Pubbl. Lun, 11 Mag 2020
I provvedimenti emergenziali della P.A. recepiti a livello di norma primaria: “legificazione” o mero rinvio?
Modifica paginaIl presente contributo si occupa dell’esame della problematica relativa al richiamo operato dal Decreto Legge del 23 febbraio 2020 n. 6 alle ordinanze urgenti adottate dal Ministro della Salute antecedentemente a tale decreto ed implicitamente richiamate dai successivi atti governativi: in tal caso sembra configurarsi un’ipotesi di rinvio recettizio del D.L a provvedimenti amministrativi. Un’analisi più attenta alle ordinanze in questione lascia propendere per qualificazione delle stesse, dal punto di vista della natura giuridica, di atti necessitati piuttosto che di atti di necessità ed urgenza sussistendo la norma primaria, di cui all’art 32 della legge 833/1978, attributiva all’Organo amministrativo del potere di esercitare il relativo potere emergenziale.
Sommario: 1. Il tema della questione; 2. I provvedimenti contingibili e urgenti; 3 Le ordinanze emergenziali del Ministro della Salute; 4 “Legificazione” delle ordinanze emergenziali o mero rinvio non recettizio operato dal D.L. n. 6/2020?
1. Il tema della questione
Come è noto, dalla fine di febbraio 2020 sono stati adottati in Italia, sia dagli Organi del Governo centrale sia dalle Autorità regionali e comunali, un numero elevato di provvedimenti urgenti volti a contenere l’emergenza sanitaria da covid 19: decreti legge, D.P.C.M., decreti e circolari ministeriali e di protezione civile, ordinanze e decreti regionali e comunali.
Tra le tante problematiche di carattere giuridico che sono emerse da questo “mare immenso” di provvedimenti emergenziali, ho ritenuto soffermarmi sulla questione del richiamo operato dal Decreto Legge del 23 febbraio 2020 n. 6 alle ordinanze urgenti adottate dal Ministro della Sanità antecedentemente a tale decreto ed implicitamente richiamate dai successivi atti governativi.
2. I provvedimenti contingibili e urgenti
Prima di entrare nel merito della questione, mi pare opportuno soffermarmi sulle caratteristiche principali dei provvedimenti amministrativi adottati in situazioni emergenziali.
I provvedimenti contingibili e urgenti possono essere adottati dall’Autorità amministrativa in presenza di situazioni eccezionali derogando talvolta alla normativa di rango primario ma nel rispetto delle norme costituzionali e dei principi generali dell’ordinamento giuridico. In altri termini, la legge non predetermina il contenuto della statuizione in cui il potere possa esercitarsi ovvero consente alla stessa Amministrazione di esercitare un potere tipico in presenza di situazioni differenti da quelle previste in via ordinaria[1].
Nell’ambito di tale categoria di atti si collocano le ordinanze di necessità ed urgenza le quali sembra che possano derogare ai principi di tipicità e nominatività dei poteri amministrativi: in tal modo l’Amministrazione avrebbe un più ampio margine di determinare le misure più idonee a fronteggiare ed arginare le situazioni di eccezionalità che si potrebbero verificare e che ovviamente non possono essere previamente individuate dal legislatore.
Per anni, sotto il profilo della natura giuridica, autorevole dottrina ha avallato la tesi secondo cui tali atti di necessità ed urgenza avrebbero contenuto normativo e sarebbero inquadrati tra le fonti di secondo grado cui la legge consentirebbe in via eccezionale di derogare alle norme primarie[2].
La giurisprudenza ha spesso avvalorato la tesi che gli stessi fossero annoverabili nella categoria dei provvedimenti amministrativi e che occorre verificarne in concreto caso per caso il contenuto al fine di valutare se ed entro quale limite l’obiettivo dell’ordinanza sia quello di fissare regole generali ed astratte che deroghino alla legge[3].
Con particolare riferimento alle ordinanze governative di protezione civile, adottate a seguito di taluni eventi quali calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, la giurisprudenza ha affermato che, una volta dichiarato lo stato di emergenza dal Consiglio dei Ministri, si possono emanare ordinanze "in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico"[4]
I provvedimenti di necessità ed urgenza si distinguono dagli atti necessitati la cui adozione è legittimata dal precetto contenuto nella norma di legge. In concreto, il legislatore già prevede talune situazioni di pericolo attribuendo all’Amministrazione il potere di adottare gli atti di urgenza al loro verificarsi. In pratica, il contenuto dell’atto necessitato può necessariamente corrispondere ad una disposizione normativa o ad un precedente provvedimento della Amministrazione così come spesso avviene in materia di abusivismo edilizio. In tal caso, una volta accertata l'abusività dell'opera per assenza o non conformità al permesso di costruire, l'ordine di demolizione e i provvedimenti conseguenti intervengono come atti necessitati connotati dal perseguimento dell'interesse pubblico, già qualificato dalla norma, alla rimozione della situazione abusiva[5].
Trattasi, dunque, di provvedimenti che non si discosterebbero dai principi propri dell’attività amministrativa in quanto in linea con i caratteri della tipicità e nominatività del potere amministrativo[6].
3. Le ordinanze emergenziali del Ministro della Salute
A questo punto passerei ad analizzare le ordinanze del Ministro della Sanità per valutare in quale delle categorie sopra illustrate esse possano rientrare.
Si tratta, dunque, di quelle ordinanze che hanno disposto le restrizioni per quei Comuni del Nord maggiormente colpiti dall’epidemia emanate nelle more dell’adozione dei successivi provvedimenti governativi.
Ebbene, le ordinanze in questione possono esser adottate dal Ministro della Salute nei casi di estrema gravità e urgenza per situazioni sopravvenute, in virtù di una competenza già assegnata dalla legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale e cioè dall’articolo 32 della legge 833/1978.
Detta disposizione normativa stabilisce testualmente al comma 1 che “Il Ministro della sanità può emettere ordinanze di carattere contingibile e urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa all'intero territorio nazionale o a parte di esso comprendente più regioni”.
Da qui emerge chiaramente che il potere dell’Amministrazione di emanare ordinanze contingibili e urgenti si fonda su una norma primaria attributiva di tale potere.
Ora si pone il problema se qualificare tale tipo di provvedimento quale ordinanza di necessità ed urgenza o come atto necessitato considerando che la norma fa riferimento alla più ampia categoria dei provvedimenti “di carattere contingibile e urgente”.
Ebbene, richiamando il passaggio ricostruttivo sopra illustrato in merito alla distinzione tra i vari tipi di atti, pare che le ordinanze emergenziali del Ministro della Salute, così come articolate nelle more dell’adozione dei successivi provvedimenti governativi, rientrino nell’alveo degli atti necessitati.
Questo perché esiste preventivamente la norma di legge che attribuisce al Ministro il potere (rectius competenza) ad emettere siffatti provvedimenti delineando non solo la materia di riferimento ovverosia “igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria” ma anche l’estensione del territorio nazionale o regionale entro il quale possa esplicitarsi l’efficacia di tale potere emergenziale.
Allorquando non sussista alcuna disposizione normativa che individui previamente tale potere emergenziale, si potrebbe dunque parlare di provvedimenti che rivestono la portata di ordinanze di necessità ed urgenza.
Pertanto, qui appare ancor più rilevante la tesi elaborata dalla Corte costituzionale[7] che ha aperto la strada all’interprete per valutare ex ante l’esatto contenuto del provvedimento emergenziale al fine di poterlo qualificare come atto di necessità ed urgenza o come altro differente provvedimento.
4. “Legificazione” delle ordinanze emergenziali o mero rinvio non recettizio operato dal D.L. n. 6/2020?
Delineata la questione da un punto di vista del contenuto e della natura giuridica di siffatti provvedimenti, appare indispensabile porre l’attenzione sulla problematica se tali ordinanze abbiano subito l’effetto della “legificazione” in virtù del richiamo operato agli stessi dal D.L. del 23 febbraio 2020 n. 6.
Infatti, l’art. 3, comma 3, del citato D.L. prevede la clausola di salvezza degli effetti “delle ordinanze contingibili e urgenti già adottate dal Ministro della salute ai sensi dell'articolo 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833”.
Ci si pone l’interrogativo se il Legislatore abbia voluto operare una sorta di “legificazione” di tali ordinanze elevando la loro efficacia a rango di norma primaria oppure abbia semplicemente richiamato detti provvedimenti solo a fini ricognitivi in considerazione dell’urgenza sanitaria che si è dovuta affrontare in tempi brevissimi.
In altri termini, il legislatore ha inteso tale clausola di salvezza come mero rinvio non recettizio oppure essa possa non avere carattere novativo della fonte?
Prima di comprendere i termini della questione è bene far riferimento alle tecniche legislative adoperate dal legislatore italiano per questioni analoghe ed in tema di situazioni emergenziali pregresse.
Secondo la migliore dottrina pubblicistica[8], la natura del rinvio dipenderebbe dal livello di innovatività giuridica del richiamo ovvero dal suo effetto: mentre il rinvio recettizio opera una novazione della fonte che eleva la norma richiamata al rango primario, la funzione del rinvio non recettizio non è quella di incorporare il contenuto della norma richiamata, bensì di indicare la fonte competente a regolare una determinata materia.
In merito alla differenza tra rinvio materiale e rinvio formale di una norma giuridica, la giurisprudenza costituzionale[9] ha ulteriormente precisato che “l'effetto di incorporazione si produce soltanto quando la volontà del legislatore di recepire mediante rinvio sia espressa oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti, operando altrimenti una presunzione di rinvio formale agli atti amministrativi”.
Su tale punto, la giurisprudenza costituzionale[10] a più riprese ha riconosciuto l'esistenza di una presunzione di rinvio formale agli atti amministrativi ove gli stessi siano richiamati in una disposizione legislativa, tranne che la natura recettizia del rinvio stesso emerga in modo univoco dal testo. Tale circostanza non ricorre necessariamente neppure quando l'atto sia indicato in modo specifico dalla norma legislativa.
Connessa a tale questione pare sia quella relativa alla possibilità di affiancare i provvedimenti in esame alla categoria delle c.d. “leggi-provvedimento”.
Secondo le innumerevoli tesi elaborate dalla giurisprudenza[11], sono da considerarsi leggi-provvedimento quelle disposizioni normative che sono dirette a destinatari determinati ovvero che incidono su un numero determinato e limitato di destinatari e che hanno contenuto particolare e concreto. Di regola esse sono adottate in presenza di particolari esigenze che comportano l’attrazione alla sfera legislativa della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa.
Quindi, non è preclusa alla legge ordinaria ed alla legge regionale, la possibilità di attrarre nella sfera giuridica di queste ultime oggetti o materie normalmente affidati all'Autorità amministrativa non sussistendo un divieto di adozione di leggi a contenuto particolare e concreto.
Premesso ciò, si pone l’interrogativo se le ordinanze contingibili e urgenti siano atti che abbiano assunto forza di legge oppure siano veri e proprie “leggi provvedimento”.
Per formulare una risposta ben precisa vale la pena richiamare un orientamento della Corte costituzionale[12] che si è già espressa sulla presunta “legificazione” dei provvedimenti emergenziali adottati dal Presidente del Consiglio dei Ministri in tema di situazioni emergenziali a livello territoriale richiamati da un Decreto legge.
In particolare, la Corte costituzionale aveva ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6-ter, comma 1, del D.L. 20 giugno 2012, n. 79 (aggiunto dall'art. 1, comma 1, della legge di conversione 7 agosto 2012, n. 131) in riferimento agli artt. 3, primo comma, 24 e 113, primo e secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui esso prevede, in relazione al settore del traffico e della mobilità nel territorio delle Province di Treviso e Vicenza, che «Restano fermi gli effetti» della deliberazione del Consiglio dei ministri 31 luglio 2009, e, segnatamente, del D.P.C.M. n. 40191 del 31 luglio 2009 nonché dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3801 del 15 agosto 2009. Tali provvedimenti governativi avevano dichiarato la situazione emergenziale ed attuato la gestione commissariale nell'ambito dei lavori per la realizzazione dell'opera viaria denominata strada pedemontana veneta.
Secondo il Giudice rimettente la norma impugnata - la quale nell'ambito della disciplina di riordino della protezione civile dettata dal decreto legge n. 59 del 2012 fa salvi gli effetti dei provvedimenti predetti – avrebbe attuato una irragionevole "legificazione" dei provvedimenti emergenziali, ledendo in tal modo il diritto di difesa dei ricorrenti nei giudizi a quibus.
Viceversa, la Corte aveva statuito che la clausola di salvezza degli effetti costituisse mero rinvio non recettizio e non avesse carattere novativo della fonte fondando le sue argomentazioni sul rilievo secondo cui nel caso esaminato si traggono elementi idonei a dimostrare come l'introduzione dell'art. 6-ter in sede di conversione del D.L. n. 79 del 2012 con la legge 7 agosto 2012, n. 131, fosse stata motivata con l'esigenza di effettuare una ricognizione delle opere infrastrutturali in corso di realizzazione per stabilire quali fossero, in relazione alle stesse, le gestioni commissariali da sottrarre alla sfera di applicazione da tutte le modifiche.
La stessa Corte[13] ha poi ritenuto che la disposizione dell'art. 21, comma 5 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 adottata in occasione di situazioni di emergenza economica non avesse i caratteri della legge - provvedimento in quanto privo di un contenuto particolare e concreto ed improduttivo di effetti direttamente nei confronti di destinatari determinati o di numero limitato. In tal caso non sono pertanto violati né il principio di buon andamento della pubblica amministrazione né il principio di ragionevolezza e non arbitrarietà[14].
Passando ora ad esaminare la clausola di salvezza contenuta nell’art. del D.L. n. 6/2020, da una prima lettura della disposizione pare che il legislatore abbia inteso applicare una sorta di rinvio recettizio ad un provvedimento emergenziale posto che quest’ultimo, legittimato già una norma di carattere primario (art. 32 della legge 833/1978), non fa altro che confermare e rafforzare l’efficacia di un potere amministrativo emergenziale esercitato in considerazione di una situazione nuova (epidemia da covid 19) mai verificatasi fino ad oggi nel nostro Paese.
Peraltro, vi è da aggiungere che sia i DPCM ed i decreti legge successivi al 23 febbraio sembrano confermare, pur se implicitamente, l’efficacia delle ordinanze del Ministro della Sanità non emergendo alcuna “dichiarazione di inefficacia” espressa; anzi, risulterebbero inefficaci solo le ordinanze contingibili e urgenti dei Sindaci adottate in difformità ai provvedimenti governativi.
Se, viceversa, si vuole richiamare in analogia la casistica già scrutinata dalla Corte costituzionale, come sopra evidenziata, in occasione di quelle questioni emergenziali di altra differente gravità rispetto a quella attuale, allora si potrebbe concludere che, anche questa volta, ci troveremmo di fronte ad un rinvio della norma che avrebbe soltanto una funzione ricognitiva (rinvio non recettizio) dei provvedimenti emergenziali già adottati dall’Autorità sanitaria nell’imminenza del verificarsi dell’epidemia per alcuni territori del Nord Italia e, nelle more dell’adozione dei successivi DPCM governativi, da sottrarre alla sfera di competenza di altra pubblica amministrazione.
Posta la questione in tali termini, varrebbe dire che in ragione del fatto che le disposizioni del decreto legge hanno efficacia astratta e generale, le disposizioni del decreto legge non pare siano assimilabili ad una legge-provvedimento posto che il contenuto di esse non produca effetti direttamente nei confronti di destinatari determinati o di numero limitato di essi.
Fermo restando che la questione possa essere risolta solo in sede di giudizio di costituzionalità, a parere dello scrivente sembra più che altro propendersi per la tesi del rinvio recettizio del decreto legge a provvedimenti emergenziali anche perché il legislatore abbia inteso confermare e mantenere fermi gli effetti delle ordinanze sanitarie anche nei successivi atti governativi limitandosi ad eliminare gli effetti dei provvedimenti sindacali in contrasto con quelli legislativi e governativi.
[1] Casetta E., Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè, 2004, p. 321.
[2] Casetta E., op. ult. cit., 322.
[3] Corte cost., Sent., (ud. 31-03-2009) 01-07-2009, n. 196; Garofoli-Alpa, Manuale di Diritto amministrativo, Nel Diritto Editore, 2018-2019, p. 65; Galateria L, Stipo M., Manuale di diritto amministrativo – principi generali, Torino, 1993, pagg. 52 ss
[4] Cons. Stato Sez. IV Sent., 08-11-2011, n. 5903.
[5] Cfr, ex multiis, T.A.R. Campania Napoli Sez. II, 13-11-2017, n. 5353
[6] Garofoli-Alpa, op. cit., p. 65 ss.
[7] Corte cost., Sent., (ud. 31-03-2009) 01-07-2009, n. 196;
[8] r. Bin g. Pitruzzella: Diritto costituzionale, Giappichelli Torino, 2003; G. U. RESCIGNO, ne L’atto normativo, Zanichelli, Bologna
[9] Corte Cost., nn. 85/2013, 80/2013, 232/2006, 536/1990, 199/1993 e 311/1993
[10] Corte Cost., nn. 311 del 1993, n. 80 del 2013 e n. 536 del 1990
[11] Cfr., ex multis, Corte cost., 30-04-2015, n. 72; T.A.R. Campania Napoli Sez. I Ordinanza, 06 febbraio 2014, n. 856.
[12] Corte cost., 07-11-2014, n. 250.
[13] Corte cost., 07-11-2014, n. 250.
[14] Corte cost. nn. 94 e 137 del 2009 e n. 267 del 2007