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Pubbl. Lun, 8 Giu 2020

La pubblicità degli atti dell´Autorità nazionale anticorruzione: la parola al Consiglio di Stato

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Maria Avossa
Università degli Studi di Salerno



Il parere del Consiglio di Stato del 01 giugno 2020 n. 1028 fissa le regole di pubblicazione degli atti dell´Autorità nazionale anticorruzione. Il particolare aspetto della pubblicità viene trattato dal Consiglio di Stato evidenziando il bilanciamento tra riservatezza e trasparenza dell´azione amministrativa. Trovano approfondimento gli aspetti normativi e giurisprudenziali dell´accesso agli atti e della trasparenza, inquadrati in forma sistematica relativamente alla disciplina oggetto del quesito sottoposto dall´ANAC.


ENG The opinion of the Council of State dated 01 June 2020 n. 1028 establishes the rules for the publication of the acts of the National Anti-Corruption Authority. The particular aspect of advertising is treated by the Council of State highlighting the balance between confidentiality and transparency of administrative action. The regulatory and jurisprudential aspects of access to documents and transparency are analyzed in depth, systematically framed in relation to the subject matter of the question submitted by ANAC.

Sommario: 1. Breve inquadramento delle tematiche trattate in parere del Consiglio di Stato; 2. I profili del trattamento e la diffusione dei dati personali: la posizione dell’ANAC; 3. Il parere del Consiglio di Stato; 4. La risposta al quesito dell’ANAC; 5. Conclusioni.

1. Breve inquadramento delle tematiche trattate in parere del Consiglio di Stato.

Il Consiglio di Stato, con parere del 01.06.2020 n. 1028[1], ha definito i profili giuridici per la classificazione e la pubblicazione degli atti dell'Autorità nazionale anticorruzione.

Il parere interviene in risposta a uno specifico quesito, sottoposto all’attenzione del Consiglio di Stato con nota dell’08 ottobre 2019 dell'Autorità nazionale anticorruzione, con cui si esprimeva l’esigenza di individuare la normativa di riferimento per la pubblicazione istituzionale di atti.

Il quesito articolato dall’Autorità nazionale anticorruzione palesava, altresì, l'ulteriore dubbio interpretativo relativo al trattamento dei dati personali, eventualmente, presenti negli atti da pubblicare.

L’Autorità nazionale anticorruzione sollevava, in tal modo, una questione di diritto semplice soltanto in apparenza.

Il parere reso dal Consiglio di Stato si pronuncia analizzando gli aspetti di carattere generale relativi alla pubblicazione delle delibere su profili istituzionali. Inoltre, si sofferma in maniera dettagliata sul regime giuridico dell’accesso agli atti amministrativi e sulla trasparenza, valorizzando l’iter argomentativo attraverso il bilanciamento tra riservatezza e trasparenza dell’azione amministrativa.

2. I profili della pubblicità e del trattamento e la diffusione dei dati personali: la posizione dell’ANAC.

Ad una attenta ricognizione, i due aspetti emergenti, ovvero, la formalizzazione della pubblicazione ed il trattamento e la diffusione dei dati personali possono essere ricondotti in un unico alveo, ossia, quello della pubblicità degli atti, sia pur con i dovuti distinguo tematici.

La stessa Autorità nella nota dell’08 ottobre 2019 evidenziava al Consiglio di Stato che il regime del carattere generalizzato della pubblicazione delle delibere sul proprio profilo istituzionale è contemplato all’art. 19 co. 1 del Regolamento sul funzionamento del Consiglio del 1° marzo 2015[2].

All’articolo 19, co. 1, del detto Regolamento si prevede che tutte le deliberazioni adottate dal Consiglio siano pubblicate entro un termine breve di sette giorni decorrenti dalla data di approvazione. La pubblicazione avviene in una apposita sezione dedicata nell’area del sito istituzionale[3]. Le deliberazioni permangono in pubblicazione per 30 giorni consecutivi, in formato aperto e indicizzabile. I dati personali non pertinenti o eccedenti, rispetto al fine di rendere conoscibili le deliberazioni suddette, restano sottratti alla pubblicazione.

La scadenza del termine previsto per la pubblicazione e permanenza di visibilità non preclude, però, l’accessibilità degli atti secondo le modalità definite dal regolamento sulla trasparenza, la pubblicità e l'accesso agli atti dell'Autorità, ai sensi del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33 e della legge 7 agosto 1990, n. 241.

I soli esclusi da tali metodiche di pubblicazione sono gli atti ed i provvedimenti per i quali tale forma di pubblicità sia richiesta da specifiche disposizioni di legge o di regolamento nonché da apposite deliberazioni consiliari, i quali sono destinati alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana.

Ad una attenta lettura del parere, si osserva come il problema sollevato dall’Autorità nazionale anticorruzione coinvolga, allo stesso tempo, un’ulteriore sfaccettatura dei termini della questione.

L’ANAC osservava infatti che “le delibere e i provvedimenti che scaturiscono da attività e procedimenti che l’Autorità svolge nell'esercizio di compiti istituzionali, in particolare, quelli afferenti alle funzioni consultive e di vigilanza, non sembrano rientrare tra gli atti e i documenti che essa ha l'obbligo di pubblicare ai sensi del d.lgs. 33/2013 o di altra disposizione di legge, eccezion fatta per l'articolo 45, comma 4, del d.lgs. 33/2013 (in materia di inadempimento degli obblighi di pubblicazione di dati inerenti gli incarichi politici e assimilati) e per le linee guida e gli altri atti di regolazione flessibile afferenti ai contratti pubblici di cui all'articolo 213, comma 2, del d.lgs. 50/2016 (che prevede fra l'altro «adeguata pubblicità anche sulla Gazzetta Ufficiale»)[4].

Dal rilievo discende che gli atti adottati nell'esercizio delle specifiche funzioni indicate dall’ANAC, non rientrerebbero nel campo di applicazione dell’art. 12 d.lgs. 33/2013, ma di quello dell'articolo 7-bis, comma 3, dello stesso decreto, che prevede la possibilità di pubblicare documenti ulteriori rispetto a quelli obbligatori per legge[5].

L’Autorità interpreterebbe, così, nel combinato disposto riconducibile all'articolo 7 bis, comma 3, del citato decreto e all'art. 2-ter, comma 3, del d.lgs. 196/2003, un dato normativo, di una maggiore aderenza alla ratio legis rispondente alle esigenze di anonimato dei dati personali, ove esistenti, nei testi delle delibere da pubblicare, con ciò garantendo la non identificabilità dei soggetti ivi citati[6] [7].

3. Il parere del Consiglio di Stato

Il parere reso dal Consiglio di Stato valuta i termini della quaestio iuris riconducendola alla trasparenza dell’attività dell’ANAC, ponendo in evidenza come essa non sia riferibile ad un unico regime di pubblicità, data l’esistenza di molteplici e differenti forme tese a garantire la trasparenza stessa delle attività riferibili all’Autorità.

In proposito, il parere fa riferimento ad un elenco di modalità di pubblicità tra cui emergono la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale di determinati tipi di atti[8] [9] [10] ed individua cinque categorie di atti, enumerate dal Consiglio di Stato a carattere esemplificativo e non esaustivo.

La prima tipologia di atti, menzionata in parere, è costituita da atti rientranti tra quelli oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del d.lgs. 33/2013, previsti alle norme di cui agli artt. 13 e ss. del prefato decreto legislativo.

La seconda tipologia di atti è quella prevista dall’art. 12, comma 1, secondo periodo, del d.lgs. 33/2013, ai sensi del quale sono pubblicati sul sito istituzionale le direttive, le circolari, i programmi e le istruzioni emanati dall'amministrazione e ogni atto, previsto dalla legge o comunque adottato che contenga disposizioni generali circa l’organizzazione, le funzioni, gli obiettivi così come disposizioni relative ai procedimenti.

Sono soggetti alla stessa forma di pubblicazione gli atti mediante i quali si renda l'interpretazione di norme giuridiche oppure relativi alle misure integrative di prevenzione della corruzione individuate ai sensi dell'articolo 1, comma 2-bis, della legge n. 190 del 2012, i documenti di programmazione strategico-gestionale e gli atti degli organismi indipendenti di valutazione.

Una terza categoria viene citata dal Consiglio di Stato, nel parere in esame, individuandola negli atti per i quali è richiesta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale da specifiche diposizioni di legge[11].

La quarta categoria è quella così detta a contenuto normativo o di carattere generale per i quali non è prevista dal legislatore una disciplina specifica ma che presuppongano la pubblicità, quali, ad esempio, i contratti-tipo e i bandi-tipo per i quali non si pongono esigenze di tutela della privacy[12].

La quinta categoria, infine, è indicata in riferimento agli atti relativi all’attività di vigilanza e consultiva svolta dall’ANAC. Per tale tipologia di atti, il parere del Consiglio di Stato in esame precisa come per questi ultimi non possa essere individuato un regime specifico a causa della loro eterogeneità[13].

4. La risposta al quesito dell’ANAC

La trasparenza dell’attività dell’ANAC non può essere ricondotta ad un regime unitario di pubblicità, per il qual motivo non è possibile individuare un parametro univoco, ma, al contrario, regole numerose e molto differenti, volte ad assicurare la trasparenza.

Tal è la ragione per cui, il parere del Consiglio di Stato si esprime nel senso di ritenere spettante all’ANAC, di volta in volta, la sussunzione dei tipi di atti in una delle cinque categorie enucleate nel parere reso. Ciò presuppone una preventiva operazione qualificatoria, eseguita la quale, sarà possibile individuare il relativo regime di pubblicità .

Da ciò discende, di conseguenza, una diversità delle regole relative al regime della privacy, distinta a seconda che la legge preveda la forma della pubblicazione in gazzetta ufficiale o sul proprio sito internet o, in ipotesi, nulla dica in merito.

Solo nel caso di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale verrà, plausibilmente, a mancare l’opportunità di garantire la riservatezza di terzi eventuali. Ciò non si verifica nelle ipotesi diverse che richiedano l’ossequio alla normativa e alle modalità, come indicate dal Garante per la protezione dei dati personali in parere 26 febbraio 2020, n. 38.

Il parere del Consiglio di Stato si esprime, pertanto, nel senso che spetterà all’ANAC osservare le linee guida in materia di trasparenza. In proposito, fa esplicito riferimento al provvedimento in materia n. 243 del 15 maggio 2014 recante le “linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri soggetti obbligati”.

Si desume, da quest'ultimo riferimento eseguito dal Consiglio di Stato, l’esistenza della necessità di una selezione dei dati personali da inserire in tali atti e documenti e, in caso ricorrano i presupposti per l'oscuramento di determinate informazioni, di operare in tal senso, allorquando l'amministrazione riscontri, vieppiù, la contingenza di un obbligo normativo che imponga la pubblicazione dell'atto o del documento nel proprio sito web istituzionale.

Nella stessa ottica resta privilegiato il dato che i soggetti pubblici siano tenuti a ridurre al minimo possibile l’uso di dati personali e identificativi, comprimendola alle sole ipotesi di reale necessità ed in ossequio all’uso proporzionato alla finalità di trasparenza perseguita nel caso concreto[14] [15].

Il parere rende palese che, nel caso di atti relativi alle attività compiute dall’Autorità nell’esecuzione di funzioni consultive e di vigilanza, anche qui, non si avrà la possibilità di individuare un regime unitario. Resta compito dell’ANAC l’incombenza di procedere alla loro qualificazione di volta in volta.

Conclude il Consiglio di Stato, così, prevedendo:

“Per i casi in cui non sia applicabile l’articolo 12, comma l, del d.lgs. 33/2013 – ferma restando l’opportunità di “valutare anche l'assunzione di ulteriori cautele per assicurare il rispetto del principio proporzionalità e di minimizzazione dei dati (art. 5, par. l, lett. c, del RGPD), come l’adozione tenuto conto delle tecnologie disponibili, di misure volte a impedire ai motori di ricerca generalisti (es. Google) di indicizzarli ed effettuare ricerche rispetto a essi, trascorso un adeguato numero di anni dall'adozione della deliberazione” – come ricordato dal Garante l’Autorità deve “procede[re] alla indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti” (art. 7-bis, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013), pena l'applicazione delle sanzioni previste dal RGPD per violazione dell'art. 2 ter, commi 1 e 3, del Codice”.

Giova ricordare infine che l’Anac ha, per legge, un’importante facoltà stabilita dall’articolo 3, comma 1 bis, d.lgs. 33/2013 ai sensi del quale: “L'Autorità nazionale anticorruzione, sentito il Garante per la protezione dei dati personali nel caso in cui siano coinvolti dati personali, con propria delibera adottata, previa consultazione pubblica, in conformità con i principi di proporzionalità e di semplificazione, e all'esclusivo fine di ridurre gli oneri gravanti sui soggetti di cui all'articolo 2-bis, può identificare i dati, le informazioni e i documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della disciplina vigente per i quali la pubblicazione in forma integrale e' sostituita con quella di informazioni riassuntive, elaborate per aggregazione. In questi casi, l'accesso ai dati e ai documenti nella loro integrità è disciplinato dall'articolo 5” [16].

5. Conclusioni

Le regole alla base della pubblicazione degli atti divengono, anche alla luce del parere commentato, di fondamentale importanza. Il valore di queste regole risulta poi amplificato dalla finalità di ricondurre a unitarietà alcune precedenti delibere e linee guida adottate dall'Autorità in materia di classificazione, redazione e massimazione delle proprie pronunce.

L’aspetto della trasparenza dell’attività dell’ANAC e la conoscibilità all'esterno delle decisioni assunte resta, così, garantita in ossequio delle disposizioni normative in materia e dei canoni elaborati dalla giurisprudenza.

Il parere del Consiglio di Stato rende, in tal modo, un'interpretazione aderente all'impianto normativo esistente, principiando dal dettato normativo del capostipite articolo 1, l. 241/1990, sino all’applicazione dei valori legislativi delle norme del d.lgs. n. 97 del 2016, nel cui contesto il legislatore muta il riferimento alle informazioni concernenti l'organizzazione e l'attività delle pubbliche amministrazioni, sostituendolo con quello ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni[17].

La citata novella normativa amplia, ulteriormente, gli scopi perseguiti attraverso il principio di trasparenza, addizionandola con la finalità di tutela dei diritti dei cittadini e con la promozione della partecipazione degli interessati all'attività amministrativa che, mediante la finalità del regime di pubblicità degli atti, si mira a garantire.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Cons. St., sez. I, 1 giugno 2020, n 1028, Pres. Torsiello, Est. Neri. In www.giustizia-amministrativa.it

[2] Regolamento sul funzionamento del Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, pubblicato in G.U. Serie Generale n.60 del 13-3-2015.

[3] L’area del sito è denominata “Albo delle deliberazioni del Consiglio”.

[4] Cons. St., sez. I, 1 giugno 2020, n 1028, cit. p.1

[5] Pertanto, per l’Anac “la norma di riferimento per la pubblicazione degli atti emanati dall'Autorità nell'esercizio dei compiti attribuiti dalla legge sembra dunque essere l'art. 7-bis, comma 3”. L’Autorità spiega, infine, che dall’individuazione della disciplina sulle modalità di pubblicazione degli atti discendono rilevanti conseguenze in tema di disciplina della tutela dei dati personali, concludendo che “il combinato disposto di tale norma (l'articolo 7 bis, comma 3) e dell'art. 2-ter, comma 3, del d.lgs. 196/2003 sembra indicare la necessità di anonimizzare i dati personali (quindi anche i dati sensibili e giudiziari, che rientrano tra le categorie particolari di dati personali di cui all'art. 2 octies) eventualmente presenti nelle delibere da pubblicare in modo tale che i soggetti (persone fisiche) ivi citati non siano identificati o identificabili”.

In conclusione, l’Autorità afferma che “benché finalizzate a disciplinare le regole per la pubblicazione degli atti dell'Anac, le indicazioni previste in tale paragrafo (il paragrafo 4) assumono una valenza più generale in quanto idonee a produrre ricadute e a influenzare le scelte nella materia da parte di altre amministrazioni e soggetti pubblici” Gli incisi di cui in testo e presente nota sono riportati da Cons. St., sez. I, 1 giugno 2020, n 1028, cit. p.1

[6]Il dubbio sollevato dall'ANAC in merito alla esatta collocazione interpretativa del citato articolo 12, circa il tipo di atti da pubblicare “obbligatoriamente” online e alla legittima diffusione dei dati personali eventualmente in essi contenuti, è stato oggetto, anche, di vaglio del Garante per la protezione dei dati personali, espressosi con parere del 26 febbraio 2020 su quesito propostogli dall’ANAC. Il Garante per la protezione dei dati personali ha emesso parere al Consiglio di Stato in ordine alla pubblicazione di atti dell'ANAC contenenti dati personali in data 26 febbraio 2020 (Relatore il dott. Antonello Soro, [doc.9303645] [doc. web n. 9303645]), Registro dei provvedimenti, n. 38 del 26 febbraio 2020, in garanteprivacy.it.

Il garante della privacy nel documento rileva che “Con nota dell’8 ottobre 2019 l’Autorità Nazionale Anticorruzione (di seguito “ANAC”) si è rivolta al Consiglio di Stato per chiedere un parere in ordine al «corretto regime normativo concernente la pubblicazione “degli atti inerenti la propria attività istituzionale”» alla luce dell’art. 12, comma 1, secondo periodo, del d. lgs. n. 33/2013 anche in relazione «alla normativa da applicare in tema di tutela dei dati personali»”.

Con parere interlocutorio n. 01484/2019 il Consiglio di Stato, sez. I, ha sospeso l’emissione del predetto parere, «invita[ndo] il Garante per la protezione dei dati personali ad esprimere il proprio avviso» sulla questione.

[7] Il testo del parere del Consiglio di Stato in esame ne dà atto del parere reso dal Garante per la protezione dei dati personali, tra l’altro, osserva che,

per i casi in cui non sia applicabile l’art. 12, comma 1, del d. lgs. 33/2013, attualmente, il regime di pubblicità delle delibere dell’ANAC è in ogni caso assicurato da disposizioni diverse da quelle contenute nel predetto decreto e, in particolare, in quelle contenute nel «Regolamento concernente l’organizzazione e il funzionamento dell’Autorità nazionale anticorruzione» (approvato con delibera dell’ANAC n. 919 del 16 ottobre 2019 )   che, all’art. 33, prevede come «…Tutte le deliberazioni adottate dal Consiglio sono pubblicate in una apposita sezione del sito istituzionale, denominata “Albo delle deliberazioni del Consiglio”, fatto salvo quanto stabilito dalla legge o dai regolamenti per specifici procedimenti» e che «Sono sottratti alla pubblicazione i dati personali non pertinenti o eccedenti rispetto al fine di rendere conoscibili le deliberazioni suddette»

Si veda, Garante per la protezione dei dati personali, Parere al Consiglio di Stato in ordine alla pubblicazione di atti dell'ANAC contenenti dati personali - 26 febbraio 2020, cit. p.1.; Delibera numero 919 del 16 ottobre 2019, Delibera n. 919 del 16 ottobre 2019, Regolamento concernente l’organizzazione ed il funzionamento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione”, in www.anticorruzione.it

[8] Nei termini, già chiariti dal Cons. St., Ad. plen., 18 aprile 2006, n. 6 e 20 aprile 2006, n. 7,  la natura giuridica del diritto di accesso in ragione dell’intervento dell’Adunanza plenaria è stata qualificato come «situazioni soggettive che, più che fornire utilità finali (caratteristica da riconoscere, oramai, non solo ai diritti soggettivi ma anche agli interessi legittimi), risultano caratterizzate per il fatto di offrire al titolare dell’interesse poteri di natura procedimentale volti in senso strumentale alla tutela di un interesse giuridicamente rilevante (diritti o interesse)».

Il parere in esame riporta anche altri riferimenti quali : “Cons. St., sez. IV, 28 febbraio 2012, n. 1162; Cons. St., sez. IV, 13 luglio 2017, n. 3461….Strettamente connessa alla questione relativa alla natura giuridica del diritto di accesso è quella da ultimo prospettata dalla Sezione IV del Consiglio di Stato con l’ordinanza di rimessione 4 febbraio 2020, n. 888, con la quale è stato sottoposto al vaglio dell’Adunanza Plenaria il problema concernente il rapporto tra la disciplina sull’accesso di cui alla legge n. 241 del 1990 e le norme processual-civilistiche (articoli 210 c.p.c., 213 c.p.c., 492-bis c.p.c., 155-sexies disp. att. c.p.c.) in materia di acquisizione di informazioni e documenti nel giudizio civile”.

[9] Parere del Consiglio di Stato, op cit., p.2: “In particolare, su quest’ultima modalità di diffusione di dati e informazioni della pubblica amministrazione, la Corte costituzionale, con la citata sentenza del 21 febbraio 2019, n.20, ha precisato che: “Rilievo cruciale, anche ai fini del presente giudizio, hanno le modalità attraverso le quali le ricordate finalità della normativa sulla trasparenza vengono perseguite.

In base alle disposizioni generali del d.lgs. n. 33 del 2013, le pubbliche amministrazioni procedono all'inserimento, nei propri siti istituzionali (in un'apposita sezione denominata «Amministrazione trasparente»), dei documenti, delle informazioni e dei dati oggetto degli obblighi di pubblicazione, cui corrisponde il diritto di chiunque di accedere ai siti direttamente e immediatamente, senza autenticazione né identificazione (art. 2, comma 2).

Tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, di utilizzarli e riutilizzarli (art. 3, comma 1).

Le amministrazioni non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all'interno della sezione «Amministrazione trasparente» (art. 9).

Gli obblighi di pubblicazione dei dati personali "comuni", diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari (questi ultimi, come tali, sottratti agli obblighi di pubblicazione), comportano perciò la loro diffusione attraverso siti istituzionali, nonché il loro trattamento secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web, e anche il loro riutilizzo, nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali. In particolare, le pubbliche amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti (art. 7-bis, comma 1). 

Si tratta perciò di modalità di pubblicazione che privilegiano la più ampia disponibilità dei dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ivi inclusi quelli personali. Di questi ultimi, solo quelli sensibili e giudiziari vengono sottratti alla pubblicazione, in virtù di tale loro delicata qualità, mentre per gli altri dati resta il presidio costituito dall'obbligo, gravante sull'amministrazione di volta in volta interessata, di rendere inintelligibili quelli «non pertinenti», in relazione alle finalità perseguite dalla normativa sulla trasparenza.

(…) 5.2.- In nome di rilevanti obiettivi di trasparenza dell'esercizio delle funzioni pubbliche, e in vista della trasformazione della pubblica amministrazione in una "casa di vetro", il legislatore ben può apprestare strumenti di libero accesso di chiunque alle pertinenti informazioni, «allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all'attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche» (art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013).

Resta tuttavia fermo che il perseguimento di tali finalità deve avvenire attraverso la previsione di obblighi di pubblicità di dati e informazioni, la cui conoscenza sia ragionevolmente ed effettivamente connessa all'esercizio di un controllo, sia sul corretto perseguimento delle funzioni istituzionali, sia sul corretto impiego delle risorse pubbliche”.

È possibile infine ricorrere all’accesso agli atti del procedimento amministrativo, ai sensi della legge n. 241/1990”.

[10] Il parere in commento individua nell’iter espositivo “Anche l’Adunanza Plenaria (sentenza 2 aprile 2020, n. 20) ha precisato che l’accesso civico generalizzato, introdotto nel corpus normativo del d. lgs. 33/2013 dal d. lgs. 97/2016, in attuazione della delega contenuta nell’art. 7 della l. n. 124 del 2015, come diritto di “chiunque”, non sottoposto ad alcun limite quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente e senza alcun onere di motivazione circa l’interesse alla conoscenza, viene riconosciuto e tutelato «allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico».

Tale precisazione del legislatore evidenzia proprio la volontà di superare quello che era, e resta, il limite connaturato all’accesso documentale che, come si è detto, non può essere preordinato ad un controllo generalizzato sull’attività delle pubbliche amministrazioni”.

[11] A titolo esemplificativo il Consiglio di Stato richiama, in relazione alle linee guida, l’articolo 213, comma 2, d.lgs. 50/2016, stabilisce espressamente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in ragione della loro natura giuridica. … “In ordine al potere dell’Anac di emanare le linee guida, la Sezione ricorda quanto già affermato nel parere del 17 ottobre 2019, n. 2627, reso all’Adunanza del 9 ottobre 2019, sul quesito relativo alla “interpretazione dell'art. 32 del d.l. n. 90 del 24.06.2014”. Si veda, in tal senso Consiglio di Stato cit.., p.2

[12] Nel parere in esame si veda Consiglio di Stato, op.cit. p.2.

[13] Il Consiglio di Stato per tali atti richiama il disposto dei commi 3 e 4 dell’articolo 7 bis, d.lgs. 33/13, per i quali:

3. Le pubbliche amministrazioni possono disporre la pubblicazione nel proprio sito istituzionale di dati, informazioni e documenti che non hanno l'obbligo di pubblicare ai sensi del presente decreto o sulla base di specifica previsione di legge o regolamento, nel rispetto dei limiti indicati dall'articolo 5-bis, procedendo alla indicazione in forma anonima dei dati personali eventualmente presenti

4. Nei casi in cui norme di legge o di regolamento prevedano la pubblicazione di atti o documenti, le pubbliche amministrazioni provvedono a rendere non intelligibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalita' di trasparenza della pubblicazione”.

[14] Si fa riferimento in parere del Consiglio di Stato. Op cit. p.2, al c.d. “principio di pertinenza e non eccedenza” di cui all'art. 11, comma l, lett. d, del Codice [oggi “principio di minimizzazione” di cui all'art. 5, par. 1, lett. c, del RGPD]). Di conseguenza, i dati personali che esulano da tale finalità non devono essere inseriti negli atti e nei documenti oggetto di pubblicazione online. In caso contrario, occorre provvedere, comunque, all’oscuramento delle informazioni che risultano eccedenti o non pertinenti.

[15] Cons. St., sez. I, 1 giugno 2020, n 1028, op.cit. p.3.  si rileva che sotto altro aspetto, fermo restando quanto prima osservato, non v’è dubbio che le disposizioni contenute nel d.lgs. 33/2013, nella parte in cui prevedono obblighi di pubblicazione in materia di trasparenza, “costituiscono sicuramente una base giuridica idonea anche per la diffusione di dati personali online, ai sensi dell'art. 2 ter, commi 1 e 3, del Codice”.

[16] Cons. St., sez. I, 1 giugno 2020, n 1028, op.cit. p.3. Si veda ultima parte del Parere cui segue P.Q.M.: “ Nei termini suesposti è il parere della Sezione”.

[17] Il riferimento è all’ art. 2 del d.lgs. n. 97 del 2016, modificativo dell'art. 1, comma 1, del d.lgs. n. 33 del 2013 riportato nel Parere del consiglio di Stato 01.06.2020, op.cit. pag 2.