Pubbl. Lun, 1 Giu 2015
Entra in vigore il decreto legge su rivalutazioni e rimborsi pensionistici. Rispettata la sentenza della Corte Costituzionale?
Modifica paginaIn risposta alla Sentenza n.70/2015 della Corte Costituzionale, entra in vigore il D.l. 65/2015. L’analisi dei punti salienti della sentenza e della normativa introdotta.
Sotto i riflettori il D.L. 65/2015 dello scorso 21 maggio, recante "disposizioni urgenti in materia di pensioni, ammortizzatori sociali e di garanzie TFR".
Importanti le novità introdotte con il decreto in tema di rivalutazioni e rimborsi pensionistici al fine di dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza n. 70/2015 della Corte Costituzionale che cancella definitivamente una parte del Decreto "Salva Italia", meglio conosciuto come "Riforma pensioni Fornero".
Ad aprire le porte al nuovo decreto, quindi, una pronuncia del giudice delle Leggi che lo scorso 10 marzo ha ritenuto fondata la questione di legittimità sollevata in relazione agli artt. 3, 36 primo comma e 38 secondo comma della Costituzione, dell'art. 24, comma 25 del D.l 201/2011, come modificato dall'articolo 1, comma 1 della legge 214/2011. Detta norma riservava, in relazione alla allora contingente situazione finanziaria, la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici (nella misura del 100%, secondo il meccanismo stabilito dall'articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, per il biennio 2012 e 2013) ai soli trattamenti di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, escludendo ogni forma di rivalutazione per trattamenti di importo superiore.
Il meccanismo di rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici, di cui all'art 34, comma 1, L. 448/1998, si prefigge di tutelare, spiega la Corte, i detti trattamenti dalla erosione del potere di acquisto della moneta, che tende a colpire le prestazioni previdenziali anche in assenza di inflazione, sottolineando come rientri, poi, nella discrezionalità del Legislatore, nel rispetto del principio di proporzionalità ed adeguatezza delle pensioni, la sospensione del meccanismo perequativo. Tale ultimo fenomeno era già noto ai giudici della Consulta.
In particolare dalla sentenza n. 70 si evince un riferimento, tra gli altri, all'articolo 1, comma 19 della L. 247/2007, che tuttavia aveva limitato l'azzeramento temporaneo della rivalutazione ai trattamenti di importo superiori ad otto volte il trattamento minimo INPS e per il solo anno 2008.
Dette circostanze furono decisive, per la stessa Corte (sent. 316/2010), a poter ritenere non illegittimo detto azzeramento, indirizzando, al contempo, un monito al Legislatore, affinchè non reiterasse nell'utilizzo di strumenti volti a paralizzare il meccanismo perequativo.
Differentemente,a parer dei Giudici, la norma oggetto di censura (art. 24,25 d.l.201/2011) prevede una sospensione biennale ed incide su trattamenti pensionistici di importo meno elevato, disattendendo un progetto volto a realizzare la eguaglianza sostanziale di cui all'art. 3, Cost,violando il criterio di adeguatezza di cui all'art. 38,2 Cost. e della proporzionalità e sufficienza della retribuzione di cui all'art. 36 Cost. che, invece,devono circoscrivere, necessariamente la sù citata discrezionalità del Legislatore.
"La censura relativa al comma 25 dell’art. 24 del d.l. n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico, induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con «irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività ".
Non è stato dunque, con il d.l. 201/del 2011, ascoltato il monito indirizzato al Legislatore.
In risposta alla sentenza n.70 dello scorso dieci marzo,con la dichiarata finalità di ascoltare quel monito risalente a qualche anno prima(sent.316/2010) e di dar vita ad una norma rispettosa, questa volta, del dettato Costituzionale, entra in vigore il d.l. 65/2015.
Queste le novità in tema di rivalutazioni per il biennio 2012/2013:
- rivalutazioni del 100% per i trattamenti pensionistici di importo fino a tre volte il trattamento minimo INPS (come già previsto);
-rivalutazioni del 40% per i trattamenti pensionistci di importo compresi tra 3 e 4 volte il trattamento minimo INPS;
-rivalutazioni del 20% per i trattamenti pensionistici compresi tra 4 e 5 volte il trattamento minimo INPS;
-rivalutazioni del 10% per i trattamenti pensionistici compresi tra 5 e 6 volte il trattamento minimo INPS;
Per il biennio 2014/2015 è prevista una rivalutazione del 20%. Per il 2016 una rivalutazione del 50%.
Queste, invece, le novità in tema di rimborsi:
-per quest'anno il rimborso avverrà "una tantum" e a partire dal primo agosto 2015. Varierà a seconda dell’importo delle pensioni. Il maggiore, da 750 euro, spetterà agli interessati che ricevono un assegno da 1700 euro lordi. A chi percepisce 2.200 euro spetteranno circa 450 euro, 278 a chi prende 2700 euro. Chi percepisce «oltre 3.200 euro lordi non riceverà alcunché», ha chiarito il presidente del Consiglio.
In molti non hanno evitato di notare come la risposta dell'attuale governo Renzi alla esaminata sentanza della Consulta non sia soddisfacente. Così il Segretario confederale della UIL: "«Il Governo - afferma Proietti - non ripristina il diritto alla perequazione delle pensioni che è il punto cardine della sentenza, rimandandolo a non meglio precisati futuri interventi, e non restituisce le somme sottratte in questi anni. Continueremo la mobilitazione».
La risposta del Governo è "inadeguata e insufficiente" anche per la CISL e non consente di recuperare, neanche dal 2014, la perdita del potere di acquisto della moneta, determinata dalle norme Fornero.
Le forze di opposizione non sono meno critici:"Fregano i pensionati e impostano il tutto come un dono del governo", sono le parole del deputato del M5S Danilo Toninelli.
Compiere un passo in avanti,con il c.d. "bonus Poletti", non equivale già a dire rispettata la sentenza della Corte Costituzionale che ha come obiettivo il riconoscimento a ciascuno di quanto dovuto e non di una parte dello stesso, affinchè non vengano vanificate irrimediabilmente le aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della sua attività lavorativa. Nello specifico, quindi, andrebbero restituite agli aventi diritto le intere somme pari alla rivalutazione degli importi pensionistici erogati nel biennio 2012/2013 secondo il meccanismo di cui all'art.34,1 L.448/1998.
Totalmete disattesa, inoltre, la sentenza, per la mancata previsione delle rivalutazioni degli importi pensionistici superiori a sei volte il trattamento minimo INPS, ai quali, necessariamente la stessa pure faceva riferimento, mancando,ai fini della dichiarazione di illegittimità costituzionale della precedente disciplina, qualunque sorta di differenziazione in ordine all'ammontare del trattamento.
(EVA AURILIA)