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Pubbl. Mar, 14 Apr 2020

Meccanismo europeo di stabilità (MES): istituzione, funzionamento e progetto di riforma

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Andrea Bazzichi



Analisi di uno strumento utile in potenza, sanzionatorio in concreto: il Meccanismo europeo di stabilità (MES).


Sommario: 1. Premesse generali. 2. Funzionamento del Mes 3. Posizione critiche della Corte Federale Tedesca. 4. Riflessioni conclusive.

1. Premesse generali

L’emergenza sanitaria, non nazionale, ma mondiale, legata al Covid-19 ha reso di estrema attualità il tema della modifica del trattato sul Meccanismo Europeo di Stabilità nell’ambito dell’Unione Europea. Dal punto di vista temporale i due eventi non sono in correlazione tra loro, ma il collegamento è divenuto definitivo nel momento in cui si devono prendere le misure per fronteggiare l’attuale crisi sanitaria. La questione da affrontare è se tale strumento di stabilizzazione sia adeguato in senso assoluto, e soprattutto se lo sia nel caso concreto. E’ noto come, sin da subito l’Unione Europea sia nata su un asimmetria : la politica monetaria di esclusiva e stretta competenza comunitaria, mentre la politica economica e fiscale riservata ai singoli stati membri, oggetto tutto al più di cooperazione tra i medesimi. Tant’è che il primo obbiettivo viene demandato ad un’istituzione assolutamente indipendente dagli stati membri, e anche dalle altre istituzioni quale la Banca Centrale Europea che deve perseguire lo scopo principale quello della stabilità dei prezzi. I dubbi circa la tenuta di una siffatta costruzione non sono mancati sin dall’epoca della ratifica del Trattato di Maastricht del 19921.

Con la perdita della sovranità monetaria,  senza più poter incidere sul tasso di cambio, i singoli stati che si trovano ad avere un debito pubblico in moneta straniera, sono considerati un normale investitore privato che deve reperire risorse per soddisfare le proprie esigenze, e quindi si sottopone al giudizio del mercato2.

Questi aspetti erano, in verità noti e conosciuti, ma vi era la convinzione in base alla teoria delle Aree Valutarie Ottimali che le asimmetrie di partenza sarebbero state successivamente superate in conseguenza della creazione dell’Unione Monetaria3. In realtà, la mobilità dei vari fattori, tra cui lo scambio tra i paesi aderenti non si concretizzato nella misura auspicata, come testimonia il surplus commerciale di alcune nazioni nei riguardi delle altre4. Ciò comporta un effetto perverso, atteso che se il paese in surplus non compra beni e prodotti dei paesi che hanno una bilancia commerciale negativa, questi saranno sempre in difficoltà. Va rilevato, però, che mentre la violazione di indicatori per un mercato ottimale, come quello relativo al surplus commerciale non viene contemplato e sanzionato in nessuna norma del TFUE, fin dal trattato di Maastricht si sono previste procedure e sanzioni in riferimento a situazioni di disavanzo eccessivo5. Peraltro, sarebbe da interrogarsi se i parametri sanciti nel 1992 sono sempre attuali, anche alla luce dei mutati scenari economici mondiali6.

Da queste brevi premesse si ricava che dal 1992, ogni Stato mantiene un’autonomia sempre più ristretta nell’ambito fiscale ed economico, rilevato che non esiste un bilancio dell’Unione Europea approntato per sostenere un debito comune, che la BCE non può sostenere il debito pubblico statale, ed infine che i parametri sopra menzionati devono essere rigorosamente rispettati. E’ noto che la struttura comunitaria si basa sul principio del no bail out, secondo il quale, ai sensi dell’art 125 TFUE sia L’Unione sia i singoli Stati Membri non sono responsabili dei debiti di uno stato aderente7.

In perfetta aderenza si pone l’art 123 TFUE che, in linea di principio vieta qualsiasi intervento da parte della BCE in favore di uno stato membro, in primis l’acquisto di titoli del debito pubblico sul mercato primario. L’unica eccezione al principio illustrato, è quella contemplata dall’art 122 2° comma TFUE che pone il criterio della condizionalità al quale sono subordinati gli aiuti8.

Come vedremo nel prosieguo della trattazione, tale aiuto può essere visto da due differenti prospettive, come una forma di solidarietà verso lo Stato membro bisognoso, oppure come realizzazione anche di un interesse generale affinché sia garantita in concreto la stabilità del sistema, come hanno dimostrato gli sviluppi successivi alla crisi economica del 2007-2008. L’interdipendenza tra il sistema bancario e quello statale e tra i vari stati pone necessariamente la costituzione di un fronte comune per neutralizzare il rischio di contagio. Pertanto, successivamente al trattato di Maastricht sono stati previsti meccanismi sempre più stringenti, tipo il Patto di Stabilità e Crescita per garantire, anche attraverso l’ausilio di mezzi di sanzione, il rispetto dei parametri ivi previsti. Nel contempo, tutti i membri, nessuno escluso hanno cercato di introdurre eccezioni alle condizioni previste in modo da mitigare la rigidità delle condizioni previste9.

2. Funzionamento del Mes

Il Meccanismo europeo di stabilità, introdotto nel 2012, è il successore di precedenti fondi di stabilizzazione economico e finanziari, ovvero il Fondo Europeo di Stabilità Finanziaria (FESF) e il Meccanismo Europeo di Stabilizzazione Finanziaria (MESF). Il primo aveva una ridotta dotazione, nell’ordine di 60 miliardi di euro, mentre il secondo assai più cospicuo di 440 miliardi di euro. Il MESF rimarrà attivo sino al disbrigo degli affari correnti. Il Mes è stato disciplinato ed istituto nell’ambito di un meccanismo intergovernativo. Non rappresenta, dunque, un organo dell’Unione Europea e né a questa è sottoposto se non indirettamente allorquando spetta alla CGUE dirimire ai sensi dell’art 273 TFUE le controversie afferenti le decisioni assunte nell’ambito del Mes. L’istituzione di tale organo, in cagionato del menzionato principio del no bail out ha comportato la modifica dell’art 136 TFUE al quale è stato aggiunto il 3° comma10.

La modifica si era resa necessaria per dare un fondamento normativo all’istituzione dell’organo, anche se tale legittimazione poteva essere già ricavata sulla scorta dell’art 122 2° comma che non vieta agli Stati di prestare aiuti nel caso di emergenza, o comunque sulla scorta della teoria dei poteri impliciti. Infatti, non vi sono dubbi che tra gli scopi dell’Unione vi sia necessariamente quello di garantirne la stabilità. La particolarità, però, risiede nel fatto che la prestazione degli aiuti, prescinde da un giudizio di incolpevolezza sulla condotta dello Stato debitore, ma è ancorata ad un meccanismo di condizionalità. Peraltro, tale presupposto subisce un doppio vaglio dal momento che nel preambolo del trattato sul Mes si prevede al punto 5 che la concessione dell’assistenza finanziaria è subordinata alla ratifica del Trattato sul Fiscal Compact11.

Pertanto, solo gli Stati che si siano preventivamente obbligati a quanto stabilito in questo secondo trattato potranno accedere al MES. Per dare una misura sugli interventi compiuti dai vari fondi salva stati si può ricordare che dal 2010 ad oggi sono stati erogati ai soggetti richiedenti quasi 300 mld di euro, per il momento parzialmente restituiti12. Il Mes a cui partecipano 17 Stati dispone di una dotazione attuale di 500 mld, dato dall’unione dei precedenti fondi, di un capitale sottoscritto pari a 704 mld di cui al momento ne sono stati versati 8013.

Le quote di ogni membro sono calcolate sulla base delle quote detenute nella BCE, di conseguenza l’Italia che ha per ora versato 14,3 mld di euro detiene il 17,79% del capitale sottoscritto pari a 125 mld di euro. La Germania dispone del 26,96% pari a 190 mld e la Francia il 20.24% pari a 142 mld. A livello istituzionale, secondo l’art 4 il Mes è dotato di un Consiglio dei Governatori e di un Consiglio di Amministrazione. Le decisioni sono adottate di comune accordo, a maggioranza qualificata o maggioranza semplice, mentre come quorum costitutivo si prevede la soglia dei 2/3 che rappresentino almeno i 2/3 dei diritti di voto. Ogni membro provvede a nominare un Governatore e un Governatore supplente, la Presidenza viene affidata al Presidente dell’Eurogruppo oppure ad uno tra i Governatori nominati. Il Presidente della BCE e quello della Commissione Europea possono partecipare alle riunioni del Consiglio dei Governatori nelle vesti di osservatori. Il Consiglio dei Governatori è l’organo decisionale all’interno del Mes, posto che è competente sull’ammissibilità degli aiuti, sulla dotazione ed integrazione del fondo. Mentre il Consiglio di Amministrazione è l’organo esecutivo, con i componenti che sono nominati da ogni governatore. Infine, abbiamo un Direttore Generale che presiede il Consiglio di Amministrazione ed è nominato dal Consiglio dei Governatori. I principi ai quali si deve uniformare la procedura di aiuti sono indicati all’art 12 1° comma ove viene ribadito il presupposto della stretta condizionalità14.

Invece, l’art 13 indica le modalità con le quali deve essere attivato e poi chiudersi tutto il procedimento de quo. La richiesta deve partire dallo stato membro, e questo non è un particolare di poco conto. E’ l’unico ed esclusivo canale attraverso il quale la citata sequenza può mettersi in modo. Non è prevista un’attivazione d’ufficio. Ciò, induce a ritenere che sia del tutto assente il paventato carattere solidaristico dell’intervento, posto a base del meccanismo di condizionalità. Milita in tal senso anche l’osservazione che detto aiuto resta sempre condizionale, ancorato al duplice requisito dell’interesse generale e della sostenibilità del debito pubblico del soggetto richiedente. Si intravede, allora una prima contraddizione nella costruzione di tutto l’impianto. Infatti, non è meramente teorico il fatto che uno stato membro il quale abbia sottoscritto il capitale del fondo per la quota di competenza, versato l’importo iniziale, si veda poi negata la richiesta di assistenza finanziaria.

Va ricordato che il MES non stabilisce né un tempo limite alla propria durata e nemmeno un meccanismo di recesso, e per tale periodo ogni componente resta sempre obbligato al versamento delle quote di sua spettanza. Peraltro, in caso di necessità il versamento della quota di capitale sottoscritta, dovrebbe essere versata in breve tempo come prevede l’art 9. Dunque, potrebbe prospettarsi l’ipotesi del soggetto che versa anche il capitale sottoscritto, ma poi si vede negato l’aiuto nel momento del bisogno. Nella richiesta di aiuto, il richiedente indica quali tra gli strumenti indicati dal Mes intende usufruire. Da qui si innesta il meccanismo di coordinamento tra il Consiglio dei Governatori che opera di concerto con la Commissione Europea. Il primo valuta se il prestito può essere restituito, la seconda la sostenibilità del debito pubblico del richiedente e se vi sono potenziali rischi sistemici. Pur nella gamma degli strumenti finanziari presenti, la grande linea di demarcazione si rinviene nell’art 14 tra l’assistenza finanziaria precauzionale e quella soggetta a condizioni rafforzate.

La prima ipotesi riguarda quegli stati che non presentano deficit di bilancio e disavanzi eccessivi, ma che soffrono di una crisi di liquidità, e che quindi possono limitarsi ad una lettera di intenti in ordine alle modalità con cui sarà compiuta la restituzione del finanziamento. In verità, questa sembra un’ipotesi di scuola, rilevato che se uno Stato rientra nel limite del 60% del rapporto tra debito e pil, e del 3% del rapporto tra deficit e pil, sarà capace di rifinanziarsi sul mercato dei capitali in quanto solvibile. Al contrario, qualora i detti parametri non siano rispettati, l’assistenza finanziaria in automatico sarà sottoposta a condizioni rafforzata. Di conseguenza, il richiedente deve sottoscrivere un memorandum di intesa, con la Commissione Europea ed il Fondo Monetario Internazionale se questi partecipa all’assistenza finanziaria. Sulla base dell’art 14 comma 5 l’aiuto può essere revocato qualora le condizioni contenute nel protocollo di intesa non siano rispettate. E’ chiaro che il parere del Mes sull’ammissibilità della richiesta di assistenza presuppone un monitoraggio preventivo, e che il meccanismo di automatismo delle clausole di condizionalità sono il presupposto di una potenziale ristrutturazione di un debito pubblico. Qui si gioca la partita, soprattutto politica della questione, dal momento che solo il paventare una ristrutturazione di un debito pubblico, provoca l’effetto speculativo sulla non sostenibilità del medesimo15.

Sul punto è emblematica la posizione di chi, da un lato sostiene che il Mes è un idoneo strumento per garantire la stabilità dell’Unione Europea, e dall’altro che è fortemente consigliabile, fatta eccezione forse per un paese periferico, non accedervi per un paese come l’Italia16.

L’altro punto di discussione legato alla riforma del Mes attiene alla modifica delle clausole di azione collettiva CAC, che alcuni paesi vorrebbero introdurre fin dal 2022, ed alle quali l’Italia è contraria, almeno per quanto riguarda i tempi di introduzione17. Tali clausole consentirebbero di concentrare in un’unica deliberazione le modifiche ai termini e alle condizioni delle obbligazioni, aggregando tutti i vari titoli del debito pubblico.

3. Posizione critiche della Corte Costituzionale Tedesca

La Corte Costituzionale tedesca con la nota sentenza del 12.09.2012 si è espressa favorevolmente in ordine alla legittimità del Mes avuto riguardo alla legislazione tedesca18.

Un responso affermativo, ma in realtà assai condizionato, e che offre una lettura parziale di quelle che sono le clausole contenute nel trattato istitutivo del Mes. In primo luogo, si sottolinea che qualunque cessione di sovranità derivante dall’adesione all’Unione Europea non fa venir meno, e non può far venir meno quello che è il controllo parlamentare sulle scelte governative, segnatamente per tutte quelle spese implicanti il bilancio statale che devono trovare copertura parlamentare.

Ciò comporta, che l’adesione della Germania al Mes vale solo negli stretti limiti in cui questa si è preventivamente obbligata al momento dell’istituzione del Mes, ovvero la somma di 190 mld che corrisponde alla percentuale del capitale sottoscritto. Nessuna spesa aggiuntiva e successiva, potrebbe essere ammessa, rilevato che per l’ordinamento tedesco vale il principio della singola delega concessa. Secondo il ragionamento della Corte Costituzionale tedesca, se il Mes ha la ratio e lo scopo di garantire la stabilità finanziaria dell’Unione Europea, la Germania non potrebbe obbligarsi oltre modo, visto che potrebbe ritrovarsi nella situazione di non poter più rispettare i parametri definiti dal Fiscal Compact.

Ne deriva che qualsiasi aumento di contribuzione, se derivante dall’aumento del capitale del Mes, dovrebbe avere nuova approvazione, se conseguente al mancato versamento della quota di competenza di altri stati non potrebbe essere richiesta pro quota. In buona sostanza, la Corte considera l’obbligo di contribuzione, come una sorta di obbligazione solidale parziaria, in cui si è responsabili solo nei limiti del capitale sottoscritto e versato. Infatti in forza del comma 5 dell’art 8 la responsabilità d ciascun membro è limita alla percentuale di capitale sottoscritto, e l’obbligo di contribuzione per la parte di propria attinenza permane anche in capo al soggetto che ha ricevuto assistenza finanziaria. Il dubbio però resta, se si opera una lettura combinata con il 1 comma dell’art 9 laddove si prevede che il Consiglio dei Governatore possa richiedere in qualsiasi momento il versamento del capitale autorizzato e stabilire un congruo termine per il relativo pagamento da parte del Mes. Sembra implicito, in particolar modo allorquando uno dei membri non sia in grado di adempiere, anche perché altrimenti non opererebbe una richiesta di aiuti, che il fondo debba essere integrato dagli altri se le singole quote versate non sono sufficienti. D’altronde, se il fondo del Mes può essere suscettibile di revisione dopo un periodo di cinque anni, se è aperto all’introduzione di nuovi membri, non vi possono essere limitazioni di contribuzione ex ante e definitive.

Del resto, un potenziale aumento dei partecipanti, non va solo ad incidere sulle quote percentuali del fondo, ma inevitabilmente anche sulla dotazione complessiva del medesimo. Per quanto concerne, invece, la possibile violazione del principio di no bail out, la Corte non ravvisa il mancato rispetto dell’art 125 TFUE dal momento che gli stati membri non sono responsabili delle obbligazioni assunte da uno di questi con la richiesta di assistenza finanziaria. Il debito assunto resta di esclusiva pertinenza del singolo stato, tant’è che l’aiuto concesso dal Mes ha un carattere oneroso, seppur a tassi inferiori a quelli di mercato.

4. Riflessioni conclusive

Si è evidenziato come il Mes abbia un relativo carattere di solidarietà, rilevato che non scatta di ufficio, è discrezionale, è legato ad un giudizio di interesse collettivo ed è subordinato alla domanda di aiuti. Per assurdo potrebbe verificarsi l’eventualità che un membro, in particolare laddove sia un contribuente di rilevante peso economico, sostenga rilevanti oneri in sede di costituzione, integrazione, implementazione del fondo per poi, o vedersi negato l’aiuto oppure concesso sotto un meccanismo automatico di condizionalità che non può che favorire il meccanismo speculativo, già visto nella crisi del 2008.

In altri termini, lo stesso soggetto a fronte di una retroazione dei fondi dallo stesso già anticipati dovrebbe sottoporsi ad una procedura dagli esiti incerti. Se l’erogazione dell’assistenza finanziaria, nonché dei tempi e modalità del rimborso sono preventivamente stabiliti, non altrettanto può dirsi per le condizioni stabilite nel memorandum che, inevitabilmente scontano un margine di adattamento, e non hanno un tempo definito. Si tratta di una lettura al contrario del principio dell’azzardo morale che sta alla base del divieto di no bail out. Il giudizio sul rispetto di tali condizioni, quindi fuori dalla questione del semplice pagamento del prestito ricevuto, è sottoposto al giudizio discrezionale dei componenti del Mes.

La valenza di stabilizzazione del meccanismo, dunque, appare più nella potenzialità del medesimo che nell’attuazione. Infatti, emerge un carattere sanzionatorio del fondo, una volta che questi sia effettivamente attivato in conseguenza di una richiesta di assistenza finanziaria. A maggior ragione, di fronte ad un’emergenza sanitaria mondiale che è già una crisi economica mondiale, lo strumento in questione nato sotto il pensiero implicito di sanzionare stati membri inadempimenti, è del tutto inadeguato. L’altro presupposto, sul piano logico è che vi sia un soggetto da aiutare ma anche un soggetto in grado di aiutare. Se non vi è questa diversità di condizioni, perché entrambi sono nella medesima situazione di difficoltà un siffatto meccanismo di stabilità non può operare e tanto meno essere utile.


Note e riferimenti bibliografici

1Sul punto si rinvia al resoconto stenografico della seduta della Camera dei deputati del 28.10.1992, in cui emerge dalle posizioni di molti parlamentari il timore per l’adesione ad un trattato che avrebbe comportato delle profonde disuguaglianze a fronte delle diversità delle econome dei paesi contraenti, i quali non avrebbero più avuto lo strumento della sovranità monetaria.

2Si rimanda ad Alessandro Somma: inasprire il vincolo esterno, il Meccanismo Europeo di Stabilità e il mercato delle riforme, in Economia e Politica, gennaio 2020

3Per un approfondito si rinvia a Tommaso Alabardi, L’Unione Economica e Monetaria di fronte alla crisi del debito sovrano, pag 74 e ss, Università di Macerata, anno 2014-2015

4Resoconto stenografico della seduta n. 763 della Camera dei Deputati del 11.07.2012 sulla ratifica del Fiscal Compact, pag 3 e seguenti, in cui si indica che la Germania tra il 1999 ed il 2011 ha accumulato un surplus commerciale di 301 miliardi verso Grecia, Portogallo e Spagna, di 298 miliardi verso la Francia e di 198 miliardi verso l’Italia.

5Il riferimento è all’art 126 TFUE che sanziona i disavanzi pubblici eccessivi.

6Si tratta in particolare del parametro del 60% del rapporto tra debito pubblico e Pil che fu stabilito sulla base della media dei paesi allora aderenti. All’epoca, nel 1992, tale rapporto era per l’Italia del 105,5 %. E del parametro  del 3% tra deficit e Pil. Attesa un’inflazione ottimale al 2%, il rispetto del valore citato confidava su una crescita reale del Pil del 3% annuo.

7Il primo comma dell’art 125 TFUE recita: “L’Unione non risponde e né si fa carico degli impegni assunti dalle amministrazioni statali. Gli Stati membri non sono responsabili né subentrano agli impegni dell’amministrazione statale

8L’art 122 2° comma TFUE stabilisce: “ Qualora uno stato membro si trovi in difficoltà o sa seriamente minacciato da gravi difficoltà a causa di calamità naturali o di circostanze eccezionali che sfuggono al suo controllo, il Consiglio, su proposta della Commissione, può concedere a determinate condizioni un’assistenza finanziaria dell’Unione allo Stato membro interessato. Il Presidente del Consiglio informa il Parlamento Europeo in merito alla decisione presa.

9Con il Regolamento 1175/2011 si prevede che ogni Stato abbia un obbiettivo di medio termine da realizzare. Nel conteggio del limite del 3% è previsto uno sforamento dello 0,5% per  i paesi con rapporto debito/pil superiore al 60% nel caso di spese per investimento e del 1% per paesi con un rapporto inferiore al 60%. Tale modifica fu introdotta dopo la procedura di infrazione per indebitamento eccessivo promossa nei riguardi di Germania e Francia che nel 2003 e nel 2005 avevano sforato il limite del 3%.

10Il 3° comma dell’art 136 TFUE prevede: “ Gli Stati membri la cui moneta è l’euro possono istituire un meccanismo di stabilità da attivare ove indispensabile per salvaguardare la stabilità della zona euro nel suo insieme. La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo sarà soggetta a una rigorosa condizionalità.

11Tra le misure principali il trattato stabilisce all’art 4 che qualora uno Stato membro abbia un rapporto tra debito pubblico e pil superiore al 60% sarà obbligato ad operare una riduzione dello stesso di 1/20 all’anno sino al raggiungimento della citata soglia. Ai sensi dell’art 8 il mancato rispetto delle regole previste può prevedere l’applicazione di penalità pari allo 0,1% del Pil.

12Tali dati sono contenuti nel dossier n. 187 del novembre 2019 del servizi sutdi del Senato, ove si riporta: 1) Irlanda 17,7 mld 2) Portogallo  26 mld 3) Grecia 202,7 mld 4) Spagna 41,3 mld 5) Cipro 6,3 mld pag 12 e ss

13Ibidem

14L’art 12 1° comma stabilisce: “Ove indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro nel suo complesso e dei suoi Stati membri, il MES può fornire ad uno Stato membro un sostegno alla stabilità, sulla base di condizioni rigorose e commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto. Tali condizioni possono spaziare da un programma di correzioni macroeconomiche al rispetto costante di condizioni di ammissibilità predefinite”.

15Nell’informativa alla Camera dei Deputati del 02.12.2019 il Presidente del Consiglio illustra come oggetto di discussione in sede di revisione dei trattati sia l’eliminazione di qualsiasi meccanismo automatico di condizionalità.

16Il riferimento è all’audizione del Governatore della Banca di Italia Ignazio Visco del 04.12.2019 laddove si afferma che un paese dal debito pubblico elevato come l’Italia, ma nel contempo dal notevole e tra i maggiori contributori del Mes, deve evitare di ricorvervi .

17Giampaolo Galli, audizione presso le commissioni X e XIV della Camera dei Deputati, 6.11.2019

18La è reperibile, tradotta in italiano su Altalex