Pubbl. Lun, 20 Apr 2020
Locazione commerciale e Covid-19: le conseguenze sul contratto
Modifica paginaPrime riflessioni sugli effetti dell´emergenza sanitaria sui contratti di locazione commerciale
Tra le ricadute economiche prodotte dalla crisi sanitaria determinata dalla diffusione del virus Covid-19 vi è, senza dubbio, la problematica relativa alla disciplina del rapporto di locazione e in merito ai relativi riflessi sulla gestione del rapporto contrattuale tra locatore e conduttore.
Si tratta, essenzialmente, delle locazioni di carattere commerciale, posto che la chiusura forzata delle attività imprenditoriali, decisa dal Governo con il D.P.C.M. 11/03/2020 per fronteggiare la situazione d’emergenza legata al coronavirus, ha determinato, per molteplici aziende, commercianti e piccoli imprenditori, l’impossibilità di svolgere la propria attività economica all’interno degli immobili detenuti in affitto.
E così il blocco dell’attività commerciali, ad esclusione di quelle considerate essenziali, ha privato, di fatto, quegli stessi operatori della possibilità di ricavare quegli introiti necessari per far fronte agli impegni assunti con il proprio locatore in riferimento al pagamento del canone di locazione.
A questo punto, ci si chiede quali sono, sul piano giuridico, gli scenari che appaiono percorribili in siffatte condizioni.
Va in primo luogo chiarito che, in ogni caso, il conduttore non può, arbitrariamente ed unilateralmente decidere la riduzione o sospensione del canone di locazione per tutto il periodo in cui egli è stato costretto ad abbassare la saracinesca della propria impresa, in quanto ogni scelta sulla regolamentazione del contratto di locazione deve essere sempre concordata con il locatore.
Sarà, quindi, il conduttore a doversi assumere l’iniziativa avanti il proprietario, e contattarlo onde individuare, insieme, le possibili soluzioni.
Le parti potrebbero così optare o per una riduzione dell’importo del canone (procedura cui può far ricorso anche il conduttore di un immobile ad uso abitativo, si pensi al caso degli studenti fuori sede), con un accordo da sancire per iscritto, il quale andrà regolarmente registrato all’ Agenzia delle Entrate (esente da costi).
In alternativa, il conduttore di un immobile ad uso non abitativo potrebbe fare richiesta di prorogare la scadenza del termine di pagamento, ipotesi che si fonda sulla disposizione di cui all’art. 1256 del Codice Civile ai sensi del quale, “ l'obbligazione si estingue quando, per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile. Se l'impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell'adempimento.
Difficile, infatti, non riconoscere come l’eccezionale emergenza sanitaria, da cui il blocco delle attività economiche, si configuri a pieno titolo come causa di forza maggiore, tale da rendere la prestazione che si traduce nel pagamento del canone come oggettivamente impossibile, per una causa non dipendente dalla sfera di responsabilità del conduttore.
Su tale interpretazione sembra concordare il legislatore che, con l’art. 91 del D.L del 17 Marzo 2020 c.d. “ Cura Italia “, ha inserito una disposizione di carattere generale con la quale ha espressamente stabilito che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti”
Si è inserita, dunque, una vera e propria clausola di esonero della responsabilità contrattuale ogni qualvolta il soggetto tenuto ad una prestazione possa dimostrare l’impossibilità di renderla per via del rispetto delle misure imposte dallo Stato per il contenimento della crisi epidemiologica legata alla diffusione del Covid -19, con una sorta di riconoscimento normativo del relativo status di forza maggiore.
Tornando al problema affrontato, si ritiene, dunque, che le parti possano convenire di prorogare, e dunque rimandare, per un periodo di tempo determinato, il pagamento del canone di locazione per tutto il protrarsi del periodo dell’emergenza, al termine del quale il conduttore sarà comunque tenuto a versare l’intero dovuto.
Vivamente suggerita è la possibilità per le parti di trovare un accordo, soluzione preferibile anche per il locatore, dato che questi incontrerebbe il rischio di rimanere a lungo con un immobile sfitto.
In mancanza di un accordo tra proprietario e conduttore, unica altra strada percorribile da quest’ultimo, allo stato dell’arte, è quella di comunicare il recesso dal contratto.
In questo contesto, è l’art. 1467 Cod. Civ. a disporre che, nei contratti ad esecuzione continuata o periodica, e tale è il contratto di locazione, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può legittimamente domandare la risoluzione del contratto.
La facoltà per il conduttore di esercitare il recesso in corso di rapporto è infatti espressamente prevista dall’ art 27 della L. 392/1978, il quale sancisce che il conduttore può, qualora ricorrano gravi motivi ( art. 27 ult. com.) in qualsiasi momento recedere dal contratto, con l’obbligo di comunicarlo almeno 6 mesi prima della data in cui si esso si realizzerà.
E, sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha interpretato i gravi motivi come una condizione estrinseca alla sfera del conduttore, che si ponga come imprevedibile oltrechè sopravvenuta alla sottoscrizione del contratto ( cfr. Cass. n. 5803/2019 secondo il quale a giustificare il recesso per gravi motivi il comportamento del conduttore deve essere conseguenziale a fattori obiettivi e non volontari)
In definitiva, è altamente plausibile che la situazione contingente correlata al Covid-19 possa, a ben ragione, essere ritenuto grave motivo tale da giustificare il recesso dalla locazione commerciale.
Per ovviare al recesso richiesto da parte dell’affittuario, tuttavia è la stessa disposizione prima richiamata, ovvero l’art. 1467 Cod. Civ. a prevedere, al terzo comma, che il locatore può impedire il recesso “offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto”, così da aprire la strada alla stipula di un nuovo contratto di locazione, che andrà a sostituire quello originariamente sottoscritto, alle nuove condizioni dettate dagli effetti dell’emergenza sanitaria da cui quella economica.
Soluzione, quest’ultima che, allo stato dell’arte, sembra essere quella più conveniente per entrambi i soggetti coinvolti.