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Pubbl. Mer, 29 Apr 2020

Gli effetti della prescrizione sulla confisca facoltativa: la recente ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite

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Sonia Sasso



La Sezione VI della Cassazione Penale ha rimesso alle Sezioni Unite la questione sulla legittimità  della confisca facoltativa diretta del profitto, ex art. 240 c.p., comma 1, in presenza di una pronuncia di prescrizione, facente seguito a condanna di primo grado. In particolare, la Sezione rimettente si è interrogata sui presupposti della confisca facoltativa e sulla necessità di un giudicato formale di condanna. (Ord. n. 7881 del 27 febbraio 2020)


Sommario: 1. Il ruolo della confisca nel diritto penale commerciale; 2. Confisca obbligatoria e prescrizione; 3. Il quesito posto dall'ordinanza di rimessione.

 

1. Il ruolo della confisca nel diritto penale commerciale.

Appare interessante delineare preliminarmente il ruolo che ha assunto la confisca nel sistema repressivo attuale.

L'ordinamento penale attuale presenta varie ipotesi di confisca, la cui natura spesso divergente osta ad una disciplina unitaria. La giurisprudenza di legittimità (sentenza Carlea) ha affermato espressamente che "la confisca si presenta come un istituto non riconducibile ad una dimensione unitaria, se non sotto il profilo dell'effetto concreto da essa prodotto, mentre, con riferimento alle condizioni per la sua applicazione ed alle finalità perseguite con tale misura, deve aversi riguardo alla disciplina predisposta per le singole ipotesi di confisca che possono essere disposte per motivi diversi e coesistere in modelli diversi".

Il legislatore sempre più spesso ricorre allo strumento ablatorio per contrastare le nuove forme di criminalità colpendole al core dell'attività illecita. I grandi processi celebrati nell'ultimo decennio mostrano un mutamento della criminalità, dal criminale lambrosiano si è passati al crimine dei colletti bianchi (funzionari pubblici, amministratori di società, esponenti politici, imprenditori, broker). La trasformazione della criminalità e la spinta verso nuovi settori in cui operare hanno attribuito al diritto penale commerciale un ruolo di maggiore rilievo rispetto a quello originariamente riconosciuto dal codice Rocco.

L'azione del legislatore, allora, oggi mira ad arginare e reprimere simile criminalità economica da un lato, delineando nuove forme di confisca (allargata, per equivalente, di prevenzione) e dall'altro superando il brocardo societas delinquere non potest con l'introduzione della responsabilità amministrativa degli enti da reato.

La confisca, quale misura di sicurezza patrimoniale, è soggetta alla riserva assoluta di legge ai sensi dell'art.25 della Costituzione. Alla legge spetta quindi definire i presupposti e l'ambito di applicazione di tale strumento. Il legislatore, nella delineazione di ipotesi di confisca completamente diverse tra loro, ha inserito fattispecie prive dell'elemento della pericolosità, connaturale alla misura di sicurezza. Emblematica è la confisca per equivalente con cui si colpiscono beni dal valore equivalente al prezzo o al profitto del reato. Il bene in tal caso di per sé non è pericoloso né legato al fatto criminoso da alcun nesso di pertinenza. Alcuni autori hanno evidenziato come in tal caso il pericolo possa comunque rintracciarsi e riguardare l'avere a disposizione taluni beni o ricchezze.

L'orientamento maggioritario, a fronte di tali caratteristiche, ritiene che la confisca per equivalente abbia una natura sostanzialmente punitiva e debba essere soggetta allo statuto della pena. Illegittima, dunque, sarebbe per esempio la sua applicazione retroattiva, a differenza di quanto previsto per le misure di sicurezza soggette al tempus regit actum.

2. Confisca obbligatoria e prescrizione.

Le ipotesi di confisca ex art. 240 c.p. sono misure di sicurezza patrimoniali aventi una funzione specialpreventiva. La sottrazione del bene pericoloso impedirebbe al reo di aggravare o reiterare la propria condotta delittuosa.

Presupposto di tale strumento è, quindi, la pericolosità del bene, oggetto di accertamento del giudice. L'elemento si atteggia in modo differente nelle varie ipotesi di confisca, dipendendo dal nesso di pertinenza tra il reato e il bene da ablare; infatti quanto più la res è legata al fatto di reato tanto più è ontologicamente pericolosa. Il legislatore ha circoscritto le ipotesi di confisca obbligatoria e sulla base proprio di tale nesso ha inserito una presunzione di pericolosità. Il bene la cui fabbricazione costituisce reato, per esempio, ha un'innata pericolosità che è presunta e non deve essere provata, in quanto il legislatore già a monte ne ha vietato la fabbricazione. 

Nella confisca obbligatoria ex art. 240, comma 2, c.p. si assiste ad una presunzione di pericolosità, in particolare, per i beni che costituiscono il prezzo del reato, gli strumenti utilizzati nella commissione di reati informatici e le cose la cui fabbricazione e uso costituisce reato. Nella confisca facoltativa, al contrario, la pericolosità deve essere oggetto di valutazione e accertamento positivo da parte del giudice, in quanto l'ablazione del bene non è conseguenza automatica del reato. E' uno strumento che il giudice può utilizzare sulla base di proprie valutazioni da rendere nella motivazione della sentenza.

Il rapporto tra prescrizione e confisca era stata affrontato e risolto dalle Sezioni Unite Lucci nel 2015 rispetto alla confisca obbligatoria nei termini seguenti: "Il giudice, nel dichiarare l'estinzione del reato per intervenuta prescrizionepuò applicare, a norma dell'art. 240, secondo comma, n. 1, c. p., la confisca del prezzo del reato e, a norma dell'art. 322-ter cod. pen., la confisca del prezzo o del profitto del reato sempre che si tratti di confisca diretta e vi sia stata una precedente pronuncia di condanna, rispetto alla quale il giudizio di merito permanga inalterato quanto alla sussistenza del reato, alla responsabilità dell'imputato ed alla qualificazione del bene da confiscare come profitto o prezzo del reato".  

Presupposto della confisca è la condanna e, dunque, l'accertamento del fatto di reato e della responsabilità dell'imputato. Solo a seguito di prova oltre ogni ragionevole dubbio sull'esistenza del fatto e sulla responsabilità del singolo è legittimo confiscare parte del suo patrimonio. La giurisprudenza si è posta il problema allora di verificare se la prescrizione incida su tale profilo. A tale quesito le Sezioni Unite hanno dato risposta negativa, ritenendo che la prescrizione, avvenuta in sede di gravame, non escluda quanto provato con la condanna di primo grado.

Interessante rilevare l'influenza che ha avuto la giurisprudenza eurounitaria sul punto, la quale accoglie un concetto di condanna sostanziale senza che sia necessaria una sentenza formale. Secondo parte della giurisprudenza oltralpe, inoltre, la prescrizione non escluderebbe la confisca nemmeno se avvenuta in primo grado, nel caso in cui si sia comunque arrivati ad un accertamento del reato e la sentenza di proscioglimento abbia in realtà natura sostanziale di condanna.

Al fine di descrivere al meglio il dibattito in materia è necessario indagare la natura e il fondamento della prescrizione.

La prescrizione è una causa di estinzione del reato che ne esclude la punibilità senza incidere però sull'accertamento della responsabilità. L'istituto di diritto sostanziale ha un fondamento garantista, rintracciabile nell'esigenza di non assoggettare un individuo alla possibilità della pena per un tempo indeterminato. Lo scorrere del tempo, inoltre, incide anche sul ricordo sociale del fatto e sulla stessa funzione retributiva e rieducativa della pena.

Si tratta dunque di un istituto di politica criminale, comune ad ogni Stato di diritto, la cui disciplina varia a seconda del bilanciamento fatto dal legislatore tra la certezza della pena, le esigenze garantiste e la repressione del crimine.

La dichiarazione di avvenuta prescrizione dunque non inciderebbe sull'accertamento della responsabilità del reo, il che sarebbe evidente anche dal tipo di pronuncia del giudice, ossia una sentenza di non doversi procedere ex art. 531 c.p.p. Alla luce della natura di tale causa di estinzione del reato, si ritiene legittima la confisca diretta obbligatoria anche a seguito di avvenuta prescrizione in appello, in quanto sarebbe in ogni caso assolto il presupposto della condanna.

Medesime considerazioni sono state fatte rispetto alla confisca urbanistica ex art. 44 TU Edilizia. Da rilevare tuttavia come in tal caso la norma stessa richieda il mero accertamento del fatto e non la condanna. La formulazione letterale della disposizione attribuisce peso al dato sostanziale e non formale, rendendo legittima l'irrogazione della confisca anche a seguito di sentenza di non doversi procedere per avvenuta prescrizione resa in appello.

Nel 2018 il legislatore, in adesione a tale giurisprudenza, ha inserito l'art. 578 bis c.p.p. a norma di cui il giudice d'appello o cassazione nel dichiarare l'avvenuta prescrizione decide sull'impugnazione ai fini della sola confisca. La norma è strutturata in modo analogo all'art. 578 c.p.p. relativo alla responsabilità civile; anche in tal caso il giudice non si arresta alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione ma decide sull'impugnazione ai soli effetti civili. Presupposto dell'art. 578 bis c.p.p. è l'ordine di confisca in primo grado e l'accertamento della responsabilità dell'imputato.

3. Il quesito posto dall'ordinanza di rimessione.

La Sezione VI della Cassazione penale, con ordinanza n. 7881 del 27 febbraio 2020, ha rimesso alle Sezioni Unite la questione relativa alla possibilità di estendere i principi elaborati dalla giurisprudenza per la confisca obbligatoria e quella urbanistica anche a quella facoltativa, rilevando vari aspetti problematici.

In primo luogo dubbi sono stati posti rispetto alla tenuta del principio di legalità e del divieto di analogia in malam partem. Si "rileva che il principio di stretta legalità impedisce di estendere alla confisca facoltativa di cui all'art. 240 c.p., comma 1, i principi tassativamente previsti per tutte le ipotesi di confisca obbligatoria".

Il principio di tassatività, corollario dell'art. 25 Cost., infatti, vincola l'opera dell'interprete che non può dunque spingersi oltre il significato letterale delle parole (c.d. interpretazione estensiva). Il divieto di analogia in malam partem, pertanto, osterebbe alla generalizzata estensione analogica di principi elaborati e riferibili a fattispecie simili. Nello specifico si fa riferimento alla possibilità, prevista dalla giurisprudenza prima dell'art. 278 bis c.p.p.,di valutare gli effetti della confisca in appello anche a seguito di prescrizione sulla base di un accertamento sostanziale del fatto avvenuto in primo grado.

Il principio di tassatività osterebbe dunque sia all'interpretazione analogica di quanto previsto all'art. 578 bis c.p.p., che si riferisce espressamente ad ipotesi di confisca obbligatoria, sia all'estensione dei principi elaborati dal diritto vivente per diversa fattispecie.

Limiti a tale estensione deriverebbero anche dal ruolo e dagli effetti riconducibili alla condanna in questi casi. La natura facoltativa della fattispecie ex art. 240, comma 1, c.p. attribuisce infatti al singolo operatore la valutazione sull'opportunità dell'ordine di confisca e quindi sulla pericolosità del bene. Nello specifico si tratta di una "valutazione prognostica riguardo alla idoneità incentivante al delitto che possa riconoscersi nel mantenimento del possesso di tali beni, i quali non sono caratterizzati da intrinseca pericolosità già ritenuta dal legislatore". Oggetto della confisca facoltativa sono le cose che servirono al reato, il suo prodotto o profitto. Si tratta di res che non presentano un rapporto tale con il reato da giustificare una presunzione. Centrale è, pertanto, la valutazione fatta in sede di merito e resa nella sentenza di condanna che diviene anche il luogo in cui bilanciare il diritto di proprietà con la finalità special-preventiva della misura.

L'ordinanza di rimessione evidenzia tale aspetto ritenendo che la condanna per la confisca obbligatoria rilevi solo al fine di accertare l'esistenza del fatto e la responsabilità del reo e che lo stesso non possa dirsi per quella facoltativa. La condanna in tal caso ha ad oggetto anche il nesso di pertinenza bene-reato e la sua pericolosità.

Le diverse caratteristiche rintracciabili per la confisca facoltativa precluderebbero generalizzate estensioni di principi anche in virtù del principio di uguaglianza, ex art. 3 Cost., che vieta un trattamento uguale per situazioni diverse.

In attesa che si pronuncino le Sezioni Unite, si può affermare dunque che la possibilità per il giudice di decidere sulla confisca, anche a seguito di prescrizione, non è esclusa a priori ma deve essere valutata in via autonoma a fronte delle peculiarità dell'istituto senza lasciar alcuno spazio all'analogia.


Note e riferimenti bibliografici