ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 23 Apr 2020
Sottoposto a PEER REVIEW

Il potere di annullamento straordinario del Governo: l´unità dell´ordinamento giuridico ai tempi del Coronavirus

Modifica pagina

Monica Guzzardi



L’Autrice dopo aver ripercorso le principali tesi circa la natura giuridica del potere di annullamento straordinario del Governo, si interroga sulla perdurante vigenza dell’art. 138 TUEL per gli atti degli enti locali, dopo l’entrata in vigore della riforma del Titolo V della Costituzione. Passa, poi, ad esaminare il parere reso dal Consiglio di Stato, sez. I, 7 aprile 2020, n. 735, avente ad oggetto l’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020.


ENG The author considers the enduring validity of art. 138 of the Consolidated Text on Local Entities (TUEL), after having examined the main opinions regarding the legal nature of the Government’s power of annulment and the entry into force of the reform of Constitution’s Title V. Furthermore, the article examines Council of State’s opinion no. 735, 7th April 2020, concerning ordinance no. 105, 5th of April 2020, of the Mayor of Messina.

Sommario: 1. Il potere di annullamento straordinario. La perdurante vigenza dell’art 138 T.U.E.L. per gli atti degli enti locali anche dopo la riforma del titolo V; 2.L’ordinanza del sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020; 3.Il parere del Consiglio di Stato: le ragioni di illegittimità dell’ordinanza; 4.Conclusioni

1. Il potere di annullamento straordinario. La perdurante vigenza dell’art 138 T.U.E.L. per gli atti degli enti locali anche dopo la riforma del titolo V.

Alla luce della situazione eccezionale creatasi in ragione della diffusione del virus Covid-19, numerosi sono stati gli atti amministrativi emanati. Si pensi ai D.P.C.M., che così sono divenuti conosciuti ai più in ragione delle notizie giornalistiche, o agli atti dei Presidenti delle Regioni o ancora a quelli degli amministratori locali. Con riguardo a questi ultimi, particolare diffusione ha avuto la notizia riguardante la volontà del Governo di annullare l’ordinanza del sindaco di Messina, Cateno De Luca, resosi famoso in virtù del suo ruolo di strenuo difensore dei confini esterni dell’Isola, con il quale sono state introdotte delle prescrizioni per coloro che intendessero attraversare lo stretto che divide la Sicilia dal resto d’Italia.

Si intende, per tale ragione, approfondire il parere emesso dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato, soffermandosi dapprima sulla perdurante vigenza nel nostro ordinamento del potere di annullamento straordinario previsto dall’art. 138 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267) e dell’art. 2, comma 3, lettera p), della legge n. 400 del 1988.

In materia rilevano, dunque, l'art. 2, comma 3, della l. 23 agosto 1988, n. 400, per il quale: «sono sottoposti alla deliberazione del Consiglio dei Ministri... p) le determinazioni concernenti l'annullamento straordinario, a tutela dell'unità dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato», nonché l'art. 138, comma 1, del testo unico sugli enti locali 18 agosto 2000, n. 267, per il quale: «In applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, con d.P.R., previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità».

Orbene, si tratta di un potere attribuito al Governo di annullare in ogni tempo[1] i provvedimenti amministrativi illegittimi a “tutela dell’unità dell’ordinamento”, potere discrezionale, non espressione di un dovere giuridico, che spetta al Governo per il suo ruolo di autorità apicale di tutta l’organizzazione pubblica, e richiede la deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero dell’interno, previo parere del Consiglio di Stato e con l’esternazione mediante decreto del Capo dello Stato.

Dal punto di vista storico, l’istituto dell'annullamento straordinario disciplinato dalla L. n. 400/1988 e dal T.U. sugli enti locali, all'art. 138, trova il suo antecedente storico diretto nell'art. 6 del Testo unico della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 (norma, a sua volta, mutuata dall'art. 114 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 2839, ma già presente nei regolamenti di esecuzione della legge comunale e provinciale succedutisi dopo il 1865).

Da taluno definito quale retaggio dello Stato assoluto[2], il suo esercizio, che implica una ampia discrezionalità del Governo[3], è, secondo l’attuale formulazione normativa, presidiato da contrappesi procedimentali: per il suo esercizio, infatti, è previsto il parere del Consiglio di Stato e l’adozione con decreto del Presidente della Repubblica.

In merito alla natura giuridica di tale potere si rileva come esso sia un istituto del tutto eccezionale [4], tant’è che è stato configurato in diversi modi dalla scienza giuridica e dalla giurisprudenza.

Parte della dottrina ritiene che tale istituto sia afferente alla nozione di autotutela, al fine di preservare l'unità dell'ordinamento amministrativo collegato “ad una visione monolitica dell'amministrazione pubblica”[5]; quando addirittura non lo qualifica come espressione di un potere extra ordinem [6].

Il potere di annullamento straordinario non è pacificamente – e comunque non unanimemente – ritenuto dalla dottrina una forma di controllo in senso proprio, in quanto esso non afferirebbe alla funzione stessa di controllo [7].

Altri ritengono, invece, di qualificare, il potere de quo tra i «controlli sugli enti locali»[8], ovvero ancora tra i controlli «repressivi» [9].

Secondo un’altra tesi, invece, esso rientra nella categoria degli atti di alta amministrazione[10], in quanto destinato a far prevalere, nel conflitto fra interessi locali e centrali, le esigenze connesse all’indirizzo politico nazionale.

Proprio in ragione dell’ampia discrezionalità riconosciuta al governo, da tempo è in discussione la compatibilità dell’istituto rispetto alle prerogative riconosciute dalla Costituzione alle autonomie locali dopo la riforma del titolo V[11]. La Corte costituzionale già nel 1989[12], dopo averne ricondotto la natura ai controlli di legittimità sugli atti[13], ne ha affermato l’incompatibilità rispetto all’assetto costituzionale dei rapporti fra Stato e Regioni e all’autonomia regionale. La Corte Cost., infatti, ha dichiarato illegittimo, per violazione degli artt. 125, 126 e 134, l’art. 2 comma 3 lett p) legge 400 /1988 nella parte in cui prevedeva anche l’annullamento degli atti delle Regioni e delle Province autonome.

A seguito del mutato assetto costituzionale, intervenuto per effetto della riforma del titolo V, ci si è interrogati circa la persistenza del potere in oggetto, anche nei confronti degli enti locali.

Si rammenta, brevemente, che, attraverso la Riforma del Titolo V e, quindi, attraverso il riconoscimento di pari dignità e autonomia allo Stato, alle Regioni, alle Città metropolitane, alle Province e ai Comuni, si è giunti ad un diverso sistema in materia di controlli esercitabili dallo Stato nei confronti degli enti locali[14].

Sono stati, infatti, eliminati i controlli preventivi di legittimità e di merito da parte dello Stato sugli atti amministrativi delle Regioni (prima previsti dall’abrogato comma 1 dell’art. 125 Cost.), i controlli di legittimità e di merito della Regione sugli atti di Province, Comuni ed altri enti locali previsto dall’abrogato art. 130 Cost. (venendo, così, a mancare la copertura costituzionale per i controlli delle Regioni sugli atti degli enti locali), nonché il ricorso preventivo alla Corte costituzionale avverso le leggi regionali di cui all’art. 127 Cost.

Il nuovo articolo 127 Cost., frutto dell’autonomia e della pari dignità riconosciuta (anche) alle Regioni e agli enti locali, dispone che, al pari di quanto previsto per le leggi statali, le leggi regionali possono essere sottoposte al controllo di legittimità costituzionale, solo successivamente alla loro pubblicazione.

Più in particolare, l’art. 125 Cost. attribuiva ad un organo dello Stato (il Commissario di governo) il potere di esercitare in forma decentrata il controllo di legittimità sugli atti amministrativi delle Regioni; l’art. 130 Cost., invece, attribuiva tale potere ad un organo della Regione nei confronti degli atti dei Comuni e delle Province.

Il mutato assetto costituzionale, oggi fondato sull’autonomia e sulla pari dignità dei diversi enti, si è tradotto nell’abrogazione dei richiamati artt. 125 e 130 Cost. Al suddetto riconoscimento dell’autonomia in capo alle diverse articolazioni dello Stato e all’assenza di qualsivoglia rapporto di subordinazione tra di esse, pertanto, ne è conseguita una consistente limitazione dei poteri di controllo esercitabili dall’uno sull’altro.

Tali considerazioni, come detto, hanno sollevato dubbi in ordine alla legittimità del potere di annullamento straordinario riconosciuto al Governo dall’art. 138 del d.lgs 267/2000 (TUEL), in applicazione dell’art. 2, comma 3, lett. p) della l. 400/1988[15].

In particolare, si è sostenuto che oggi, l’autonomia degli enti locali, al pari di quella delle Regioni, è riconosciuta in modo pieno in sede costituzionale ex art. 114: in ragione di ciò non sarebbe più ammissibile un generale potere di annullamento governativo. Inoltre la medesima ratio che condusse ad escludere la legittimità del potere in oggetto in capo al Governo nei confronti delle Regioni, oggi infatti dovrebbe essere estesa alla dinamica dei rapporti tra enti locali ed esecutivo centrale e, dunque, indurre ad escludere l’applicabilità dell'art. 138 del d.lgs. n. 267 del 2000[16].

Parte della dottrina[17], quindi, ritiene che le conclusioni cui la Corte Costituzionale era giunta nel 1989 per gli atti amministrativi regionali si possano estendere agli atti degli enti locali, in virtù della nuova formulazione dell’art 114 Cost. e dell’abrogazione del controllo preventivo di legittimità, previsto dall’art. 130 Cost.

Nonostante le suscitate perplessità, la giurisprudenza considera la disposizione in esame compatibile con le disposizioni costituzionali, in quanto lo strumento previsto dall’art. 138 del TUEL, si pone necessariamente come strumentale alla tutela della conservazione dell’unità dell’ordinamento, la cui cura compete esclusivamente allo Stato. Difatti, il riconoscimento agli enti locali di autonomia e di pari dignità, nel mutato assetto costituzionale derivante dalla Riforma costituzionale del 2001, non impedisce che lo Stato, al fine di garantire l’unità dell’ordinamento giuridico (art. 5 Cost.; 120, comma 2, Cost.), possa intervenire, seppur entro stringenti limiti, sugli atti adottati da tali enti.

La possibilità per lo Stato di intervenire su atti adottati dagli enti locali sembra, inoltre, essere confermata dall’art. 120, comma 2, Cost., laddove riconosce allo stesso il potere di sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni quando lo richieda la “tutela dell’unità giuridica”[18]. Tale norma costituzionale, tuttavia, secondo una diversa interpretazione, potrebbe condurre a ritenere abrogato l’art 138 TUEl[19].

La questione tra l’altro, sempre con riguardo agli enti territoriali[20], potrebbe anche essere valutata considerando diversamente le ipotesi di poteri esercitati dagli enti locali in materie affidate dall'art. 117, comma 2, Cost. alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, dai rimanenti casi di attribuzione diretta di competenze agli enti territoriali.

Nel primo caso, sarebbe certamente plausibile il riconoscimento allo Stato della possibilità di un suo intervento diretto a tutela dell'unitarietà dell'ordinamento.

La giurisprudenza, come detto, ha più volte riconosciuto, implicitamente o esplicitamente, legittimo il potere di annullamento previsto dall’art. 138 del TUEL.

Lo ho fatto implicitamente[21], nella vicenda relativa all'annullamento della trascrizione sui registri di stato civile dei matrimoni celebrati all’estero fra persone dello stesso sesso, trovando, nella disciplina sull’annullamento straordinario del Governo a tutela dell'unità dell'ordinamento, la chiave di volta per giustificare l’esistenza, in astratto, di un potere di annullamento dell'atto di trascrizione e per ritenere, di conseguenza, solamente annullabile, e non nullo per difetto di attribuzione, l’atto del Prefetto, organo periferico del Ministero dell'interno, a sua volta componente del Governo[22].

La giurisprudenza, inoltre, in sede consultiva, ha più volte legittimato espressamente l’esercizio del potere di annullamento straordinario da parte del Governo, ai sensi dell’art.138 del D. Lgs. n.267/2000[23].

Il Consiglio di Stato, infatti, pur preoccupandosi di precisare che, sul punto, la parola risolutiva spetterà, ai sensi degli artt.134 e segg. della Costituzione, alla Corte Costituzionale, se e quando sarà investita della questione,  rinviene la soluzione della questione nella previsione di cui all’art.117, comma 2 Cost., che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato determinate materie, all’evidente fine di assicurare, nei settori ad esse corrispondenti, l’unitarietà e la coerenza dell’ordinamento giuridico.

Aggiunge poi che: “La riserva di legge statale, estesa alla potestà regolamentare in virtù del parallelismo sancito dal successivo sesto comma, rende palese che, negli ambiti definiti dalle materie enumerate dall’art.117, il principio di unitarietà dell’ordinamento assume nella Costituzione valore primario, con la conseguenza che, negli stessi ambiti, le autonomie riconosciute dall’art.114, comma 2, sono definite e limitate dalla disciplina emanata dallo Stato. Ne deriva che, nei settori la cui cura è affidata, in via primaria, alla responsabilità dello Stato, la situazione non è dissimile da quella precedente riforma, sicché, come allora, nulla si oppone a che lo Stato, nel regolamentare la materia, preveda la possibilità di un suo intervento diretto a tutela dell’unitarietà dell’ordinamento[24].”

Il predetto art.114 non comporta una equiparazione fra gli enti in esso indicati, che, anche nel nuovo quadro costituzionale, dispongono di poteri profondamente diversi fra loro. In proposito, la giurisprudenza costituzionale ha precisato che, dopo la revisione del Titolo V, è pur sempre riservata allo Stato, nell’ordinamento generale della Repubblica, un ruolo peculiare desumibile non solo dalla proclamazione di principio di cui all’art.5 della Costituzione, ma anche dalla “evocazione di un’istanza unitaria” che è resa manifesta, fra l’altro, dall’art.120, comma 2, della Costituzione.[25]

Atteso quanto sopra, il ricorso al potere di annullamento straordinario, malgrado le critiche di parte della dottrina, è ritenuto legittimo in situazioni di particolare eccezionalità o comunque ove vengano evocate esigenze di tutela dell’unità dell’ordinamento.

Fatte tali premesse, è possibile analizzare funditus il parere reso in via d’urgenza dal Consiglio di Stato, sez. I, 7 aprile 2020, n. 735 – Pres. Torsello, Est. Carpentieri.

2. L’ordinanza del sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020

Il parere richiesto al Consiglio di Stato riguarda l’ordinanza del Sindaco di Messina del 5 aprile 2020 n. 105, avente ad oggetto “Ordinanza contingibile e urgente ex art. 50 D. Lgs. 267/2000. Misure urgenti per l’attuazione dei D.P.C.M. 8/3/2020, D.P.C.M. 9/3/2020 e D.P.C.M. 11/3/2020. Attraversamento dello Stretto di Messina attivazione del sistema di prenotazione online www.sipassaacondizione.comune.messina.it. Revoca Ordinanza Sindacale n. 80 del 26 marzo 2020 e disciplina utilizzo banca dati finalizzata alla verifica delle condizioni per l’attraversamento dello Stretto”.

Tale ordinanza introduce l’obbligo per “Chiunque intende fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina (Rada San Francesco, Porto Storico), sia che viaggi a piedi, sia che viaggi a bordo di un qualsiasi mezzo di trasporto” di registrarsi, almeno 48 ore prima dell’orario previsto di partenza, “nel sistema di registrazione on-line www.sipassaacondizione.comune.messina.it, disponibile sul web e sulla pagina istituzionale del Comune di Messina”, fornendo una serie di dati identificativi personali e relativi alla località di provenienza, a quella di destinazione e ai motivi del trasferimento, e di “Attendere il rilascio da parte del Comune di Messina, e per esso della Polizia Municipale alla quale è demandata l’attuazione e la vigilanza sulla esecuzione della presente Ordinanza, del Nulla Osta allo spostamento”.

L’ordinanza si preoccupa di escludere dal suo ambito di applicazione “i mezzi di soccorso e [al]le Forze dell’Ordine e di Polizia che viaggiano per motivi di servizio” e prevede poi un regime semplificato per i passeggeri viaggiatori c.d. “pendolari dello Stretto” (per i quali la prenotazione online verrà eseguita solo la prima volta, senza bisogno di ripetere la procedura giornalmente).

Al punto 8 dell’ordinanza si prevede correlativamente che “Chiunque intende fuoriuscire dalla Sicilia attraverso i collegamenti navali del Porto di Messina (Rada San Francesco e Porto Sorico) è tenuto a registrarsi accedendo al portale www.sipassaacondizione.comune.messina.it prima dell’imbarco”.

L’ordinanza sarebbe dovuta entrare in vigore alle ore 00.01 dell’8 aprile 2020 e avere efficacia fino al 13 aprile 2020, e sarebbe stata prorogabile in caso di persistenza dei caratteri di contingibilità ed urgenza che l’hanno determinata.

3. Il parere del Consiglio di Stato: le ragioni di illegittimità dell’ordinanza.

Il Consiglio di Stato, chiamato a rendere il parere su richiesta del Ministero dell’interno e della Presidenza del Consiglio dei Ministri sull’avvio del procedimento di annullamento straordinario, ex art. 138 D.Lgs18.8.2000 n. 267, dell’ordinanza sindacale di Messina 5 aprile 2020 n. 15, ha ritenuto che nella fattispecie sussistano i presupposti affinché si provveda al suddetto annullamento.

La Sezione rammenta come la giurisprudenza sia pacifica nell’ammettere la perdurante vigenza, con riguardo agli enti locali, dell’art L’art. 2, comma 3, lettera p), della legge n. 400 del 1988 territoriali e dell’art. 138 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, pur dopo la riforma del titolo V della Costituzione introdotta con la legge costituzionale n. 3 del 2001, in quanto compatibile con le prerogative riconosciute agli enti locali dal nuovo Titolo V, se applicate nelle materie riservate alla competenza esclusiva dello Stato.[26]

Il parere si sofferma, in particolare, sull’esigenza di riaffermare la perdurante attualità e rilevanza dell’istituto nel quadro dei rapporti tra poteri dello Stato e delle autonomie territoriali, resasi “particolarmente evidente, a fronte di fenomeni di dimensione globale, quali l’attuale emergenza sanitaria da pandemia che affligge il Paese, dinanzi ai quali l’unitarietà dell’ordinamento giuridico, pur nel pluralismo autonomistico che caratterizza la Repubblica, costituisce la precondizione dell’ordine e della razionalità del sistema, in relazione ai fondamentali principi di solidarietà e di uguaglianza, formale e sostanziale, che ne rappresentano le basi fondative generali.”

Dopo aver ricordato che tale potere è stato, nel tempo, configurato secondo diverse ricostruzioni giuridiche, sulle quali ci si è soffermati nella prima parte del presente contributo, il relatore del parere osserva la duplice natura dell’atto di annullamento straordinario.

In realtà, infatti, si tratta di un atto in cui convivono elementi propri dell’ordinario controllo di legittimità, insieme ad elementi di specialità “che tendono ad avvicinare il potere stesso all'amministrazione attiva, in relazione sia alla facoltatività dell'annullamento, sia all'inesistenza di un limite temporale per il suo esercizio, sia all'ampia discrezionalità della valutazione relativa alla presenza di un interesse attuale di carattere generale in grado di giustificare l'intervento straordinario del Governo”[27].

Si tratta, dunque, di una misura preordinata primariamente a tutela dell’unità dell’ordinamento e per questo rimessa alla decisione dei vertici istituzionali dello Stato (delibera del Consiglio dei ministri) e alla emanazione del Capo dello Stato, che rappresenta l’unità della Repubblica in tutte le sue articolazioni e manifestazioni istituzionali; al contempo ponendosi su un piano di alta amministrazione che richiede, per il suo esercizio, che gli elementi di illegittimità che viziano l’atto assumano una connotazione e una rilevanza tali da costituire una lesione concreta e attuale all’unitarietà dell’ordinamento giuridico nazionale.

Posto che la ratio dell’istituto si rinviene nella tutela dell’unità dell’ordinamento, da assicurarsi mediante l’esercizio di poteri straordinari di alta amministrazione, le illegittimità dell’atto annullato, che vengono in rilievo sotto il profilo dell’incompetenza dell’ente locale, funzionale e/o territoriale, “rilevano solo in quanto mezzo o strumento attraverso il quale si attua la lesione dell’unità dell’ordinamento giuridico, la cui tutela costituisce il fine precipuo dell’istituto straordinario in esame”. 

Ribadisce la Sezione che tale potere trova fondamento nell’obbligo gravante sul Presidente del Consiglio dei Ministri, sancito dall’art. 95 Cost., di assicurare il mantenimento dell’unità di indirizzo politico ed amministrativo, nel quadro di unità e di indivisibilità della Repubblica, di cui all’art. 5 Cost.

Premesse tali coordinate giuridiche, la Sezione passa ad esaminare il caso in concreto, ritenendo sussistenti i presupposti per il ricorso, da parte del Governo, a tale potere di annullamento straordinario.

Innanzitutto, si rileva che l’ordinanza in oggetto ha per destinatari tutte le persone che intendano “fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina (Rada San Francesco, Porto Storico), sia che viaggi a piedi sia che viaggi a bordo di un qualsiasi mezzo di trasporto”.

Al proposito si osserva come non sia configurabile, nel vigente ordinamento giuridico, un potere del Sindaco di un Comune di dettare norme che possano trovare applicazione ed avere efficacia obbligatoria al di fuori del perimetro della propria circoscrizione territoriale.

L’ordinanza, inoltre, proprio nel fare riferimento ad una platea di destinatari indeterminata e generica, impone un obbligo di fare, quale quello di registrarsi presso il sito web del comune, fornendo una serie di dati identificativi personali e relativi alla località di provenienza, a quella di destinazione e ai motivi del trasferimento.

Sotto tale profilo la previsione in esame si pone in contrasto con l’art. 23 della Costituzione, che fa divieto a qualsiasi pubblica autorità di imporre ai cittadini prestazioni personali o patrimoniali “se non in base alla legge”.

Oltretutto, impone ai Sindaci dei Comuni di destinazione un nuovo, atipico, dovere funzionale, consistente nel rilascio, a richiesta, del viaggiatore di un nulla osta.

In proposito, si legge a pag. 5, punto 2, lett. g) dell’ordinanza sindacale di “dichiarare di avere informato il Sindaco del Comune di destinazione, allegando la richiesta munita di apposito Visto/Nulla Osta del Sindaco”, il che ulteriormente dimostra l’abnormità, sotto questo profilo, dell’ordinanza in esame.

Quest’ultima si pone anche in contrasto con il principio di uguaglianza espresso dall’art. 3 Cost., poiché introduce una irragionevole disparità di trattamento nei confronti delle persone che per motivi legittimi hanno necessità di attraversare lo Stretto, rispetto alla generalità dei cittadini sul restante territorio nazionale.

Ma, ancor più evidente, è la violazione degli artt. 13 e 16 della Costituzione ponendosi, l’ordinanza in oggetto, in contrasto diretto ed evidente con la libertà personale e la libertà di circolazione.

L’art. 13 Cost, ammette, quale unica deroga alla libertà personale “inviolabile” (a parte gli atti dell’autorità giudiziaria, nei soli casi e modi previsti dalla legge), che “In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l’autorità di pubblica sicurezza può adottare  provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto”. L’art 16 statuisce che “Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. Tale principio è ribadito anche dall’art. 120 Cost, secondo cui le Regioni non possono adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.

Ravvisati in tali termini i profili di palese violazione delle norme costituzionali, il parere si sofferma su ulteriori aspetti, che conducono a ritenere illegittima l’ordinanza sindacale in oggetto, in virtù della violazione delle attribuzioni statali in materia di protezione dati personali, ordine e sicurezza pubblica, nonché profilassi internazionale.

Ed invero, si ritiene violata la disciplina di derivazione comunitaria in materia di protezione di dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, che costituisce senz’altro materia riservata alla potestà legislativa esclusiva statale[28], nella parte in cui impone, senza alcuna base di legge statale, alle persone di dichiarare e iscrivere, nel sito indicato, una pluralità di dati personali riservati, in funzione dell’esercizio di un diritto fondamentale di circolazione costituzionalmente riconosciuto.

L’ordinanza in esame, nel richiamare in motivazione, non meglio precisate esigenze di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, connesse al possibile verificarsi di rilevanti flussi di spostamenti di persone, viola, altresì le attribuzioni statali esclusive in materia di ordine e sicurezza[29].

Viola, infine, anche le attribuzioni riservate allo Stato in materia di profilassi internazionale, di cui all’art. 117, secondo comma lett. q), della Costituzione, materia in appartenenza statale, come ribadito di recente dalla Consulta.[30]

Da ultimo, ci si sofferma sui profili di violazione dell’art. 3 del decreto legge 25 marzo 2020 n. 19, in quanto l’ordinanza in oggetto è illegittima, anche in relazione a specifiche e puntuali disposizioni emergenziali.

Si rammenta che, a seguito della situazione di eccezionalità determinatasi con la diffusione del virus Covid-19, è stato dichiarato lo stato di emergenza epidemiologica, deliberata dal Consiglio dei Ministri il 31 gennaio 2020.

Mediante il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, rimodulando in parte le misure già contemplate dai precedenti provvedimenti adottati in attuazione del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, è stato disciplinato espressamente, l’ambito della competenza per possibili interventi in sussidiarietà verticale (nel bilanciamento con i principi di adeguatezza e di proporzionalità) delle autonomie territoriali.

L’art. 2 del decreto legge conferma la previsione che le misure di contenimento sono adottate con uno o più decreti del presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri dell’interno, della difesa, dell’economia e delle finanze e gli altri competenti per materia. La disposizione prevede che vadano, altresì, sentiti i Presidenti delle regioni interessate, allorché le misure riguardino esclusivamente alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della Conferenza delle regioni e delle Province autonome nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale. La stessa disposizione ha anche previsto la possibilità che tali decreti siano adottati su proposta delle autorità regionali e del Presidente della Conferenza, in base allo stesso criterio di competenza territoriale.

L’art. 3 (Misure urgenti di carattere regionale o infraregionale) del suddetto decreto legge prevede che “1.  Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui  all'articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento, le regioni, in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso, possono introdurre misure ulteriormente restrittive, tra  quelle  di cui  all'articolo  1, comma 2,  esclusivamente  nell'ambito  delle attività di loro competenza e senza incisione delle  attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale. 2. I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1. 3. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano altresì agli atti posti in essere per ragioni di sanità in forza di poteri attribuiti da ogni disposizione di legge previgente.”

Al fine di evidenziare i profili di illegittimità dell’ordinanza, si rileva come la disciplina statale vigente, destinata a regolare i profili trattati dall’ordinanza sindacale n. 105 del 5 aprile 2020, sia costituita dal d.P.C.M. 22 marzo 2020, che ha che ha introdotto [art. 1, comma 1, lettera b)] per tutte le persone fisiche il divieto di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute.

Inoltre, con specifico riferimento all’attraversamento dello Stretto di Messina, l’art. 2 del decreto del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e trasporti n. 120 del 17 marzo 2020, modificato con successivo decreto 18 marzo 2020, n. 122 (e prorogato con ordinanza del Ministro della salute, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del 28 marzo 2020), ha disposto la sospensione del trasporto marittimo dei viaggiatori da e verso la Sicilia, la prosecuzione del solo trasporto delle merci, possibilmente su unità di carico isolate, non accompagnate, la limitazione degli spostamenti via mare dei passeggeri da Messina per Villa San Giovanni e Reggio Calabria e viceversa, a sole quattro corse giornaliere A/R, da effettuarsi nella fascia oraria dalle ore 6 alle 21 ed esclusivamente per gli appartenenti alle forze dell’ordine e alle forze armate, agli operatori sanitari pubblici e privati, ai lavoratori pendolari o per comprovate esigenze di lavoro, gravi motivi di salute e situazioni di necessità.

Si sottolinea, inoltre, come alla luce della normativa vigente, non siano previste particolari modalità per la certificazione della sussistenza delle condizioni che legittimano lo spostamento sull’intero territorio nazionale. Solo con direttiva ai Prefetti del Ministro dell’interno dell’8 marzo 2020 è stato precisato che la sussistenza delle suddette condizioni debba essere comprovata tramite autocertificazioni, mentre non sono previste preventive autorizzazioni o certificazioni.

Atteso quanto sopra, l’ordinanza in esame viola specificamente i limiti di oggetto cui al comma 1 dell’art. 3 del decreto-legge n. 19 del 2020, con “incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale”. Non può, infatti, dubitarsi che il transito e lo stesso trasporto di merci sullo stretto di Messina rientrino nella suddetta categoria. Tra l’altro, l’ordinanza sindacale non adduce adeguatamente quelle “specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso” che sole avrebbero potuto legittimare l’adozione, “Nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento”, di “ misure ulteriormente restrittive, tra quelle di cui all'articolo 1, comma 2, esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza”.

L’art 3 del d.l. citato, infatti, riconosce un’autonoma competenza ai Presidenti delle regioni e ai Sindaci, ma solo al ricorrere di questi presupposti e delle seguenti condizioni: a) nelle more dell'adozione dei decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 2, comma 1, e con efficacia limitata fino a tale momento; b) in relazione a specifiche situazioni sopravvenute di aggravamento del rischio sanitario verificatesi nel loro territorio o in una parte di esso; tali circostanze, in applicazione delle ordinarie regole sulla motivazione del provvedimento amministrativo, non devono solo essere enunciate ma anche dimostrate; c) esclusivamente nell'ambito delle attività di loro competenza; d) senza incisione delle attività produttive e di quelle di rilevanza strategica per l'economia nazionale.

La Sezione, in conclusione, osserva come: “In presenza di emergenze di carattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali.”

La Sezione evidenzia, infine, che l’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020, debba considerarsi inefficace ex lege, ai sensi del medesimo art. 3 comma 2. Tale inefficacia, comminata direttamente dalla legge, tuttavia, non fa venir meno l’interesse governativo all'annullamento, in virtù di esigenze di chiarezza e univocità dei precetti cui i cittadini devono attenersi.

Sotto il profilo procedurale, sottolineata la particolare urgenza di provvedere alla tempestiva rimozione dall’ordinamento giuridico dell’ordinanza sindacale oggetto di esame, il parere rammenta come non sia necessario dare applicazione, nel caso concreto, alle garanzie partecipative di cui all’art. 7 della legge n. 241 del 1990.

4. Conclusioni

Il contenuto del parere reso dal Consiglio di Stato, in tempi estremamente brevi, dimostra particolare attenzione da parte degli attori istituzionali alle ricordate esigenze di chiarezza. È evidente, infatti, come, soprattutto alla luce della peculiare situazione di “confusione normativa”, i consociati debbano essere in grado di comprendere quali siano i precetti a cui attenersi.

L’unità dell’ordinamento, quale ragione principale del potere di annullamento straordinario di cui all’art. 138 TUEL, la cui perdurante vigenza non può essere messa in dubbio anche dopo la riforma del titolo V della Costituzione, conduce a ritenere pienamente legittimo l’esercizio dell’anzidetto potere nei riguardi dell’ordinanza del Sindaco di Messina. Il potere governativo, inoltre, coerentemente a quanto prima riportato in sede di ricostruzione dell’istituto, viene esercitato nei confronti di un atto ritenuto lesivo della potestà legislativa statale. 

Le summenzionate esigenze di tutela dell’unità dell’ordinamento assumono, nel parere del Consiglio di Stato, particolare rilievo anche tenendo in considerazione il contesto geografico nel quale l’ordinanza sindacale è stata emessa; si rammenta, infatti, che il “transito attraverso lo stretto di Messina, costituisce comunque il principale collegamento tra la terraferma e la Sicilia.”

Non può quindi non sottolinearsi come il blocco di tale transito, che impedirebbe il passaggio da una Regione ad un’altra, abbia rilevanza nazionale, rendendo necessario, eventualmente, un provvedimento statale.

Ed invero, il principio statuito dall’art 5. Cost, secondo cui la Repubblica è «una e indivisibile» non può tollerare che parti del territorio e della popolazione nazionali si pongano in contrapposizione tra loro.

In conclusione, sebbene la situazione di emergenza creatasi nel Paese possa giustificare soluzioni diversificate nel caso concreto (in relazione alla diffusione epidemiologica del virus che può variare da Regione a Regione, o tra parti del medesimo territorio regionale), non possono ammettersi  provvedimenti degli amministratori locali che ostacolino in qualsiasi modo la circolazione delle persone ai sensi degli artt. 16 e 120 Cost.[31] e limitino i diritti di libertà personale, imponendo obblighi ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] In ciò si differenzia profondamente dall’annullamento d’ufficio disciplinato dall'art. 21-nonies L. 241/1990 e ss.mm.

[2] Sul potere governativo di annullamento straordinario come retaggio dello Stato assoluto, vedi M.S. Giannini, in Diritto amministrativo, 1988, 1036.

[3] La giurisprudenza ha precisato che come presupposto dell'annullamento non è sufficiente l'illegittimità del provvedimento ma è necessario anche un "interesse pubblico attuale" all'annullamento. In questo senso, "l'illegittimità dell'atto diviene, da ragione del decidere a presupposto logico del decidere" M.S. Giannini, Diritto amministrativo, 1988, 1039, cit., e ciò che assume rilievo è proprio "l'ampia discrezionalità della valutazione relativa alla presenza di un interesse attuale di carattere generale in grado di giustificare l'intervento straordinario del governo" Corte cost. n. 229/1989.

[4] Come rileva da ultimo F. Merusi, La certezza dell'azione amministrativa fra tempo e spazio, in Dir. Amm., 2002, 541.

[5] F. Benvenuti, Autotutela, in Enc. dir., IV, Milano, 1959, 537. L'Autore ritiene che il potere di annullamento vada giudicato come una delle manifestazioni dell'autotutela, e più precisamente dell'autotutela politica, che costituisce retaggio dello Stato assoluto, del quale il nostro ordinamento riassume il carattere di Stato amministrativo; AM. Sandulli, Il potere di annullamento governativo e le regioni, in Dir. soc.,1975, 217.

[6] E. Cannada-Bartoli, voce “Annullabilità e annullamento”, in “Enc. dir.”, vol. II, Milano, 1958, pp. 484 ss., definisce l’annullamento governativo una specie a sé stante; A. Gulletta, A. Pavanini, Art. 138, in M. Bertolissi (a cura di), L'ordinamento degli enti locali, Bologna, 2002, 139;

[7] Cfr. A.M. Sandulli, I controlli sugli enti territoriali nella Costituzione, in Riv. trim. dir. pubbl., 2, 1972, 575-586, il quale ritiene, senza alcun dubbio, che «l'annullamento governativo [...] non inerisc[a] alla funzione di controllo», 580.

[8] O. Sepe, Controlli. I) Profili generali, in Enc. giur., Roma, 1988, 491

[9] Cfr. L. Oliveri, Art. 138, in F. Botta, Commento al testo unico in materia di enti locali, Rimini, 2000, in particolare 676

[10] Qualificano l'annullamento amministrativo quale atto di alta amministrazione S. Cugurra, L'annullamento governativo quale atto di alta amministrazione, in Riv. trim. dir. pubbl., 1970, 604 ss.;  vedi anche V. Cerulli Irelli, Sugli atti di “alta amministrazione”, in Giur. Cost. fasc. 3, 2013, p.1377;.

[11]  Sulla riforma costituzionale introdotta da Legge cost. n. 3/2001, vi è, ormai, ampia letteratura. In generale, ex multis, vedi G. Berti, G.C. De Martin (a cura di), Le autonomie territoriali: dalla riforma amministrativa alla riforma costituzionale, Milano, 2001; G. Falcon, Il nuovo titolo V della Costituzione, in Reg., 2001, 10; B. Caravita di Toritto, La Costituzione dopo la riforma del titolo V, Torino, 2002, 29.

[12] Sent. 21 aprile 1989 n. 229 in Giur. Cost. 1989, I, 977, con nota di Bin, Annullamento governativo degli atti amministrativi regionali: è proprio l’ultima parola?, secondo cui «[...]Questa Corte, com’è noto, fin dai primi anni della sua attività, si è in più occasioni occupata di tale potere, riconoscendone sia l'esclusiva spettanza al Governo centrale sia la legittimità nel caso in cui venga esercitato, in presenza di un interesse attuale di carattere generale, come strumento d'intervento eccezionale nei confronti degli atti dei Comuni e delle Province (sentt. n. 24 del 1957; n. 23 del 1959; n. 73 del 1960; n. 74 del 1960; n. 128 del 1963; n. 4 del 1966). La giurisprudenza costituzionale non ha avuto, invece, in passato occasione di affrontare in termini diretti il problema della ammissibilità di un potere governativo di annullamento straordinario nei confronti degli atti amministrativi delle Regioni, ordinarie e speciali, e delle Province autonome: di talché tale problema è rimasto sinora, in sede giurisprudenziale, del tutto impregiudicato, mentre e stato esplicitamente risolto, in sede legislativa, solo attraverso la norma di cui e causa, formulata per la prima volta nella legge n. 400 del 1988. Poste tali premesse, [...]vanno innanzitutto richiamati i principi affermati dalla Costituzione a fondamento dell'ordinamento delle autonomie territoriali e che connotano la stessa forma di Stato italiana come «Stato regionale» (art 5 e 115 cost.). [...] Il fatto che il potere venga esercitato da un soggetto esterno all'amministrazione che ha posto l'atto da annullare e nei confronti di atti comunque viziati nella legittimità induce a ritenere prevalenti, nella fattispecie, le garanzie della legalità che si ricollegano al controllo di legittimità sugli atti, pur con tutte le connotazioni speciali che tendono ad avvicinare il potere stesso all'amministrazione attiva, in relazione sia alla facoltatività dell'annullamento, sia all'inesistenza di un limite temporale per il suo esercizio, sia all'ampia discrezionalità della valutazione relativa alla presenza di un interesse attuale di carattere generale in grado di giustificare l'intervento straordinario del Governo. Se così è, il potere in esame non potrà non essere ricondotto alla disciplina del controllo di legittimità sugli atti amministrativi delle Regioni posta dall'art. 125 Cost., disciplina che – al pari di quella espressa sempre in tema di controlli negli artt. 126 e 127 Cost. – viene a presentarsi come tassativa e insuscettibile di estensione da parte del legislatore ordinario, in quanto posta a garanzia di una autonomia compiutamente definita in sede costituzionale. Da qui l'incompatibilità della disposizione impugnata, dove si prevede un tipo particolare di controllo di legittimità da esercitare in forma accentrata attraverso il Governo, con il contenuto normativo dell'art. 125 Cost., dove si impone, invece, che il controllo di legittimità sugli atti amministrativi della Regione avvenga da parte di un organo dello Stato in forma decentrata. Sotto qualunque profilo si voglia inquadrare, il potere in questione si presenta, dunque, incostituzionale ove venga esercitato nei confronti delle Regioni, ordinarie e speciali, e delle Province autonome, in quanto incompatibile con la natura stessa della loro autonomia, così come definita nel disegno tracciato dal titolo quinto della parte seconda della Costituzione, derogabile, ma solo in termini più favorevoli, per le autonomie speciali. Tale conclusione non comporta, peraltro, che gli atti amministrativi di tali enti, ove risultino viziati nella legittimità possano godere – una volta superata la soglia dei controlli amministrativi ordinari – di una sorta di immunità da forme di sindacato successive all'inizio della loro efficacia, suscettibili di condurre all'annullamento dell'atto: tale sindacato, com’è noto, si potrà, infatti, pur sempre attivare, oltre che attraverso l'annullamento di ufficio da parte dello stesso ente che ha emesso l'atto, attraverso i comuni strumenti del controllo giurisdizionale e del conflitto di attribuzione da sollevare innanzi a questa Corte, nel rispetto delle forme e dei limiti fissati dalle diverse procedure [...]».

[13] In senso critico rispetto all’assimilazione dell’annullamento al controllo vedi R. Bin, Annullamento governativo degli atti amministrativi regionali: è proprio l’ultima parola ?, già cit.; Si rileva, che, la giurisprudenza amministrativa successiva, invece, è pervenuta a soluzioni diverse, manifestando la tendenza a far rifluire il potere di annullamento straordinario nel tradizionale alveo dell'amministrazione attiva (e non più potere del potere di controllo), qualificandolo come atto di alta amministrazione. Si veda in proposito T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 6.9.1990, n. 731, TAR, 1990, I, 3380 secondo cui «(L)a funzione esercitata non è definibile in termini di controllo, trattandosi invece di un potere di alta amministrazione, inerente al carattere unitario dello Stato e che pertanto si colloca in piena armonia nel sistema concepito dall'art. 5 della Costituzione, nel quale il decentramento organico ed istituzionale è ordinato in modo da non contrastare con detto carattere unitario».

[14] G. D’AURIA, Appunti sui controlli amministrativi dopo il nuovo titolo V (parte II) della Costituzione in Rivista della Corte dei Conti, n.2/2002, pag. 331. Nel vigente ordinamento il sistema dei controlli amministrativi negli enti locali è fondato su controlli a carattere essenzialmente interno, di regolarità amministrativo-contabile e di tipo gestionale. Deve pur essere aggiunto che l’attuale sistema ordinamentale prevede anche controlli esterni, i quali, tuttavia, non incidono sull’efficacia degli atti degli enti locali, riguardando profili di ordine gestionale: si tratta, in particolare, dei controlli sulla gestione esercitati dalla Corte dei conti, ai sensi dell’art. 7, comma settimo, legge 5 giugno 2003, n. 131, ove si stabilisce che la Corte dei Conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di comuni, province, città metropolitane e regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.

[15] Esprime qualche «riserva sull'attuale vigenza di tale potere nei confronti degli atti dei Comuni e Province» P. Cavaleri, Diritto regionale, Padova, 2003, p.210.

[16]  R. CAMELI, Poteri sostitutivi del governo ed autonomia costituzionale degli enti territoriali (in margine all’art. 120 Cost) in Giur. cost.. FAasc.5, 2004, pag. 3390.

[17] L. Sambucci, Annullamento governativo degli atti degli enti locali e sistema costituzionale delle autonomie, in www.contabilitapubblica.it, 2012, secondo cui la permanenza nell’ordinamento di siffatto istituto rappresenterebbe una obiettiva incoerenza in un ordinamento delle istituzioni oggi fortemente caratterizzato dal pluralismo istituzionale paritario.

[18] Si interroga sul punto L. BRUNETTI, Considerazioni sul potere di annullamento di cui all’art 138 T.U.E.L. e sulla sua riconducibilità all’art 120 comma 2 Cost., in Dir. amm., fasc.3, 2006, pag. 721; G. D'Auria, Appunti sui controlli amministrativi dopo il nuovo titolo V (parte II) della Costituzione, in Il lavoro nelle pubbliche amministrazioni, suppl. 1, 2002, 90, ritiene che l’istituto dovrebbe specifico fondamento nel nuovo all’art 120 comma 2 Cost.

[19] Secondo V. Cerulli Irelli, Commento all’art 8 in AA.VV.,Legge “La Loggia”. Commento alla legge 5 giugno 2013, n. 131 di attuazione del Titolo V della Costituzione, Rimini, 2003, 174, l’art.120, comma secondo Cost. «Si pone come una sorta di norma di chiusura e di clausola generale», volta a permettere al Governo di utilizzare strumenti atipici per far fronte alle esigenze ivi previste, comportando l’implicita abrogazione dell’art. 138 TUEL.

[20] M.S. Giannini, Diritto amministrativo, 1988, 1036; B.G. Mattarella, Il provvedimento amministrativo, in S. Cassese (a cura di) Trattato di diritto amministrativo, 2003, 951; G. Vesperini, Le regioni e gli enti locali, in Trattato di diritto amministrativo, cit., 1972; P.S. Pugliano, Il controllo sugli atti degli enti locali. Tra conferma dell'autarchia e riconoscimento delle autonomie locali, in www.amcorteconti.it, 24.

[21] “Implicitamente” perché nel caso di specie l’annullamento era stato deciso dal Prefetto, vedi sentenza Consiglio di Stato, Sez. III, 1° dicembre 2016, n. 5047, secondo cui è attribuito al Governo della Repubblica nella sua collegialità, e non al Ministro dell'Interno o al Prefetto, il potere di disporre «l'annullamento straordinario, a tutela dell'unità dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi» e dunque, ove ne sussistano i presupposti, anche degli atti formalmente amministrativi, emessi dal Sindaco quale ufficiale dello stato civile.

[22] E. MIDENA, L’annullamento dei same-sex marriage , in Giornale Dir. Amm., 2017, 4, 536, ricorda che, nel corso del 2015, il Consiglio di Stato ( Sez. III, 26 ottobre 2015, nn. 4897, 4898 e 4899) aveva ricostruito la vicenda riconoscendo ai Prefetti il potere di annullare gli atti, in virtù del rapporto gerarchico esistente tra Prefetto e Sindaco desumibile, implicitamente, dalla normativa sullo stato civile. In seguito, invece, ha ritenuto illegittimi gli atti di annullamento dei prefetti, affermandone l'illegittimità per incompetenza e non la nullità per difetto di attribuzione. Per il Consiglio di Stato, infatti, non sussiste un potere di annullamento dei Prefetti "implicito" nelle funzioni di vigilanza e controllo, che pure la normativa sullo stato civile attribuisce al Ministero dell'interno e ai Prefetti; né questo potere può essere desunto dall'art. 21 nonies della L. n. 241/1990 sulla disciplina dell'autotutela.

[23] Il Governo ha disposto nel corso del 2005 l’annullamento straordinario di alcune disposizioni di statuti comunali aventi ad oggetto l’estensione del diritto di voto gli stranieri. Ad esempio si veda il parere. Cons. St., Sez. I, n. 9771/2004 in tema di annullamento straordinario dello statuto comunale del Comune di Genova. Si segnala sul tema A. Pitino, Il potere governativo di annullamento straordinario degli atti amministrativi illegittimi. Riflessioni a margine dell'annullamento disposto dal Governo delle norme dello Statuto del Comune di Genova riguardanti l'elettorato attivo e passivo degli stranieri, in Le Regioni, 6/2006, 1137-1156.

[24] Vedi Cons. St., Sez. I, n. 9771/2004 

[25] Corte Cost. 24 luglio 2003, n.274.

[26] Si vedano, tra gli altri, i pareri n. 1588 del 2010, n. 1675 del 2009, n. 1796 del 2008, n. 1707 del 2007, n. 1481 del 2006, n. 9771 del 2005, n. 1313 del 2003.

[27] Corte cost., sentenza n. 229 del 1989, cit.

[28] Su cui si veda Corte cost., n. 271 del 2005.

[29] Su cui si veda Corte cost. n. 208 del 2018.

[30] Su cui si veda sentenza n. 5 del 2018.

[31] Si rammenta che ai sensi dell’art. 120, comma 1: “La Regione non può istituire dazi di importazione o esportazione o transito tra le Regioni, né adottare provvedimenti che ostacolino in qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni, né limitare l'esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.”