Pubbl. Mar, 14 Apr 2020
Dichiarazione di prescrizione del reato e diritti della parte civile: le Sezioni Unite allargano il campo
Modifica paginaÈ ammissibile l´impugnazione della parte civile nei confronti della sentenza di primo grado che dichiari l´ estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come contro la sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, ove con la stessa si contesti l´erroneità dell´affermazione di avvenuta prescrizione. (Cass., Sez. Un., 3 luglio 2019, n. 28911)
I giudici di legittimità erano stati chiamati a pronunciarsi sul ricorso proposto dalla parte civile avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma, resa ai sensi e per gli effetti dell'art. 576 c.p.p., che aveva confermato la statuizione del Tribunale di Roma, dichiarativa della prescrizione del reato.
La Quinta Sezione della Corte di Cassazione, rilevando che la questione di diritto sottoposta al suo esame (avente ad oggetto la sussistenza dell'interesse della parte civile a proporre l'impugnazione della sentenza di proscioglimento dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione) aveva dato luogo a un contrasto giurisprudenziale, con ordinanza del 21 novembre 2018 ha rimesso la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite.
L'esigenza di un intervento delle Sezioni Unite è stata condivisa dal Primo Presidente Aggiunto, il quale, prendendo atto del contrasto giurisprudenziale esistente, con decreto del 15 gennaio 2019, ha assegnato il corso al Supremo Collegio e fissato l'udienza del 28 marzo per la soluzione della questione.
Le Sezioni Unite, chiamate a dirimere il contrasto, hanno innanzitutto ritenuto, ragioni di coerente trattazione sistematica, di ampliare la questione a loro devoluta sino a coinvolgere la valutazione dell'impugnazione in generale svolta dalla parte civile avverso la sentenza di proscioglimento, ivi compreso pertanto l'atto di appello.
Prima di addivenire alla formulazione del principio di diritto favorevole all'ammissibilità dell'impugnazione della parte civile, le Sezioni Unite hanno illustrato i diversi orientamenti giurisprudenziali formatisi sul punto.
Gia nell'ordinanza di rimessione erano stati riportati i tre differenti indirizzi espressi dalla giurisprudenza di legittimità: un primo orientamento, minoritario, favorevole all'ammissibilità dell'impugnazione della parte civile avverso la sentenza di proscioglimento motivata dalla rilevata prescrizione del reato; un secondo indirizzo "negativo" e un terzo indirizzo c.d. intermedio.
In primo luogo, è stato preso in esame l'orientamento favorevole all'ammissibilità della impugnazione, affermato dalla seconda Sezione, con sentenza del 2 febbraio 2012, n. 9263. Tale indirizzo muove dal presupposto che l'art. 576 c.p.p. attribuisce alla parte civile la laggittimazione a proporre impugnazione, agli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata in giudizio. Poichè in questo modo viene riconosciuta la possibilità di chiedere l'affermazione della responsabilità penale ai soli effetti civili, l'art. 576 c.p.p. rappresenterebbe una deroga rispetto a quanto stabilito dall'art. 538 c.p.p., ovvero che la decisione sulla domanda per la restituzione e il risarcimento del danno presuppone necessariamente una pronuncia di condanna. Da ciò deriverebbe la facoltà della parte civile di impugnare la sentenza che abbia erroneamente dichiarato la prescrizione del reato, proprio in virtù dell'art. 576 c.p.p. e della inclusione, tra le sentenze di proscioglimento, anche di quelle dichiarative dell'estinzione del reato.
A nulla vale far leva sull'argomento secondo il quale non discenderebbe alcun effetto pregiudizievole per la parte civile dal giudicato penale sulla prescrizione, in quanto la stessa parte civile potrebbe comunque proporre la domanda in sede civile. Per i sostenitori di questo primo orientamento, infatti, poichè la legge ha concesso al danneggiato la possibilità di perseguire indifferentemente i propri interessi sia in sede civile che penale, non spetta al giudice l'indicazione di quale via seguire.
Un secondo orientamento, sempre riportato anche nell'ordinanza di rimessione ha, invece, escluso la facoltà della parte civile di impugnazione delle sentenze dichiarative di estinzione del reato per prescrizione.
Questo indirizzo fa leva essenzialmente su due argomentazioni: la prima, secondo la quale l'art. 538 c.p.p., impedendo al giudice di deliberare sulla domanda civile al di fuori dei casi di condanna, prevarrebbe sulla disposizione dell'art. 576 c.p.p., che consente alla parte civile di impugnare le sentenze di proscioglimento; la seconda, per la quale dalla sentenza di prescrizione non deriverebbe alcun effetto pregiudizievole per la parte civile.
È stato poi riportato un terzo orientamento, ritenuto "intermedio", poichè sembra voler comporre le diverse prospettive, espresso da Sez. VI, n. 21533 del 13.3.2018, il quale, pur partendo dalle considerazioni dell'orientamento affermativo, finisce con il registrarne fortemente l'ambito di applicazione, sostenendo che il sindacato del giudice dell'impugnazione sarebbe possibile solo laddove l'erronea statuizione sia intervenuta per effetto e quale risultato di una valutazione nel merito.
Infine, è stato dato atto dell'esistenza di un quarto approccio esegetico, sempre intermedio. Tale indirizzo, del quale sono espressione Sez. I, n. 13941 del 8.1.2015 e Sez. II, n. 52195 del 7.10.2016, circoscrive il potere di impugnazione della parte civile e quello decisorio del giudice del gravame alla sola rimozione dell'efficacia di giudicato rappresentata dalla sentenza di proscioglimento, senza che a questo possa far seguito alcuna pronuncia sulla pretesa civilistica. E ciò in ragione della mancanza di un'affermazione di responsabilità nella sentenza di prescrizione e dell'assenza di pregiudizio alla parte civile che potrebbe, appunto, sostenere la propria pretesa in sede civile.
Nello sviluppo della motivazione che le porta a condividere il primo indirizzo, le Sezioni Unite muovono innanzitutto dalla previsione di cui all'art. 576 c.p.p., dedicato espressamente alla "impugnazione della parte civile e del querelante", che statuisce, al primo comma, che «la parte civle può proporre impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardano l'azione civile e, ai soli effetti della responsabilità civile, contro la sentenza di proscioglimento pronunciata nel giudizio». La stessa ricostruzione storica della disciplina in materia, a parere del Supremo Collegio, supporta l'indirizzo "positivo". Proprio la disposizione contenuta nell'art. 576 c.p.p. ha segnato un chiaro mutamento di sistema rispetto alla previgente disciplina contenuta nel codice del 1931.
Il previgente art. 195 c.p.p. riconosceva alla parte civile il potere di proporre l'impugnazione contro le disposizioni della sentenza concernenti gli effetti civili solo in caso di condanna dell'imputato. Di segno evidentemente opposto è stata la scelta del legislatore attuale, che ha inteso ampliare il novero delle sentenze impugnabili tra le quali rientrano, oltre certamente alle sentenze di condanna, anche quelle di proscioglimento, sia pure solo ai fini degli effetti civili.
Che poi nel novero delle sentenze di proscioglimento rientrino a tutti gli effetti le sentenze di estinzione del reato per prescrizione è un principio già affermato dalle medesime Sezioni Unite con sentenza n. 40049 del 29 maggio 2008. Ne consegue pertanto che, se la parte civile può impugnare le sentenze di proscioglimento e se tra queste rientra anche la dichiarazione di estinzione del reato di cui all'art. 531 c.p.p., allora la facoltà di impugnazione della parte civile non può non ricomprendere anche la sentenza di non doversi procedere per estinzione dovuta a qualsiasi tra le cause previste dal codice penale e dunque anche quella della prescrizione ex art. 157 c.p.
Le Sezioni Unite contestano allora i due principali argomenti valorizzati dall'indirizzo "negativo" sopra citato (il primo incidente sulla stessa legittimazione a ricorrere della parte civile, il secondo sull'interesse all'impugnazione della stessa).
Secondo il primo argomento, se si ammettesse la legittimazione della parte civile ad impugnare la "sentenza di prescrizione", questo equivarrebbe a riconoscere al giudice dell'appello poteri non riconosciuti neppure al giudice di primo grado, le cui attribuzioni a decidere sulle questioni civili non potrebbero mai prescindere da una sentenza di condanna ex art, 538 c.p.p. In realtà, a parere del Supremo Collegio, non ricorrerebbe alcuna incongruenza sistematica, e questo sia in ragione della prevalenza dell'art. 576 c.p.p. sull'art. 538 c.p.p., sia, sopratutto, in ragione dei diversi ambiti qpplicativi nei quali queste due norme sono destinate ad incidere. Se unitamente considerate, però, il combinato disposto delle due disposizioni finisce con il delineare un sistema che, proprio là dove la sentenza di condanna sia venuta meno per effetto di una denunciata erronea affermazione di intervenuta prescrizione del reato, consente alla parte civile, sia pure ai soli effetti civili, di ottenere rimedio in sede di impugnazione.
Ovvero, concludono sul punto le Sezioni Unite, proprio perchè il giudice penale può decidere sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno solo quando pronuncia sentenza di condanna, deve ritenersi che la parte civile sia legittimata a proporre impugnazione contro la sentenza di proscioglimento o di assoluzione pronunciata nel giudizio. È per tale via, infatti, che la parte civile può invocare l'accertamento di responsabilità, sebbene non rivestito delle forme della "condanna" e funzionale al solo accoglimento della domanda di restituzione o di risarcimento del danno, e la conseguente decisione sulla pretesa civilistica non pronunciate dal giudice per effetto della erronea ritenuta estinzione del reato.
Il Collegio contesta poi il secondo degli elementi valorizzati dall'indirizzo "negativo", incidente sul profilo dell'interesse all'impugnazione, ovvero l'argomento secondo il quale non deriverebbe in capo alla parte civile alcun effetto pregiudizievole dal giudicato di prescrizione poichè la stessa è libera di azionare la propria pretesa in un giudizio civile, nel quale la sentenza di proscioglimento non avrebbe alcuna efficacia. Le Sezioni Unite mettono in luce come, poichè la possibilità di azionare la propria pretesa civilistica è stata riconosciuta al danneggiato sia percorrendo la via del giudizio civile che del giudizio penale mediante la costituzione in esso di parte civile, se si accogliesse un'interpretazione volta a ritenere insussistente l'interesse all'impugnazione nel processo penale solo perchè residua pur sempre la possibilità dell'azione civile, questo finirebbe con il tradursi nella sostanziale ripulsa dello stesso congegno normativo e nella indebita amputazione di una facoltà riconosciuta dallo stesso legislatore.
Conludendo sul punto, il Collegio condivide e riporta le affermazioni sostenute in quelle pronunce che rappresentano espressione del primo indirizzo (una tra tutte Sez. II, n. 9263 del 2.2.2012, Nese), secondo le quali, poichè la legge ha consentito alla parte civile di far valere le sue ragioni in sede civile o in sede penale a suo insidacabile giudizio, non compete al giudice indicare quale via la suddetta parte debba seguire. E questo tanto più ove si consideri che l'accertamento in sede penale non sottostà a limiti e preclusioni propri del processo civile, basti pensare al differente criterio di valutazione della prova, fondato nel processo penale sul principio di atipicità e collegato, invece, a parametri determinati in sede civile.
Da ultimo, le Sezioni Unite indicano le ragioni per cui non possono essere ritenuti condivisibili neppure i due orientamenti c.d. intermedi.
Il primo orientamento intermedio, sopra citato, pur aderendo all'orientamento affermativo dell'ammissibilità dell'impugnazione, ritiene inprescindibile a tal fine che la sentenza di improcedibilità per estinzione del reato sia giunta a tale conclusione previa valutazione nel merito. Accogliendo tale indirizzo tuttavia, a parere delle Sezioni Unite, si finirebbe per negare ciò che invece si vorrebbe in via di principio affermare.
Allo stesso modo il Collegio contesta anche l'ulteriore indirizzo intermedio, per il quale il potere di impugnazione della parte civile e quello decisorio del giudice del gravame sarebbero circoscritti alla sola rimozione dell'efficacia di giudicato rappresentata dalla sentenza di proscioglimento, senza che a questo possa far seguito alcuna pronuncia sulla pretesa civilistica. In opposizione a questa ricostruzione esegetica, le Sezioni Unite ritengono che il riconoscimento circa l'ammissibilità dell'impugnazione della parte civile della sentenza di assoluzione diverrebbe privo di un significato sostanziale se si nega la possibilità di ottenere in sede penale la soddisfazione della pretesa civilistica a seguito di una contestata erronea declaratoria di proscioglimento.
Conclusivamente, in aderenza al primo indirizzo giurisprudenziale formatosi in materia, le Sezioni Unite hanno ritenuto che «in definitiva, le ragioni sino a qui esposte devono condurre a far ritenere la parte civile non solo legittimata ad appellare la sentenza di proscioglimento per estinzione del reato a seguito di intervenuta prescrizione, derivando una tale legittimazione direttamente dalla previsione dell'art. 576, ma sia anche portatrice di un concreto interesse a detta impugnazione, attesa la finalità, perseguita attraverso la doglianza mossa in ordine ad una erronea affermazione di intervenuta prescrizione, ad ottenere il ribaltamento della prima pronuncia e l'affermazione, sia pure solo "virtuale" perchè valorizzabile ai soli fini delle statuizioni civili, di responsabilità penale dell'imputato».
Per tale via le Sezioni Unite hanno affermato il seguente principio di diritto:«Nei confronti della sentenza di primo grado che dichiari l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione, così come contro la sentenza di appello che tale decisione abbia confermato, è ammessa l'impugnazione della parte civile che lamenti l'erronea applicazione della prescrizione».