Pubbl. Lun, 13 Gen 2020
Il diritto che verrà. Intervista a Giovanni Mammone, Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione.
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Dal processo telematico ai tempi della giustizia, passando per il contenzioso tributario e i rapporti con le giurisdizioni speciali. Cammino Diritto ha intervistato il Primo Presidente della Corte di Cassazione, dott. Giovanni Mammone, al quale rivolge un sincero ringraziamento per l´opportunità di elevato confronto giuridico e culturale.
Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione da gennaio 2018, già membro togato del Consiglio Superiore della Magistratura, nel quale è tornato come componente di diritto, Giovanni Mammone è diventato giudice nel 1977, ricoprendo da allora ruoli di grande responsabilità.
Oggi, riuscire a confrontarsi con un giurista di tale levatura è per noi e per i nostri lettori un’occasione importante, che ci consente di scoprire il cuore di molte questioni che riguardano il mondo del diritto italiano e della sua magistratura.
Abbiamo deciso di sottoporre alcune di queste questioni al Primo Presidente, a cominciare da uno dei temi che più interessano gli operatori del diritto: la digitalizzazione del processo.
- Sig. Presidente, quali utilità potrebbe portare all’attività della Corte di Cassazione l’auspicato avvio del processo civile telematico (PCT) anche nel giudizio di legittimità?
La Corte di cassazione dai trascorsi anni Sessanta si è dotata di strumenti sofisticati informatici. Il Centro Elettronico di Documentazione (CED), primo in Europa, ha creato fin da allora una banca dati della giurisprudenza civile e penale della Corte. Questo archivio consente di conoscere anche la giurisprudenza delle Magistrature amministrativa e contabile, e quella della Corte costituzionale. Archivi supplementari consentono altre utilità, come la consultazione dei testi legislativi nel testo integrale.
Venendo alla domanda, il processo civile telematico per la Corte di cassazione richiede una specifica ingegnerizzazione, in quanto il codice di procedura per il giudizio di legittimità fissa disposizioni diverse da quelle del giudizio di merito. Sono stati però effettuati i primi passi, per cui già oggi alcuni adempimenti processuali avvengono in via telematica. Ad esempio gli avvisi di fissazione delle udienze civili e penali sono effettuati via PEC e, tra poco, gli avvocati potranno non solo notificare, ma anche depositare il ricorso civile in via telematica.
Già da queste prime parziali attuazioni sono derivati benefici non solo alle parti processuali, ma anche agli uffici della Corte, dato che sono stati recuperati per altri servizi i funzionari prima addetti allo svolgimento manuale dei servizi di cancelleria.
I tempi dell’ingegnerizzazione sono rapidi, perché progettazione e sperimentazione vengono effettuate in house, direttamente dal CED. La parte più complessa è quella di rendere compatibili le procedure del PCT già adottate negli uffici di merito con quelle appositamente studiate per il processo di cassazione. Siamo fiduciosi, grazie anche alla collaborazione della DGSIA (ovvero l’apposita Direzione ministeriale per le attività informatiche), di ridurre i tempi di completamento della prima fase e di mettere presto a disposizione degli utenti un sistema più agile che semplifichi i passaggi processuali del giudizio civile di cassazione.
- Nella sua Relazione sull’amministrazione della giustizia di quest’anno ha speso alcune parole sui cd. “tempi di attraversamento”, che pesano in modo significativo sulla durata del processo penale d’appello ma che non riguardano la celebrazione del giudizio, e ne allungano senza dubbio i tempi (attesa degli atti di impugnazione; trasmissione dei fascicoli; fissazione del giudizio; avvisi alle parti; ecc.). L’introduzione del processo penale telematico, in questo senso, potrà contribuire a snellire i tempi della giustizia penale? Si prospettano tempi ancora lunghi per la sua introduzione?
Il processo penale telematico è ancora lontano, per cui al momento è prematuro pensare che esso sia lo strumento per abbreviare i tempi. Tuttavia alcuni dei punti critici possono essere affrontati con provvedimenti di carattere amministrativo. Ad esempio va attuata con rigore la norma di legge che prescrive le modalità di formazione e di trasmissione del fascicolo processuale penale al giudice superiore, al fine di evitare che il giudizio venga rinviato al momento della decisione per mancanza di atti indispensabili. In Cassazione è effettuato un controllo preliminare, prima dell’udienza, per consentire la presenza di tutti questi atti al momento della decisione. E’ questa una buona prassi che, se attuata anche nel merito e con la collaborazione del P.M., potrebbe evitare tanti rinvii al momento della discussione del processo.
- Con la legge di bilancio 27 dicembre 2017 n. 205 il Parlamento ha previsto, per smaltire il contenzioso tributario in Cassazione, il reclutamento di Giudici Ausiliari da destinare ai collegi della Sezione Tributaria. Questa Sezione, integrata dai nuovi Giudici, risulta essere stata particolarmente efficace nel ridurre il carico precedente. La pendenza dei ricorsi è tuttavia aumentata inaspettatamente, il che pone ancora attuale la questione sul funzionamento degli strumenti deflattivi del contenzioso e i poteri attribuiti alla Suprema Corte a riguardo. La V Sezione dovrebbe essere ad oggi pienamente operativa, quali sono le prospettive sulla gestione del contenzioso tributario?
La Sezione Tributaria nacque nel 1999 come derivazione specializzata della Prima Sezione civile, che fino allora aveva trattato le controversie tra Fisco e contribuente. In quell’occasione fu completato il disegno costituzionale, per cui ogni cittadino, incluso quello contribuente, può ricorrere al giudice di legittimità per questioni attinenti la violazione di legge. L’incedere non sempre coordinato della legislazione fiscale, con condoni, sospensioni dei termini ed il rinvio indefinito dei processi, ha tuttavia impedito una programmazione razionale della Sezione. Il che unitamente alla quantità esorbitante dei ricorsi ed alla scarsezza delle risorse ha procurato nell’arco di quasi un ventennio l’accumulo di un notevole arretrato che alla fine del 2018 superava il 50% di quello totale della Corte.
Con la legge n. 205 del 2017 sono cambiate alcune cose, in quanto è stato creato un organico ausiliario di magistrati ed è stata consentita l’applicazione alla Sezione dei magistrati del Massimario della Corte. Grazie a questi interventi, agli adeguamenti organizzativi, alla conciliazione nelle fasi di merito ed alle rottamazioni nel 2019 è diminuito il numero dei ricorsi iscritti e alla fine dell’anno possiamo vantare due importanti risultati: per la prima volta nella storia della Sezione è stato superato il numero delle 10.000 sentenze annue e, grazie alla diminuzione dei nuovi ricorsi, è stato raggiunto l’obiettivo dell’indice di ricambio positivo. In altre parole per la prima volta i ricorsi definiti hanno superato per numero quelli nuovi iscritti, con il risultato di una riduzione consistente dell’arretrato della Sezione, senza che, nonostante i numeri, ne risenta la funzione nomofilattica della Corte.
- La recente riforma cd. “Orlando” ha definito con precisione i requisiti formali del ricorso per cassazione, ampliando in tal senso i poteri della Settima Sezione, capace sempre di più di dichiarare l’inammissibilità di un ricorso con una motivazione “semplificata”. È un dato acquisito che oltre il 60% dei ricorsi viene oggi definito in Cassazione attraverso l'applicazione di principi giurisprudenziali consolidati: al fine di ridurre il corposo contenzioso, in che modo potrebbe essere valorizzato l’art. 610 del codice di procedura penale, che già consente una rapida definizione dei ricorsi che non presentano nuove questioni di diritto?
Grazie alle modifiche normative intervenute nell’agosto del 2017 con la legge n. 103 in alcuni casi ora è possibile pronunziare l’inammissibilità ai sensi dell’art. 610 c.p.p. “senza formalità di procedura”. Il numero dei ricorsi definiti con la procedura de plano nel 2019 è pari circa al 10% del totale, mentre quelli definiti per inammissibilità dalla Settima Sezione è sceso a poco più del 42%, di modo che più della metà dei procedimenti è stato definito con modalità più snelle della pubblica udienza. A queste percentuali vanno aggiunte quelle delle decisioni con motivazione semplificata pari circa ad un ulteriore 10%.
I ricorsi risolti quelli assegnati alla Settima sezione e quelli decisi con motivazione semplificata sono definiti con l’applicazione di consolidati orientamenti giurisprudenziali e, proprio per questa ragione in un’ottica di maggiore efficienza, come precisato nella relazione di apertura dell’anno giudiziario 2019, si potrebbeb pensare ad una previsione normativa che, valorizzando l’esame preliminare di cui all’art. 610, comma 1, cod. proc. pen., consenta modalità decisorie semplificate dei ricorsi che non presentano nuove questioni di diritto e della giurisprudenza o del mero controllo della motivazione del provvedimento impugnato.
- La Corte costituzionale, con sentenza n. 6 del 2018, veniva chiamata a verificare se i motivi inerenti alla giurisdizione che consentono un sindacato della Corte di Cassazione sulle pronunce del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, possano essere ritenuti oggetto di una interpretazione evolutiva. Nella specie, i giudici costituzionali statuivano l'estraneità al nostro ordinamento della possibilità di cassare una sentenza di un giudice speciale per un errores in procedendo o in iudicando, ancorché tanto grave da porsi in contrasto con altra decisione di una Corte sovranazionale. In seguito a quella decisione vi sono contatti con le magistrature speciali al fine di ridurre il rischio di pronunce confliggenti nelle stesse materie?
L’ultimo comma dell’art. 111 della Costituzione prevede che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti è possibile il ricorso per cassazione per motivi di giurisdizione, il che rende la nostra Corte giudice delle violazioni dei confini delle giurisdizioni in cui siano incorsi gli altri giudici. Inoltre, la Corte in via preventiva nei casi controversi può essere richiesta di individuare il giudice (ordinario, amministrativo o contabile) che ha giurisdizione. La sentenza della Corte costituzionale del 18 gennaio 2018 n. 6 ha interpretato l’art. 111 Cost., indicando entro quali i limiti la Corte di cassazione può censurare in questa materia le violazioni di giurisdizione del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti.
Il compito delle tre giurisdizioni e, soprattutto, quello delle tre Corti apicali è di cercare punti di collegamento intermedio per prevenire gli sconfinamenti ed evitare che i principi da ognuna di esse enunziati in sede nomofilattica si pongano in contrasto tra di loro. Il sistema funziona e, se accuratamente gestito dalle parti processuali, è anche rapido, per cui non si avverte la necessità di creare altri organi regolatori, in quanto gli stessi, ove venissero ad esistenza, sarebbero non solo di dubbia conformità costituzionale, ma anche forieri di momenti di contrasto giurisprudenziale e di incertezza giuridica.
- La Corte di cassazione si confronta e si coordina intensamente, anche attraverso il suo Primo Presidente, con le altre Corti europee e con quelle sovranazionali di Lussemburgo e di Strasburgo per predisporre ed attuare forme di collaborazione rafforzata tra le alte giurisdizioni europee, ciascuna nel proprio ambito specifico di competenza; il Primo Presidente fa infatti parte della Rete dei Presidenti delle Corti supreme dei Paesi dell’Unione europea. Visto il fascino che suscita negli operatori l'interazione fra sistemi giuridici differenti, sul lato pratico come funziona questa rete e come avviene lo scambio di esperienze fra i diversi sistemi? Secondo lei è possibile che, un giorno lontano ed ovviamente con un sentimento europeista diverso da quello di oggi, si possa arrivare ad una unificazione dei sistemi giuridici su base europea?
La Rete giudiziaria europea presso la Corte di Giustizia europea è una importante realizzazione ed è la derivazione naturale dell’architettura europea, che è basata sul principio dell’unicità dell’ordinamento giuridico che governa la vita dell’Unione. La Rete esalta questo principio, in quanto consente a tutti i giudici dei Paesi membri di far parte di un sistema giudiziario unico che governa l’applicazione giurisprudenziale della legge europea.
La Rete è ora limitata alle Corti di vertice di ogni ordinamento (per l’Italia la Corte Costituzionale, la Corte di cassazione ed il Consiglio di Stato); in futuro potranno partecipare anche gli altri giudici, dato che le applicazioni informatiche mediante le quali essa opera non hanno praticamente limiti.
La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha avviato una iniziativa analoga, anche instaurando rapporti bilaterali con le Corti apicali mediante la stipula di appositi protocolli bilaterali di collaborazione. I protocolli 15 e 16 allegati alla Convenzione EDU, cui l’Italia sta valutando l’opportunità di aderire, in qualche modo amplieranno tale disegno, in quanto consentiranno alle giurisdizioni apicali di ciascun paese di porre quesiti preliminari alla Corte EDU circa l’interpretazione della Convenzione.
Sono d’accordo con la domanda: la coltivazione dei rapporti con le Corti europee e con le altre Corti nazionali, a prescindere dalle Reti, ha un suo fascino perché consente ai giudici (ed alle parti che partecipano al dialogo mediante il processo) di avere un apertura mentale e professionale che consente la collaborazione reciproca e agevola la soluzione dei nuovi problemi giuridici che la dimensione europea propone.