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Pubbl. Mar, 21 Apr 2020
Sottoposto a PEER REVIEW

L´annullamento straordinario governativo: il parere del Consiglio di Stato sull´ordinanza del sindaco di Messina

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Ilaria Taccola
AvvocatoUniversità di Pisa



Il contributo analizza l´istituto dell´annullamento straordinario governativo, alla luce del parere del Consiglio di Stato in merito all´illegittimità dell´ordinanza del sindaco di Messina


ENG This paper focuses on extraordinary annulment of the Government, considering the counsel of the Suprem Court administrative on illegitimity of the local ordinance of the Mayor of Messina.

Sommario: Premessa1. L'annullamento governativo extra ordinem; 2. L'ordinanza del sindaco di Messina; 2.1 Ordinanze extra ordine e diritto dell'Unione europea; 3. Il parere del Consiglio di Stato; 4. Conclusioni

Premessa

A seguito dell'emanazione dell'ordinanza del Sindaco di Messina  n. 105 del 5 aprile 2020 che impone a chiunque intenda fare ingresso in Sicilia con qualunque mezzo, anche a piedi, di registrarsi in un sito web, fornendo una serie di dati personali al fine di attendere il nulla osta del Comune di Messina, il Ministro dell'Interno ha richiesto il parere del Consiglio del Stato in merito all'annullamento straordinario.

Tale parere è stato favorevole, infatti, si legge che

"Va disposto l‘annullamento straordinario a tutela dell’unità dell'ordinamento, ai sensi degli artt. 138, t.u. enti locali e 2, comma 3, lett. p), l. n. 400 del 1988, dell’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020, che impone a “chiunque intende fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina, sia che viaggi a piedi sia che viaggi a bordo di un qualsiasi mezzo di trasporto” l’obbligo di registrarsi, almeno 48 ore prima della partenza, “nel sistema di registrazione on-line www.sipassaacondizione.comune. messina.it, fornendo una serie di dati identificativi e di informazioni personali”, e di “Attendere il rilascio da parte del Comune di Messina del Nulla Osta allo spostamento, essendo necessaria una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali."

Ricostruita brevemente la vicenda, si cercherà di analizzare l'istituto dell'annullamento strordinario governativo e il relativo parere del Consigio di Stato, finendo anche per esaminare brevemente i rapporti tra la disciplina statale in merito di contenimento dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus covid-19 e le conseguenti ordinanze regionali e locali.

1. L’annullamento governativo extra ordinem       

L’annullamento straordinario governativo è un istituto poco conosciuto, visto le sue rare applicazioni.

La vicenda dell’ordinanza del sindaco di Messina e il conseguente parere favorevole del Consiglio di Stato in merito all’annullamento straordinario ci consente di analizzare questo istituto, raramente riportato anche nella manualistica, salvo quella specialistica per i concorsi superiori.

L’annullamento straordinario era stato originariamente previsto nel T.U. n. 383/1934 all’art. 6[1] che stabiliva il potere del governo di annullare previo parere del Consiglio di Stato gli atti viziati da incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge o di regolamenti generali o speciali. Come è noto tale testo unico è stato abrogato dal Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Tuttavia, tale istituto è stato nuovamente previsto dal Legislatore nella legge n. 400/88[2] che ha previsto un iter disciplinare consistente nell’iniziativa ministeriale con previa delibera del Consiglio dei ministri e parere del Consiglio di Stato. Inoltre, nel caso in cui si tratti di annullamento di atti delle regioni delle provincie autonome è necessario anche il previo parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Successivamente, la Corte costituzionale[3] ha dichiarato la parziale illegittimità della norma in questione, poiché ha ricondotto l’istituto in commento nell’ambito dei controlli di legittimità sugli atti amministrativi della Regione e, di conseguenza, ha ritenuto che il Legislatore non potesse ampliare il potere di controllo degli atti regionali oltre i limiti previsti dalla Carta costituzionale.

Oggetto di dibattito era la natura dell’annullamento governativo extra ordinem, poiché alcuni ritenevano che potesse rientrare nell’ambito dei poteri di autotutela e quindi al potere di annullamento di ufficio, essendo ricondotto all'esigenza di preservare l'unità dell'ordinamento amministrativo, mentre altri ritenevano che si trattasse di un atto di alta amministrazione, preordinato a far prevalere le esigenze di indirizzo politico nazionale.

Orbene, tali tesi non hanno convinto la Corte costituzionale che ha ricondotto l’istituto agli atti di controllo di legittimità, visto che si tratta di un rimedio facoltativo e ampiamente discrezionale, visto che viene compiuto in virtù di un interesse attuale di carattere generale in grado di giustificare l'intervento straordinario del Governo.

Inoltre, si tratta di un atto che non soggiace ad alcun limite temporale, che ha come oggetto l’illegittimità di un atto e che soprattutto viene realizzato da un soggetto esterno dall’amministrazione che ha emanato l’atto da annullare.

Nonostante la parziale sentenza di incostituzionalità relativa all’annullamento di atti regionali e delle province autonome, l’art. 138 T.U.E.L.[4] ha esteso l’ambito applicativo dell’annullamento straordinario anche agli enti locali.

Secondo la dottrina[5], attraverso tale modifica legislativa si sarebbe superata la qualificazione come atto di controllo, visto che si prevede la previa delibera del Consiglio dei Ministri, e che l’atto sia emanato con decreto del Presidente della Repubblica.

Si tratterebbe, quindi, di un atto di alta amministrazione, rientrante negli atti di indirizzo politico che hanno la funzione di raccordare la funzione politica con la funzione amministrativa, come avviene con i provvedimenti di nomina del personale dirigenziale della Pubblica Amministrazione. Atti, quindi, ampiamente discrezionali, che soggiacciono alla disciplina degli atti amministrativi e quindi devono essere motivati in base alla disciplina dell’art. 3 L. n. 241/90. La differenza tra atto di alta amministrazione e atto politico non è sempre chiara. Tuttavia, una distinzione utile potrebbe essere quella secondo cui gli atti di alta amministrazione sarebbero capaci di incidere sulla sfera giuridica dei destinatari, a differenza degli atti politici.

L’annullamento straordinario governativo sarebbe, quindi, un atto di alta amministrazione, visto che l’art. 138 T.U.E.L. prevede proprio il fine della tutela dell’ordinamento. Pertanto, lo scopo dell’annullamento straordinario governativo sarebbe proprio quello di tutelare l’unità dell’ordinamento attraverso il raccordo tra l’organo politico e quello amministrativo in considerazione della preminenza dell’interesse pubblico nazionale rispetto a quello locale dell’amministrazione.

Tuttavia, a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione che ha abrogato gli artt. 125 e 130 Cost. che prevedevano il sistema dei controlli sugli atti amministrativi della Regione, delle province autonome e degli enti locali, parte della dottrina ha ritenuto abrogato anche l’annullamento straordinario governativo, ritenendolo anch’esso un atto di controllo di legittimità.

Al contrario, alcuni ritenevano che la modifica del titolo V della Costituzione non avesse inciso anche sull’annullamento governativo extra ordinem, visto che ancora oggi l’art. 120 Cost. prevede un potere sostitutivo del governo nei confronti degli enti locali, nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali, della normativa comunitaria oppure per la tutela dell’unità giuridica ed economica dello Stato, in particolare per la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali o in caso di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica.

La giurisprudenza amministrativa[6], tuttavia, ritiene sempre in vigore questo strumento nonostante la riforma del titolo V.

2. L’ordinanza del sindaco di Messina

Il sindaco di Messina, Cateno de Luca, a seguito dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus Covid-19, ha emanato l’ordinanza n. 105 del 5 aprile 2020, che impone alle persone che vogliono fare ingresso nel Porto di Messina attraverso qualsiasi mezzo di trasporto, anche a piedi, l’obbligo di registrarsi almeno 48 ore prima di partire presso un sito internet indicando una serie di dati personali per attendere il nulla osta del Comune di Messina.

Si tratta, infatti, di un’ordinanza contingibile e urgente ex art. 50 T.U.E.L. riservata al sindaco per far fronte a delle situazioni di urgenza e necessità espressamente previste dal Legislatore nel caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica.

Le ordinanze extra ordinem, tuttavia, non vanno confuse con i cosiddetti atti necessitati che sono atti tipici e nominati, come le occupazioni d’urgenza ex art. 22 bis D.P.R. 8 giugno 2001 n. 237. A differenza delle ordinanze extra ordinem, gli atti necessitati hanno, dunque, un contenuto tipico e predeterminato che consente alla Pubblica Amministrazione di agire entro certi limiti e per certe finalità.

Per quanto riguarda la natura delle ordinanze extra ordinem era sorto un dibattito che, benché sembrasse essersi risolto con l’intervento della Corte Costituzionale, è tornato attuale in quest'ltimo periodo a seguito dei recenti interventi normativi in materia di contenimento del virus covid-19. 

Secondo parte della dottrina, questi provvedimenti atipici avrebbero carattere normativo visto il loro contenuto generale e astratto e la loro capacità di innovare l’ordinamento. Inoltre, le ordinanze extra ordinem avrebbero anche la capacità di derogare alla legge ordinaria, seppure per un periodo di tempo limitato e rispettando pur sempre la Costituzione e i principi del nostro ordinamento. Si tratterebbe, quindi, di atti formalmente amministrativi, ma sostanzialmente normativi. Tuttavia, anche chi ritiene che tali strumenti abbiano natura normativa sostiene che non abbiano valore di legge, visto che sono sottoposte alla giurisdizione del giudice amministrativo, essendo riconducibili all’esercizio del potere amministrativo, in base al criterio di riparto di giurisdizione adottato dall’art. 7 c.p.a.

Tale ultima tesi non è parsa convincente, visto che le ordinanze in questione difetterebbero della capacità di innovare l’ordinamento. Infatti, la Corte costituzionale[7] ha stabilito che le ordinanze extra ordinem non sono comprese tra le fonti del nostro ordinamento, non essendo capaci di innovarlo. Infatti, la possibilità di deroga alla legge ordinaria è prevista solo per un limite di tempo determinato.

Più precisamente, la caratteristica per cui tali ordinanze siano temporanee e incidano su delle specifiche situazioni viene ritenuto incompatibile con la natura normativa, visto che un atto normativo dovrebbe modificare l’ordinamento legislativo in modo pressoché stabile. Al contrario, tali provvedimenti, proprio perché emanati sul presupposto dell’urgenza, sono caratterizzati dalla temporaneità.

Per completezza, si riporta anche la tesi intermedia che ritiene che bisognerebbe valutare caso per caso le singole ordinanze extra ordinem, visto che alcune avrebbero natura normativa se hanno un contenuto generale, astratto e capace di innovare l’ordinamento.

In definitiva, le ordinanze extra ordinem configurerebbero dei provvedimenti amministrativi funzionali a porre rimedio a situazioni emergenziali specifiche per un periodo di tempo determinato. Si tratterebbe, dunque, di ordinanze formalmente e sostanzialmente amministrative, espressive del potere amministrativo.

Per maggiore precisione, si evidenzia che le ordinanze extra ordinem devono essere limitate temporalmente e adeguatamente motivate rispetto alla necessità e all’urgenza da fronteggiare e devono rispettare il principio di proporzionalità e del minor sacrificio. In altri termini, i provvedimenti in questione, seppure emanati in situazioni emergenziali, devono contenere un adeguata motivazione che tenga conto del bilanciamento degli interessi in gioco e della soluzione con il minor aggravio possibile.

Cercando di riassumere, le ordinanze extra ordinem sono caratterizzate da atipicità contenutistica, in deroga, quindi, al principio di tipicità degli atti amministrativi. In altri termini, il legislatore determina solo i presupposti, lasciando all’autorità amministrativa la facoltà di determinarne il contenuto. Inoltre, sono contraddistinte dal presupposto della situazione emergenziale urgente e imprevedibile. Infine, le suddette ordinanze possono derogare alla legge in presenza di questi presupposti, ma devono essere supportate da una adeguata motivazione.

In aggiunta a ciò, la giurisprudenza[8] ha ulteriormente precisato che il ricorso alle ordinanze extra ordinem deve costituire l’extrema ratio, poiché siccome tali provvedimenti derogano ai principi di tipicità e nominatività degli atti amministratici, si richiede per la loro validità oltre a una previsione legislativa che attribuisca il potere, che quest’ultimo non sia libero e indeterminato. E' necessario che la norma attributiva del potere extra ordinem non sia indeterminata, poiché non è sufficiente la tutela preminente e superiore di un interesse fondamentale, ma che tale potere, seppure discrezionale, sia predeterminato nelle sue modalità e nei suoi limiti temporali. Su questo punto, la Corte costituzionale[9] ha già precisato che la norma attributiva del potere extra ordinem deve lasciare all’Amministrazione la facoltà di determinarne il contenuto, ma deve indicarne i presupposti, la materia, la finalità dell’intervento, l’autorità legittimata e anche i limiti temporali e territoriali.

Come si vedrà, uno dei profili di illegittimità dell’ordinanza del sindaco di Messina attiene proprio al profilo della dimensione territoriale.

2.1 Ordinanze extra ordine e diritto dell'Unione europea

Per quanto riguarda il rapporto tra ordinanze extra ordinem e diritto comunitario, è sempre attuale il dubbio interpretativo in merito alla possibilità di derogare o meno da parte delle ordinanze extra ordinem al diritto sovranazionale.

Secondo parte della dottrina[10], appare difficile che una fonte secondaria possa derogare alla normativa europea, visto il primato del diritto eurounitario sul diritto nazionale. Considerato che la normativa nazionale non può derogare alla normativa sovranazionale nelle materie in cui sussiste una cessione di sovranità, appare dubbia la possibilità che possa farlo una fonte secondaria come le ordinanze extra ordinem.

In merito ai rimedi giurisdizionali, si ritiene che le ordinanze extra ordinem siano impugnabili dinanzi al giudice amministrativo, essendo espressione dell’esercizio del potere amministrativo. Infatti, non appare più convincente la tesi che ritiene che in caso di mancanza dei presupposti del potere e quindi della situazione di necessità e di urgenza si dovrebbe adire il giudice ordinario. Infatti, anche se l’ordinanza venisse emanata in assenza dei presupposti, si configurerebbe pur sempre un esercizio del potere amministrativo, seppure viziato. Si tratterebbe, infatti, dell’ipotesi di cattivo uso del potere.

Per quanto riguarda specificamente le ordinanze contingibili e urgenti emanate in materia di sanità, di igiene, di edilizia e di polizia locale, era sorto un dibattito a seguito della modifica operata dal cd. pacchetto sicurezza (approvato con D.L. 92/2008 e convertito con L. n. 1225/2008).
La modifica [11], oltre ad aver introdotto nell’ambito dei presupposti oggettivi anche la sicurezza e la comunicazione preventiva al Prefetto delle suddette ordinanze per garantirne l’attuazione, ha inserito il termine “anche” prima di “contingibili e urgenti".
Tale termine ha suscitato un accesso dibattito, terminato solo con la dichiarazione di parziale incostituzionalità[12].

Inoltre, il decreto del Ministro dell’interno 5 agosto 2008 ha definito l’incolumità pubblica all’art. 1 come “l’integrità fisica della popolazione” e la sicurezza urbana come “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”. Invece, l’art. 2 indica le situazioni in cui il Sindaco può intervenire.

Inoltre, come si è brevemente accennato, la riforma ha previsto che il Sindaco possa emanare anche ulteriori ordinanze per fronteggiare un grave pericolo per la sicurezza urbana o per l’incolumità pubblica.
È stato proprio questo il punto oggetto di censura da parte della Corte costituzionale per violazione degli artt. 23 e 97 Cost. poiché è stato previsto un potere, in capo al Sindaco, atipico e ulteriore rispetto a quello previsto per le ordinanze extra ordinem, visto che è stato utilizzato il termine “anche”.
E benché sia stato confermato dalla Corte costituzionale che tale potere atipico non potesse essere esercitato in deroga della legge, a differenza delle ordinanze extra ordinem, si trattava di un potere non predeterminato dalla legge stessa, in contrasto, quindi, con il principio della riserva della legge che deve attribuire il potere alla Pubblica Amministrazione, non solo formalmente, ma anche sostanzialmente, determinandone il contenuto. Per le ordinanze extra ordinem si prevede un potere dal contenuto atipico, proprio perché si tratta di situazioni urgenti. Pertanto, non si può prevedere un contenuto atipico per le ordinanze “normali” del Sindaco.

Infatti, come è stato precisato anche dalla giurisprudenza amministrativa[13], le ordinanze extra ordinem sono adottate dal Sindaco nella veste di ufficiale del governo quando si rappresenti una minaccia per la pubblica incolumità che non sia possibile fronteggiare con gli strumenti ordinari. Si deve trattare, dunque, di pericoli non tipizzati dal Legislatore per i quali sia impossibile utilizzare gli strumenti classici offerti dall'ordinamento e non rimanga perciò altra scelta se non quella di ricorrere all’uso delle ordinanze extra ordinem, che devono essere adeguatamente motivate a seguito di una approfondita istruttoria basata su prove concrete e non mere presunzioni.

Ora, l’ordinanza del sindaco di Messina si può definire un’ordinanza extra ordinem ex art. 50 T.U.E.L. che prevede il potere del sindaco di disporre ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica.

Tale ordinanza è stata emanata, come si è brevemente accennato, per l’attuazione dei D.P.C.M. 8/3/2020, D.P.C.M. 9/3/2020 e D.P.C.M. 11/3/2020, nell’ampia proliferazione normativa riscontrata per il contenimento della pandemia causata dalla diffusione del virus covid-19.

Tuttavia, sono stati rilevati alcuni profili incostituzionali che hanno attivato il Governo e il conseguente parere del Consiglio di Stato.

3. Il parere del Consiglio di Stato

La vicenda dell’ordinanza del sindaco di Messina ha attivato il procedimento dell’annullamento straordinario governativo ed è intervenuto il parere del Consiglio di Stato[14] che oltre a ritenere che l’ordinanza in questione vada annullata ha anche chiarito la natura di questo strumento.

Infatti, il Consiglio di Stato ha ritenuto che l’annullamento straordinario governativo non sia stato abrogato dalla Riforma del titolo V visto che non si tratta di uno strumento di controllo di legittimità degli atti locali. I Giudici di Palazzo Spada hanno richiamato una pronuncia risalente della Corte costituzionale[15] che faceva leva sul ruolo di questo strumento volto più che a controllare la legittimità degli atti, ad assicurare il carattere unitario dell'ordinamento nazionale.

Infatti, nell’annullamento straordinario convivono le due funzioni, sia quella di controllo di legittimità degli atti che quella di raccordo tra lo Stato centrale e l’ordinamento decentrato.

Tuttavia, come ha precisato il Consiglio di Stato in questo parere, è prevalente la funzione di alta amministrazione, poiché l’intervento si rende necessario proprio quando l’atto illegittimo assume una valenza tale da configurare una lesione concreta e attuale all’unità dell’ordinamento nazionale. Infatti, le illegittimità dell’atto possono venire in rilievo solamente nel caso in cui si concretizzi una lesione dell’unità dell’ordinamento giuridico, legittimando così l’utilizzo dello strumento dell’annullamento straordinario.

Nel caso in esame, viene proprio in rilievo la necessità di utilizzare lo strumento dell’annullamento governativo visto che a seguito dell’emergenza sanitaria è necessaria una gestione unitaria della crisi, poiché eventuali interventi locali potrebbero danneggiare le misure di contenimento attuate a livello nazionale.

In merito all’ordinanza in esame, si ravvisa un contrasto con l’art. 23 Cost. che prevede che nessuna prestazione personale o patrimoniale possa essere imposta se non in base alla legge, poiché tale ordinanza seppure emanata sul presupposto della necessità e dell’urgenza causata dalla diffusione del virus COVID-19, ha travalicato i limiti legali visto che non esiste alcuna legge che prevede in capo al Sindaco il potere di emanare ordinanze che hanno un’efficacia al di fuori del proprio territorio locale.

Infatti, come si è brevemente accennato l’ordinanza impone l’obbligo di registrarsi almeno 48 ore prima della partenza nel sistema online disponibile sul web e sulla pagina del Comune di Messina, fornendo una serie di dati identificativi personali e relativi alla località di provenienza, a quella di destinazione e ai motivi del trasferimento.

Inoltre, la suddetta ordinanza richiede che si sia previamente informato il sindaco del comune di provenienza per il rilascio del visto/nulla osta. Pertanto, ci si troverebbe di fronte a un provvedimento atipico che dovrebbero rilasciare i sindaci degli altri comuni.

A maggior ragione, tale ordinanza si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost. visto che dispone una disparità di trattamento nei confronti delle persone che devono attraversare lo stretto di Messina, rispetto alla generalità dei cittadini.

In aggiunta a ciò, l’ordinanza introduce il potere di autorizzare l’ingresso e il transito nel territorio comunale che oltre a non avere alcuna base legale si pone in contrasto con la libertà personale ex art. 13 Cost. e la libertà di circolazione ex art. 16 Cost. Infatti, come è noto l’art. 13 Cost. impone che le limitazioni alla libertà personale siano previste oltre che nei modi previsti dalla legge, anche in casi eccezionali di necessità e di urgenza, ma tali provvedimenti devono essere comunicati e convalidati dall’Autorità giudiziaria.

Oltre a ciò si profilano ulteriori violazioni come quella dove si impone di inserire nel sistema online una serie di dati personali, in palese contrasto con la disciplina di derivazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali che costituisce tra l’altro materia di potestà esclusiva statale.

L’ordinanza violerebbe anche le attribuzioni riservate allo Stato in materia di profilassi internazionale, di cui all’art. 117, secondo comma lett. q), della Costituzione, materia in appartenenza statale.

Inoltre, l’ordinanza locale in esame violerebbe anche la normativa statale in materia di contenimento del virus COVID-19, visto che il decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 ha disciplinato agli artt. 2 e 3 i possibili interventi in sussidiarietà verticale delle autonomie territoriali sempre però rispettando i principi di adeguatezza e proporzionalità.

Infatti, l’art. 2 del citato decreto prevede che le misure di contenimento siano predisposte con uno o più decreti del presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della salute, sentiti i Ministri dell’Interno, della Difesa, dell’Economia e delle finanze e gli altri competenti per materia. Inoltre, sempre all’art. 2 si prevede che nel caso di provvedimenti che riguardino specifiche regioni vadano sentiti i presidenti delle Regione, oppure nell’ipotesi in cui riguardino tutto il territorio nazionale va sentito il Presidente della Conferenza delle regioni e delle Province autonome.

Inoltre, all’art. 3 del citato decreto, si è previsto che le Regioni possano adottare nell’ambito delle loro competenze misure più restrittive di quelle nazionali per ragioni di aggravamento dell’emergenza sanitaria, nelle more dell’emanazione dei decreti del Presidente del Consiglio, e con efficacia limitata fino a tale momento.

In altri termini, le Regioni possono emanare misure più restrittive nell’ipotesi di un peggioramento della situazione sanitaria circoscritta alla Regione interessata o un’area comunale ivi ricompresa. Tuttavia, tale misura restrittiva è limitata temporalmente fino al momento in cui intervenga il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri.

Ciò che più interessa è il secondo comma dell’art. 3, che prevede come i Sindaci non possano adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l’emergenza in contrasto con le misure statali, ovvero eccedendo i limiti di oggetto di cui al precedente comma.

Pertanto, sussiste una precisa gerarchia tra i vari organi che rispecchia come era ovvio quella della Costituzione. Tuttavia, si è assistito a una proliferazione normativa a livello regionale e locale più restrittiva di quella nazionale che ha comportato incertezza sia per gli operatori del settore, ma soprattutto per i cittadini.

Inoltre, analizzando la normativa in materia di contenimento dell'emergenza sanitaria, rileva anche un'ulteriore violazione di quest'ultima. Infatti, analizzando la normativa statale, prevista dall’ultimo D.P.C.M. 22 marzo 2020, si rileva che è stato stabilito il divieto per tutte le persone fisiche di trasferirsi o di spostarsi con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un Comune diverso rispetto a quello in cui attualmente si trovano, salvo che per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute. Inoltre, si deve esaminare anche il decreto del Ministro della salute di concerto con il Ministro delle infrastrutture del 17 marzo 2020 n. 120 e successive modifiche che all’art. 2, per quanto riguarda lo stretto di Messina ha disposto la sospensione del trasporto marittimo dei viaggiatori da e verso la Sicilia.

Tuttavia, vi sono state delle eccezioni espressamente previste che hanno consentito, per fare degli esempi non esaustivi, lo spostamento delle merci oppure dei lavoratori pendolari.

Appare quindi evidente, secondo il Consiglio di Stato, la violazione della normativa statale citata, visto che è stato espressamente previsto che il Sindaco non può imporre misure più restrittive rispetto alla normativa statale.

Invero, è di particolare rilevanza l’assunto con cui il Consiglio di Stato ha ritenuto che in un periodo di emergenza sanitaria debba prevalere l’unità gestionale della crisi. Infatti, si legge che

in presenza di emergenze di carattere nazionale, dunque, pur nel rispetto delle autonomie costituzionalmente tutelate, vi deve essere una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali”.

Per questi motivi, il Consiglio di Stato, nel parere richiesto dal Governo, ha ritenuto illegittima l’ordinanza del Sindaco di Messina.

4. Conclusioni

Il parere del Consiglio di Stato si inserisce nell’ambito delle questioni del rapporto tra provvedimenti regionali o locali e quelli statali nell’ambito dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus COVID-19. In questo momento difficile per la Nazione sono molte le questioni giuridiche e sociali che si pongono agli interpreti.

Una di queste è proprio il rapporto tra le competenze statali, regionali e locali, perché assistiamo a provvedimenti locali anche molto più restrittivi di quelli nazionali, come si è appena visto con l’ordinanza del Sindaco di Messina volta a limitare l’ingresso nel suo territorio, imponendo una registrazione preventiva in un sito internet.

Tali riflessioni si intrecciano con il principio di legalità, fondamento del nostro ordinamento, che come si è visto è stato richiamato dal Consiglio di Stato per censurare la legittimità dell’ordinanza in esame, visto che seppure quest’ultima sia stata emanata sul presupposto dell’emergenza sanitaria, non è possibile superare i limiti del principio di legalità, al punto di emanare un provvedimento che travalica i confini territoriali.

Infatti, sono molti dubbi che rimangono in merito ad altre ordinanze locali e regionali emanate che apparentemente travalicano il principio di legalità.

Cercando di riassumere brevemente il panorama normativo, a seguito degli ultimi interventi in materia di contenimento dell’emergenza sanitaria, in merito ai rapporti tra Stato, Regioni e autonomie locali, come hanno fatto notare i primi commentatori[16], il decreto-legge n. 19/2020 ha autorizzato le Regioni e le Province autonome a predisporre misure di contenimento del virus, seppure nell’ambito di certi limiti, che infatti, sono stati anche riportati nel parere del Consiglio di Stato, oggetto della presente trattazione.

Invero, le Regioni possono adottare misure più restrittive se sussiste l’aggravamento del rischio sanitario nel loro territorio e solo se non è stato ancora adottato un decreto del Presidente del consiglio. Infatti, l’efficacia temporale delle ordinanze regionali è anche limitata temporalmente, ossia al momento di adozione del citato DPCM. Inoltre, le ordinanze regionali possono essere solo ulteriormente restrittive, ossia non possono attenuare la disciplina prevista a livello statale e non possono incidere sulle attività produttive e neanche su quelle di rilevanza strategica per l’economia nazionale.

Invece, per quanto riguarda i sindaci è stato espressamente previsto il divieto. Infatti, si legge che “I Sindaci non possono adottare, a pena di inefficacia, ordinanze contingibili e urgenti dirette a fronteggiare l'emergenza in contrasto con le misure statali, né eccedendo i limiti di oggetto cui al comma 1.”

Tale divieto corrisponde, infatti, alla gerarchia dell’ordinamento costituzionale. Tuttavia, come è noto, sono molte le ordinanze regionali e locali che hanno previsto misure ancora più restrittive rispetto alla disciplina nazionale. Anche il fatto di prevedere l’obbligo della mascherina corrisponde a una misura più restrittiva non prevista a livello nazionale.

Si vedrà, in seguito, come verranno risolte le ulteriori questioni dinnanzi agli organi giurisdizionali.


Note e riferimenti bibliografici

Link del parere del Consiglio di Stato, sez. I, 7 aprile 2020, n. 735.

[1] Art. 6 T.U. n. 383/1934 “Il governo ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, di ufficio o su denuncia, sentito il consiglio di Stato, gli atti viziati da incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge o di regolamenti generali o speciali. Contro il decreto reale è sempre ammesso il ricorso per legittimità al consiglio di Stato in sede giurisdizionale, ovvero il ricorso straordinario al Re.

[2] Art. 2, terzo comma lett. p) L. n. 400/88 le determinazioni concernenti l'annullamento straordinario a tutela dell'unità' dell'ordinamento, degli atti amministrativi illegittimi, previo parere del Consiglio di Stato e, nei soli casi di annullamento di atti amministrativi delle regioni delle provincie autonome, anche della Commissione parlamentare per le questioni regionali.”

[3] Corte Cost. n. 229/89 “In realtà, il fatto che il potere venga esercitato da un soggetto esterno all'amministrazione che ha posto l'atto da annullare e nei confronti di atti comunque viziati nella legittimità induce a ritenere prevalenti, nella fattispecie, le garanzie della legalità che si ricollegano al controllo di legittimità sugli atti, pur con tutte le connotazioni speciali che tendono ad avvicinare il potere stesso all'amministrazione attiva, in relazione sia alla facoltatività dell'annullamento, sia all'inesistenza di un limite temporale per il suo esercizio, sia all'ampia discrezionalità della valutazione relativa alla presenza di un interesse attuale di carattere generale in grado di giustificare l'intervento straordinario del Governo.”

[4] Art. 138 T.U.E.L. “in applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli enti locali viziati da illegittimità.”

[5] Rocco Galli, Nuovo Corso di diritto amministrativo Tomo primo settima ed. 2019

[6] Cons. St. sez. 6. 1588 del 2010, n. 1675 del 2009, n. 1796 del 2008, n. 1707 del 2007, n. 1481 del 2006, n. 9771 del 2005, n. 1313 del 2003)

[7] C. Cost. n. 4/1977 “non sono certamente ricomprese tra le fonti del nostro ordinamento giuridico; non innovano al diritto oggettivo; né, tanto meno, sono equiparabili ad atti con forza di legge, per il sol fatto di essere eccezionalmente autorizzate a provvedere in deroga alla legge.”

[8] Cons. St, sez. V, 21 febbraio 2017, n. 774 “la Sezione non può che ribadire i consolidati principi in materia, secondo cui presupposti per la sua adozione sono la sussistenza di un pericolo irreparabile ed imminente per la pubblica incolumità, non altrimenti fronteggiabile con i mezzi ordinari apprestati dall'ordinamento, nonché la provvisorietà e la temporaneità dei suoi effetti, nella proporzionalità del provvedimento, non essendo pertanto possibile adottare ordinanze contingibili ed urgenti per fronteggiare situazioni prevedibili e permanenti o quando non vi sia urgenza di provvedere, intesa come assoluta necessità di porre in essere un intervento non rinviabile, a tutela della pubblica incolumità.”

[9] Corte cost. 28 maggio 1987, n. 201 “va riconosciuto che nel nostro ordinamento costituzionale non sono individuabili clausole che autorizzino in via generale modifiche, o anche soltanto deroghe, alla normativa primaria con disposizioni relative tanto a casi singoli quanto ad una generalità di soggetti o a una serie di casi (possibili) per motivi di necessità e/o urgenza (diverse, come é ovvio, sono le ipotesi di cui agli artt. 78 e 77 Cost.). Per l'esercizio da parte di autorità amministrative di siffatti poteri, con effetto di deroga - ma non anche di abrogazione o di modifica - della normativa primaria, occorre, come questa Corte ha già più volte chiarito (cfr. sentt. nn. 4 del 1977, 26 del 1961 e 8 del 1956) una specifica autorizzazione legislativa che, anche senza disciplinare il contenuto dell'atto (questo in tal senso può considerarsi libero), indichi il presupposto, la materia, le finalità dell'intervento e l'autorità legittimata.

[10] Chieppa Giovagnoli Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè ed. 2016

[11] Art. 54, quarto comma T.U.E.L. “Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, (anche) contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono preventivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.”

[12] Corte Cost.  n. 115/2011 “E' costituzionalmente illegittimo, per violazione degli artt. 3, primo comma, 23 e 97 Cost., l'art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), come sostituito dall'art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 24 luglio 2008, n. 125, nella parte in cui comprende la locuzione «, anche» prima delle parole «contingibili e urgenti». Tale disposizione - attribuendo ai sindaci il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione, le quali, pur non potendo derogare a norme legislative o regolamentari vigenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico - viola, da un lato, la riserva di legge relativa di cui all'art. 23 Cost., in quanto non prevede una qualunque delimitazione della discrezionalità amministrativa in un ambito, quello dell'imposizione di comportamenti, che rientra nella generale sfera di libertà dei consociati; dall'altro, viola l'ulteriore riserva di legge relativa di cui all'art. 97 Cost., poiché la pubblica amministrazione può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni normative ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge; e viola, infine, anche l'art. 3, primo comma, Cost., giacché, in assenza di una valida base legislativa, gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti, a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci.”

[13] Vedi ad esempio Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2012, n. 3490

[14] Consiglio di Stato, Sez. I, 7 aprile 2020, n. 735 “Va disposto l‘annullamento straordinario a tutela dell’unità dell'ordinamento, ai sensi degli artt. 138, t.u. enti locali e 2, comma 3, lett. p), l. n. 400 del 1988, dell’ordinanza del Sindaco di Messina n. 105 del 5 aprile 2020, che impone a “chiunque intende fare ingresso in Sicilia attraverso il Porto di Messina, sia che viaggi a piedi sia che viaggi a bordo di un qualsiasi mezzo di trasporto” l’obbligo di registrarsi, almeno 48 ore prima della partenza, “nel sistema di registrazione on-line www.sipassaacondizione.comune. messina.it, fornendo una serie di dati identificativi e di informazioni personali”, e di “Attendere il rilascio da parte del Comune di Messina del Nulla Osta allo spostamento, essendo necessaria una gestione unitaria della crisi per evitare che interventi regionali o locali possano vanificare la strategia complessiva di gestione dell’emergenza, soprattutto in casi in cui non si tratta solo di erogare aiuti o effettuare interventi ma anche di limitare le libertà costituzionali.”

[15] Corte Cost. 23/1959 “Quello dell'annullamento in qualunque tempo, da parte del Governo, degli atti amministrativi inficiati da vizi di legittimità, quando lo esigano ragioni di interesse pubblico, è un istituto che risale alla fondazione dello Stato italiano. Considerato fin da allora come manifestazione essenziale della legalità e dell'unitarietà di direzione dell'ordinamento amministrativo dello Stato, esso fu sempre riconosciuto applicabile - nonostante l'originaria mancanza di espresse disposizioni di legge (dal 1865 sino al 1934 fecero riferimento a esso, per disciplinarne la procedura, soltanto i regolamenti di esecuzione della legge comunale e provinciale) - a tutti gli atti amministrativi, da qualsiasi autorità, statale o autarchica, promanassero. L'istituto, radicato nella tradizione del nostro Stato, e oggi contemplato dall'art. 6 T.U. com. e prov. 1934, ha sopra tutto la funzione di contribuire a mantenere in armonia con altri strumenti, quali, a es., l'unità dell'indirizzo amministrativo nell'azione del Governo (art. 95 Cost.) e il ricorso straordinario al Capo dello Stato (art. 16, n. 4, T.U. Cons. di Stato) - il carattere unitario dell'ordinamento della pubblica Amministrazione nonostante la molteplicità dell'articolazione di questo in una pluralità di organismi dotati di varia autonomia. Esso rappresenta un mezzo di autotutela dell'Amministrazione pubblica intesa come ordinamento unitario. Come dispongono di vari mezzi di autotutela (tra i quali, importantissimo, il potere di autoannullamento) le singole articolazioni - di volta in volta dotate o non di vita autonoma - nelle quali la pubblica Amministrazione si snoda, così, nella sua entità unitaria, l'Amministrazione dispone di quel particolare strumento di autotutela che é contemplato dall'art. 6 T.U. comunale e provinciale.

Ritiene la Corte che questo specifico strumento, ordinato in modo da servire a un tempo alle esigenze della legalità e a quelle dell'interesse generale (senza il concorso del quale ne sarebbe illegittimo l'esercizio), e destinato a essere discrezionalmente impiegato - come si addice ai supremi uffici ai quali è attribuito in sede di alta amministrazione, non soltanto non contrasta con i principi costituzionali relativi all'organizzazione amministrativa dello Stato e alle autonomie locali, ma si inserisce in piena armonia nel sistema concepito dall'art. 5 Cost., nel quale il decentramento organico e istituzionale è ordinato in modo da non contrastare col carattere unitario dello Stato. Del resto, a meno che urti con altri precetti, non può ledere le autonomie il ripristino da parte dello Stato della legalità turbata da atti degli enti pubblici.

[16] Olivetti Marco, “Le misure di contenimento del Coronavirus, fra Stato e Regioni” in Quotidiano Giuridico  

  • Rocco Galli, Nuovo corso di diritto amministrativo, Cedam ed. 2019 
  • Francesco Caringella, Manulale di diritto amministrativo, Dike ed. 2017
  • Chieppa Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo,  Giuffrè III ed. 2016