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Pubbl. Lun, 15 Giu 2020

Al confine tra l´aggiudicazione definitiva e la stipulazione del contratto: la tutela riconosciuta all´aggiudicatario

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Ernesto Maletta



La natura ibrida della disciplina dei contratti pubblici, regolata dal D.lgs. 50 del 2016, ha suscitato delle problematiche in ordine all’individuazione della tutela di cui gode l’aggiudicatario nelle more della stipula del contratto pubblico. La questione rappresenta un nodo gordiano, meritevole di essere approfondito sul duplice piano della giurisdizione e della tipologia di tutela dell’aggiudicatario. La normativa in esame, infatti, costituisce un crocevia tra una fase pubblicistica, che culmina con l’aggiudicazione definitiva, e una fase privatistica, che sorge con la stipula del contratto. Occorrerà, infatti, stabilire preliminarmente quale sia il giudice munito di giurisdizione e, successivamente, rintracciare quale tipo di presidio si pone a garanzia dell´aggiudicatario.


ENG The hybrid nature of the discipline of public contracts, regulated by Legislative Decree 50 of 2016, has raised problems regarding the identification of the protection enjoyed by the acquisition of consent in most of the stipulation of the public contract. The issue represented a Gordian knot, worthy of being studied in depth on the dual level of jurisdiction and the type of protection of the acquisition. The legislation in question, in fact, runs a crossroads between a publicity phase, which culminates with the definitive one, and a private phase, which arises with the stipulation of the contract. In fact, it will be necessary to preliminarily regulate which judge has jurisdiction and, connected, trace which type of garrison a relative guarantee is placed.

Sommario: 1. I contratti pubblici: un punto di tangenza tra il diritto civile e il diritto amministrativo; 2.   Il delicato problema del riparto di giurisdizione nel regime di “convivenza” tra la fase della gara ad evidenza pubblica e la stipula del contratto; 3. Brevi cenni sui mezzi a tutela per l’operatore economico nella fase pubblica e nella fase privata; 4. Dall’aggiudicazione definitiva alla stipulazione del contratto: natura della posizione giuridica dell’aggiudicatario e profili giurisdizionali; 5. Gli strumenti a tutela dell’aggiudicatario nelle more della stipulazione del contratto; 6. Considerazioni finali sul ritardo nella stipula e la risarcibilità del bene giuridico tempo.

1. I contratti pubblici: un punto di tangenza tra il diritto civile e il diritto amministrativo

La disciplina tracciata dal D.lgs. 50/2016 ha rappresentato un punto di svolta epocale: tanto per il settore economico; quanto per il settore giuridico, rectius per il diritto amministrativo. Alla base di questa rivoluzione, operata dalla normativa richiamata, vi è una convergenza tra una fase squisitamente pubblicistica ed una fase strictu sensu civilistica. Questa natura polimorfa, nondimeno, ha suscitato e continua ancora oggi a suscitare copiose considerazioni critiche ad opera degli studiosi, a cominciare dal concetto di: contratto pubblico.

È stato, infatti, evidenziato che la nozione di contratto pubblico evoca un’idea ontologicamente contraddittoria, caratterizzata da una relazione ossimorica tra due istituti del tutto diversi tra loro: il contratto e il potere pubblico. Si osserva, in particolare, che la nozione di contratto pubblico mette “insieme il concetto privatistico per antonomasia – “il contratto”, espressione di autonomia negoziale, di auto-regolamento, di libertà economica e individuale – e un aggettivo (“pubblico”) che evoca la negazione del diritto privato, il public power unilaterale, l’imperatività, l’autoritarietà, i muscoli con i quali le pubbliche amministrazioni sono capaci di imporsi sui privati senza bisogno di cercare il loro consenso…”[1].

Tuttavia, la potenziale frizione tra due concetti ontologicamente diversi tra di loro è solo apparente. Giova precisare, infatti, che l’aggettivo “pubblico” che si affianca alla nozione di contratto è dovuta principalmente alla qualità soggettiva di uno dei contraenti: la pubblica amministrazione[2]. Si ritiene, invero, che quest’ultima sia titolare di una autonoma capacità di diritto privato, che le consentirebbe di concludere accordi privatistici tesi alla realizzazione del pubblico interesse.

Questa considerazione sarebbe, altresì, avvalorata da numerose disposizioni normative[3] e da una consolidata giurisprudenza[4]. È stato osservato, infatti, che la pubblica amministrazione, ponendosi in condizione di sostanziale parità rispetto alla propria controparte, potrebbe validamente ricorrere agli strumenti privatistici. Quest’ultimi, invero, costituirebbero una più rapida e apprezzata alternativa al potere pubblico nell’esercizio della funzione pubblica, teleologicamente rivolta al soddisfacimento del supremo interesse pubblico[5].

In altri termini, la pubblica amministrazione “prima ancora che autorità dotata di una supremazia speciale, è un soggetto di diritto comune, che può usare gli strumenti giuridici concessi agli altri soggetti di diritto… in omaggio ai principi europei di proporzionalità e sussidiarietà, strumenti giuridici privati… costituenti… una generale alternativa alla clava del potere iure imperii”[6]. L’ibrida nozione di contratto pubblico, a ben vedere, rispecchia appieno questa doppia capacità della pubblica amministrazione, sia pubblica che privata, finalizzata al raggiungimento degli scopi prefissati dalla legge[7].

Si rileva, inoltre, che il ricorso all’utilizzo dello strumento privatistico consensuale risulta essere, peraltro, incentivato anche da diverse teorie economiche, le quali, postulano la sostanziale primazia degli istituti privatistici nelle ipotesi in cui i costi di transazione siano particolarmente elevati[8].

Chiarita, dunque, la natura e l’utilità della nozione ibrida di contratto pubblico, si può ora spostare l’angolo prospettico dell’analisi in corso sull’ulteriore elemento di peculiarità della disciplina dei contratti pubblici: la convivenza di una fase pubblicistica e di una privatistica ed i risvolti sulla giurisdizione.

2.  Il delicato problema del riparto di giurisdizione nel regime di “convivenza” tra la fase della gara ad evidenza pubblica e la stipula del contratto.

Si ritiene opportuno, preliminarmente, sottolineare che la normativa in esame è il frutto di forti spinte eurounitarie che, attraverso apposite direttive[9], hanno portato il legislatore a riformare significativamente la materia dei contratti pubblici.

Come noto, infatti, nel solco della normativa delineata dal D.lgs. 50 del 2016 vengono in rilevo due distinte fasi, dal tenore e dalla natura radicalmente diverse tra loro: la procedura di gara e la stipula del contratto pubblico. In particolare, la procedura di gara che precede la stipula del negozio pubblico è qualificata alla stregua di un vero e proprio procedimento amministrativo, teleologicamente rivolto alla individuazione del contraente privato.

Essendo, dunque, un procedimento amministrativo, essa si compone di distinti atti procedimentali: la determina a contrarre, volta a individuare l’interesse pubblico che giustifica il ricorso allo strumento contrattuale; la procedura comparativa di selezione, che ha inizio con il bando di gara, del contraente; infine, il provvedimento conclusivo dell’aggiudicazione definitiva[10].

Si ritiene opportuno chiarire che, vista la complessità della materia, non sarà possibile analizzare singolarmente tutte le fasi procedimentali appena richiamate, la cui indagine, peraltro, risulta essere ultronea rispetto all’oggetto della presente trattazione. Ci si limita, pertanto, ad inquadrare la ratio e la funzione che assolve la c.d. procedura ad evidenza pubblica nel campo dei contratti pubblici.

Giova precisare, in particolare, che nonostante la pubblica amministrazione abbia una sostanziale capacità di diritto privato, come è stato chiarito in precedenza, essa non può estendersi fino alla libertà di scelta del contraente. È stato precisato, infatti, che “la libertà contrattuale della p.a. si può esplicare in tutte le sue declinazioni. È libertà… di determinare il contenuto del contratto; di stipulare contratti tipici, atipici o misti. Non è, naturalmente, una libertà assoluta, in quanto è limitata dai vincoli pubblicistici, di derivazione comunitaria e nazionale, che riguardano l’individuazione del contraente”[11].

La ratio della procedura ad evidenza pubblica, pertanto, risiede nell’esigenza della pubblica amministrazione di contrarre non con un qualunque operatore economico; bensì, con uno specifico soggetto che condivida i motivi di interesse pubblico esternati dal contraente pubblico[12].

Con riguardo alla funzione, invece, è opportuno precisare che la procedura di gara è stata al centro di uno stimolante percorso evolutivo, culminato con il suo inquadramento all’interno degli strumenti posti a tutela della concorrenza. In particolare, come ha avuto modo di chiarire una giurisprudenza amministrativa, la procedura ad evidenza pubblica è regolata su speciali regole di natura pubblicistica che ne orientano il modus operandi[13].

Partendo da queste premesse, è stato evidenziato che, rispetto alle concezioni passate, la procedura di gara non ha una funzione unicamente economica; essa, infatti, non persegue più lo scopo di rinvenire l’offerta con il prezzo più basso, per ragioni di economicità.

La vera funzione della procedura di gara, in definitiva, si rinviene nell’esigenza di aprire il “mercato dei contratti pubblici alla concorrenza a livello europeo… in attuazione del principio di libera circolazione intracomunitaria delle merci e dei servizi – sulla rimozione di ogni discriminazione nazionalistica, sulla piena trasparenza delle procedure, sulla garanzia rafforzata della par condicio e sulla preferenza per criteri qualitativi di valutazione… rispetto a quelli economici”[14].

Questa funzione spiccatamente pro-concorrenziale è caratterizzata, peraltro, da diversi corollari: la scelta del contraente tramite un procedimento amministrativo[15], che ne assicuri l’imparzialità e la tutela in sede giurisdizionale; la scelta obbligata per il contraente pubblico di una delle procedure tipiche contenute nel D. Lgs. 50 del 2016; infine, la possibilità di non ricorrere alla procedura di gara qualora si operi all’interno di un mercato non concorrenziale[16].

In definitiva, dunque, l’iter che conduce alla stipulazione del contratto pubblico, che ha inizio con la determina a contrarre, si caratterizza quale procedimento amministrativo. Pertanto, risulta agevole osservare che, tanto sul versante della giurisdizione, quanto sul piano delle tutele, l’operatore economico dovrà rivolgersi necessariamente al giudice degli interessi legittimi.

Diversamente, invece, con la stipula del contratto pubblico, fermi restando gli obblighi di stand still per la pubblica amministrazione, la legge chiarisce che sorge la fase privatistica, dominata dalla giurisdizione del giudice ordinario.

È stato, infatti, chiarito che “il contratto della p.a. è un normale atto di diritto privato, che, salve diverse norme speciali espresse…soggiace alla ordinary rule of contracts, ossia a tutte le norme del codice civile e del diritto privato… con conseguente assoggettamento delle controversie relative alla sua stipulazione e alla sua esecuzione alla giurisdizione del giudice ordinario”[17].

Con riguardo alla giurisdizione, infatti, si osserva che ai sensi dell’art. 133, comma 1, n.1, lett. c) c.p.a. sono devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a. le controversie aventi ad oggetto la materia dei servizi pubblici[18]; mentre, con riguardo ai contenziosi relativi all’esecuzione e alla sua stipulazione, occorre osservare l’ordinario criterio di riparto della giurisdizione ancorato al petitum.

Si evidenzia, infatti, che solo in presenza della stipulazione del contratto sorge la giurisdizione in capo al giudice ordinario posto che, fino a quel momento, il privato resta assoggettato al potere pubblico. Egli, infatti, vanterà solo un interesse legittimo alla stipula del contratto.

Pertanto, la divisione netta tra fase pubblicistica e fase privatistica, operata dal Legislatore, è resa ancora più evidente dal diverso tipo di giurisdizione operante. 

3. Brevi cenni sui mezzi a tutela dell’operatore economico nella fase pubblica e nella fase privata.

Come chiarito in precedenza, dunque, la fase che precede la stipula del contratto, sorretta da norme pubbliche speciali, costituisce un vero e proprio procedimento amministrativo, con tutte le implicazioni sulla giurisdizione e sulle tecniche di tutela per l’operatore economico. Al contrario, invece, con la stipula del negozio privatistico, l’operatore economico avrà a disposizione i rimedi privatistici che regolano la materia contrattuale, con contestuale giurisdizione del g.o[19].

Giova, pertanto, dare atto che la questione sul riparto di giurisdizione in esame è legata a doppio filo con la tecnica di tutela invocabile dall’operatore economico pregiudicato. Nel dettaglio, il principio di effettività della tutela, che permea il moderno diritto amministrativo processuale e sostanziale, attribuisce diversi strumenti di tutela all’operatore economico leso nella fase pubblicistica.

Si consideri, tuttavia, che l’analisi dei rimedi posti a tutela dell’operatore economico, nella procedura ad evidenza pubblica, richiederebbe una trattazione apposita vista la complessità e la peculiarità della questione. Nondimeno, non essendo questa la sede opportuna per affrontare in maniera completa questa tematica, ci si limita ad inquadrare brevemente le tipologie di tutela. In particolare, l’operatore economico avrà a disposizione, ai sensi dell’art. 120, comma 5, c.p.a., una tutela costitutiva consistente nel ricorso in annullamento avverso i provvedimenti lesivi della sfera giuridica del ricorrente[20], il cui termine d’impugnazione è stato recentemente dimezzato[21].

Di fianco a questa tutela costitutiva, si pone un ulteriore rimedio a favore dell’operatore economico pregiudicato: la tutela in forma specifica e per equivalente. L’azione in esame, richiamata dall’art. 124 c.p.a., consente all’operatore economico di ricorrere contro un’aggiudicazione definitiva, emanata a favore di un altro partecipante alla gara, e dal relativo contratto pubblico. In particolare, recita la norma in esame, l’operatore economico ha la possibilità di conseguire l’aggiudicazione definitiva e di subentrare nel rapporto contrattuale, previa declaratoria di inefficacia del primo contratto. In altri termini, attraverso questa azione, il ricorrente non solo consegue l’aggiudicazione definitiva, invalidando la precedente, ma si inserisce nel rapporto contrattuale, spodestando il precedente aggiudicatario[22].

Si evidenzia, infine, che la medesima disposizione attribuisce al ricorrente un ulteriore strumento di tutela di matrice puramente risarcitoria. La legge, infatti, prevede che “Se il giudice non dichiara l’inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato”[23]. Si tratta, dunque, di un rimedio riparatorio ancorato alle medesime regole civilistiche che disciplinano il risarcimento del danno[24].

Tuttavia, sulla scorta delle considerazioni espresse dalla giurisprudenza amministrativa nazionale[25] e dalla giurisprudenza comunitaria[26], è stato precisato che il rimedio in esame “non costituisce uno strumento risarcitorio in senso stretto, ma una misura sostitutiva della tutela specifica, sostanziandosi nell’attribuzione del bene della vita “aggiudicazione-contratto” in ragione del suo valore economico… non si tratta di una domanda risarcitoria tout court, ma dell’accoglimento della stessa domanda di esatto adempimento avente ad oggetto l’aggiudicazione del contratto, con la mera sostituzione del bene della vita in senso specifico con il suo surrogato economico”[27].

Una volta inquadrati i principali strumenti di tutela per gli operatori economici pregiudicati nel solco della procedura ad evidenza pubblica, si può ora accennare ad un’ulteriore questione.

In particolare, ai fini che interessano questa trattazione, si ritiene opportuno focalizzare brevemente l’attenzione sul ruolo assunto dai comportamenti tenuti dalla p.a. nel corso della procedura di gara, fino alla stipula del contratto.

È stato rilevato, nel dettaglio, che “con il riferimento alle “procedure”, l’art. 133 c.p.a., se certo rinvia alle disposizioni sostanziali che regolano i singoli “atti” adottati in seno ai procedimenti di scelta del contraente, si presta ad essere interpretato, in linea con le coordinate tracciate da Corte Cost. n. 204 del 2004, come volto a ricondurre nella prevista ipotesi di giurisdizione esclusiva del G.A. anche il contenzioso involgente quei “comportamenti” tenuti dalla stazione appaltante che… danno luogo a responsabilità precontrattuale”[28].

Sul punto, l’Adunanza Plenaria ha recentemente chiarito che i comportamenti volti a: denigrare, ostacolare o pregiudicare l’altrui interesse a contrarre, integrano una violazione del canone di buona fede oggettiva ex art. 1337 c.c[29]. Pertanto, la condotta della p.a. volta a ritardare la stipula del contratto pubblico, nonostante vi sia un’aggiudicazione definitiva in capo ad un operatore economico, integra gli estremi della responsabilità precontrattuale.

Si ritiene opportuno precisare, infatti, che la buona fede oggettiva richiamata dalla responsabilità precontrattuale, si sostanzia in un canone comportamentale, nascente in una fase prodromica alla fase negoziale, volto a preservare l’altrui controparte da trattative inutili o infruttuose[30].

Pertanto, pur essendo all’interno di un procedimento amministrativo, gli eventuali comportamenti scorretti tenuti dalla p.a. fino alla stipula del contratto, non solo danno luogo ad una responsabilità precontrattuale; ma comportano, altresì, la piena giurisdizione del giudice amministrativo. Ciò, in ultima analisi, conferma l’importante dato per cui “lo spartiacque tra le due giurisdizioni in tema di contratti di appalto continua ad essere tendenzialmente costituito dalla stipula del contratto, quale momento iniziale della fase di esecuzione”[31].

Con la sottoscrizione del contratto pubblico, dunque, non solo sorgerà la giurisdizione del giudice ordinario, chiamato a dirimere tutte le controversie esecutive pertinenti al contratto[32], ma cambierà anche la tipologia degli strumenti di tutela invocabili dall’aggiudicatario, divenuto a questo punto vera e propria parte del contratto.

In quest’ultima ipotesi, infatti, il paciscente privato potrà usufruire degli ordinari rimedi predisposti dal codice civile per la tutela della propria situazione giuridica soggettiva, tra i quali: il risarcimento per inadempimento contrattuale ex art. 1218 c.c.; il rimedio della risoluzione, della rescissione o del risarcimento aquiliano a seconda della causa che origina la controversia[33].

4. Dall’aggiudicazione definitiva alla stipulazione del contratto: natura della posizione giuridica dell’aggiudicatario e profili giurisdizionali.

Orbene, premessa questa natura bifasica della nuova disciplina, è necessario inquadrare il tipo di tutela da apprestare all’operatore economico, individuato tramite la procedura ad evidenza pubblica, in attesa che la p.a. stipuli il contratto. Il vero punto critico, a ben vedere, risiede nel fatto che il privato, una volta acquisita la qualifica di aggiudicatario e prima della stipula del contratto, si trova all’interno di una fase cuscinetto[34].

Ciò, dunque, ha portato gli interpreti a chiedersi preliminarmente quale sia la situazione giuridica soggettiva vantata dall’operatore economico. La questione, peraltro, non è del tutto sganciata dal problema della tutela; atteso che, a seconda della posizione giuridica vantata, muta radicalmente tanto la giurisdizione quanto gli strumenti a tutela del privato.

In particolare, sul punto si sono contesi il campo tre tesi: una prima concezione riteneva che l’aggiudicatario, al termine della procedura di gara pubblica, fosse titolare di un diritto soggettivo alla stipula del contratto, tutelabile ex art. 2932 c.c. Alla base di questa prima ricostruzione, fondata sulla natura negoziale dell’aggiudicazione[35], si poneva l’assunto secondo cui “la situazione soggettiva del privato in seguito all’aggiudicazione definitiva possa qualificarsi in termini di diritto soggettivo, ritenendo che dall’aggiudicazione scaturisca un vincolo preliminare obbligatorio, tutelabile anche in forma specifica ex art. 2932 c.c., con conseguente riconducibilità della responsabilità della p.a. per la mancata stipula del contratto all’alveo contrattuale (e non precontrattuale)”[36].

Questa prima impostazione, invero, riconduce la tutela del privato nel solco della norma civilistica che regola l’esecuzione in forma specifica, ammettendo, altresì, la giurisdizione in capo al giudice ordinario. La dignità ermeneutica della tesi appena ricostruita trovava, altresì, l’avallo di alcuni approdi giurisprudenziali, i quali hanno chiarito che “al fine di ottenere l’esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto, non solo nelle ipotesi di contratto preliminare non seguito da quello definitivo, ma anche in qualsiasi altra ipotesi dalla quale sorga l’obbligazione di prestare il consenso per il trasferimento o la costituzione di un diritto, sia in relazione ad un negozio unilaterale, sia in relazione ad un atto o ad un fatto dai quali detto obbligo possa sorgere ex lege”[37].

La questione, tuttavia, è stata al centro di un acceso dibattito dottrinale e giurisprudenziale. Alcuni autori, infatti, argomentavano che fino alla stipula del contratto pubblico, la stazione appaltante fosse ancora titolare di un potere pubblico insuscettibile di coercizione. Pertanto, non poteva trovare accoglimento il rimedio in esame, atteso che vi era un’impossibilità “di imporre alla P.A. inadempiente un facere incoercibile, appartenente alla sua sfera di discrezionalità”[38].

In senso diametralmente opposto, si osserva che “nel caso di attività negoziale… anche il privato possa pretendere l’esecuzione dell’obbligo di contrarre e l’eventuale rifiuto alla conclusione del contratto definitivo va pertanto valutato come inadempimento, sanzionabile attraverso l’emanazione della sentenza costitutiva di cui all’art. 2932 c.c. In quest’ultimo caso, infatti, le parti contraenti (Pubblica Amministrazione e privato) sono in posizione di sostanziale parità con integrale applicazione delle norme dettate dal codice civile”[39].

Una seconda e più datata ricostruzione, invece, riteneva che l’aggiudicazione costituisse “un atto avente diversa rilevanza, anche sotto il profilo sostanziale, a seconda del tipo di procedura ad evidenza pubblica prescelto dalla p.a. tra quelle consentite dalla legge”[40]. Si evidenzia, infatti, che a seconda della procedura ad evidenza pubblica prescelta dalla p.a. possa sorgere in capo al privato una situazione giuridica soggettiva assimilabile al diritto soggettivo alla stipula del contratto o, per contro, un mero interesse legittimo pretensivo. Secondo questa teoria, in altri termini, la posizione giuridica soggettiva del privato, e consequenzialmente la tutela da apprestare a quest’ultimo, dipenderebbe dalla procedura di gara prescelta[41].

Entrambe le teorie richiamate, tuttavia, possiedono delle criticità. In particolare, con riguardo alla teoria che perora la ricorrenza di un diritto soggettivo tutelabile ex art. 2932 c.c., è stato sottolineato che “dalla disamina di alcune norme significative del codice dei contratti pubblici dedicate a tale segmento temporale, emerge che a seguito e successivamente all’aggiudicazione dell’appalto non può configurarsi alcun obbligo de contrahendo a carico dell’Amministrazione appaltante al cui inadempimento potesse supplirsi con una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. <> in favore dell’aggiudicatario che, quindi, non vanta alcuna situazione qualificabile di diritto soggettivo”[42].

La seconda teoria potrebbe, invece, collidere con il principio di certezza del diritto, dal momento che lascia all’interprete un margine eccessivamente esteso di discrezionalità nell’individuazione della situazione giuridica soggettiva sottostante al rapporto. Essa, infatti, non fornisce alcun parametro certo e stabile utilizzabile dall’esegeta, nel corso della propria attività ermeneutica, per l’identificazione della situazione giuridica sottostante al rapporto. Ciò, in ultima analisi, determinerebbe: da un lato un pesante arbitrio dell’interprete; dall’altro, una difficoltà per il ricorrente nel sindacare la scelta interpretativa, con grave lesione, dunque, del principio del contraddittorio e dell’effettività della tutela.

Si aggiunge, peraltro, che entrambe le teorie non tengono “in considerazione l’implicita distinzione tra aggiudicazione e contratto sottesa all’art. 32, comma 6, D.lgs. n. 50 del 2016 (già articolo 11 decreto 163), che, con la statuizione secondo cui <>, sembra chiaramente alludere all’inidoneità dell’atto di aggiudicazione ad instaurare una relazione negoziale tra la stazione appaltante e il privato aggiudicatario, la quale sorge, invece, solamente per effetto della stipulazione”[43].

Dalle ceneri di queste considerazioni critiche è sorta, infine, una terza linea interpretativa fondata sul presupposto che, mentre la procedura di gara iniziata con la pubblicazione del bando è regolata dalle norme pubblicistiche, la stipulazione del contratto è assoggettata alle regole privatistiche. Pertanto, essendo nettamente distinte le due fasi, tanto sul piano sostanziale, quanto sul piano giurisdizionale, è stato evidenziato che l’aggiudicazione non è idonea ad instaurare alcun rapporto negoziale tra le parti.

Su quest’ultimo punto, in particolare, si osserva che solo con la stipula del contratto sorge in capo al privato una posizione di diritto soggettivo, tutelabile con gli ordinari rimedi disciplinati dalle norme civilistiche. Al contrario, al termine della procedura di evidenza pubblica, culminata con l’aggiudicazione definitiva, e fino alla stipula del contratto pubblico, sorge in capo al privato un mero interesse legittimo a vedere concluso il negozio giuridico[44].

Aderendo a quest’ultimo orientamento, ad oggi nettamente maggioritario, si dovrebbe ritenere che il privato, nonostante sia conclusa la procedura ad evidenza pubblica, sia ancora assoggettato all’esercizio del pubblico potere, da parte della p.a., volto alla stipula del contratto. Se così è, dunque, il privato non potrebbe invocare l’azione di cui all’art. 2932 c.c., posto che non sussiste alcun pactum de contrahendo a carico della pubblica amministrazione.

Quest’ultima ricostruzione risulta essere, peraltro, confermata da diverse pronunce giurisprudenziali che, concentrandosi sul riparto di giurisdizione, hanno affermato la piena giurisdizione del giudice amministrativo nelle more della stipula del contratto. In particolare, si ritiene opportuno richiamare una interessante pronuncia delle Sezioni Unite, ove è stato precisato che nelle procedure concorsuali aventi ad oggetto la conclusione di contratti pubblici sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo anche “nella successiva fase compresa tra l’aggiudicazione e la stipula del contratto”[45].

Da ultimo anche il Consiglio di Stato, ponendosi in linea con le considerazioni espresse dalla Suprema Corte, ha definitivamente confermato che, nel corso dello iato temporale intercorrente tra l’aggiudicazione definitiva e la stipula del contratto pubblico, la “pretesa alla stipulazione”[46] rientra nella giurisdizione del giudice degli interessi legittimi.

In altri termini, si cristallizza il principio di diritto secondo cui il privato vanta un mero interesse legittimo alla stipula del contratto e, contestualmente, la potestà della pubblica amministrazione di procedere o meno alla stesura del negozio, in presenza di motivate e concrete ragioni di interesse pubblico[47].

5. Gli strumenti a tutela dell’aggiudicatario nelle more della stipulazione del contratto.

Chiarita, pertanto, la natura della situazione giuridica soggettiva vantata dall’operatore economico resta da individuare lo strumento di tutela invocabile da quest’ultimo in presenza di un ritardo, da parte della pubblica amministrazione, nella stipulazione del contratto.

Preliminarmente, si ritiene opportuno evidenziare che l’aggiudicatario non potrebbe validamente esperire l’azione di tutela in forma specifica ex art. 124 c.p.a.[48] Quest’ultima, infatti, sarebbe esperibile unicamente dall’operatore economico diverso dall’aggiudicatario, al fine di conseguire l’aggiudicazione e il contratto. Nel caso di specie, invece, la questione del ritardo nella stipula coinvolge l’aggiudicatario; pertanto, tanto sul piano della legittimazione attiva, quanto sul piano sostanziale, si è al di fuori del perimetro applicativo della norma.

Parimenti, il privato non potrebbe validamente utilizzare l’azione di cui all’art. 30 c.p.a., posto che la stipula del contratto definitivo, come osservato in precedenza, rientra nella discrezionalità amministrativa[49]. Il caso in esame, tuttavia, non rientra nelle materie di giurisdizione estesa al merito ex art. 134 c.p.a.

Quest’ultima considerazione, dunque, apre la strada allo strumento processuale previsto a favore del ricorrente in presenza di un silenzio della pubblica amministrazione: il ricorso avverso il silenzio ex artt. 31 e 117 c.p.a. In particolare, a favore dell’esperibilità di quest’ultima azione si pone: da un lato, la natura della situazione giuridica soggettiva vantata dall’operatore economico, ovvero un interesse legittimo, che la rende compatibile, sul piano processuale, con l’azione in esame; dall’altro, la situazione sostanziale posta alla base del rapporto, consistente in un’inerzia del contraente pubblico.

Giova ricordare, infatti, che fino alla stipula del contratto pubblico, l’operatore economico resta assoggettato al potere pubblicistico della pubblica amministrazione. Pertanto, trovandosi ancora nella fase pubblica, il relativo comportamento inerte tenuto dal contraente pubblico potrà essere valutato alla stregua di un silenzio significativo, impugnabile attraverso l’azione di cui agli artt. 31 e 117 c.p.a.

Quest’ultima considerazione trova, peraltro, l’avallo di una recente pronuncia giurisprudenziale, la quale, affrontando un caso analogo a quello in esame, ha avuto modo di precisare che: “L'azione avverso il silenzio è fondata e va accolta… In tale contesto, non può essere posto in dubbio che colui il quale ha un interesse differenziato e qualificato ad un bene della vita oggetto di potere amministrativo, per il cui conseguimento, quindi, è necessario l'esercizio del potere pubblico, è titolare di una situazione giuridica che lo legittima… La questione in questa sede controversa ha la sua peculiarità nel fatto che l'inerzia della pubblica amministrazione si è manifestata nello iato temporale che intercorre tra l'aggiudicazione della gara, che rappresenta il momento conclusivo della procedura di scelta del contraente, e la stipulazione del contratto, non ancora intervenuta, che segna il sorgere delle posizioni privatistiche delle controparti”. Il collegio, dunque, dopo aver analizzato i presupposti del ricorso avverso il silenzio e ricostruito la natura della situazione giuridica vantata dal ricorrente nei termini di interesse legittimo, continuano sostenendo che: “Sulla base di tali considerazioni, può ritenersi che il termine per la stipulazione del contratto - di sessanta giorni dalla raggiunta efficacia a seguito della positiva verifica dei requisiti prescritti in capo all'aggiudicatario - è dispositivo e derogabile e, laddove la stipulazione non avvenga in tale termine, all'aggiudicatario è riconosciuto, da un lato, il diritto potestativo a sciogliersi da ogni vincolo senza il diritto ad alcun indennizzo (salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate); dall'altro, ove l'aggiudicatario intenda conseguire il contratto, la possibilità di ricorrere avverso il silenzio innanzi al giudice amministrativo ovvero di impugnare in sede di giurisdizione generale di legittimità innanzi a detto giudice eventuali atti di autotutela”[50].

I giudici campani, pertanto, aderiscono apertamente alla tesi che perora la sussistenza di un interesse legittimo pretensivo del ricorrente, tutelabile ex artt. 31 e 117 c.p.a., in presenza di un silenzio della pubblica amministrazione. Lo strumento processuale in esame, infatti, pur non potendo coartare la pubblica amministrazione nella stipula, è in grado di garantire al privato avverso la perdurante noncuranza del contraente pubblico.

Giova precisare, tuttavia, che attraverso il rimedio in esame il ricorrente consegue unicamente una presa di posizione da parte della pubblica amministrazione, in relazione alla sua volontà di contrarre o meno. Invero, nessun obbligo di contrarre grava sulla pubblica amministrazione, la quale, in presenza di motivate ragioni di interesse pubblico, potrebbe decidere di non procedere alla stipula.

Si ritiene opportuno sottolineare, altresì, che il rimedio di cui si discorre può affiancarsi ad una seconda forma di tutela messa a disposizione dell’operatore economico da parte del Legislatore, per garantire la pienezza e l’effettività della tutela. Questo secondo rimedio a cui si sta facendo rifermento è stato, peraltro, preso in considerazione nella pronuncia richiamata, anche se in controluce. Invero, nel risolvere la questione sottoposta al suo esame, il collegio evidenzia che sussiste  un ulteriore strumento a tutela del ricorrente, positivizzato all’interno dell’art. 32, comma 8, del D.lgs. n. 50 del 2016[51].

La disposizione appena richiamata, infatti, nel fissare l’obbligo per il contraente pubblico di concludere il contratto entro sessanta giorni dall’aggiudicazione definitiva, concede al privato, scaduto il suddetto termine, la possibilità di sciogliersi dal vincolo o recedere dal contratto[52]. La norma precisa, altresì, che all’aggiudicatario non spetta alcun indennizzo per la mancata stipula del contratto; nondimeno, in presenza di un’esecuzione anticipata dei lavori, o di un’esecuzione d’urgenza, quest’ultimo ha diritto al rimborso delle spese sostenute[53].

La norma, dunque, positivizza all’interno del D.lgs. n. 50 del 2016 una tutela eminentemente caducatoria a favore dell’operatore economico. La ratio della disposizione risiede, invero, nell’esigenza di preservare il contraente privato da una situazione di stallo e di incertezza che potrebbe compromettere, o limitare, la propria attività imprenditoriale e le proprie prospettive di guadagno. In particolare, si evidenzia che qualora non vi fosse questa forma di tutela, l’aggiudicatario resterebbe in balìa della pubblica amministrazione, restando vincolato a contrarre con quest’ultima sine die.

6. Considerazioni finali sul ritardo nella stipula e la risarcibilità del bene giuridico tempo

Resta, infine, da chiarire se la lesione del bene giuridico tempo, nel caso di specie pregiudicato dal ritardo della p.a., sia da qualificarsi alla stregua di un bene giuridico autonomo, meritevole di tutela, o se, invece, debba intendersi come un mero interesse strumentale. Sul punto si evidenzia un forte contrasto giurisprudenziale che vede frapposti due orientamenti: il primo perora la tesi della strumentalità del bene tempo e della sua irrilevanza sul piano della tutela; il secondo, invece, afferma che il tempo si eleva come bene giuridico della vita, ancorato ai valori costituzionali e internazionali, tutelabile in sede giurisdizionale.

Con riguardo alla prima tesi, in particolare, è stato sostenuto che il risarcimento del danno da ritardo potrebbe rilevare solo eventualmente, ovvero, solo nell’ipotesi in cui il provvedimento richiesto abbia delle ragionevoli possibilità di accoglimento. Alla base di questo iter logico, pertanto, vi è la considerazione per effetto della quale: solo in caso di fondatezza della pretesa, l’eventuale ritardo della pubblica amministrazione rileverà sul piano risarcitorio.

A conferma, si ritiene opportuno richiamare una recente pronuncia del Consiglio di Stato, ove è possibile leggere che “Il risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, non può essere avulso da una valutazione concernete la spettanza del bene della vita ed è subordinato, tra l’altro, anche alla dimostrazione che l’aspirazione al provvedimento sia destinata ad esito favorevole…ciò in quanto l’entrata in vigore dell’art. 2-bis della legge n. 241 del 1990 non ha elevato a bene della vita, suscettibile di autonoma protezione, l’interesse procedimentale al rispetto dei termini dell’azione amministrativa[54].

Di converso, invece, la seconda ricostruzione giurisprudenziale intravede nel ritardo della pubblica amministrazione la lesione di un bene della vita autonomo, avente, peraltro, numerosi corollari in sede costituzionale. In particolare, un primo argomento a favore di questa seconda teoria è stato rinvenuto nell’art. 133 comma 1 lett. a) n. 1, nella parte in cui affida alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo il risarcimento del danno da lesione del termine di conclusione del provvedimento[55]. È stato evidenziato, infatti, che la disposizione appena richiamata, nel positivizzare la lesione del termine di conclusione del procedimento, confermerebbe l’autonoma rilevanza e la cogente tutela che l’ordinamento appresta al bene giuridico tempo.

Sul punto, inoltre, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito che: “l’art. 2-bis, comma 1, l. n. 241 del 1990… riconosce che anche il tempo è un <> per il cittadino… il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento, infatti, è sempre un <>, dal momento che il fattore tempo costituisce una essenziale variabile nella predisposizione e nell’attuazione dei piani finanziari relativi a progetti imprenditoriali, coordinandone la relativa convenienza economica”[56].

Proprio quest’ultimo punto emerso nella pronuncia, se rapportato al caso esaminato nel corso della trattazione, consente di rivalutare in maniera ancora più significativa il ritardo della pubblica amministrazione nella stipula del contratto. Ammesso, infatti, che il tempo costituisce un autonomo bene della vita, strettamente correlato alle aspettative e ai bisogni imprenditoriali, la sua lesione ad opera del contraente pubblico, avrà una notevole rilevanza in sede risarcitoria.

Si aggiunge, peraltro, che la costante crescita degli scambi commerciali, unita alla imperterrita frenesia che domina il mercato, plasticamente racchiudibile nell’espressione “il tempo è denaro”, comporta necessariamente che, specialmente nel settore dei contratti pubblici, ogni istante perso dall’imprenditore costituisce una potenziale perdita di guadagno.

In conclusione, dunque, seguendo la seconda ricostruzione, il tempo dell’operatore economico, pregiudicato dal ritardo, dovrà ritenersi altresì bene giuridico risarcibile in sede di responsabilità extracontrattuale. In altri termini, il ritardo nella stipula del contratto pubblico, inteso come lesione del principio di certezza del tempo dell’azione amministrativa che è “principio di ordine pubblico”[57], essendo suscettibile di risarcimento, offrirà un’ulteriore tutela all’aggiudicatario, oltre a quelle esaminate.


Note e riferimenti bibliografici

[1] F. Caringella, “MANUALE RAGIONATO di diritto amministrativo il manuale che stimola il pensiero critico, la logica giuridica e l’argomentazione interpretativa”, DIKE Giuridica Editrice, I ed., Roma, 2019, p. 1127 

[2] Cfr. F. Caringella, op. cit., p. 1128

[3] Si fa riferimento alla disposizione di cui all’art. 21 sexies, L. n. 241 del 1990, cosi come modificata dalla L. n. 15 del 2005, a tenore della quale: “la Pubblica Amministrazione, nell’adozione di atti di natura autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato, salvo che la legge disponga diversamente”; nonché, alla norma di cui all’art. 30, comma 8, D.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, ove è possibile leggere che: “…per quanto non espressamente previsto nel presente codice e negli atti attuativi, alle procedure di affidamento e alle altre attività amministrative in materia di contratti pubblici si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, alla stipula del contratto e alla fase di esecuzione si applicano le disposizioni del codice civile.

[4] Cfr. Cons. di Stato, Ad. Plen., 30/03/2000, n. 1; Cons. di Stato, Ad. Plen. 22/04/1999, n. 4; Cons. di Stato, Sez. VI, 12/03/1990 , n. 374

[5] Sotto questo aspetto, il ricorso agli strumenti privatistici rinviene un’ulteriore giustificazione, oltre che nelle norme sopra richiamate, anche nelle disposizioni costituzionali che regolamentano la pubblica amministrazione, v. art. 97, 98,  cost.

[6] F. Caringella, op. cit., p. 1128

[7] Cfr. sul punto A. Sandulli, “Manuale di Diritto Amministrativo”, XV ed., Napoli, vol. II, p. 942; nonché R. Garofoli G. Ferrari, “I nuovi MANUALI SUPERIORI diretti da G. ALPA e R. GAROFOLI - MANUALE DI DIRITTO AMMINISTRATIVO”, Nel Diritto Editore, Ed. XI, 2017/2018, Molfetta, 2017, p. 541

[8] Cfr. F. Caringella, op. cit., p. 1129, ove è possibile leggere che: <<secondo il teorema di Coase, la contrattazione tra gli agenti è in grado di condurre ad un’allocazione ottimale di risorse a prescindere da come sono assegnati inizialmente i diritti e dall’eventuale presenza di esternalità negative>>

[9] Si fa riferimento alle Direttive Europee nn. 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE

[10] Cfr. F. Caringella, op. cit., p. 1159

[11] F. Caringella, op. cit., p. 1128

[12] Cfr. sul punto R. Garofoli - G. Ferrari, op. cit., p. 1343, ove viene precisato che: <<la formazione della volontà contrattuale avviene attraverso il c.d. procedimento di evidenza pubblica, mediante il quale il contraente pubblico forma e manifesta la volontà di stipulare un determinato contratto, “evidenziando” i motivi di pubblico interesse che intende perseguire con quello specifico atto negoziale>>

[13] Vedi in questo senso Cons. di Stato, Sez. V, 13/11/2002, n. 6281

[14] F. Caringella, op. cit., p. 1160

[15] Sul punto, giova precisare che la questione sulla natura procedimentale della procedura di gara è stata alquanto controversa. In particolare, per una più attenta analisi della questione si rinvia a: R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1343 ss., ove è possibile leggere che <<Secondo la concezione pubblicistica, la procedura ad evidenza pubblica va intesa alla stregua di un iter volto all’individuazione della persona dell’altro contraente. Secondo la concezione privatistica-negoziale, invece, la stessa è una fase pre-negoziale, antecedente la stipula del contratto, assimilabile alla fase delle trattative precontrattuali per la stipula del contratto>>

[16] Cfr. F. Caringella, op. cit., p. 1161-1162

[17] F. Caringella, op. cit., p. 1131

[18] Si ritiene opportuno precisare, altresì, che la giurisdizione esclusiva del g.a. non si incardina solo con riferimento ai contratti pubblici di appalto, di servizi o forniture, bensì a tutte le procedure volte all’affidamento di concessioni (vedi T.A.R. Brescia, 3/11/2016, n. 1281); di project financing, nonché alle ipotesi di scelta dei soci privati delle società miste (vedi Cons. di Stato, Ad. Plen., 29/02/2016, n. 5)

[19] Si veda sul punto la seguente giurisprudenza anteriforma: T.A.R. Lazio, Roma, 7/04/2008, n. 291; Cons. di Stato, Sez. V, 28/12/2006, n. 8070; Cass. civ., Sez. Un., 14/06/2006, n. 13690, con riguardo alle controversie aventi ad oggetto il recesso unilaterale disposto dal contraente pubblico; Cons. di Stato, Sez. V, 17/03/2014, n. 4025, la quale chiarisce che, vista la posizione paritaria tra le parti, dovuta alla natura privatistica del rapporto, sussiste la giurisdizione del giudice dei diritti soggettivi.

[20] Cfr. F. Caringella, “MANUALE RAGIONATO di diritto amministrativo” cit., p. 1250 ss.

[21] Sul punto si richiama a Cons. di Stato, Sez. V, 24/05/2017, n. 2444, nella parte in cui il massimo organo giurisdizionale amministrativo si pronuncia in merito al dimezzamento dei termini per la presentazione dei motivi aggiunti, del ricorso incidentale e per il deposito del ricorso principale

[22] Sul punto si richiama a F. Caringella, op. cit., p. 1252 nella parte in cui chiarisce che <<la disposizione in parola sancisce l’innesto di un’azione di esatto adempimento (la rubrica parla di “tutela specifica”), praticabile nei casi di procedure vincolate, sottoposte a una pregiudiziale composta, data dall’annullamento dell’aggiudicazione definitiva e dalla pronuncia d’inefficacia del contratto>>

[23] Art. 124 c.p.a.

[24] Per una più articolata esamina della quantificazione del risarcimento si rinvia a R. GAROFOLI – G. FERRARI, op. cit., p. 1516 ss.

[25] Cfr. Cons. di Stato, Ad. Plen., 29/03/2017, n. 2

[26] Corte di Giustizia, Sez. III, 30/09/2010, C-314/09, Stad Graz

[27] F. Caringella, op. cit., p. 1266

[28] R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1409

[29] Cfr. Cons. di Stato, Ad. Plen., 4/05/2018, n. 5

[30] Cfr. F. Caringella, “MANUALE RAGIONATO di diritto civile il manuale che stimola il pensiero critico, la logica giuridica e l’argomentazione interpretativa”, DIKE Giuridica Editrice, I ed., Roma, 2019

[31] R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1409

[32] Sul punto, tuttavia, si segnalano alcune posizioni giurisprudenziali che ancorano, in capo al giudice amministrativo alcune controversie squisitamente esecutive del contratto: vedi Cass. civ., Sez. Un., ord. 18/11/2016, n. 23468; nonché Cons. di Stato, Sez. III, 21/07/2014, n. 3873, ove è stato chiarito che rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo, la controversia relativa al provvedimento attraverso il quale un Comune, a seguito d’informativa antimafia, provvede alla risoluzione del contratto d’appalto già sottoscritto con l’operatore economico. Confermata anche da Cass. civ., Sez. Un., ord. 27/01/2014, n. 1530

[33] Per un approfondimento sui rimedi appena richiamati si rinvia a: P. Perlingeri, “Manuale di Diritto Civile”, Edizioni Scientifiche Italiane, VI ed., Napoli, 2007; F. Gazzoni, “Manuale di Diritto Privato OBBLIGAZIONI E CONTRATTI 2015”, Edizioni Scientifiche Italiane, XIX ed., Napoli, 2015

[34] È stato precisato, infatti, che la procedura ad evidenza pubblica, quale procedimento amministrativo, ha inizio con la determina a contrarre e con la pubblicazione del bando di gara (Cfr. F. Caringella, “MANUALE RAGIONATO di diritto amministrativo” cit., p. 1250 ss.); mentre solo con la stipula del contratto si accede alla fase privatistica (Cfr. R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit. p. 1409 ss.)

[35] Questa impostazione trovava conferma in numerose pronunce giurisprudenziali anteriforma, tra le quali: Cons. di Stato, Sez. IV, 7/09/2000, n. 4722; Cons. di Stato, Sez. IV, 21/05/2004, n. 3355; C.g.a., 8/03/2005, n. 104. Per un più accurato esame della natura contrattuale si rimanda a R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1354, nella parte in cui chiarisce che <<l’aggiudicazione ha natura anche negoziale; più precisamente, la stessa presenterebbe una duplice veste, amministrativa e negoziale, al contempo atteggiandosi non soltanto a provvedimento conclusivo della procedura di selezione del contraente privato ma anche ad atto giuridico con il quale l’amministrazione formalizza la volontà di contrarre con l’impresa scelta ed alle condizioni ad essa offerte>>

[36] F. Caringella, op. cit., p. 1234

[37] Cass., civ., Sez. Un., 9/03/2015, n. 4863; Cons. di Stato, Ad. Plen., 20/07/2012, n. 28

[38] R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1304

[39] R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1305

[40] F. Caringella, op. cit., p. 1234

[41] Si osserva, sul punto, che la tesi in esame ha <<attribuito valore contrattuale all’aggiudicazione nei casi in cui la scelta del contraente avvenga attraverso il sistema del pubblico incanto o della licitazione privata, in conformità al disposto dell’art. 16, comma 4, del r.d. 2440/1923: tale norma, secondo questo orientamento, fa si che la posizione del soggetto aggiudicatario si configuri in termini di diritto soggettivo, salvo che il bando di gara, la lettera di invito o il verbale di aggiudicazione dispongano diversamente, prevedendo la posticipazione dell’insorgenza del vincolo contrattuale al momento della formale stipulazione del contratto. Ne consegue che, in quest’ultimo caso, la situazione giuridica del potenziale contraente si configura in termini di interesse legittimo>> F. Caringella, op. cit., p. 1234. Altra dottrina ha osservato, al contrario, che la recente previsione di cui all’art. 32, comma 6, del Codice dei Contratti Pubblici, nella parte in cui non considera l’aggiudicazione come accettazione dell’offerta, <<si discosta notevolmente da quella previgente di cui all’art. 16, comma 4, della legge di contabilità di Stato, secondo la quale l’aggiudicazione tiene luogo del contratto “ad ogni legale effetto”>> R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1354

[42] T.A.R. CAMPANIA, Napoli, 10/07/2018, n. 4563

[43] F. Caringella, op. cit., p. 1234; conf. anche da T.A.R. CAMPANIA, Napoli, 10/07/2018, n. 4563, ove è stato evidenziato che <<il D.L. vo 18 aprile 2016, n. 50 (recante il “Codice dei contratti pubblici”) all’art. 32 (“Fasi delle procedure di affidamento”), prevede, ai commi 6, 7 ed 8 che: << 6. L’aggiudicazione non equivale ad accettazione dell’offerta. L’offerta dell’aggiudicatario è irrevocabile fino al termine stabilito nel comma 8… L’aggiudicazione diventa definitiva dopo la verifica del possesso dei prescritti requisiti… Il Legislatore, pertanto, ha inteso separare con chiarezza ed in modo netto - nell'ambito del complessivo procedimento di affidamento dell'appalto, che ha origine con la determina a contrarre - la fase della scelta del contraente dalla fase di stipulazione del contratto, solo con la quale sorge la pariteticità delle posizioni pubblica e privata… Con l'aggiudicazione definitiva, in altri termini, non può dirsi sorto alcun vincolo negoziale tra la stazione appaltante e l'aggiudicatario>>

[44] Cfr. R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1354 ss., ove viene chiarito che è <<chiara pertanto l’intenzione del legislatore del Codice di tenere nettamente separate la fase di scelta del contraente, che culmina nell’aggiudicazione, la quale si carica così di una spiccata valenza autoritativa, e la stipulazione del contratto, che determina l’insorgenza del diritto soggettivo dell’aggiudicatario all’esecuzione del contratto>>; conf. da Cons. di Stato, Sez. IV, 25/07/2001, n. 4065

[45] Cass. civ., Sez. Un., 11/01/2011, ord. n. 391; conf. da Cass. civ., Sez. Un., 28/12/2007, ord. n. 27169; Cass. civ., Sez. Un., 23/04/2008, ord. n. 10443; Cass. civ., Sez. Un., 18/07/2008, ord. n. 19805; Cass. civ., Sez. Un., 30/07/2008, ord. n. 20596

[46] Cons. di Stato, Sez. VI, 11/04/2014, n. 1781

[47] <<La posizione del privato aggiudicatario alla stipulazione del contratto può qualificarsi di interesse legittimo, con la conseguenza che l'impresa può esperire l'azione avverso il silenzio, ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a., al fine di ottenere la declaratoria dell'obbligo di provvedere per la stazione appaltante>> (cfr. in relazione a fattispecie analoga T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 3/11/2015, n. 12400)

[48] La lettera della norma, infatti, dispone che <<L'accoglimento della domanda di conseguire l'aggiudicazione e il contratto è comunque condizionato alla dichiarazione di inefficacia del contratto ai sensi degli articoli 121, comma 1, e 122. Se il giudice non dichiara l'inefficacia del contratto dispone il risarcimento del danno per equivalente, subito e provato. La condotta processuale della parte che, senza giustificato motivo, non ha proposto la domanda di cui al comma 1, o non si è resa disponibile a subentrare nel contratto, è valutata dal giudice ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile>>

[49] Cfr. R. Garofoli – G. Ferrari, op. cit., p. 1304

[50] T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 18/07/2019, n. 1342; conf. anche da T.A.R. Lazio, Roma, 19/02/2016, n. 2229 e Cass. civ., Sez. Un., 11/01/2011, n. 391

[51] T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 18/07/2019, n. 1342: <<…il termine per la stipulazione del contratto - di sessanta giorni dalla raggiunta efficacia a seguito della positiva verifica dei requisiti prescritti in capo all'aggiudicatario - è dispositivo e derogabile e, laddove la stipulazione non avvenga in tale termine, all'aggiudicatario è riconosciuto, da un lato, il diritto potestativo a sciogliersi da ogni vincolo senza il diritto ad alcun indennizzo (salvo il rimborso delle spese contrattuali documentate)>>

[52] Cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, 31/03/2017, n. 496; Cons. Stato, Sez. V, 10/9/2014, n. 4595; TAR Lazio, Roma, Sez. I, 16/6/2016, n. 6923

[53] Sul punto, si veda Cass. civ., Sez. Un., 5/10/2018, n. 24411; per una maggiore analisi della questione si richiama a: F. Caringella, op. cit., p. 1237 ove, nel corso dell’analisi della giurisprudenza appena richiamata, si precisa che <<argomentando sulla base di un’attenta esegesi degli art. 7 c.p.a., 133, comma 1, lett. e) c.p.a., e 11 D.lgs. 163/2006 (quindi con argomentazioni, a parere di chi scrive, estensibili anche all’attuale art. 32 d.lgs. 50/2016, che presenta disposizioni analoghe nella loro formulazione a quelle invocate dalla Cassazione con riferimento all’art. 11 D.lgs. 163/2006), la Suprema Corte ritiene che la situazione della mera esecuzione anticipata, successiva all’aggiudicazione, dia luogo a una relazione di tipo comune di tipo precontrattuale, in quanto connotata esclusivamente da profili riconducibili all’adempimento del rapporto in virtù di un accordo all’uopo intercorso tra le parti… avente natura convenzionale e non riconducibile nemmeno mediatamente all’esercizio del potere amministrativo>>

[54] Cons. di Stato, Sez. V, 18/03/2019, n. 1740

[55] Cfr. F. Caringella, op. cit., p. 865 ss.

[56] Cons. di Stato, Sez. V, 10/02/2015, n. 675

[57] F. Caringella, op. cit., p. 867