienza illecita e delittuosa.
L’orientamento maggioritario della dottrina e la giurisprudenza ha, inoltre, escluso che il delitto de quo sia punito a titolo di dolo specifico. Secondo un orientamento prevalente giurisprudenziale deve escludersi la punibilità del riciclaggio a titolo di dolo eventuale, nel caso in cui vi sia dubbio o comunque non vi sia la certezza da parte del soggetto agente sulla provenienza delittuosa del denaro o delle altre utilità citate dalla norma di cui al 648-bis c.p.
Tale annosa questione, sorta a proposito della punibilità della ricettazione, potrebbe riproporsi, con analoghe argomentazioni, con riferimento al riciclaggio.
Autorevole dottrina2 e la prevalente giurisprudenza3 sostengono che il dubbio sia equiparabile in toto alla consapevolezza della illegittima provenienza. In ragione di tale orientamento, si configura il dolo eventuale tutte le volte in cui il soggetto abbia agito accettando il rischio della provenienza delittuosa ed illecita delle cose e del denaro.
Tale tesi, secondo altro orientamento giurisprudenziale, non sembra condivisibile, nel momento in cui si consideri che, rispetto ad un avvenimento del passato, il dubbio si configura nella mancanza totale di una vera conoscenza di ciò che realmente si è verificato.
In base a tale assunto, la dottrina e la giurisprudenza hanno rilevato che il dolo del reato di riciclaggio, al pari dell’elemento soggettivo del reato di ricettazione, deve essere dolo di tipo diretto4 .
I sostenitori di tale orientamento, hanno addotto anche ragioni di tipo sistematico ed esegetico. Gli stessi, in riferimento al reato rubricato «Omessa denuncia di cose provenienti da delitto», hanno rilevato che, se chi acquisisce cose provenienti da delitto senza conoscerne la provenienza, e ne ha consapevolezza solo in un momento successivo, è punito a titolo contravvenzionale ove ometta la denuncia (art. 709 c. p.), non si vede come la semplice accettazione del rischio possa essere sufficiente ad integrare il delitto5.
Nel corso del tempo, la dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate al fine di definire concretamente quali fossero gli oggetti della fattispecie di reato di cui all’art. 648-bis c.p.
Un orientamento, ormai superato, riteneva, in base ad una esegesi letterale della norma, che fossero oggetto del reato de quo solo le cose, il denaro ed altre utilità. A tale interpretazione letterale e restrittiva si è sostituito un differente orientamento che, al contrario, prevede che oggetto materiale delle condotte di riciclaggio possano essere rappresentate dal denaro, dai beni o da altre utilità: quindi, oltre al denaro, gli immobili, le aziende, i titoli, i diritti di credito, ecc. Tale ultimo indirizzo è stato poi accolto definitivamente dalla Corte di Cassazione, la quale ha sancito che, ai sensi dell’art. 648-bis, sono «beni» le cose che possono formare oggetto di diritti6 .
In base a tale orientamento, si è affermato che la nozione di «bene» sarebbe assai più ampia di quella di «cosa» in senso stretto, cui fa riferimento l’art. 648 c. p., in quanto comprenderebbe, oltre ai beni materiali che sono per l’appunto cose, anche i beni di tipo immateriale.
Annose dispute in dottrina e in giurisprudenza sono state sollevate dal tentativo di definire il significato dell’espressione «altre utilità»7.
La locuzione “beni”, inserita tra quelle di “denaro” e altre “utilità”, pare costituire un indice che esprime la necessità di un contento economico del bene, che deve dunque essere spendibile e ricoprire le caratteristiche della liquidità8 .
La norma de qua sancisce che il denaro, i beni e le altre utilità devono essere provenienti da qualsiasi delitto, purché non colposo: i delitti colposi, stando ad una interpretazione letterale della norma, non appaiono idonei a produrre beni che possano costituire oggetto di riciclaggio.
La criticata formula limitativa, che compariva nell’originaria formulazione della norma, ed anche nella successiva modifica del 1990, è stata ampliata, soprattutto alla luce degli impegni internazionali assunti dall’Italia in materia di lotta e prevenzione al reato riciclaggio.
La determinazione dell’esatta definizione da attribuire all’espressione «proveniente da delitto» rappresenta un passaggio fondamentale nell’attività di interpretazione della norma incriminatrice.
Al fine di comprenderne il significato, in particolare, è necessario verificare se questa coincida con quelli di prodotto, profitto o prezzo del reato. Può essere utile a tal fine l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza9 e dalla dottrina10 in tema di confisca prevista dall’art. 240 c. p. Quest’ultima norma prevede che, in caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto e che è sempre ordinata la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato e delle cose, la fabbricazione, l’uso, il porto, la detenzione e l’alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna.
Il prodotto del reato rappresenta, pertanto, la risultante, ossia il mero frutto illecito che il colpevole ottiene direttamente dalla sua attività delittuosa e illecita.
Il profitto, al contrario, è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio di tipo economico ossia dalla modificazione in melius del patrimonio del reo che si verifica per effetto della condotta tipizzata dal reato.
Il prezzo, infine, rappresenta il compenso dato o promesso per indurre, istigare o determinare un altro soggetto a commettere il reato e costituisce, quindi, un fattore che incide esclusivamente sui meri motivi e i moventi che hanno indotto l’interessato a commettere il reato.
In tema di beni confiscabili e beni riciclabili, più volte oggetto del dibattito dottrinale e giurisprudenziale, si può affermare che ciò che proviene da reato, costituendone il prodotto o il profitto, può essere oggetto di confisca, al pari di determinati beni che, pur non provenendo direttamente da reato, provengono da questo in quanto rappresentano le cose che servirono o furono destinate a commetterlo.
Oggetto del reato di riciclaggio, al contrario, possono essere solo i beni provenienti da delitto in senso stretto: il prodotto o il profitto sicuramente, ma lo stesso non può essere affermato in riferimento allo strumento del reato.
Quanto al prezzo, si deve osservare che esso non costituisce in realtà il provento del delitto, tuttavia «l’escluderlo dall’oggetto materiale del riciclaggio sembra fonte di grosse difficoltà»: pertanto non sembra legittimo ritenere esclusa la ricettazione o il riciclaggio, in caso di ricevimento, mediante, ad esempio, accettazione in deposito bancario di denaro che sia stato pagato al soggetto agente al fine di determinarlo o indurlo a commettere un sequestro di persona. Allo stesso modo non è possibile invece affermare l’integrazione della stessa fattispecie della ricettazione o il riciclaggio se il denaro fa parte del riscatto»11.
È necessario ribadire che non ad ogni delitto non colposo può attribuirsi la qualifica di delitto-presupposto del riciclaggio. Una interpretazione restrittiva della norma incriminatrice, basata sulla sua mera formulazione di tipo letterale, induce a ritenere che proventi da reato siano solo il denaro, i beni o le altre utilità che siano pervenuti nel patrimonio dell’autore attraverso la commissione del reato stesso. In base a tale orientamento non costituirebbero oggetto del reato il denaro, i beni o le altre utilità che siano stati acquisiti anteriormente alla commissione del reato, attraverso attività lecite, e poi, eventualmente, abbiano costituito oggetto di un delitto volto ad impedirne illegittimamente l’uscita dal patrimonio del soggetto12.
È necessario rilevare che tale interpretazione non è condivisa univocamente, in quanto alcuni esponenti della dottrina, pur affermando la sussistenza del rischio di ampliare ed espandere in maniera eccessiva l’ambito di applicazione della fattispecie, ritengono che l’espressione «provenienti da delitti non colposo» sia così lata da presupporre come reato principale non solo delitti funzionalmente orientati alla creazione di capitali illeciti come, ad esempio, la concussione, la corruzione, l’appropriazione indebita ecc., ma anche delitti che vi sono estranei, come ad esempio i delitti in materia fiscale13 .
Quanto a questi ultimi, a titolo di completezza, occorre in verità operare una distinzione: nella categoria dei delitti-presupposto non rientrano, per le ragioni anzidette, i delitti in materia di imposte dirette e sul valore aggiunto, che non producono ricchezza, mentre in detta categoria devono essere ricompresi i delitti di contrabbando doganale, che a differenza dei primi producono ricchezza, la quale proviene quindi da essi14 .
Taluni hanno ritenuto che la norma sanzioni anche il riciclaggio di tipo indiretto, consistente nella mera la sostituzione, il trasferimento o il compimento di un’operazione idonea ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa di beni che siano già stati oggetto materiale di precedenti condotte di riciclaggio15 .
Al riguardo, si deve considerare che la pericolosità delle operazioni di “ripulitura” consiste proprio nella sovrapposizione di una lunga catena di transazioni, trasferimenti e di movimentazioni successive, ognuna delle quali, insieme alle altre, contribuisce a rendere assai più difficoltosa o più complessa la ricostruzione della fattispecie di reato e l’origine illecita dell’oggetto delle operazioni.
In conclusione, «il reato di riciclaggio è integrato ove si fornisca la prova della sussistenza del nesso tra l’oggetto della condotta di sostituzione e trasferimento con il reato base presupposto» 16 .
È necessario, pertanto, ai fini della sua configurabilità, che venga accertato, sul piano oggettivo, il nesso di derivazione, diretta o indiretta, da uno specifico delitto: la dottrina ha sancito che, in questo senso, non si possa in alcun modo fare ricorso, per rendere meno difficoltosa la ricerca, a presunzioni o a meccanismi di inversione dell’onere della prova, in contrasto con la presunzione di non colpevolezza.
3. Differenza tra ricettazione, riciclaggio, autoriciclaggio e fattispecie di reato affini
Il delitto di ricettazione, in base al disposto di cui all’art. 648 c.p., è un reato comune, che perciò punisce chiunque (ossia qualunque soggetto) si renda responsabile del fatto di «acquistare, ricevere od occultare denaro o cose provenienti da qualunque delitto», e insieme a questi ultimi anche coloro che, attraverso una condotta di mera “intromissione”, aiutino o agevolino taluno a porre in essere le medesime tipologie di azioni.
Attraverso la clausola di riserva, la norma chiarisce che il soggetto attivo del reato deve essere diverso dall’autore del reato presupposto: ciò è stato dedotto dalla giurisprudenza mediante una interpretazione letterale dell’espressione «fuori dai casi di concorso nel reato».
Ai fini della configurabilità del delitto de quo, è necessario che sia stato compiuto in precedenza un reato, seppure, beninteso, non sia altresì necessario che questo sia stato accertato giudizialmente con sentenza passata in giudicato, essendo invece sufficiente che il giudice, chiamato a conoscere della ricettazione, riconosca “positivamente”, anche solo in via incidentale, il suo essersi avverato.
Taluni esponenti della dottrina hanno affermato che è imprescindibile che la condotta sia sorretta dal dolo specifico, ossia dalla volontà del soggetto agente di voler procurare un diretto vantaggio, o meglio un profitto, che può essere anche di natura non economica, a sé stesso o a terzi.
Tale precisazione vale, infatti, a distinguere siffatta tipologia di reato dal favoreggiamento reale di cui all’art. 379 c.p.. Il discrimen tra le due fattispecie deve ravvisarsi nella direzione della volontà dell’agente: volontà che è diretta ad aiutare l’autore del reato presupposto nel favoreggiamento reale e volontà di garantirsi un profitto, di qualsivoglia natura, nella ricettazione17.
Dunque, è necessaria la conoscenza della provenienza illecita delle cose oggetto del reato, ma non è necessario che tale consapevolezza si estenda alle modalità, al tempo, o al luogo in cui il reato presupposto è stato commesso, essendo dalla norma richiesto che, secondo la ordinaria diligenza, il soggetto possa prospettarsi l’ipotesi della provenienza illecita.
Tale prova, che necessariamente deve essere raggiunta ai fini della rimproverabilità ex art. 648 c.p., può essere data in ogni modo, sebbene sia chiaro che esistono degli indizi rivelatori, quali l’adeguatezza o l’esiguità del prezzo pagato, oppure la mancata giustificazione del possesso, con la precisazione che, tuttavia, si tratta pur sempre di meri indizi, che pertanto fanno salva la prova contraria.
Se la condotta punita dall’art. 648 c.p. viene arricchita dall’elemento specializzante rappresentato dal comportamento del soggetto attivo del reato idoneo ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita dei beni o del denaro, ecco allora che la fattispecie concreta sarà sussumibile entro quella astratta prevista e punita dall’art. 648 bis c.p18. A tale norma, speciale rispetto alla precedente, è tuttavia sotteso il medesimo interesse del legislatore, volto ad evitare l’immissione nel mercato di denaro c.d. “sporco”, frutto di precedenti delitti.
Il riciclaggio rappresenta una fattispecie delittuosa a consumazione anticipata, dal momento che non è necessaria l’effettiva lesione del patrimonio altrui. Pertanto, secondo alcuni esponenti della dottrina e della giurisprudenza, non occorre il verificarsi di un danno, ma, come testualmente si evince dall’espressione "in modo da".
La tutela è, in un certo senso, ampliata ed estesa sino a ricomprendere la mera messa in pericolo del bene giuridicamente tutelato.
La disposizione in esame si differenzia dalla fattispecie di ricettazione, oltre che per l’elemento specializzante di cui si è detto, per il fatto che quest’ultima attiene ai soli delitti non colposi, con ciò intendendosi che non possono costituire reati presupposti le contravvenzioni o i reati colposi; invece qualsiasi delitto, colposo o non colposo, può sottostare al reato di ricettazione.
Sul piano dell’elemento soggettivo, si tratta di un reato a dolo generico, volto essenzialmente ad impedire agli inquirenti di rintracciare le cose oggetto del pregresso reato, attraverso un loro riutilizzo e riemissione sul mercato.
Anche tale ultimo elemento è di ausilio fondamentale per distinguere le due fattispecie in esame, integrate sulla scorta di diversi elementi soggettivi: dolo specifico nel caso della ricettazione, dolo generico per il reato di riciclaggio.
Da ultimo, e come già accennato, a fronte del dilagare e del diffondersi di crimini di tal specie, il legislatore ha sentito l’esigenza di punire la condotta, ancor più specifica, di coloro che perseguono parimenti lo scopo di ostacolare il riconoscimento dell’origine delittuosa dei beni, mediante però il loro impiego in attività economiche o finanziarie.
Il reato di cui all’art. 648 ter c.p. ribadisce, in prima battuta, la necessità che il soggetto attivo non sia soggetto concorrente nel reato presupposto, aggiungendo poi che deve contestualmente escludersi l’urgenza di procedere ai sensi degli artt. 648 e 648 bis c.p19. Pertanto, la norma in esame ha natura residuale rispetto alle prime due.
In base a tale analisi, si può affermare che le tre norme stanno tra loro in rapporto di specialità di cui all’art. 15 c.p., visto che, essendo identico l’elemento materiale dei reati, rappresentato dalla disponibilità ed utilizzo di beni o di denaro di provenienza illecita, diverso è l’elemento soggettivo alla base delle diverse condotte: volontà di trarre un generico profitto per sé o per terzi, nel reato di ricettazione, volontà di ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa, portando così il delitto a conseguenze ulteriori, e prescindendo da ogni riferimento al profitto o a scopi lucrativi, nel caso di reato di riciclaggio, ed infine perseguimento di tale ultimo scopo, ma mediante l’impiego delle risorse in attività economico o finanziarie, per il delitto di cui all’art. 648 ter c.p.20 .
Tali differenze tra le norme sono desumibili anche con riferimento all’elemento soggettivo. Infatti, la ricettazione esige solo il mero dolo di profitto, mentre i reati di cui agli artt. 648-bis e 648-ter c.p. richiedono la specifica finalità di far perdere le tracce dell’origine illecita.
Il delitto ex art. 648-ter1 contiene un ulteriore elemento specializzante, un quid pluris, richiedendo anche che l’attività di reimpiego avvenga con modalità particolari, ossia mediante l’impiego delle risorse di origine illecita in attività economiche o finanziarie.
Le suesposte considerazioni hanno indotto la giurisprudenza di legittimità a ritenere che il delitto di reimpiego sia, quindi, in rapporto di specialità con il delitto di riciclaggio e questo, a sua volta, con il reato di ricettazione.
3.1. Il reato di riciclaggio e la novella di cui all'art. 648-ter1: analisi storica e ratio della norma
Il delitto di riciclaggio è stato introdotto nell'ordinamento giuridico italiano dall’art. 34 del d.l. 21 marzo 1978, n. 59, con la rubrica «Sostituzione di denaro o valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione»21 .
Si trattava, quindi, di una fattispecie volta essenzialmente alla neutralizzazione dei profitti conseguiti dagli autori dei sequestri di persona. E ciò ben giustificava la sua collocazione sistematica nell’ambito dei delitti contro il patrimonio.
In seguito, anche grazie all’influenza della Convenzionedelle Nazioni Unite contro il traffico illecito di stupefacenti e di sostanze psicotrope22, la fattispecie di cui all’art. 648-bis c.p. fu riformulata dalla legge del 19 marzo 1990, n. 5523, che ne modificò la struttura e la natura, in particolare aggiungendo tra i delitti presupposti quelli relativi al traffico di sostanze stupefacenti.
Infine, l’ultima versione del riciclaggio24 , ad oggi vigente, è il risultato dell’applicazione dell’art. 4 della legge 9 agosto 1993 n. 328, con cui venne ratificata ed eseguita la Convenzione del Consiglio d’Europa in materia di riciclaggio di Strasburgo, dell’8 novembre 1990.
Il primo tentativo legislativo volto a prevenire il reato di riciclaggio, infatti, si fa risalire alla Raccomandazione del Comitato dei Ministri degli Stati membri del Consiglio d’Europa, adottata nel 1980, in cui si auspicava una maggiore sinergia e collaborazione tra banche ed autorità pubbliche.
Alla Raccomandazione seguì la Dichiarazione di principi concernente la prevenzione ai reati di riciclaggio nel sistema bancario a fini di riciclaggio del denaro, approvata a Basilea dalle Autorità di vigilanza bancaria. Quest’ultima aveva la finalità di prevenire la strumentalizzazione criminale del sistema bancario e dell’intermediazione finanziaria in senso lato.
Tale processo di lotta e prevenzione al reato di riciclaggio fu, più tardi, proseguito dalla Convenzione delle Nazioni Unite firmata a Vienna nel 1988, con cui, per la prima volta, si ipotizzò di introdurre negli ordinamenti giuridici nazionali la fattispecie di riciclaggio.
Infine, le direttive n. 308 del 1991 e n. 97 del 2001 rappresentarono una vera e propria innovazione del sistema legislativo europeo e nazionale. Con queste, vennero introdotti il divieto del riciclaggio dei proventi del traffico di stupefacenti ed un ampliamento del divieto di riciclaggio. L’ultimo intervento del legislatore italiano, in materia di riciclaggio, si è dimostrato particolarmente recettivo rispetto alle indicazioni provenienti dalla comunità internazionale.
L’ultima versione del reato di cui all’art 648-bis25 descrive un reato di tipo plurioffensivo in cui, accanto al patrimonio, sono tutelati e protetti altri e distinti beni giuridici, quali l’amministrazione della giustizia, l’ordine pubblico, l’ordine economico e finanziario, inteso come tutela del risparmio in senso lato.
La dottrina26 ha rilevato come, nonostante la sua collocazione sistematica tra i delitti contro il patrimonio, la tutela di questo bene giuridico possa ritenersi secondaria, posto che, ai fini della configurazione di tale reato, può mancare un autentico danno patrimoniale.
Infatti, altro orientamento27 ritiene che l’amministrazione della giustizia sia tra i beni protetti in via principale, sul rilievo che l’essenza del delitto risiederebbe nell’idoneità delle diverse condotte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa.
Altri autori28 hanno messo in risalto l’ordine pubblico con riguardo al preminente utilizzo della fattispecie quale momento conclusivo nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata. In particolare, l’art. 648-bis c.p. sanziona le condotte di sostituzione e trasferimento29, idonee ad ostacolare la provenienza delittuosa del bene, ovvero le fasi di placement e “ripulitura”.
Con l’art. 648-ter c.p., invece, viene punita la condotta di chi impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto; tale fase è detta di “integration”. Nella condotta di sostituzione rientrano tutte le attività dirette alla “ripulitura” del prodotto criminoso, separandolo da ogni possibile collegamento con il reato e può realizzarsi mei modi più disparati: ad esempio, mediante il cambio di denaro contante con altre banconote, il deposito in banca ed il successivo ritiro.
Infatti, secondo una recente pronuncia della Suprema Corte30, la sostituzione implica la consegna di un bene al riciclatore in cambio di uno diverso, sicché il reato integrato con tale modalità si consuma solo con il perfezionamento della sostituzione e, quindi, con la restituzione dei capitali illeciti riciclati a colui che li aveva movimentati. Il trasferimento si verifica nel caso in cui vengano poste in essere condotte che importino uno spostamento o trasferimento dei valori di provenienza illecita da un soggetto ad un altro o, allo stesso modo, da un luogo all’altro, in modo da far perdere le tracce della titolarità, della provenienza, dell’origine e della effettiva destinazione degli stessi. Affinché sia integrata la condotta di trasferimento, occorre, altresì, che lo spostamento o il trasferimento dei proventi del delitto in un altro patrimonio avvenga nella medesima composizione quantitativa e qualitativa31 .
Inoltre, l’art. 648-bis prevede un’ultima condotta, idonea ad integrare il delitto di riciclaggio, che costituisce anche una formula di chiusura poiché riguarda altre operazioni che siano idonee ad ostacolare l’identificazione della provenienza illecita della provvista. Tale previsione risulta particolarmente utile, poiché consente di sanzionare tecniche o modalità di riciclaggio nuove, sempre più raffinate, che la criminalità riesce ad escogitare per ripulire o fare perdere le tracce di capitali illeciti provenienti da delitti.
La previsione ha, inoltre, indotto la giurisprudenza di legittimità32 a ritenere che il riciclaggio sia divenuto un reato a forma libera, in ragione della genericità del termine “operazioni”.
È pertanto utile rilevare che le suesposte condotte si caratterizzano per la loro idoneità a determinare l’effetto tipico del riciclaggio, vale a dire la dissimulazione dell’origine del denaro, dei beni o delle altre utilità33 .
L’introduzione del 648-ter-1 rappresenta, quindi, una decisa presa di posizione, da parte del legislatore, per debellare e arginare un fenomeno in costante aumento e diffusione, dagli effetti non meno preoccupanti dei reati-base34.
Si tratta di reato proprio, dal momento che soggetto agente può essere solo l’autore del reato presupposto o i suoi concorrenti. Parte della dottrina, però, ritiene che si tratti - più precisamente - di reato semi-esclusivo; tale assunto prende le mosse dalla considerazione per cui la qualifica soggettiva non determina di per sé il disvalore del fatto, dal momento che, anche in assenza di questo, sarebbe comunque rilevante come reato comune.
La qualifica soggettiva non è, però, da sé sola sufficiente: si richiede come necessario requisito ai fini dell’integrazione di tale fattispecie di reato anche l’oggetto materiale delle condotte di impiego, sostituzione o trasferimento dei proventi di tale delitto.
Fino all’introduzione del 648-ter1, l’ordinamento non sanzionava la condotta di colui che, già esecutore del reato base, commettesse anche i successivi reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego. I fatti di autoriciclaggio erano, comunque, ritenuti punibili mediante il ricorso ad altra norma ossia all’art. 12 quinquies, l. 356/1992: tale norma prevedeva, in particolare, il reato di trasferimento fraudolento di valori, che nella propria formulazione espressamente rinviava agli art. 648 ss. c.p..
Secondo la giurisprudenza prevalente35, l’art. 12-quinquies consentiva di perseguire anche i fatti di autoricettazione, riciclaggio e reimpiego.
Solo in seguito alle numerose sollecitazioni sovranazionali, il legislatore italiano ha previsto la rilevanza penale dell’autoriciclaggio al dichiarato scopo di colmare la lacuna normativa. Si desiderava incriminare la condotta di ricettazione, riciclaggio e reimpiego posta in essere dall’autore o dal correo del reato base.
Prima dell’espressa tipizzazione normativa, la punibilità dell’autoriciclaggio aveva suscitato alcune perplessità in dottrina e in giurisprudenza, derivanti, in massima parte, dall’applicazione dei principi generali del diritto penale.
In primo luogo, si riteneva36 che le condotte post delictum, ossia successive alla commissione del delitto, realizzate dall’autore del reato presupposto per ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni e del denaro, avrebbero costituito la normale continuazione e prosecuzione del reato commesso.
Tale interpretazione le avrebbe rese un mero post factum non punibile, privo di autonomo disvalore, quindi assorbito nella fattispecie del reato presupposto.
In secondo luogo, tali condotte erano considerate da alcuni esponenti della dottrina e della giurisprudenza come parte integrante della condotta dello stesso reato presupposto e, pertanto, non punibili, in ossequio al principio del ne bis in idem sostanziale, alla stregua del quale nessuno può essere punito due volte per lo stesso fatto.
Ancora, la punibilità dell’autoriciclaggio avrebbe costretto l’autore del reato presupposto ad astenersi dal compiere operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, esponendolo, così, a un maggior rischio di essere scoperto.
L’autoriciclaggio sarebbe risultato, pertanto, in contrasto con il principio generale del nemo tenetur se detegere, in virtù del quale nessuno può essere tenuto ad auto-incriminarsi.
Infine, la dottrina maggioritaria riteneva che la punibilità dell’autoriciclaggio avrebbe assoggettato l’autore del reato presupposto ad una sanzione totalmente incongrua, rispetto alla sua gravità, sia per la pena prevista per il riciclaggio, potenzialmente molto più elevata di quella per il reato presupposto, sia perché, per effetto della continuazione, la medesima sanzione sarebbe potuta essere aumentata fino al triplo.
Dalla punibilità dell’autoriciclaggio sarebbe, pertanto, derivata una grave lesione del principio generale di proporzionalità della pena. Più in dettaglio, in riferimento agli elementi costitutivi dell’illecito penale in commento, si osserva, rispetto al bene giuridico tutelato dall’art. 648 ter1, che la duplice valenza delle condotte di nuova immissione nel circuito legale dei mezzi provenienti da attività illecite e di ostacolo alla tracciabilità della provenienza allontana la fattispecie criminosa de qua dalla componente meramente patrimonialistica per collocarla nell’alveo dei reati plurioffensivi, invero, sottolineando altresì la dimensione dell’offesa al mercato e alla concorrenza, inquinati dalla reimmessione di capitali “sporchi nel circuito dell’economia legale”, l’oggettività giuridica viene ad identificarsi anche con l’amministrazione della giustizia, l’ordine economico e il risparmio37 .
Il soggetto attivo del reato, come prima detto, è colui che ha commesso o concorso a commettere un delitto non colposo. La condotta incriminata può consistere, in maniera alternativa, nell’impiegare, sostituire o trasferire in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative denaro, beni o altre utilità provenienti dal delitto non colposo in precedenza commesso, in guisa da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza e origine delittuosa.
Più in dettaglio, la locuzione “impiegare” richiama qualsiasi forma di ri-immissione o nuova immissione del denaro, beni o altre utilità di provenienza delittuosa nel mercato bancario o nel circuito economico-legale, mentre le forme della sostituzione e del trasferimento alludono a qualsiasi comportamento che realizzi l’effetto tipico indicato dalla norma: la sostituzione o il trasferimento.
L’inciso «in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della provenienza delittuosa» stigmatizza, nella condotta tipica, il requisito della artificiosità. In tal senso, la punibilità attiene unicamente alle sole condotte che, concretamente, per le specifice e peculiari modalità in cui si manifestano, pur non integrando gli estremi che sono propri degli artifici o raggiri, rivestano un contenuto di tipo decettivo e, pertanto, siano idonee ad ostacolare la tracciabilità che conduce dalla disponibilità del denaro, dei beni o delle altre utilità alla sua fonte genetica.
In particolare, è utile rilevare che l’espressione “concretamente” oltre ad esigere un accertamento in termini oggettivi e strettamente collegati al singolo caso, suggerisce un’esegesi assai rigorosa, che impone all’interprete di attribuire al termine “ostacolare” il suo significato proprio, ossia di frapporre un mezzo allo svolgimento di un’azione o all’esplicazione di una facoltà.
L’oggetto materiale del reato, secondo l'orientamento maggioritario, è costituito da denaro, beni o qualsiasi altra utilità proveniente dal delitto presupposto, con ciò ricomprendendo, altresì, gli immobili, le aziende, i titoli di credito e quant’altro38 .
L’elemento soggettivo del reato di autoriciclaggio è il dolo generico, e cioè la coscienza e volontà di realizzare il fatto tipico. Si richiede, infatti, la volontaria realizzazione di una delle condotte dissimulatorie previste dal comma 1 dell’art. 648-ter1, accompagnata dalla consapevolezza dell’idoneità dell’operazione realizzata a creare un concreto ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità autoriciclate.
Deve, al contrario, presumersi la consapevolezza della provenienza delittuosa della res, essendo il reo anche l’autore del reato presupposto.
Trattandosi di reato di pura condotta, la consumazione si ha nel momento e nel luogo in cui viene realizzato dall’agente il comportamento tipico. Nonostante la formulazione della norma in termini di reato di pericolo concreto, il tentativo è generalmente ammesso.
Da ultimo, si tratta di un reato istantaneo che si consuma nel momento in cui vengono poste in essere le condotte di sostituzione, trasferimento, ovvero le operazioni che ostacolino l’individuazione della provenienza illecita della provvista ed è pacificamente ammessa la sua compatibilità con il tentativo39.
4. La configurabilità del tentativo
Il delitto di riciclaggio costituisce una fattispecie di reato di mera condotta e di pericolo, che si perfeziona ogniqualvolta vengono messe in atto condotte idonee a ostacolare l’identificazione dell’origine delittuosa dei beni, del denaro o di altra utilità provenienti da diritto.
Taluni esponenti della dottrina hanno rilevato che, essendo questo un reato di pericolo concreto, il giudice dovrà constatare la concreta idoneità ostativa all’identificazione dell’illecita provenienza di ogni condotta, mediante il metodo della cosiddetta “prognosi postuma”. Saranno sufficienti a integrare il delitto in argomento non solo le condotte che impediscono definitivamente, ma anche quelle che rendono più difficile l’accertamento della provenienza del denaro, beni o altra utilità40 .
Si tratta di una fattispecie di reato che si realizza mediante “modalità frammentarie e progressive”41, considerata la sua manifestazione più come un complesso processo composto da diversi atti piuttosto che come un atto unico.
Trattandosi di un reato di pericolo, configurabile anche quando si sia in presenza di condotte solo idonee ad ostacolare l’identificazione delittuosa si pone la complessa problematica di stabilire se, in concreto, esista la possibilità di parlare di un tentativo di reato di riciclaggio (art 56 c.p. e 648-ter1 c.p.).
È necessario stabilire quali possano essere gli atti meramente idonei in modo non equivoco a sostituire o trasformare capitali, in maniera da tale ostacolare o rendere più difficoltosa l’individuazione della loro origine e provenienza delittuosa. Tuttavia è proprio questa idoneità che caratterizza la forma consumata del delitto. In queste ipotesi, quindi, la soglia del tentativo sarà stata ampiamente superata, invadendo quella della consumazione42.
È utile rilevare che la dottrina, in passato, tendeva ad escludere la configurabilità del tentativo in presenza di reati di pericolo, dal momento che punire il tentativo di un reato di pericolo sarebbe equivalso a reprimere “il pericolo di un pericolo”. Ciò non sarebbe possibile, dal momento che in questo modo si anticiperebbe in maniera eccessiva e sproporzionata la soglia della punibilità43.
Se si accedesse ad un concetto graduabile di pericolo, il tentativo di tale reato diverrebbe configurabile in presenza di un pericolo che, tuttavia, ha minore intensità del pericolo richiesto per la forma consumata. Tale soluzione porterebbe alla sussunzione, quali tentativi di riciclaggio, di tutte quelle operazioni finanziarie frazionate atte ad aggirare i controlli statali o degli istituti finanziari. Esse, concretamente, non sarebbero idonee a ostacolare l’identificazione dell’origine illecita e delittuosa. Tuttavia se gli atti sono inidonei, non è possibile parlare di tentativo ex art. 56 c.p..
Un diverso orientamento ha evidenziato come talune operazioni negoziali volte ad ostacolare o a rendere più difficoltosa la provenienza delittuosa , come, ad esempio, l’apertura di conti corrente senza attività di sostituzione, possano configurare ipotesi di tentato riciclaggio. In questi casi, tuttavia, se è possibile ravvisare il requisito della “idoneità”, non è altresì riscontrabile il requisito della “non equivocità”, pure richiesto dall’articolo 56 del Codice penale al fine della configurabilità del tentativo.
4.1. La retroattività: reato di riciclaggio e autoriciclaggio
Un altro rilevante aspetto su cui la dottrina si è interrogata attiene all’efficacia nel tempo della novella di cui all’art. 648-ter1 c.p.. In particolare, ci si chiesti se la nuova figura di incriminazione sia applicabile alle ipotesi nelle quali il delitto non colposo da cui originano i beni oggetto di autoriciclaggio sia stato commesso anteriormente all’entrata in vigore dell’art. 648-ter1 c.p..
La disposizione si riferisce alla commissione di un delitto non colposo, definito appunto delitto presupposto. In dottrina e la giurisprudenza è presente un annoso dibattito volto a comprendere se tale elemento integri un presupposto della condotta o sia parte della condotta stessa44.
Tale dibattito è di fondamentale importanza per stabilire se la nuova incriminazione debba applicarsi solo quando sia l’autoriciclaggio che il reato presupposto siano stati commessi dopo l’entrata in vigore della norma, o se trovi applicazione anche laddove il reato presupposto sia stato commesso anche in epoca antecedente all’introduzione dell’art. 648-ter.1 c.p..
Su questo punto, la dottrina propone due orientamenti differenti e non conciliabili.
Una prima tesi è contraria all’applicazione retroattiva della norma in relazione al reato presupposto. L’idea di fondo è che il reato a monte sia parte della condotta, e quindi vada rispettata la garanzia di cui all’articolo 25, secondo comma della Costituzione.
Questa impostazione è convalidata dallo stretto legame tra reato presupposto e autoriciclaggio: come detto, l’incriminazione ex art. 648-ter1 c.p. tutela in via secondaria anche i beni già tutelati dall’incriminazione del reato a monte.
Secondo tale orientamento, occorre considerare anche il rapporto logico-strutturale tra i due reati. Il reimpiego dei proventi del reato presupposto è quasi sempre lo sviluppo logico che segue il primo reato e talvolta è anche l’obbiettivo stesso perseguito dall’autore: la ripulitura dei beni è funzionale rispetto alla prima condotta45.
La tesi appena esposta non risulta, secondo altro orientamento, condivisibile. La norma sull’autoriciclaggio punisce chi reimmette nell’economia legale, in modo tale da occultarne la provenienza illecita, i proventi di un reato e non il mero possesso di quest’ultimi.
L’autore del reato presupposto può avere come scopo il reimpiego decettivo fin dal momento della commissione del delitto a monte o presupposto, ma questo non appare in alcun modo sufficiente a creare una connessione tra i due reati: potrebbe infatti accadere che decida di destinare i beni , il denaro o le altre utilità provenienti da altro reato al proprio utilizzo o godimento personale, oppure, di reimmetterli in attività economiche senza che la condotta sia idonea ad ostacolare di verificarne la provenienza.
Questo consentirebbe di qualificare il delitto non colposo come mero presupposto della condotta ed in quanto tale potrebbe essere stato commesso anche in un momento precedente all’entrata in vigore della norma, dato che questo reato era già qualificato come tale dall’ordinamento46.
Per la soluzione negativa, invece, si è espressa altra autorevole dottrina47, pervenendo a tale conclusione mediante due differenti argomentazioni.
Il primo passaggio argomentativo consiste nell’esatta individuazione del significato da attribuire al “fatto commesso”, al fine di stabilire se l’art. 25, comma 2, Cost. imponga che tutti gli elementi del fatto debbano essere realizzati successivamente all’entrata in vigore della legge o se alcuni di essi possano anche preesistere.
Tradizionalmente si ritiene che la nozione di fatto di reato non descriva specificamente distinzioni all’interno del cosiddetto elemento oggettivo o materiale. È necessario, dunque, verificare se la connessione con un precedente delitto non colposo sia da considerare alla stregua di un mero presupposto della condotta o un elemento costitutivo del fatto di reato (ossia una componenente dello stesso), atteso che, solo nel primo caso non si ravviserebbero problemi di contrasto e compatibilità con il divieto di retroattività, nel ritenere la nuova norma applicabile anche in relazione all’autoriciclaggio di proventi derivanti da reati pregressi.
Il secondo passaggio consiste, quindi, nel provare a stabilire il ruolo ricoperto da tale elemento nella struttura della nuova fattispecie criminosa di cui all’art. 648-ter c.p.. In questo senso, è necessario evidenziare l’evoluzione normativa della fattispecie del riciclaggio nel corso del tempo, tanto da far ritenere che la norma oggi in vigore non sia volta in alcun modo alla tutela del patrimonio. Ciò si verifica in quanto il disvalore del reato presupposto non si riflette più nel fatto tipico del riciclaggio e tale ultima fattispecie ha ormai perso la sua caratteristica allora peculiare, di reato ostacolo rispetto a quello presupposto, essendo connotato da un autonomo e spesso più grave disvalore48. Tuttavia, ad avviso di parte della dottrina, l’art. 648 ter1 c.p. continuerebbe ad essere interamente e strettamente connesso con il reato presupposto, dal momento che entrambi devono essere realizzati dalla stessa persona. Inoltre, la fattispecie dell’autoriciclaggio non costituisce solo uno strumento per rendere più efficace la lotta contro la circolazione delle ricchezze illecite, ma fornisce anche una più specifica e profonda tutela dei beni a cui mira la previsione del reato presupposto.
In base alla seconda corrente dottrinale e giurisprudenziale, la realizzazione del reato presupposto entrerebbe nell’art. 648ter1 c.p. come mero “frammento”, frazione o parte della condotta tipica, con la conseguenza che la fattispecie di nuovo conio non troverebbe applicazione nei confronti di quei soggetti che abbiano commesso il reato presupposto prima della sua introduzione.
5. Riciclaggio, autoriciclaggio e concorso di persone nel reato: problematiche applicative
Non è, pertanto, possibile escludere, sotto il profilo normativo, la possibilità di configurare un concorso attivo di persone nella realizzazione del delitto di riciclaggio. Questa tematica conduce inevitabilmente a fare delle osservazioni in merito alla figura del concorso omissivo improprio, fondato sull’articolo 40 del Codice penale, nonché, sugli obblighi di segnalazione contenuti nella disciplina antiriciclaggio.
Affinché sia possibile parlare di un concorso in riciclaggio49, è necessario configurare quegli obblighi di segnalazione alla stregua di effettivi poteri impeditivi di una condotta attiva. È proprio su questo punto che si manifestano dissidi in dottrina.
Tendenzialmente si esclude, infatti, che gli obblighi contenuti nella disciplina preventiva possano essere assimilabili a dei veri e propri poteri impeditivi. Essi rappresentano, al più, soltanto dei doveri di mera sorveglianza, dalla cui violazione, non può discendere una responsabilità penale.
Sotto il profilo del concorso in riciclaggio è stato esaminato anche il problema dell’attività del professionista. Egli, infatti, che agevoli o in qualche modo faciliti la commissione del reato riciclaggio da parte del suo assistito, risponde del concorso in riciclaggio, a meno che non abbia partecipato anche alla realizzazione del delitto presupposto, per cui, in quel caso, si applicherà la disciplina del nuovo reato di autoriciclaggio ex art.648-ter.
In particolare, secondo la giurisprudenza, affinché il professionista risponda a titolo di concorso, è necessario che svolga un ruolo attivo di istigazione o che comunque «col proprio aiuto o con le sue preventive assicurazioni, favorisca o rafforzi l’altrui progetto criminoso».50 La Sentenza della Corte di Cassazione n. 17235/2018 rappresenta un esempio dell’orientamento giurisprudenziale, ormai divenuto prevalente, in tema di concorso di persone nel reato dell’intraneus e dell’extraneus.
Ricondurre la condotta dell’extraneus nella fattispecie del 648-bis ovvero, in virtù dell’applicazione alternativa degli articoli 110 o 117 c.p., in quella del 648 ter1, costituisce una problematica di notevole rilevanza e complessità, in particolare per il differente trattamento sanzionatorio previsto dalle due ipotesi criminose, significativamente più mite per il reato di autoriciclaggio.
La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate al fine di stabilire se il soggetto il quale, non avendo concorso nel delitto presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio, o comunque ponga in essere un contributo alla realizzazione da parte dell’intraneus delle condotte tipizzate dall’art. 648-ter1 c.p., continui a rispondere del reato di riciclaggio ex art. 648-bis c.p. o, nel caso in cui ricorrano i presupposti, del reato di autoriciclaggio di cui all’art. 648-ter1 c.p..
Nella decisione in commento, la Corte di Cassazione ha valutato la condotta della giovane commercialista al fine di stabilire se questa avesse dovuto rispondere del delitto di autoriciclaggio o di riciclaggio.
6. Gli orientamenti giurisprudenziali e dottrinali
Numerosi problemi interpretativi sono stati sollevati rispetto alla tematica del concorso di persone: nella prassi, ipotesi di concorso saranno piuttosto frequenti in quanto, ponendoci in una prospettiva prettamente empirica, sarà difficile incontrare un autoriciclatore “puro”51, ovverosia qualcuno che si occupi solo e oltanto di realizzare le condotte descritte nell’articolo 648-ter1 c.p., senza alcun intervento nel delitto presupposto, o senza alcuna collaborazione da parte dell’autore del delitto presupposto, il quale, presumibilmente, opererà di sua sponte per ripulire il denaro illecitamente prodotto.
Le ipotesi problematiche prospettate sono molteplici; la dottrina, nel corso del tempo, ha elaborato differenti soluzioni possibili.
La prima situazione spinosa riguarda il caso in cui il fatto sia realizzato in concorso da parte di più agenti, uno dei quali sia anche autore del delitto presupposto52 , oppure, ancora, tutti siano autori di distinti delitti presupposto, ma collettivamente procedano alla ripulitura di denaro, beni o altre utilità, precedentemente cumulati.
In relazione alle ipotesi di concorso in reato proprio, dottrina maggioritaria53 e giurisprudenza54 ritengono che, in presenza di un concorrente qualificato, tutti rispondano per il reato proprio55 e non comune.
Secondo la dottrina, ciò avviene, anche se esso sia astrattamente configurabile, indipendentemente dal fatto che l’intraneus realizzi una condotta tipica oppure apporti un contributo causale alla realizzazione del reato. Applicando questa regola generale sul piano del delitto di autoriciclaggio, si può affermare che colui che, in passato, era perseguito per il delitto di riciclaggio, in quanto non concorrente nel delitto presupposto, oggi, invece, risponderà per il più lieve delitto di autoriciclaggio, sanzionato meno gravemente.
Realizzandosi il riciclaggio e il reimpiego nella maggioranza dei casi proprio grazie al concorso dell’autore del reato presupposto, la nuova legge – contrariamente alle apparenze – avrebbe in pratica fatto “calare il sipario” sull’applicabilità delle fattispecie di cui agli articoli 648-bis c.p. e 648-ter c.p..
In questo senso la novella sarebbe a tutto vantaggio di una fattispecie munita di più ridotta sanzione56. Un effetto di tipo assolutamente paradossale che, probabilmente, il legislatore non aveva previsto. In ordine all’ipotesi di “autoriciclaggio parziale” che ricorre quando tutti i concorrenti sono autori di distinti delitti presupposto, ma commettono le condotte di “ripulitura” sui proventi cumulativamente ottenuti, si prospetta la derubricazione da concorso in riciclaggio per tutti i concorrenti, a concorso in autoriciclaggio. Anche in questo caso, la modifica comporterebbe un notevole trattamento sanzionatorio di vantaggio a favore dei riciclatori professionali rispetto a quanto avveniva in passato. Tale conclusione è stata giudicata inammissibile perché il concorrente finisce per giovarsi di un trattamento sanzionatorio più mite senza nessun merito, ma solo perché, in maniera accidentale, la condotta è stata realizzata in concorso con l’autore del reato presupposto, il cui titolo di reato prevarrà per tutti i concorrenti.
L’irragionevolezza di tale esito appare ancora più manifesta se si considera che alla medesima conclusione si giungerà anche nel caso in cui il terzo extraneus57 non sia a conoscenza della qualifica soggettiva dell’autore del delitto presupposto. In presenza della norma di cui all’articolo 117 c.p. al concorrente sarà esteso il titolo di reato, previsto per l’autore del delitto presupposto ossia, in tale ipotesi, autoriciclaggio, sebbene egli, nel commettere le condotte tipiche, si rappresenti un fatto di riciclaggio. In questo caso, inoltre, perderebbe senso quell’ulteriore elemento richiesto dalla tradizionale interpretazione degli articoli 116 e 117 c.p., secondo cui l’ignoranza da parte dell’extraneus della qualifica dell’intraneus dovrebbe essere almeno rimproverabile a titolo di colpa58. Ad evitare l’applicazione della disciplina del concorso in reato proprio, interviene il secondo comma della norma, che espressamente prevede per i concorrenti la stessa pena comminata per i casi di omicidio volontario. Ciò avviene lasciando al giudice, nel caso concreto, la possibilità di applicare un’attenuante, se egli accerti che i concorrenti abbiano agito al solo scopo di favorire la madre.
La criticata impostazione dipende da una specifica interpretazione della disciplina, prevista in tema di concorso di persone nel reato proprio, per cui è sufficiente che l’insieme dei contributi dei concorrenti produca il disvalore del fatto tipico, imputato indistintamente a tutti i concorrenti, essendo irrilevante che la condotta del reato proprio sia realizzata da un extraneus.
Solo nel caso si tratti di “reati propri di mano propria” sarebbe necessaria la realizzazione della condotta tipica da parte dell’intraneus.
A titolo di completezza, è opportuno aggiungere che, recentemente, si è diffusa una nuova tesi per cui, sulla base del principio di legalità, l’autore del reato proprio in concorso dovrebbe essere sempre il soggetto qualificato, ossia quello a cui la norma incriminatrice assegna in maniera esplicita il ruolo di soggetto attivo59. È stato rilevato come l’adesione a tale particolare orientamento minoritario non risulti comunque risolutiva del problema. Se si applicasse letteralmente lo schema proposto, la situazione sarebbe, in maniera paradossale, la seguente: l’ "eteroriciclatore" non potrà trarre vantaggio dal migliore trattamento riservato all’autoriciclatore con il quale concorre nel reato. È stato evidenziato che, in quanto non sussiste la condotta tipica da parte del soggetto qualificato, al massimo, potrà prospettarsi e configurarsi l’applicazione del riciclaggio o del reimpiego, ma, tali fattispecie, a causa della residua operatività della clausola di esclusione della punibilità, non sarebbero in alcun modo utilizzabili.
Dinnanzi alle conclusioni prospettate, la dottrina ha tentato di offrire delle soluzioni che risultino coerenti con i risultati che si intendevano raggiungere attraverso l’eliminazione del privilegio di autoriciclaggio60.
Un primo orientamento muove dal fatto che il legislatore ha inteso configurare il delitto di autoriciclaggio quale reato proprio e si propone di risolvere il quesito circa il titolo di reato da imputare ai concorrenti secondo gli schemi di regola applicati in tali casi.
La soluzione è, in questo caso, connessa alla teoria della compartecipazione nel reato proprio e, nel caso concreto, alla questione della distribuzione dei ruoli tra intraneus ed extraneus.
Nel caso in cui si aderisca all’indirizzo secondo il quale, anche in ottica plurisoggettiva, il fatto tipico deve essere realizzato dal soggetto qualificato, si integrerà la fattispecie di concorso in autoriciclaggio quando sia l’autore o il concorrente nel delitto presupposto realizzino l’impiego. In caso contrario, ricorrerà un concorso nel riciclaggio posto in essere dal terzo.
Da tale assunto deriverà la non punibilità dell’autoriciclatore in virtù della permanenza della clausola di riserva di cui all’art. 648-bis c.p. Aderendo all’indirizzo contrario, in base al quale ai fini della integrazione della tipicità plurisoggettiva eventuale, eccezion fatta per i cosiddetti reati di mano propria, sarebbe totalmente irrilevante la ripartizione dei ruoli tra intraneo ed estraneo: si avrebbe, pertanto, in entrambe le ipotesi, concorso in autoriciclaggio: in tal senso il delitto di autoriciclaggio sarebbe definibile come “onnivoro”. In tal senso è utile rilevare che tale conclusione si riverbera sul piano della sanzione con una pena più lieve anche nei confronti del terzo. Una seconda teoria prende le mosse dalla disciplina del concorso apparente di norme e sul ricorso al principio di assorbimento.
L’ipotesi presa in esame è quella del terzo cui siano affidati i proventi dall’autore o concorrente nel reato de quo: in tal senso, la condotta posta in essere integrerebbe monosoggettivamente il delitto di riciclaggio, ma plurisoggettivamente, combinandosi con quella del soggetto qualificato ossia l’autoriciclatore, integrerebbe un concorso in autoriciclaggio. Il risultato è quello di ritenere applicabile nei confronti dell’estraneo l’art. 648 - bis c.p., dal momento che il relativo reato sarebbe punito più gravemente e assorbirebbe il meno grave delitto di autoriciclaggio.
Ora è necessario analizzare l’ultima teoria che è quella cui ha aderito la Suprema Corte e quella adottata nella sentenza in analisi.
L’idea di partenza è rappresentata dalla identificazione della ratio dell’intervento del legislatore del 2014, che era quella di punire una condotta prima non punibile ossia quella dell’autoriciclatore e non certo quella di attenuare le pene e il trattamento sanzionatorio del riciclatore già sanzionato ex art. 648-bis c.p.
Tale orientamento ha cercato di perseguire tali obbiettivi mediante superamento del dogma dell’unicità del titolo di reato: l’episodio plurisoggettivo eventuale con cui si è alle prese potrebbe ben dare luogo ad una differenziazione dei titoli di responsabilità.
Illustri esponenti della dottrina si sono opposti ad una soluzione di tal genere, altri, altrettanto autorevoli, autori, si sono schierati contro il dogma dell’unicità del titolo di reato per i concorrenti, ammettendo senza difficoltà soluzioni improntate a una diversificazione delle rispettive posizioni.
6.1. La teoria della diversità del titolo del reato
Nell’ordinamento al momento vigente, il concorso di persone nel reato, previsto dall’art. 110 c.p., è concepito come una struttura unitaria, nella quale confluiscono tutti gli atti dei compartecipi, sicché gli atti dei singoli sono, al tempo stesso, loro propri e comuni anche agli altri, purché sussistano due condizioni: una oggettiva, nel senso che tra gli atti deve sussistere una connessione causale rispetto all’evento, l’altra soggettiva, consistente nella consapevolezza di ciascuno del collegamento finalistico dei vari atti, ossia che il singolo volontariamente e coscientemente apporti il suo contributo, materiale o soltanto psicologico, alla realizzazione dell’evento da tutti voluto.
In tal modo, nel caso in esame, «colui che secondo la normativa previgente era autore di riciclaggio diviene oggi un concorrente in autoriciclaggio61, come tale destinatario di una sanzione più mite».
Altri autori hanno invece ritenuto di dover risolvere la questione relativa all’inquadramento giuridico della condotta di concorso del terzo, estraneo alla realizzazione del reato presupposto, nell’attività autoriciclatoria dell’intraneus, responsabile della commissione del reato fonte in applicazione dei principi in tema di concorso apparente di norme.
Si ha concorso apparente nei casi in cui, sebbene la condotta abbia violato più disposizioni di legge, in considerazione dei principi dell’ordinamento, deve trovare applicazione soltanto una fattispecie penale.
Per individuare i casi in cui vi è concorso apparente di norme, si fa riferimento ai tre criteri di specialità, di sussidiarietà e di consunzione.
Il primo di tali criteri è l’unico disciplinato e tipizzato nel codice penale dall’art. 15 c.p. Secondo tale articolo “quando più leggi penali o più disposizioni della medesima legge penale regolano la stessa materia, la legge o la disposizione di legge speciale, deroga alla legge o alla disposizione di legge generale, salvo che sia altrimenti stabilito”. In base al disposto di tale norma, quindi, si avrà concorso apparente di norme quando tra le stesse sussiste un rapporto di mera specialità essendo entrambe destinate a regolare la stessa materia.
La dottrina e la giurisprudenza, nel corso del tempo, si sono interrogate anche sul concetto di “stessa materia”. Un orientamento della giurisprudenza, delimitando l’ambito di applicazione dell’art. 15 c.p., ritiene che possa considerarsi esistente soltanto nei casi in cui due norme tutelino lo stesso bene giuridico.
Un orientamento giurisprudenziale di segno opposto ritiene che per medesima materia si debba avere riguardo alla stessa fattispecie astratta, essendo necessario che un determinato fatto possa apparentemente rientrare nella sfera applicativa di due norme che si trovano tra loro in un rapporto strutturale definito di specialità.
Pertanto la Suprema Corte nella sentenza in analisi ha sancito, aderendo ad un orientamento maggioritario, che il soggetto il quale, non avendo concorso nel delitto presupposto, ponga in essere la condotta tipica di auto-riciclaggio, o comunque contribuisca alla realizzazione da parte dell’intraneus della condotta tipizzata dall’art. 648-ter c.p., continui a rispondere del reato di riciclaggio ex art. 648 - bis c.p., e non di concorso nel reato di auto-riciclaggio.
Inoltre, la Corte di Cassazione ha osservato che la più mite sanzione prevista dal delitto di auto-riciclaggio dipende proprio dal minor disvalore dovuto al fatto che autore della condotta è non un extraneus, bensì il medesimo soggetto che ha posto in essere il reato presupposto, e che intende giovarsi del profitto dello stesso impiegandolo, sostituendolo, trasferendolo in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.
La Suprema Corte ha rilevato, quindi, che il reato di auto-riciclaggio punisce solamente le condotte del soggetto che abbia commesso il reato presupposto, mentre le condotte concorsuali poste in essere da terzi per agevolare la condotta di auto-riciclaggio dell’autore del reato presupposto, mantengono rilevanza penale come fatti integranti la fattispecie del normale delitto di riciclaggio (art. 648-bis c.p.).
7. Conclusioni
Orbene, nella sentenza in commento, i giudici della Suprema Corte hanno applicato il principio di sussidiarietà. Quest’ultimo è annoverato tra i criteri più consolidati per la risoluzione del conflitto apparente di norme Il conflitto apparente di norme, solitamente, intercorre tra norme che prevedono stadi o gradi diversi di offesa di uno stesso bene giuridico tutelato, in modo tale che l’offesa maggiore assorbe l’offesa minore e, di conseguenza, l’applicabilità di una norma è subordinata alla non applicazione dell’altra62.
Infatti, i giudici di Cassazione hanno ritenuto che la condotta del terzo, in tal caso, ricade sotto due norme incriminatrici, integrando plurisoggettivamente il reato di autoriciclaggio e monosoggettivamente quello di riciclaggio. sarà però solo quest’ultima norma a prevalere, in applicazione del principio di sussidiarietà. L’autore del reato presupposto resterà invece punibile per il solo reato di autoriciclaggio, non essendo la sua condotta rilevante ai sensi dell’art. 648-bis c.p..
Invero, il Collegio ritiene quindi che il soggetto il quale, non avendo concorso nel delitto presupposto non colposo, ponga in essere la condotta tipica di autoriciclaggio, o contribuisca alla realizzazione da parte dell’intraneus delle condotte tipizzate dall’art. 648-ter 1 c.p., continui comunque a rispondere del reato di riciclaggio ex art. 648-bis c.p. e non di concorso, a seconda dei casi, ex artt. 110 o 117 c.p., nel meno grave delitto di autoriciclaggio ex art. 648-ter1 c.p.63.
I giudici di legittimità hanno descritto con profonda attenzione le ragioni ispiratrici dell’evoluzione normativa delle fattispecie criminose di cui all’art 648-bis e ter1: la difesa chiedeva l’applicazione della meno grave figura dell’autoriciclaggio per il soggetto (punito dalla Corte d’Appello per riciclaggio) concorrente nell’attività di autoriciclaggio realizzata dall’intraneus.
Per risolvere la questione, dice la Suprema Corte, la premessa dalla quale l’interprete deve ineludibilmente muovere, infatti, è quella per cui la nuova incriminazione è stata concepita essenzialmente, se non unicamente, al fine di colmare la lacuna riguardante l’irrilevanza penale delle condotte di c.d. autoriciclaggio, poste in essere dal soggetto autore di o concorrente in determinati reati presupposti.
Il diverso trattamento, assai più tenue dell’autore del reato presupposto, che risponderà anche di questo, più severo per l’extraneus, trova ragione e fondamento nel differente disvalore e nel diverso grado di rimproverabilità della condotta attribuiti dal legislatore alla condotta di colui che, seppur a seguito di un illecito, si trova in possesso di denaro o altra utilità da destinare ad altri scopi: sarà dunque differente il disvalore attribuito nei confronti del soggetto che, senza essere concorso nel reato presupposto e quindi deliberatamente, si adopera per ostacolare l’identificazione e l’origine della provenienza delittuosa di denaro, beni o altre utilità provenienti da illecito altrui ovvero li impiega in attività economico-finanziarie.
Gli ermellini, peraltro, nella sentenza in commento hanno accennato ad alcuni interessanti parallelismi esemplificativi che fanno riferimento ad alcune fattispecie criminose64; queste si caratterizzano per il fatto che sono trattate dal legislatore differentemente a seconda della qualifica soggettiva dell’agente, pur nella commissione nel medesimo illecito.
Si ritiene che tali parallelismi siano di fondamentale rilievo, poiché contribuiscono ad una maggiore chiarezza dello spirito e della ratio della decisione. Da un lato vengono richiamati i reati di “evasione di cui all’art. 385 c.p. e procurata evasione (art. 386 c.p.)” e dall’altro le due figure di “infanticidio (art. 578 co. 1 o co. 2)”, a seconda che la condotta sia commessa dalla madre o da coloro che con lei concorrono.
In conseguenza di tale principio, verrà punito con una pena di minore gravità ed entità il soggetto che, essendo responsabile del reato presupposto, si adoperi per il riutilizzo dei proventi di questo (ex art.648-ter 1 c.p.) rispetto al soggetto che, pur estraneo ai fatti illeciti presupposti, concorra con il primo nella realizzazione della condotta illecita dell’attività di riciclaggio.
Si ritiene la decisione della Suprema Corte pienamente condivisibile: i giudici hanno infatti preso le mosse da una attenta esegesi sistematica delle norme di cui agli artt. 648-bis, 648-ter e 110 c.p.
Si è analizzata, in particolare, la ratio della norma di cui all’art 648-ter1: la Corte di legittimità ha rilevato, in diversi punti del dispositivo, che il legislatore ha introdotto la fattispecie di autoriciclaggio al fine di colmare la lacuna riguardante l’irrilevanza penale delle condotte poste in essere dal soggetto autore di o concorrente in determinati reati presupposti. Non si ritiene assolutamente condivisibile l’orientamento minoritario per il quale, costituendo l’autoriciclaggio un 'reato proprio', ed ammettendo i reati propri la realizzazione anche da parte di un terzo sprovvisto della qualifica soggettiva tipica, sarebbe configurabile il concorso nel reato di autoriciclaggio, a norma degli artt. 110 o 117 c.p., a seconda che il terzo extraneus abbia, o meno, consapevolezza della qualifica posseduta dall’intraneus. in tal modo, infatti, colui che in precedenza poteva considerarsi autore di riciclaggio diverrebbe, con l’introduzione dell’art 648-ter1, un concorrente in autoriciclaggio, come tale destinatario di una sanzione penale più mite (teoria dell’autoriciclaggio onnivoro).
Prendendo le mosse da tale assunto, infatti, si avrebbe il paradossale risultato per cui, anche se come conseguenza non voluta dal legislatore, si avrebbe una applicazione distorta della nuova e meno grave incriminazione dell’autoriciclaggio, poiché il terzo extraneus potrà affermare che, per poter ripulire il provento illecito, decisivo è stato il contribuito dell’autore del delitto presupposto.
Parimenti non pare condivisibile l’orientamento della dottrina che ha proposto di risolvere il problema applicativo non mediante concorso di persone nel reato, bensì mediante il concorso apparente di norme. In base a tale orientamento, nei casi in cui la condotta del terzo extraneus risulti astrattamente sussumibile nell’ambito della fattispecie di riciclaggio, ma integri, al tempo stesso, un contributo di tipo causale alla fattispecie di autoriciclaggio posta in essere dall’autore del delitto non colposo-presupposto, si dovrebbe affermare che l’art. 648-bis c.p., reato più grave che incorpora il disvalore oggettivo e soggettivo del fatto, esaurendolo, assorba, nei confronti del terzo extraneus, il meno grave autoriciclaggio. Ciò si verificherebbe visto che diversamente, la condotta dell’autore del reato presupposto non è neppure astrattamente sussumibile nell’ambito dell’art. 648-bis c.p65.
Tale orientamento applica pertanto il criterio del cosiddetto assorbimento. Il terzo (o extraneus) risponderà di autoriciclaggio, sia nel caso in cui abbia posto in essere in prima persona la condotta tipica, sia nel caso in cui si sia, al contrario, limitato a fornire un contributo concorsuale atipico dotato di efficienza causale alla sua realizzazione da parte del terzo extraneus.
Si ritiene tale teoria non risolutiva del problema poiché il reato di autoriciclaggio finirebbe per divenire per così dire “onnivoro”, dal momento che l’extraneus sarebbe sempre ed in ogni caso punibile per il reato di cui all’art’648-ter1.
Peraltro, tale corrente dottrinale tradisce la ratio della novella, in quanto finisce per ricomprendere nella nuova fattispecie anche delle fattispecie di reato che il legislatore non avrebbe voluto punire con tale disposizione.
Si ritiene che la premessa dalla quale l’interprete deve ineludibilmente muovere, onde districarsi nelle differenti possibili configurazioni del concorso di persone nel nuovo delitto di autoriciclaggio, è che la nuova incriminazione è stata concepita, in ossequio agli obblighi internazionali gravanti pattiziamente sull’Italia, essenzialmente, se non unicamente, al fine di colmare la lacuna riguardante l’irrilevanza penale delle condotte di c.d. autoriciclaggio: è possibile fare ciò solo aderendo alla teoria della diversità del titolo del reato.
Come in sintesi osservato da una dottrina, schemi di previsioni a "soggettività forte", come il caso del reato di cui all’art.648-ter1, autorizzano la diversificazione dei titoli di reato ovvero delle risposte sanzionatorie. In tal senso, rispetto alle qualifiche di tipizzazione della colpevolezza. Tale soluzione è stata adottata dalla Corte di Cassazione nella sentenza de qua agitur. Un modello, questo, che sembra attagliarsi alla fattispecie del riciclaggio dove la diversificazione sanzionatoria, oltre che dei titoli di reato, rispetto ai diversi soggetti attivi costituisce un dato esplicito assai significativo nel senso della sua legittimazione66.
1G. PECORELLA, Denaro (sostituzione di), in Dig. disc. pen., III, Torino, Utet, 1989, p. 366. G. COLOMBO, Il riciclaggio, Milano, Giuffré, 1990. L. MAGISTRO, Riciclaggio dei capitali illeciti, rilevanza del fenomeno e strategie di contrasti in materia fiscale, Milano, Giuffré, 1991; G. DONADIO, Art. 648-bis c. p., in G. LATTANZI e E. LUPO, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. XI, Milano, Giuffré, 2000, p. 706; P. COSTANZO, Il riciclaggio di disponibilità di provenienza illecita. La disciplina penale italiana alla luce delle regole internazionali e comunitarie, in Trattato di diritto penale dell’impresa, vol. IX, Padova, Cedam, 2007, p. 339.
2F. MANTOVANI, Diritto penale. Parte speciale. Delitti contro il patrimonio, II ed., Padova, Cedam, 2002, p. 255; F. ANTOLISEI , Manuale di diritto penale. Parte Speciale, vol, I, Milano 2002.
3Cass., Sez. II, 12 febbraio 1998, Conti, in Cass. pen., 1999, p. 1136; Cass., Sez. II, 7 dicembre 1995.
4G. PECORELLA, Ricettazione, cit., p. 945; M. ZANCH-ETTI: IDEM, Il riciclaggio, cit., pp. 420 ss.; G. INSOLERA, op. cit., p. 160. G. FIANDACA e U. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014, p. 241. In giurisprudenza escludono la configurabilità del dolo eventuale, ad es., Cass., Sez. II, 3 aprile 1992, Nicoletti, in Cass. pen., 1994, p. 316; Cass., Sez. II, 14 maggio 1991, Castelli, in Foro it., 1993, II, c. 155
5M. ZANCHETTI, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano, 1997, p. 212
6Cass., Sez. II, 12 novembre 2002: la Corte, come si è accennato, ha affermato che integra il delitto di riciclaggio la sostituzione delle targhe di un autoveicolo proveniente da reato, trattandosi di operazione diretta ad ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa del bene.
7A. PAGLIARO, Principi di diritto penale. Parte speciale, III, Delitti contro il patrimonio, Milano, Giuffré, 2003, p. 508 ss.; R. BARTOLI, op. cit., p. 478. Il problema di trovare un termine che comprenda in sé tanto il denaro quanto gli altri beni, valori ed utilità provenienti da reato è ben noto anche ai legislatori stranieri: in Inghilterra e negli Stati Uniti si parla di proventi (proceeds), in Svizzera di valori patrimoniali (Vermogenswerten), in Germania di oggetto (Gegenstand).
8P. MAGRI, I delitti di riciclaggio e reimpiego, in Trattato di diritto penale, Cedam, 2017, p. 435.
9Cass., Sez. Un., 3 luglio 1996, in Cass. pen., 1997, p. 971
10A. ALESSANDRI, Confisca nel diritto penale, in Dig. disc. pen., III, Torino, Utet, 1989, p. 39; e,di recente, D. FONDAROLI, Le ipotesi speciali di confisca nel sistema penale, Bologna, Bonomia University Press, 2007, p. 51 ss.
11M. ZANCHETTI, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano, 1997, p. 409 ss.
12M. ZANCHETTI, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano, 1997, p. 398 ss e p.. 1944.
13G. FIANDACA e U. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014. p. 248.
14Sul punto non sembra pertanto condivisibile la circolare n. 81 del 18 agosto 2008 emessa dal Comando Generale della Guardia di Finanza, ove si sostiene ad es., che anche la dichiarazione infedele, ex art. 4 del d. lgs. 10 marzo 2000, n. 74, costituisce delitto-presupposto del riciclaggio. P. COSTANZO, Il riciclaggio di disponibilità di provenienza illecita. La disciplina penale italiana alla luce delle regole internazionali e comunitarie, in Trattato di diritto penale dell’impresa, vol. IX, Padova, Cedam, 2007., p. 526 ss.
15A identica conclusione pervengono dottrina e giurisprudenza in tema di ricettazione: G. PECORELLA, Ricettazione (diritto penale), in Nov. Dig. It., XV, Torino, Utet, 1968, p. 943; F. ANTOLISEI , Manuale di diritto penale. Parte Speciale, vol, I, Milano 2002; G. FIANDACA e U. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014 p. 236; e, per la giurisprudenza, Cass., Sez. II, 5 giugno 1990, La Pietra, in Cass. pen., 1992, p. 2108; Cass., Sez. I, 17 marzo 1982, Filia, ivi, 1984, p. 563. L’unico limite alla propagabilità ad infinitum è costituito dall’acquisto del bene o del denaro da parte del terzo in buona fede: F. ANTOLISEI , Manuale di diritto penale. Parte Speciale, vol, I, Milano 2002
16V. MANES, Il riciclaggio dei proventi illeciti: teoria e prassi dell’intervento penale, in Rivista Trimestrale Diritto Penale dell’Economia, 2004. A. MARTINELLI e A. TOMASSINI, Niente retroattività per l’autoriciclaggio, in Il Sole 24 Ore, 7 agosto 2016.
17 G. PECORELLA, Ricettazione, cit., p. 945; M. ZANCH-ETTI, Il riciclaggio, cit., pp. 420 ss.; G. INSOLERA, op. cit., p. 160. G. FIANDACA e U. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014, p. 241. In giurisprudenza escludono la configurabilità del dolo eventuale, ad es., Cass., Sez. II, 3 aprile 1992, Nicoletti, in Cass. pen., 1994, p. 316; Cass., Sez. II, 14 maggio 1991, Castelli, in Foroit., 1993, II, c. 155; M.. ZANCHETTI, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano, 1997, p. 212
18 G. PECORELLA, Ricettazione (diritto penale), in Nov. Dig. It., XV, Torino, Utet, 1968, p. 943; F. ANTOLISEI , Manuale di diritto penale. Parte Speciale, vol, I, Milano 2002. G. FIANDACA e U. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014, p. 236; e, per la giurisprudenza, Cass., Sez. II, 5 giugno 1990, La Pietra, in Cass. pen., 1992, p. 2108; Cass., Sez. I, 17 marzo 1982, Filia, ivi, 1984, p. 563. L’unico limite alla propagabilità ad infinitum è costituito dall’acquisto del bene o del denaro da parte del terzo in buona fede.
19 G. PECORELLA, Denaro (sostituzione di), in Dig. disc. pen., III, Torino, Utet, 1989, p. 366; G. COLOMBO, Il riciclaggio, Milano, Giuffré, 1990; MAGISTRO, Riciclaggio dei capitali illeciti, rilevanza del fenomeno e strategie di contrasti in materia fiscale, Milano, Giuffré, 1991; G. DONADIO, Art. 648-bis c. p., in G. LATTANZI, E. LUPO, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. XI, Milano, Giuffré, 2000, p. 706; P. COSTANZO, Il riciclaggio di disponibilità di provenienza illecita. La disciplina penale italiana alla luce delle regole internazionali e comunitarie, in Trattato di diritto penale dell’impresa, vol. IX, Padova, Cedam, 2007, p. 339.
20 Cfr. Cass. Pen., sentenza n. 33076 del 2016
21 Il testo della prima norma così recitava: “fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque compie fatti o atti diretti a sostituire denaro o valori provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata o di sequestro di persona a scopo di estorsione, con altro denaro o altri valori, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto o di aiutare gli autori dei delitti suddetti ad assicurarsi il profitto del reato, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e con la multa da lire un milione a venti milioni. Si applica l’ultimo comma dell’articolo precedente”
22 Si tratta della Convenzione adottata a Vienna il 19 dicembre del 1988 e ratificata dall’Italia nel 1990, in cui si richiedeva alle parti contraenti di adottare norme che sanzionassero penalmente “la conversione ed il trasferimento dei beni provento del narcotraffico al fine dissimulare l’origine illecita”
23 L’art. 23 della legge ha così riformulato il testo e la rubrica della norma: “Riciclaggio. Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce denaro, beni o altre utilità provenienti dai delitti di rapina aggravata, di estorsione aggravata, di sequestro di persona a scopo di estorsione o dai delitti concernenti la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti o psicotrope, con altro denaro, altri beni o altre utilità, ovvero ostacola l’identificazione della loro provenienza dai delitti suddetti, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da lire due milioni a lire trenta milioni. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648”.
24 L’art. 648bis c.p. oggi recita: “Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in moda da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 5000 a euro 25000. La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale. La pena è diminuita se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni. Si applica l’ultimo comma dell’art. 648.
25 Ci si riferisce alla fattispecie, tuttora vigente, introdotta dall’art. 4 della legge 9 agosto 1993, n.328.
26 M. ZANCHETTI, Riciclaggio, in Dig. Pen., XII, 1997, p. 1532.
27 F. ANTOLISEI , Manuale di diritto penale. Parte Speciale, vol, I, Milano 2002; G. FIANDACA e U. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014, p. 243
28 V. B. MUSCATIELLO, Associazione per delinquere e riciclaggio: funzioni e limiti della clausola di riserva, in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1996, p. 96.
29 P. IELO , Autoriciclaggio e responsabilità dell’ente ex n. d.lgs. n.231/2001, in Punire l’autoriciclaggio, come, quando e perché, Torino, 2016; A, M. MAUGERI, L’autoriciclaggio dei proventi dei delitti tributari: ulteriore espressione di voracità statuale o utile strumento di politica criminale?, in Punire l’autoriciclaggio, come quando e perché, Torino, 2016; C. PIERGALLINI, Osservazioni sulla introduzione del reato di autoriciclaggio, Audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 30/7/2014 - Proposta di legge c.2247 in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale: P. TONINI ., Autoriciclaggio di denaro: criticità e profili innovativi di legislazione penale contemporanea, in Archivio penale, n. 3/2015;
30 Cass. pen., Sez. V, 5 febbraio 2007, n. 19288, in Cass. pen., 2008, p. 1413
31 Cass. pen., Sez. II, 6 novembre 2009, n. 47375.
32 Cass. pen., Sez. I, 11 dicembre 2007, n. 1470
33 M. ZANCHETTI, Il riciclaggio di denaro proveniente da reato, Milano, 1997, p. 208
34 M. REBECCA e G. CERVINO., Frode fiscale su attività lecite e riciclaggio di denaro, Milano, 2006; P. ROSSI, Note in prima lettura su responsabilità diretta degli enti ai sensi del D.lgs. 231 del 2001 ed autoriciclaggio: criticità, incertezze, illazioni ed azzardi esegetici, in Rivista Trimestrale Diritto Penale Contemporaneo, n.1/2015; F. SGUBBI F., Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, in Diritto Penale Contemporaneo, n.1/2015;
35 Cass. Pen, SS. UU. n 25191/2014
36 N. MAINERI e M. PACINI , I lavori per l’introduzione, del reato di autoriciclaggio, in Diritto e Giustizia, 15 dicembre 2014; V. MANES., Il riciclaggio dei proventi illeciti: teoria e prassi dell’intervento penale, in Rivista Trimestrale Diritto Penale dell’Economia, 2004
37 M. REBECCA M., G. CERVINO., Frode fiscale su attività lecite e riciclaggio di denaro, Milano, 2006; P. ROSSI, Note in prima lettura su responsabilità diretta degli enti ai sensi del D.lgs. 231 del 2001 ed autoriciclaggio: criticità, incertezze, illazioni ed azzardi esegetici, in Rivista Trimestrale Diritto Penale Contemporaneo, n.1/2015; F. SGUBBI F. Il nuovo delitto di “autoriciclaggio”: una fonte inesauribile di “effetti perversi” dell’azione legislativa, in Diritto Penale Contemporaneo, n.1/2015;
38 N. MAINERI e M PACINI , I lavori per l’introduzione, del reato di autoriciclaggio, in Diritto e Giustizia, 15 dicembre 2014; V. MANES., Il riciclaggio dei proventi illeciti: teoria e prassi dell’intervento penale, in Rivista Trimestrale Diritto Penale dell’Economia, 2004; E. MEZZETTI.,D. PIVA., Punire l’autoriciclaggio, come, quando e perché, Torino, 2016.
39 F. ANTOLISEI , Manuale di diritto penale. Parte Speciale, vol, I, Milano 2002, p. 450. R. ACQUAROLI, Il riciclaggio, in F. PALAZZO e C. E. PALIERO (a cura di), Trattato teorico-pratico di diritto penale, vol. VII, Torino, 2015
40 Cass. pen. sez. II, 12.01.2006, in C.E.D. Cass., n. 232869
41 Cass. pen., sez. II, n. 47375/2009 Di Silvio. Testualmente: «l’art. 648-bis c.p. può atteggiarsi anche come reato a consumazione prolungata, che cessa con l'ultima operazione intesa ad ostacolare la tracciabilità dei movimenti finanziari». In senso analogo Cass. pen., Sez. II n. 546/2011.
42 N. CASTALDO, Il delitto di riciclaggio: prevenzione e repressione nella prospettiva interna ed internazionale, Padova, 2009;
43 F., MUSCO, Diritto penale, parte generale, V ed., Bologna, 2007, p.470.
44 Posto che anche la Cassazione ha affermato che la retroattività può operare solo relativamente ai presupposti della condotta e non anche agli elementi del fatto. Cass. Sez. VI, 26 settembre 2000, 10149, Abbruzzo, in C.E.D. Cass., n. 217663.
45 D. BRUNELLI, Autoriciclaggio e divieto di retroattività: brevi note a margine del dibattito sulla nuova incriminazione, in www.penalecontemporaneo.it., p. 11
46 A. GULLO, Autoriciclaggio, voce per Il libro dell’anno del diritto 2016. in Treccani, R. GAROFOLI. E G. LEO (a cura di), 21 dicembre 2015, p. 14. F MUCCIARELLI, Qualche nota sul delitto di autoriciclaggio, in Diritto Penale Contemporaneo, 1/2015, p. 118.
47 D. BRUNELLI, Autoriciclaggio e divieto di retroattività: brevi note a margine del dibattito sulla nuova incriminazione, in Dir. Pen. Cont., in Riv. Trim. n. 1/2015, p. 89
48 B. ROMANO, Commentario sistematico del codice penale, vol. 1, Milano, 2004, p. 435 ss sostiene che “non è il caso di accentuare la distinzione tra elementi del fatto oggetto di rappresentazione ed elementi oggetto di volontà, quando esclusivamente si concepisca il fatto di reato come unitario e si ponga in luce che tutti i fattori, anche diversi dalla condotta, entrano a far parte di un piano dell’agente e in tal senso sono “con-voluti” nella sua decisione”.
49 G. PECORELLA, Denaro (sostituzione di), in Dig. disc. pen., III, Torino, Utet, 1989, p. 366; G. COLOMBO, Il riciclaggio, Milano, Giuffré, 1990; L. MAGISTRO, Riciclaggio dei capitali illeciti, rilevanza del fenomeno e strategie di contrasti in materia fiscale, Milano, Giuffré, 1991; G. DONADIO, Art. 648-bis c. p., in G. LATTANZI, E. LUPO, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. XI, Milano, Giuffré, 2000, p. 706; P. COSTANZO, Il riciclaggio di disponibilità di provenienza illecita. La disciplina penale italiana alla luce delle regole internazionali e comunitarie, in Trattato di dirittopenale dell’impresa, vol. IX, Padova, Cedam, 2007, p. 339.
50Cass. Sez.II, 22.10.1986, in Cass.Pen. 1988, 927
51A, M. MAUGERI, L’autoriciclaggio dei proventi dei delitti tributari: ulteriore espressione di voracità statuale o utile strumento di politica criminale?, in Punire l’autoriciclaggio, come quando e perché, Torino, 2016; C. PIERGALLINI C., Osservazioni sulla introduzione del reato di autoriciclaggio, Audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 30/7/2014 - Proposta di legge c.2247 in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale: P. TONINI ., Autoriciclaggio di denaro: criticità e profili innovativi di legislazione penale contemporanea, in Archivio penale, n. 3/2015;
52 Si pensi, ad esempio, al caso in cui l’autore del delitto presupposto istighi un terzo ad aiutarlo nella realizzazione delle condotte di ripulitura, poi effettivamente commesse; ipotizza questa situazione DELL’OSSO, op.cit. p.16.
53 F. MANTOVANI, Diritto Penale, Parte generale, Padova, 2011 cit., pp. 550551, secondo cui «l’intraneo deve realizzare egli stesso la condotta tipica del reato proprio solo nei casi di “reati esclusivi”, che per loro natura sono reati c.d. di mano propria o di attuazione personale, e, pertanto, non possono essere realizzati per interposta persona», non già, invece, nelle altre ipotesi di reato proprio, accostabili «alla realizzazione frazionata” del reato proprio, in quanto un concorrente partecipa anche con la qualifica soggettiva e gli altri pongono in essere una condotta materiale che, senza tale qualifica, sarebbe penalmente irrilevante o integrerebbe altro reato».
54 Cass. pen. sez. VI, n. 21192/2013, in CED Cass., n. 255365; Cass. pen. sez. I, n. 39292/2008, in CED Cass., n. 241129.
55 La disposizione di riferimento è l’articolo 117 del codice penale secondo cui “Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena”. La norma, riferendosi ai casi in cui, in presenza di una particolare qualifica soggettiva di uno degli autori del delitto, si verifichi un mutamento del titolo, il reato qualificato verrà esteso a tutti i concorrenti. Inoltre, prevede la possibilità per il giudice di attenuare la pena per i concorrenti “estranei” se il delitto qualificato è sanzionato più aspramente rispetto a quello che, in astratto, è il reato da loro commesso. (È chiaro che non è questo il caso in cui si porrà l’esigenza di attenuare la pena, già più mite, rispetto al più grave reato di riciclaggio.)
56 Sottolineano la paradossalità della situazione anche S. CAVALLINI, L. TROYER, op.cit. p.105 secondo i quali le fattispecie di vecchia generazione sarebbero destinate all’inapplicabilità o, al più, all’applicabilità in casi molto ristretti ovvero casi di trasferimento, sostituzione e reimpiego inidonee in concreto ad ostacolare all’identificazione della provenienza del bene (ammesso che le vecchie ipotesi siano configurabili come reati di pericoli astratto) oppure nel caso di condotte esclusivamente riconducibili al “compimento di altre operazioni” sussumibili solo nell’articolo 648-bis.
57 G. COLOMBO, Il riciclaggio, Milano, Giuffré, 1990; MAGISTRO, Riciclaggio dei capitali illeciti, rilevanza del fenomeno e strategie di contrasti in materia fiscale, Milano, Giuffré, 1991; G. DONADIO, Art. 648-bis c. p., in G. LATTANZI, E. LUPO, Codice penale. Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, vol. XI, Milano, Giuffré, 2000; P. COSTANZO, Il riciclaggio di disponibilità di provenienza illecita. La disciplina penale italiana alla luce delle regole internazionali e comunitarie, in Trattato di dirittopenale dell’impresa, vol. IX, Padova, Cedam, 2007
58 F. D’ALESSANDRO, Il delitto di autoriciclaggio, ovvero degli enigmi legislativi riservati ai solutori <>, in Il nuovo volto della giustizia penale, CEDAM, 2015
59 G. MARINUCCI G., E. DOLCINI, Manuale di diritto penale. Parte generale, Milano, 2009, p 405; G. FIANDACA, U. MUSCO, Diritto penale, Parte generale, Bologna, 2014, p. 519, secondo i quali “il soggetto qualificato, comunque, può essere non solo il formale esecutore della condotta tipica, ma anche colui che nella sostanza mantiene il controllo effettivo sul fatto di reato”.
60 A, M. MAUGERI, L’autoriciclaggio dei proventi dei delitti tributari: ulteriore espressione di voracità statuale o utile strumento di politica criminale?, in Punire l’autoriciclaggio, come quando e perché, Torino, 2016; C. PIERGALLINI C., Osservazioni sulla introduzione del reato di autoriciclaggio, Audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 30/7/2014 - Proposta di legge c.2247 in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale: P. TONINI ., Autoriciclaggio di denaro: criticità e profili innovativi di legislazione penale contemporanea, in Archivio penale, n. 3/2015;
61 P. IELO , Autoriciclaggio e responsabilità dell’ente ex n. d.lgs. n.231/2001, in Punire l’autoriciclaggio, come, quando e perché, Torino, 2016; A, M. MAUGERI, L’autoriciclaggio dei proventi dei delitti tributari: ulteriore espressione di voracità statuale o utile strumento di politica criminale?, in Punire l’autoriciclaggio, come quando e perché, Torino, 2016; C. PIERGALLINI C., Osservazioni sulla introduzione del reato di autoriciclaggio, Audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 30/7/2014 - Proposta di legge c.2247 in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale: P. TONINI ., Autoriciclaggio di denaro: criticità e profili innovativi di legislazione penale contemporanea, in Archivio penale, n. 3/2015;
62 A. CASTALDO, G. e NADDEO G., Il delitto di riciclaggio: prevenzione e repressione nella . prospettiva interna ed internazionale, Padova, 2009
63 M. PALAZZI, I rapporti tra il delitto di autoriciclaggio e quello di trasferimento fraudolento di valori, in Punire l’autoriciclaggio, come, quando e perché, Torino, 2016; C. E PALIERO., La responsabilità degli enti: profili di diritto sostanziale, in Impresa e giustizia penale: tra passato e futuro, Atti del XXV Convegnodi studio Enrico De Nicola, Milano 13-15 marzo 2008, Milano, 2009. IDEM, False comunicazioni e profitto confiscabile: connessione problematica o correlazione impossibile?, in Le Società, 2012. V. PLANTAMURA., Diritto penale ed economia pubblica: tra esigenze di determinatezza e nuove prospettive di tutela, in Rivista trimestrale di diritto penale dell’economia, 2007.
64 Ci si riferisce, in particolare ai reati di evasione di cui all’art. 385 c.p., procurata evasione (art. 386 c.p.) e di infanticidio (art. 578 co. 1 o co. 2)
65 A. TRAVERSI, Brevi note in tema di autoriciclaggio, in Rivista della Guardia di Finanza 2015; L. TROYER, Autoriciclaggio e responsabilità degli enti tra problemi dogmatici e suggerimenti pratici, in Le Società, 2016; A. PAGLIARO, Principi di diritto penale, Parte speciale, Milano, 2003.
66 PIERGALLINI C., Osservazioni sulla introduzione del reato di autoriciclaggio, Audizione presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati del 30/7/2014 - Proposta di legge c.2247 in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale: P. TONINI ., Autoriciclaggio di denaro: criticità e profili innovativi di legislazione penale contemporanea, in Archivio penale, n. 3/2015;
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