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Pubbl. Lun, 25 Mag 2020
Sottoposto a PEER REVIEW

Diritto di soggiorno e famiglie miste in Italia: vuoti di tutela e nuove prospettive ermeneutiche.

Francescoferdinando Cristarella Oristano



Il presente elaborato ha lo scopo di analizzare dettagliatamente, sotto la lente d’ingrandimento del civilista, una tematica poco trattata in dottrina ma che presenta risvolti prasseologici rilevanti. Si tratta del tema della tutela della vita familiare del cittadino europeo avente legami familiari con i cittadini di paesi terzi. In particolare, l’approccio mercantilistico dell’Ue che, per salvaguardare la libertà di circolazione, interviene in materia di unità familiare con la direttiva 2004/38/CE, comporta rilevanti vuoti di tutela che si ripercuotono sulla persona. In particolare, viene evidenziato come l’unità familiare non possa essere un “mezzo”, ma debba essere un “fine” e come l’approccio indiretto dell’Ue sia estremamente patologico per alcuni aspetti.


Sommario: 1. Introduzione; 2. Le famiglie miste e la libertà di circolazione: da una prospettiva economica ad una assiologica?; 3. Il problema dell’alveo dei familiari ex art 2 D.lgs n. 30/2007; 4. Ingresso e soggiorno del familiare extracomunitario del cittadino europeo: questioni problematiche;  5. L’allontanamento del familiare extracomunitario di cittadino europeo; 6. Il divieto di espulsione del familiare straniero convivente con cittadino italiano; 7. Conclusioni: il bilanciamento dei principi deve tenere in considerazione anche gli effetti indiretti.

Sommario: 1. Introduzione; 2. Le famiglie miste e la libertà di circolazione: da una prospettiva economica ad una assiologica?; 3. Il problema dell’alveo dei familiari ex art 2 D.lgs n. 30/2007; 4. Ingresso e soggiorno del familiare extracomunitario del cittadino europeo: questioni problematiche;  5. L’allontanamento del familiare extracomunitario di cittadino europeo; 6. Il divieto di espulsione del familiare straniero convivente con cittadino italiano; 7. Conclusioni: il bilanciamento dei principi deve tenere in considerazione anche gli effetti indiretti.

1. Introduzione

La globalizzazione europea e l’aumento dei flussi migratori determina la genesi del crescente fenomeno delle c.d. famiglie miste. La nozione giuridica di famiglia mista diverge da quella antropologica e metagiuridica secondo la quale trattasi di un gruppo composto da persone fisiche appartenenti a gruppi culturali diversi. Da un punto di vista giuridico, le famiglie miste sono formazioni sociali all’interno delle quali è presente una persona priva dello status di cittadino europeo. Tale nozione deriva da un’interpretazione sistematica e di disciplina.

A tal punto bisogna ricordare che l’art 2 della Costituzione della Repubblica italiana tutela l’uomo in quanto tale, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si sviluppa la sua personalità. Fra le formazioni sociali atte a determinare il processo di autopoiesi della persona figura la famiglia (sia di fatto, sia costruita sul matrimonio, sia costruita sull’unione civile e sia unipersonale). Secondo parte della dottrina, la famiglia così intesa è canone ermeneutico, soggetto e fattispecie[1].

Lo status familiae[2] è sintesi del fascio di situazioni giuridiche soggettive derivanti da tale comunità di vita, nonché diretta attribuzione dell’homo dignitus in quanto funzionalmente orientato allo sviluppo della persona all’interno della formazione sociale. Lo status familiae, dunque, è un corollario dello status personae, crogiuolo dei diritti fondamentali nonché dei doveri inderogabili di solidarietà economica, politica e sociale, teleologicamente orientati allo sviluppo dell’uomo, massima espressione dei valori supremi dell’ordinamento[3].

Vista tale portata assiologica, è chiara l’inapplicabilità del principio di reciprocità ex art. 16 delle disp. Prel. Cod. civ. alle situazioni giuridiche soggettive esistenziali, con particolare riferimento a quelle attinenti allo status familiae[4]. Questo perché le logiche del do ut des, non possono essere applicate alle situazioni giuridiche soggettive esistenziali. Il sinallagma esistenziale, in questi casi, è avulso da un ordinamento su base costituzionale in cui il dato l’assiologico corregge quello logico e dove dalla de-patrimonializzazione delle situazioni giuridiche soggettive nasce la tutela della persona[5].

Eppure, siamo in presenza di un ordinamento dove clausole generali quali il rispetto dell’ordine pubblico legittimano restrizioni alla vita familiare di “alcuni” consociati, diversificati dal fatto di non essere titolari della cittadinanza italiana e/o europea.

Ciò comporta anche effetti riflessi con riguardo al membro della formazione sociale cittadino, in quanto misure come il diniego del permesso di soggiorno o l’allontanamento del familiare straniero influiscono sul diritto alla vita familiare dello stesso e sul diritto di autodeterminarsi in relazione in una formazione sociale in relazione a una formazione sociale prodotto di libere scelte sentimentali. È compito del giurista, in particolare del civilista, cercare di tracciare soluzioni a garanzia dei diritti fondamentali dell’uomo.

2. Le famiglie miste e la libertà di circolazione: da una prospettiva economica ad una assiologica?

L’unione familiare delle famiglie miste è disciplinata dal D.lgs. n.30 del 2007[6], recepente la direttiva 38/2004/Ce[7] riguardante il diritto di circolazione dei cittadini europei e dei loro familiari, anche extracomunitari. Tali disposizioni si applicano anche ai familiari extracomunitari del cittadino italiano, solo se in favor. Ciò in forza del disposto ex art. 23 del D.lgs sovra citato, in virtù del quale “Le disposizioni del presente decreto legislativo, se più favorevoli, si applicano ai familiari di cittadini italiani non aventi la cittadinanza italiana”. 

Fin da subito, occorre sottolineare che l’intervento di protezione dell’Ue è meramente indiretto[8], in quanto teleologicamente orientato a garantire la libertà di circolazione dei consociati[9].

La famiglia invece di essere fine, diventa mezzo finalizzato a garantire le libertà economiche. Il tutto crea evidenti vuoti di tutela, nonché vistosi problemi applicativi. Si pensi alla problematica delle c.d. discriminazioni a rovescio[10]. Queste portano al paradosso secondo cui soltanto gli esercenti libertà economiche possono beneficiare della protezione europea[11].

I c.d. cittadini statici[12], invece, ad onta della ritrazione della competenza dell’Ue, rimangono alla mercé degli Stati membri[13]. Il tutto genera discrasie nella e della tutela, nonché trattamenti diseguali in relazione a soggetti aventi lo stesso status.

A contemperare tali problematiche è intervenuta la Corte di Giustizia. Questa ha affermato che con “l’avvento del trattato di Lisbona, i diritti derivanti dalla protezione europea discendono direttamente dalla Cittadinanza Ue e sono autonomi rispetto all’esercizio delle libertà economiche”[14]. Grazie a questo passaggio ermeneutico, si passa da una prospettiva di protezione economica ad una assiologica. I diritti discendenti dallo status di cittadino europeo, dunque, sono imputabili all’ homo dignitus e non soltanto all’ homo economicus[15]. Il cittadino europeo è protetto in quanto tale, non in quanto produttore di merci o mero esercente di libertà economiche.  

3. Il problema dell’alveo dei familiari ex art 2 D.lgs n. 30/2007

L’art. 2 del decreto 30/2007 definisce i familiari extracomunitari (o anche europei) del cittadino Ue, e dunque del cittadino italiano che beneficia della disciplina favorevole. Si tratta di: 1) il coniuge; 2) del partner che abbia contratto con il cittadino dell'Unione un'unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l'unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante; 3) dei discendenti diretti di età inferiore a 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner ; 4) degli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner.

Prima dell’analisi esegetica delle varie categorie di familiari, bisogna specificare che la disciplina normativa, in caso di cittadino Ue minore, sarà più favorevole. L’art. 4 co.2 del decreto in esame, infatti, stabilisce che per il minore di anni 18[16] il diritto di circolazione è disciplinato dalla normativa interna.

Avendo l’Italia aderito alla Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989[17] ogni decisione statale implicante il minore deve essere preordinata alla e deliberata in relazione alla realizzazione del best interest o child. Questo deve essere valutato in concreto, dovendo l’interprete prescindere da valutazioni aprioristiche e in astratto. Da qui deve desumersi l’inapplicabilità automatica delle limitazioni di cui all’art. 2 Dlgs. 30/2007, quando si tratta di minori che abbiano interesse a congiungersi e/o ricongiungersi a familiari non compresi nell’alveo.

È opportuno segnalare che la Corte di Giustizia dell’Ue[18] ha riconosciuto il diritto di soggiorno al genitore sociale di un minore cittadino europeo, al fine di garantire a quest’ultimo i diritti alla vita familiare connessi al suo status di cittadino[19]. L’interesse superiore del minore, in alcuni casi, pretende che siano accolte istanze che prescindono anche dei legami meramente biologici ed è compito degli operatori del diritto orientare la decisione all’interesse superiore del minore, direttamente connesso ai meccanismi di autopoiesi della persona. Coerentemente a ciò, la Corte di Giustizia dell’Ue ha esteso l’applicabilità della disciplina derivante dalla direttiva 2004/38/Ce anche al minore sottoposto a Kafala, sulla base del fatto che, nonostante egli non sia un discendente diretto, lo Stato membro deve agevolarne l’ingresso, previa valutazione "equilibrata e ragionevole" che tenga conto dell'interesse superiore del minore[20].

Vista la L. n. 76/2016, anche l’unito civile è un familiare[21].

In precedenza, l’Italia fu condannata dalla Corte di Strasburgo per il diniego del permesso di soggiorno al partner omosessuale di un cittadino europeo[22]. Fortunatamente, i precedenti gravissimi vuoti di tutela ratione materiae sono stati risolti.

La normativa europea, inoltre, permette di ricongiungere i figli (sociali e non) fino agli anni 21 senza particolari conditiones sine quibus non. Invece, i figli ultra-ventunenni nonché gli ascendenti diretti possono essere ricongiunti soltanto se a carico del richiedente[23]. Tale approccio normativo è censurabile poiché non sembra tenere in considerazione i legami affettivi ed effettivi genitori-figli che, sicuramente e in rerum natura, prescindono dallo status di vivenza a carico o dai dati meramente anagrafici.

Inoltre, un altro vuoto di tutela è rinvenibile nel fatto che l’art. 2 del decreto 30/2007 esclude dal novero dei soggetti passivi la parentela di secondo grado in linea collaterale. La summa dei vuoti di tutela concernenti l’alveo ristretto dei familiari è il frutto marcio un modus operandi tipicamente mercantilistico dell’Ue[24], nonché di un approccio di tutela indiretto.

4. Ingresso e soggiorno del familiare extracomunitario del cittadino europeo: questioni problematiche.

La normativa Ue interviene su tre aspetti principali: ingresso, soggiorno ed allontanamento del familiare extracomunitario del cittadino.

Per ciò che concerne il primo aspetto, il familiare extracomunitario di cittadino Europeo può entrare nel territorio italiano se munito di passaporto in corso di validità e visto d’ingresso[25] per il rilascio del quale è sufficiente l’esibizione di documentazione attestante il legame di parentela. Il respingimento alla frontiera può avvenire soltanto per motivi di sicurezza pubblica o la salute pubblica.

Deve considerarsi illegittimo un respingimento alla frontiera per la sola mancanza del visto perché il diritto di ingresso e soggiorno deriva non dal quest’ultimo, bensì dal vincolo familiare col cittadino[26].

In caso di soggiorno non superiore a tre mesi, non sono presenti formalità, se non l’onere di presentazione presso gli sportelli di Polizia per la formalizzazione della dichiarazione di presenza, in assenza della quale vi è una presunzione relativa di soggiorno protratto oltre i 3 mesi. Per i c.d. soggiorni di lunga durata (oltre i 3 mesi), invece, la normativa de qua richiede l’adempimento di alcuni oneri: la richiesta di iscrizione anagrafica[27] e quella della Carta di Soggiorno per familiari extracomunitari di cittadino Ue[28]. Il cittadino Ue che voglia stabilirsi insieme al suo familiare (cittadino o non) deve iscriversi all’anagrafe producendo vari documenti tra cui l’attestazione di adeguate risorse economiche[29]. Per il cittadino italiano e il suo familiare extracomunitario, invece, la richiesta di iscrizione anagrafica non è subordinata a requisiti reddituali, visti gli artt. 3 e 16 Cost.

L’ulteriore onere formale a cui dover adempiere è la richiesta, alla questura competente ratione locii entro 3 mesi dall’ingresso[30], previa presentazione di idonea documentazione ai sensi di legge[31], della Carta di soggiorno per familiari di cittadino Ue. Questo è un documento di soggiorno avente 5 anni di durata[32].

È da ritenersi assolutamente illegittima la prassi di alcune questure che, ai fini del rilascio del titolo, richiedono l’attestazione di adeguate risorse economiche e/o reddituali. Tale pretesa, infatti, oltre a cozzare con il principio di eguaglianza, non trova riscontro in alcuna disposizione normativa e, per tali ragioni, rappresenta una condotta abusiva potenzialmente censurabile anche da un punto di vista penalistico[33]. Si ricorda, infatti, che il reddito è richiesto ai soli fini dell’iscrizione anagrafica ex art. 7 e non per il rilascio della Carta di Soggiorno ex art. 10.

Per ciò che riguarda tale questione, è illuminante l’orientamento del Tribunale di Palermo che, anche sulla scorta di un’interpretazione teleologica e assiologica, esclude categoricamente l’esistenza del requisito del reddito per ciò che concerne il rilascio della Carta di soggiorno permanente per il familiare extracomunitario di cittadino italiano[34].

Ulteriore prassi illegittima è quella di subordinare il rilascio del provvedimento al controllo di coabitazione, derivante da un refuso generatosi dalla vecchia normativa che subordinava il permesso di soggiorno per motivi familiari (al familiare di cittadino italiano) al buon esito dei controlli di convivenza[35].  Anche la giurisprudenza ha censurato questo atteggiamento contrario al giudicato della Corte di Giustizia dell’Unione Europea[36], affermando che ai fini del rilascio della carta di soggiorno non è necessaria la prova di una effettiva convivenza[37]. Tale accertamento era necessario solo per il rilascio del un permesso di soggiorno per motivi di famiglia ex art 30 del T.U. Imm, ormai superato dalla Carta di soggiorno per familiari di cittadino UE[38].

Se l’accertamento della convivenza non rileva sul piano della concessione del provvedimento, lo stesso non può dirsi per un’eventuale revoca dello stesso, essendo l’effettiva convivenza uno degli indici presuntivi di matrimonio di comodo[39]. La mancata verifica della stessa, in alcuni limitati casi, dunque potrebbe legittimare la revoca del provvedimento a garanzia dell’ordine pubblico[40]. Il diniego è giustificato non dalla mancata convivenza in sé, ma dall’assente autenticità del vincolo comprovato dalla mancanza di quest’ultima[41].

Per queste ragioni, non è sufficiente accertare la mera assenza di convivenza ai fini della revoca del titolo di soggiorno, ma comprovare un’assente autenticità del vincolo coniugale. Il negozio giuridico matrimonio, dunque, deve essere abusivo nel senso che l’ab-utere deve essere rinvenibile nel fatto che l’atto sia stato stipulato soltanto al fine di eludere le norme in materia di immigrazione. Tale atteggiamento molto prudente è anche avallato indirettamente dall’art. 35 della direttiva 2004/38/CE che permette agli stati membri di rintracciare ed evitare eventuali abusi di diritto. Inoltre, è necessario sottolineare che l’accertamento della convivenza è cosa diversa da quella della mera della coabitazione. Convivenza e coabitazione, infatti, sono due elementi divergenti, essendo la seconda solo un indice di esistenza della prima, intesa come consortium viatae. Dunque, bisogna provare non la mancata coabitazione, ma la totale assenza di affectio fra i coniugi nonché il carattere fraudolento del negozio.

Bisogna comunque sottolineare che la carta di soggiorno non può essere rifiutata a causa di una pregressa irregolarità del richiedente[42].

Il familiare extracomunitario di cittadino europeo che ha soggiornato legalmente in via continuativa nel territorio nazionale acquisisce il diritto di soggiorno permanente, comprovato dal rilascio della c.d. “Carta di soggiorno permanente per familiari di cittadini europei”[43]. Il rilascio del seguente documento è subordinato esclusivamente alla prova di aver soggiornato legalmente nel territorio italiano congiuntamente al cittadino dell’unione europea per almeno 5 anni. L’assenza dal territorio per nazionale per un lungo periodo incide sul diritto di soggiorno permanente dello straniero[44].

La normativa non richiede particolari condizioni per l’ottenimento della Carta in quanto essa è soltanto funzionale a provare un diritto che è già acquisito automaticamente.       

5. L’allontanamento del familiare extracomunitario di cittadino europeo

Il familiare di cittadino Ue può essere allontanato dal territorio nazionale per due tipologie di ragioni: 1) motivi di ordine pubblico[45], di sicurezza pubblica[46] o di sanità pubblica[47][48]; 2) cessazione delle condizioni determinanti l’acquisizione del diritto di soggiorno[49].

L’art 20 del decreto legislativo 30/2007[50] dispone la limitazione del diritto di ingresso e soggiorno dei cittadini europei e dei loro familiari per motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, in ipotesi tipizzate.

Le ipotesi di sicurezza dello Stato sussistono allorquando l’allontanando appartenga ad una delle categorie di cui all’art 18 della legge 22 Maggio 1975 n 152 e successive modificazioni[51] e allorquando vi siano fondati motivi nel ritenere che la permanenza dello stesso possa agevolare organizzazioni o attività terroristiche nel compimento di attività criminali. I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando l’espellendo abbia tenuto comportamenti costituenti una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave per lo Stato, tale da comportare nocumento ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica[52].

Ai fini dell'adozione del provvedimento, si tiene conto anche: a) di eventuali condanne, pronunciate da un giudice italiano o straniero, per uno o più delitti non colposi, consumati o tentati, contro la vita o l'incolumità della persona; b) di eventuali condanne per uno o più delitti corrispondenti alle fattispecie indicate nell'art. 8 della legge 22 aprile 2005, n. 69[53]; di eventuali ipotesi di applicazione della pena su richiesta (c.d patteggiamento ex art 444 c.p.p.) per i medesimi delitti.

L’allontanamento del familiare extracomunitario del cittadino europeo è giustificato anche dall’ appartenenza a taluna delle categorie indicate all’art. 1 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o all'art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni[54], nonché dall’applicazione di misure di prevenzione e provvedimenti di allontanamento disposti dalle autorità straniere.

È prevista anche l’ipotesi peculiare dell’allontanamento per altri motivi di sicurezza, giustificato dalla sussistenza di un rischio grave ed attuale per le istituzioni dello Stato o per la società civile. Tale provvedimento amministrativo è disposto dal prefetto. Tale disposizione normativa, servendosi di una clausola generale ampia, sembra discostarsi da quanto richiesto dalla direttiva europea 2004/38/CE che, al contrario, sembra propendere per la tipizzazione delle cause di allontanamento. Tale tipologia di provvedimento ha natura eccezionale e deve essere il frutto di una decisione ponderata, proporzionata ed equilibrata della P.A. In particolare, il decreto dispone che, nel rispetto del principio di proporzionalità, l’amministrazione tenga conto dell’età, dello stato di salute, della situazione economica e familiare, dell’integrazione sociale e culturale nel territorio nazionale e dell’importanza dei legami con il paese di origine[55].

Quella dell’amministrazione, dunque, non deve essere un’attività meccanica consistente nell’applicare automaticamente la misura ablatoria ex persona al verificarsi di uno dei presupposti, ma deve essere il frutto di una valutazione ponderata di interessi che non può prescindere da un’analisi in concreto della situazione soggettiva del richiedente. La ratio di ciò è rinvenibile nel fatto che un provvedimento di allontanamento dispiega effetti indiretti anche nei confronti dei familiari dell’allontanato i quali, obtorto collo, sono depauperati nell’esercizio del diritto alla vita familiare in relazione all’allontanato. L’allontanato, dunque, deve essere inquadrato in un contesto di homme situé.

A riprova di ciò, si consideri l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale il cittadino extracomunitario familiare di un cittadino europeo non può essere allontanato per il solo fatto di avere precedenti penali, senza che vengano esaminate in concreto le relazioni familiari e sociali[56]. Inoltre, il comma 4 dell’art 20 specifica che i provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità[57] e non possono essere motivati da ragioni di ordine economico o da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato che rappresentino una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. L'esistenza di condanne penali, dunque, non giustifica ex se l'adozione di tali provvedimenti che, cum grano salis, possono essere adottati soltanto in presenza di un pericolo concreto e non presunto[58].

Sono presenti, inoltre, delle limitazioni ratione personae al provvedimento di allontanamento.

In particolare, i titolari del diritto di soggiorno permanente di cui all'articolo 14 possono essere allontanati dal territorio nazionale solo per motivi di sicurezza dello Stato, per motivi imperativi di pubblica sicurezza o per altri gravi motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza[59]. I beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni[60] o che siano minorenni, invece, possono essere allontanati solo per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi imperativi di pubblica sicurezza[61], salvo che l'allontanamento sia necessario nell'interesse stesso del minore, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo[62]. In questo caso, l’interesse superiore del minore diventa limite all’esercizio del potere coattivo della pubblica amministrazione. In un bilanciamento di principi, il best interest of child prevale sull’ordine pubblico. Questa tipologia di provvedimenti sono disposti dal prefetto, anche a seguito di segnalazioni del sindaco.

L’altra tipologia di allontanamento è disciplinata dall’art 21 del decreto legislativo 30/2007 e riguarda l’adozione del provvedimento ablatorio alla cessazione delle condizioni del diritto di soggiorno. La differenza tra le due tipologie di provvedimento è che quest’ultimo non prevede, a differenza del primo adottato per motivi di ordine pubblico, un divieto di reingresso per il destinatario del provvedimento.

Il decreto offre anche delle garanzie di rispetto dei diritti fondamentali sul piano dell’esecuzione del provvedimento. La regola è il rimpatrio volontario, l’eccezione è quello coattivo. Questo prende vita allorquando il destinatario del provvedimento non ottemperi all’ordine di lasciare il territorio. Avverso i provvedimenti di allontanamento per motivi di sicurezza dello Stato o per motivi di ordine pubblico, la tutela giurisdizionale appartiene al giudice amministrativo, mentre avverso il provvedimento di allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, per motivi imperativi di pubblica sicurezza e per la cessazione delle condizioni che determinano il soggiorno, è necessario adire giudice ordinario.

La disciplina relativa all’allontanamento del familiare extracomunitario del cittadino europeo diverge da quella riservata a quello convivente con cittadino italiano, inespellibile ai sensi dell’art 19 del Testo Unico sull’immigrazione.

6. Il divieto di espulsione del familiare straniero convivente con cittadino italiano

Le norme relative all’ allontanamento del familiare del cittadino europeo non trovano applicazione per ciò che concerne quello del cittadino italiano, in quanto meno favorevoli. L’art. 19 del T.U. Imm dispone: “non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'art. 13 co. 1[63], nei confronti degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado[64] o con il coniuge, di nazionalità italiana”.

La ratio della normativa è rinvenibile nella volontà del legislatore di tutelare il diritto alla vita familiare del cittadino italiano che, in caso di espulsione di un familiare convivente si troverebbe dinnanzi a un bivio: scegliere di seguire il familiare espulso abbandonando il territorio nazionale o rimanere sul territorio nazionale rinunciando a una quota parte di vita familiare. Nonostante ciò, bisogna sottolineare che tale divieto, attinente a tutte le tipologie di espulsione, è relativo poiché cede di fronte a gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza pubblica[65].

La relatività del divieto non collide, da un punto di vista logico-dogmatico, con il diritto alla vita familiare ex art. 8 Cedu, in quanto tale tutela non è incondizionata. L’ingerenza dell’autorità pubblica, infatti, è consentita se prevista dalla legge quale misura necessaria in una società democratica ai fini della tutela della sicurezza nazionale, del benessere economico del Paese, della difesa dell’ordine e della prevenzione dei reati, della protezione della salute e della morale e della protezione dei diritti e delle libertà altrui[66].

Secondo l’orientamento pretorio prevalente, il divieto di espulsione non avrebbe efficacia retroattiva[67].

Gli effetti ex tunc, infatti, aprirebbero le porte a spiacevoli episodi di negozi giuridici abusivi[68], stipulati al solo fine di eludere il provvedimento ablatorio ex persona già adottato.

Tuttavia, il legislatore ha deciso di compiere attente operazioni di bilanciamento assiologico a monte. Infatti, ai fini di tutelare il diritto del cittadino italiano a formare una famiglia e selezionare liberamente la persona con cui condividere il processo di autopoiesi della persona all’interno della formazione sociale, è possibile, per il cittadino extracomunitario gravato da un provvedimento di espulsione dal territorio italiano, ottenere una speciale autorizzazione, emessa con decreto del Ministro degli interni, al fine di poter rientrare nel territorio italiano e ricongiungersi con il cittadino.

I beneficiari del provvedimento sono i familiari conviventi entro il secondo grado, nonché con il “coniuge” di nazionalità italiana. L’avvento della legge 76/2016 ha portato a una doverosa interpretazione estensiva della nozione di coniuge, entro la quale rientrano anche l’unito civile nonché il convivente di fatto[69]. Ciò ha posto fine ad uno spropositato vuoto di tutela, visto che tali situazioni erano irrilevanti ai fini dell’operabilità del divieto di espulsione[70]. In altre parole, i conviventi more uxorio erano “costretti a sposarsi preventivamente” e ciò rendeva il matrimonio un atto meno libero. La giurisprudenza arrivò addirittura a ritenere legittima l’espulsione di un extracomunitario convivente more uxorio con una cittadina italiana dalla quale aveva avuto una figlia minore[71]. Le coppie miste omosessuali, invece, non ricevevano la minima tutela, poiché non veniva concesso il soggiorno per motivi familiari al partner straniero.

Gli altri familiari non espellibili, se conviventi, sono quelli entro il secondo grado: padre, madre, figli, fratelli e nonni. Tali categorie devono essere convenzionalmente interpretate, per cui è lecito ritenere rientrante in tale ambito anche la parentela sociale.

Oggi, infatti, il concetto di familiare trasuda logiche meramente biologiche, abbracciando l’assunto secondo il quale dell’affetto nasce l’effettoò

Particolari problemi applicativi comporta la portata ermeneutica del termine “convivenza”, al quale l’art. 19 T.U. Imm. subordina il beneficio dell’inespellibilità relativa, essendo il familiare non convivente potenzialmente espellibile[72], fermo restando l’obbligo della P.A di valutare i legami familiari e l’incidenza del provvedimento su questi. A tal uopo, non bisogna confondere la convivenza, intesa come consortium vitae, con la coabitazione. Infatti, mentre la seconda è un aspetto meramente formale del rapporto, la prima va analizzata da un punto di vista spirituale come comunione di vita e assistenza reciproca[73], frutto di una scelta volontaria[74]. La convivenza con un coniuge italiano quale condizione ostativa all'espulsione deve dunque essere intesa come “una situazione di possibile ripristino della comunione di vita, la quale postula, dunque, una valutazione prognostica che il giudice deve articolare sulla base di massime tratte dalla comune esperienza[75]”. La coabitazione, quindi, è solo un indice di convivenza. La corretta interpretazione del termine convivenza ha comportato il riconoscimento del beneficio dell’inespellibilità relativa al convivente non coabitante per ragioni economiche nonché lavorative[76]. Tale orientamento è senz’altro condivisibile, in quanto tiene conto delle moderne logiche di mercato che frequentemente portano i familiari a non coabitare al fine di raggiungere una condizione economica atta al mantenimento di una vita libera e dignitosa.

7. Conclusioni: il bilanciamento dei principi deve tenere in considerazione anche gli effetti indiretti.

Alla luce di quanto esposto, è evidente la presenza di problematiche refluenti indirettamente sul diritto alla vita familiare del cittadino europeo componente di una famiglia mista.

Ogni disposizione, dunque, non dovrebbe essere valutata soltanto in relazione al soggetto diretto titolare della situazione giuridica soggettiva ma, de iure condito e de iure condendo, anche in relazione agli effetti indiretti che potrebbe comportare nei riguardi di familiari aventi la cittadinanza[77].

Questo perché le situazioni giuridiche soggettive attinenti allo status familiae attengono al minimo vitale della persona, res cogitans della dignità dell’uomo quale nucleo dello status personae, di guisa che il legislatore ordinario non ha il potere di negare alla persona il contento essenziale dei diritti inviolabili dell’uomo [78].

D’altronde, bisogna ricordare che al legislatore è permesso introdurre regimi di tutela differenziati soltanto in presenza di una causa che non sia fonte di discriminazioni irragionevoli[79]. Se tale requisito sicuramente è rispettato con riguardo alle esigenze impellenti di tutela della sicurezza pubblica, è dubbio con riguardo all’esigenza di un pressante controllo sui negozi abusivi (che riguarda l'ordine pubblico).

Nonostante sia giusto e ragionevole scoraggiare e contrastare l’abusività dei negozi di comodo, bisogna farlo cum grano salis.

In altre parole, una legislazione ragionevole potrebbe adottare misure più severe per i paciscenti abusivi, limitando all’essenziale mezzi di controllo irragionevoli come il controllo della coabitazione che, dogmaticamente, collide con la riconosciuta libertà dei coniugi di sospenderla o derogarla temporaneamente[80].

Tutto ciò in relazione al principio di proporzionalità della misura a detrimento in relazione al fine[81]. Per far ciò, è necessario, in concreto, stabilire quando un negozio giuridico familiare sia abusivo e quando sia meramente simulato. Infatti, accreditata parte della dottrina, non considera la simulazione di matrimonio, ex sè, come negozio abusivo, qualora questa che sia finalisticamente orientata alla tutela del valore della persona[82]

Inoltre, il bilanciamento di principi, in caso di diniego di soggiorno o espulsione del cittadino extracomunitario, dovrebbe essere ponderato anche in relazione a diritti di terzi potenzialmente lesi[83].

Ciò garantirebbe uguaglianza, ragionevolezza e parità di trattamento[84].

Non è sufficiente, in termini di ragionevolezza, parametrare il bilanciamento dei principi al solo nocumento del diritto alla vita familiare del soggetto direttamente interessato dal provvedimento, dovendo la P.A. e, eventualmente, il giudice compiere un’operazione di bilanciamento di principi assai più complessa. Il bilanciamento di principi, dunque, non dovrebbe avere un oggetto duplice (interessi del privato e dello Stato), ma triplice, dovendosi tenere in considerazione anche l’assetto di interessi del soggetto leso indirettamente. Ciò poiché il criterio della ragionevolezza, parametro del bilanciamento, deve essere fondato sul valore della persona, anche terza rispetto al rapporto[85].

L’effetto indiretto, dunque, diventerebbe canone ermeneutico in grado di illuminare l’interprete orientandolo ad una maggiore tutela dei diritti fondamentali e, specificatamente, quelli afferenti allo status familiae, riflesso dello status personae. Ciò garantirebbe quello che la dottrina invoca da anni: un bilanciamento effettivo[86].

Infine, per scongiurare prassi illegittime, il legislatore potrebbe positivizzare alcuni concetti come: la portata del termine convivenza; la non necessarietà del reddito in sede di rilascio della carta di soggiorno; l’irrilevanza del controllo di convivenza ai fini del rilascio del già citato titolo di soggiorno.


Note e riferimenti bibliografici

[1] L. Principato, I profili costituzionali della famiglia, come canone ermeneutico, soggetto giuridico e fattispecie, in Giurisprudenza Costituzionale, fasc.2, 2015, pag. 649.

[2] F. Prosperi, Rilevanza della persona e nozione di status, in civilistica.com, a. 2. n. 4. 2013, p.10.

[3] Per un’interpretazione sistemica dei concetti di status famialiae e status personae rimanda a: G. Chiappetta, Gli status personae e familiae nella giurisprudenza delle corti sovrannazionali, Napoli, 2012, Passim.

[4] Cort. Cost. sent. n.105 del 10.4.2001.

[5] P. Perlingieri, Interpretazione assiologica del diritto civile, in Le corti salernitane, 3-4 2013, p. 492, p 471. L’autore, in particolare, afferma che “l’assiologia, tuttavia, non esclude la logica, ma la corregge: realizza il passaggio da un approccio esclusivamente razionalistico ad uno fondato sulla ragionevolezza”.

[6] A. Lang, B. Nascimbene, L’attuazione in Italia della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2007, n. 2, p. 43_63.

[7] V. C.Sanna, La direttiva 2004/38/CE relativa la diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2006, p. 1157.

[8] Sul punto si rimanda A S. Amadeo, I diritti fondamentali dei familiari di cittadini europei fra garanzie della famiglia e garanzie della libera circolazione, in A. Annoni E P. Mori, I diritti delle famiglie migranti fra integrazione e tutela della diversità, Torino 2015, p. 23_69.

[9] Si veda art. 1 direttiva 38/2004/CE.

[10] V. Di Comite, La difficile posizione degli stranieri familiari di cittadini di Stati membri dell’Unione europea e le discriminazioni a rovescia: una questione ancora aperta? in Gli stranieri, 2012, n. 1, p. 85_104; E. Cannizzaro, “Esercizio di competenze comunitarie e discriminazioni a rovescio, in www.cannizzaro-sapienza.eu.

[11] Vedi art. 3 direttiva 2004/38/CE.

[12] I c.d. cittadini statici sono coloro i quali non esercitano le libertà economiche sancite dall’Ue, a differenza dei c.d. cittadini dinamici.

[13] Si veda il famoso caso Morson c. Paesi Bassi (Cort. Giust. Sent. del 27.10.1982), in www.eur-lex.europa.eu.

[14] Si veda il famoso caso Zambrano (Cort. Giusti. Sent. del 8.3.2011, causa C-34/09), in www.eur-lex.europa.eu.

[15] M.G. Turri, Homo economicus europeo, in www.academia.edu.

[16] Ciò vale anche per gli inabilitati, gli interdetti ed i beneficiari di amministrazione di sostegno.

[17] Convenzione sui diritti del fanciullo del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176.

[18] Cort. Giust. Caso O. e S. del 6.12.2012, c 357/11, in www.eur-lex.europa.eu.

[19] Si rimanda a G. Chiappetta, Lo scioglimento delle comunità di vita per via negoziale, in www.giustiziainsieme.it.  

[20] Corte giustizia UE, grande sezione, 26/03/2019, n. 129, in Guida al diritto 2019, 1 , 22.

[21] Prima della legge in questione, la giurisprudenza di merito tendeva ad un’interpretazione neutra di matrimonio, secondo la quale l’alterità dei sessi non era conditio sine qua non per la validità del negozio (Ciò per recepire l’orientamento della Corte di Strasburgo. In particolare, si prenda in considerazione il caso Oliari/Italia (sent. del 21.7.2015, ricorsi nn. 18766/11 e 36030/11).

[22] Si veda il famoso caso Taddeucci-Mc call vs Italia (Cort. EDU, sent. del 30.6.2016, Ric. n. 51362/09), in www.echr.coe.int.

[23] Sulla nozione di familiare a carico illuminante è la definizione della Corte di Giustizia dell’Ue (Cort. Giust. Sent. del 8. 11.2012, Yashikazu Lida vs Stadt Ulm, in www.eur-lex.europa.eu): “la qualità di familiare «a carico» del cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno risulta da una situazione di fatto caratterizzata dalla circostanza che il sostegno materiale del familiare è garantito dal titolare del diritto di soggiorno, di modo che, quando si verifica la situazione inversa, vale a dire che il titolare del diritto di soggiorno è a carico del cittadino di un paese terzo, esso, per beneficiare di un permesso di soggiorno nello Stato membro ospitante, non può far valere la sua qualità di ascendente «a carico» di detto titolare”.

[24] In senso critico sulla direttiva si rimanda a M.Di Filippo, La libera circolazione dei cittadini comunitari e l'ordinamento italiano: (poche) luci e (molte) ombre nell'attuazione della direttiva 2004/38/CE, in Riv. dir. int., 2008, pp. 420.

[25] Vedi art. 5 Dlgs 30/2007.

[26] Cort. Giust., sent. del 14.4.2005, causa C-157/2003, in www.eur-lex.europa.eu.

[27] Vedi art 7 dlgs 30/2007.

[28] Vedi art 10 dlgs 30/2007.

[29] Più specificatamente occorre la seguente documentazione: a) documentazione dello Stato del cittadino dell’Unione, titolare del diritto di soggiorno, dalla quale risulti il rapporto parentale, ovvero la relazione stabile, registrata nel medesimo Stato; b) autodichiarazione del cittadino dell’Unione della qualità di familiare a carico o convivente, ovvero della sussistenza di gravi motivi di salute che impongono l’assistenza personale da parte del cittadino dell’Unione avente autonomo diritto di soggiorno; c) assicurazione sanitaria, ovvero altro titolo comunque determinato idoneo a coprire tutti i rischi nel territorio nazionale; d) autodichiarazione del cittadino dell’Unione della disponibilità di risorse sufficienti per sé ed il familiare o il convivente, secondo i criteri di cui all’art. 29, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (circolare n. 39 Prot. n. 200704165/15100/14865 del 18 luglio 2007).

[30] Tale termine è ordinatorio, vista l’assenza di sanzioni.

[31] Art 10 dlgs. 30/2007 punto 3: Per il rilascio della Carta di soggiorno, è richiesta la presentazione:

 a) del passaporto o documento equivalente, in corso di validità, nonché del visto di ingresso, qualora richiesto; b) di un documento che attesti la qualità di familiare e, qualora richiesto, di familiare a carico; c) dell'attestato della richiesta d'iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell'Unione; d) della fotografia dell'interessato, in formato tessera, in quattro esemplari

[32] La carta di soggiorno di familiare di un cittadino dell'Unione ha una validità di cinque anni dalla data del rilascio  e mantiene la propria validità anche in caso di assenze temporanee del titolare non superiori a sei mesi l'anno, nonché di assenze di durata superiore per l'assolvimento di obblighi militari ovvero di assenze fino a 12 mesi consecutivi per rilevanti motivi, quali la gravidanza e la maternità, malattia grave, studi o formazione professionale o distacco per motivi di lavoro in un altro Stato.

[33] In alcuni casi, ferma la configurabilità dell’elemento soggettivo nel caso concreto, potrebbe sussistere il delitto di cui all’art 323 c.p.

[34] Tribunale di Palermo, sezione specializzata Immigrazione, ordinanza del 17 settembre 2019, n. 6635.

[35] ex art 19, Dlgs. 286/98 - ex art 28, D.P.R. 394/99.

[36] Si pensi ai casi Metock (Cort. Giust., G.S., sent. del 25.7.2008., C-127/08) e Mrax (Cort. Giust., G.S., sent. del 25.7.2002., C-459/99).

[37]Cass. civ., sez. I, sent n. 5378 del 27/02/2020, in Giustizia Civile Massimario 2020, Cass. civ. sez. I, sent. n 10925 del 18/04/2019, in Diritto & Giustizia 2019, 19 aprile; Cass. Sent. n.12745 del 23.5.2013; Cass., sent. n. 5303 del 6.3.2014 n 5303; Cass. sentenza n. 2829 del 12.2.2015, Cass., sez. VI Civile – 1, sent. n. 2829 del 12.2.2015.

[38] Cass. sent. n. 23598 del 3.11.2006, Cass. sent. n.2538 del 8.2.2005; Cass. sent. n. 25027 del 25.11.2005; Cass sent. 17571 del 27.7. 2010. Reperibili in banca dati Iusexplorer.

[39] l Consiglio dell’Unione Europea, con la Risoluzione n. C 382 del 16/12/1997, ha individuato i c.d. indici di matrimonio di comodo. Essi sono: Il mancato mantenimento del rapporto di convivenza; l'assenza di un contributo adeguato alle responsabilità che derivano dal matrimonio; il fatto che i coniugi non si siano mai incontrati prima del matrimonio; il fatto che i coniugi commettano errori sui loro rispettivi dati personali (nome, indirizzo, nazionalità, occupazione), sulle circostanze in cui si sono conosciuti o su altre informazioni importanti di carattere personale che li riguardano; il fatto che i coniugi non parlino una lingua comprensibile per entrambi; il fatto che venga corrisposta una somma di denaro affinché il matrimonio sia celebrato (eccettuate le somme corrisposte a titolo di dote, qualora si tratti di cittadini dei paesi terzi nei quali l'apporto di una dote è una prassi normale); il fatto che dai precedenti di uno o dei due coniugi risultino indicazioni di precedenti matrimoni “fittizi”.

[40] Cass. civ., sez. I, sent.n. 25333 del 25.10.2017, in Diritto & Giustizia 2017, 26 ottobre.

[41] Cass. ord. n. 10392 del 19.05.2016

[42] Tribunale di Roma, ordinanza del 26 Novembre 2012, in Sentenze interessanti – N.08/2013; Cort. Giust. CE, grande sezione, sent. 25.7.2008, causa C127/ 08, Metock, cit.; Cort. di Giust. Sent. del 4.3.2010, causa C578/08, Chakroun.

[43] Vedi art. 14 Dlgs 30/2007.

[44] T.A.R., Roma, sez. I, 03/09/2019, n. 9139, in Redazione Giuffrè 2018.

[45] Da intendersi come distillato del “sistema di tutele approntate a livello sovraordinato rispetto a quello della legislazione primaria, sicché occorre fare riferimento alla Costituzione e, dopo il Trattato di Lisbona, alle garanzie approntate ai diritti fondamentali dalla Carta di Nizza, elevata a livello dei trattati fondativi dell’Unione Europea dall’articolo 6 TUE” (Cass., Sez. lavoro, 21 gennaio 2013, n. 1302).

[46] I motivi imperativi di pubblica sicurezza sussistono quando l’espellendo abbia tenuto comportamenti costituenti una minaccia concreta, effettiva e sufficientemente grave tale da comportare nocumento ai diritti fondamentali della persona ovvero all'incolumità pubblica.

[47] Art 20 comma 8, Dlgs 30/2007: Le malattie o le infermità che possono giustificare limitazioni alla libertà di circolazione nel territorio nazionale sono solo quelle con potenziale epidemico individuate dall'Organizzazione mondiale della sanità, nonché altre malattie infettive o parassitarie contagiose, sempreché siano oggetto di disposizioni di protezione che si applicano ai cittadini italiani. Le malattie che insorgono successivamente all'ingresso nel territorio nazionale non possono giustificare l'allontanamento.

[48] Vedi art. 20 Dlgs 30/2007.

[49] Vedi art. 21 Dlgs 30/2007.

[50]  L’articolo è stato sostituito dall’art 1 comma 1 lett.c del decreto legislativo 28 Febbraio 2008, n 32

[51] Tale disposizione normativa è stata abrogata ma le fattispecie ivi previste sono riprodotte parzialmente nell’art 4 del Dlgs n 159/2011

[52] Art 20 comma 3, dlgs 30/2007; M.Malena, Allontanamento dello straniero e libertá fondamentali: profili costituzionali, in www.forumcostituzionale.com, p. 292 ss

[53] Si tratta delle ipotesi per le quali è prevista la consegna obbligatoria in caso di emissione di un mandato di cattura europeo, cioè dei fatti tipizzati dalla norma, sempre che, escluse le eventuali aggravanti, il massimo della pena o della misura di sicurezza privativa della libertà personale sia pari o superiore a tre anni.

[54] In base all’art. 116 d. lgs. n. 159/2011 i riferimenti a tali disposizioni oggi abrogate devono oggi essere riferiti alle ipotesi previste negli artt. 1 e 4 del d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

[55] A.Lang-B.Nascimbene, L’attuazione in Italia della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, cit., p. 60; B.Nascimbene, Le migrazioni tra sovranitá dello Stato e tutela dei diritti della persona, cit., p. 17; M.Malena, Allontanamento dello straniero e libertá fondamentali: profili costituzionali, in www.forumcostituzionale.com, p. 293; S. Bana, il ricongiungimento familiare e la sua tutela multilivello, Roma 2014 p.134,135

[56] Corte giustizia UE, grande sezione, 13/09/2016, n. 304, in Diritto & Giustizia 2017, 3 gennaio.

[57] Per approfondimenti sul punto si rimanda a Adinolfi A., "La libertà di circolazione delle persone e la politica dell'immigrazione", in G. Strozzi (a cura di), Diritto dell'Unione Europea - Parte speciale, Torino, Giappichelli, 2015; Marra G., Il trattamento penale dell'immigrato irregolare al vaglio della Corte Costituzionale. Una decisione ragionevole per una norma irragionevole, "Gli stranieri", 2010, 2.

[58] Sul comma 4 dell’articolo oggetto di analisi, la giurisprudenza di merito hanno avuto modo di pronunciarsi più volte annullando i provvedimenti di allontanamento in mancanza della concretezza del pericolo. Si rimanda, a titolo esemplificativo, al decreto del 8.10.2008 del Tribunale di Milano, al decreto 9.3.2009 del Tribunale di Roma, al decreto del 4.7.2008 de il Tribunale di Firenze, al decreto del 16.1.2008, il Tribunale di Bologna.

[59] Art 20 comma 6, dlgs 30/2007

[60] Corte di giustizia dell’UE nella sent. del 23 novembre 2010 nel procedimento C - 145/09, ha precisato che nel conteggio degli anni di residenza bisogna tenere in considerazione non soltanto i dati formali (come l’iscrizione anagrafica), ma anche i dati sostanziali caratterizzati dal conteggio delle assenze, se prolungate, di quest’ultimo dallo stato membro

[61]M. Borraccetti, Il rimpatrio di cittadini irregolari: armonizzazione (blanda) con attenzione (scarsa) ai diritti delle persone, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2010, 1; P. De Pasquale P., Misure nazionali di rimpatrio e diritto dell'Unione Europea: da El Dridi ad Achughbabian, in Studi sull'integrazione europea, 2012; F. Spitaleri,  L'interpretazione della direttiva rimpatri tra efficienza del sistema e tutela dei diritti dello straniero, in Diritto, immigrazione e cittadinanza, 2013, 1.

[62] Art 20 comma 7, dlgs 30/2007

[63] Cass. civ. sez. VI, Sent. n. 701 del 12.01.2018, in banca dati Iusexplorer: “si tratta di gravi motivi di ordine pubblico e sicurezza dello Stato".

[64]  Cass. civ., sez. I, Sent n.111 del 4.1.2011:  “Non può essere espulso per mancato rinnovo del permesso di soggiorno il cittadino extracomunitario che convive con la madre di cittadinanza italiana, per mancato rinnovo del titolo di soggiorno”.

[65]Cass. sent. n. 25150 del 02/07/2010; Cassazione, sez. IV pen., Sent. n. 50379 del 2.12.2014.

[66] Cass civ, sent. n. 14610 del 13.7.2015.

[67] Cass pen sez I sent. n 26753 del 1.7.2009, n 26753, in G. Correale- L. di Murro, in cod. imm. Comm. con la giurisprudenza, Piacenza, 2018.

[68] Cass. ord. n. 11582 del 10.7.2012.

[69] Cass., I sez. pen., sent. n. 44182 del 18.10.2016.

[70]   Cass. pen, sez. I, sent. n 24710 del 18.6.2008, in altalex mese 9/2008; Cass. Civ., sez. I, ord. n. 15835 del 06.07.2009; Cass. Civ., sez. I, sent. 17.03.2009 n. 6441;  La giurisprudenza ritenne legittima l’espulsione di un extracomunitario convivente more uxorio con una italiana dalla quale aveva avuto una figlia minore (Cass., sez. VI Civile, ord. n. 3373 del 13.2.14)

[71] Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza n. 3373/14; depositata il 13 febbraio

[72]Cass. sent. n. 2539 del 08.02.2005; Cass. sent. n. 7912 del 18.02.2013; Cass. Sent n. 15294 del 12.12.2012; Cass. Civ., Sez. VI, ord. n.11593 del 10.7.2012.

[73] Trib. Milano, Sez. Affari Immigrazione, ordinanza del 14 dicembre 2012. Sul rapporto tra simulazione di matrimonio con extracomunitario e convivenza si è espresso il Tribunale di Foggia, con sentenza 19 giugno 2012 n. 856: “L’effettiva instaurazione della comunione fra i coniugi comporta il riconoscimento della validità di un vincolo il cui difetto genetico è limitato proprio alla concorde esclusione della realizzazione della comunità coniugale”.

[74] Cass civ. sez I, sent. n. 567 del 15.1.2010 in Codice dell’immigrazione commentato con la giurisprudenza, Piacenza, 2017, p 182; Cass civ. sez I, 4 Febbraio 2010 n 2612, in codice dell’immigrazione commentato con la giurisprudenza, Piacenza 2017, p.183.

[75] Cassazione penale sez. I, 27/05/2019, n.37033, in Diritto & Giustizia 2019, 4 settembre (nota di: Attilio Ievolella).

[76] Cass., Sez., I Civ., sent. n. 22230 del 29.10. 2010.

[77] In tale prospettiva si muove anche la giurisprudenza della Corte di Strasburgo. A tal riguardo si rimanda a V.A. De Gaetano, Immigrazione e la Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo: Breve panoramica della giurisprudenza della CEDU, in http://www.cortedicassazione.,it/, passim.

[78] V. E. Caterini, Il «minimo vitale», lo stato di necessità e il contrasto dell’esclusione sociale, in Rass. dir. civ., 2016, 4, p. 1141 e ss.

[79] Corte cost., 4 luglio 2013, n. 172, in Giur. cost., 2013, p. 2542; nonché Corte cost., 11 dicembre 2015, n. 262, in Giur. cost., 2015, p. 2272 (e in Giur. it., 2016, p. 885 ss., con nota di Rivaro, R.: “Riflessioni sulla sospensione della prescrizione dell’azione sociale di responsabilità).

[80] Cort. Cass., 11 aprile 2000, n. 4558 , in Giust. civ. mass., 2000, 775.

[81]H. Lambert, The position of aliens in relation to the European Convention on Human Rights, in www.echr.coe.int.

[82]E. Perego, La simulazione nel matrimonio civile, Giuffrè, Milano, 1980.

[83] Circa la problematica del bilanciamento dei principi in relazione ai terzi, anche in senso critico con riferimento alla gerarchia, si rimanda a G.Pino, Conflitto e bilanciamento tra diritti fondamentali Una mappa dei problemi, in «Ragion Pratica», 28, 2007, pp. 219-276, passim.

[84] G. Perlingieri, Ragionevolezza e bilanciamento nell’interpretazione recente della Corte costituzionale, in Actualidad Jurídica Iberoamericana N. 10, febrero 2019, p. 14.

[85] P. Perlingieri, Manuale di diritto civile, Napoli, 2017, p.18.

[86] P. Perlingieri, op. cit.