Pubbl. Ven, 15 Nov 2019
Inseguendo il mutamento delle mafie
Modifica paginaL´inchiesta «Mafia capitale» ha messo in luce un nuovo volto del reato di associazione a delinquere. L’elemento distintivo sembra formato da un intreccio di forze, amalgamate dal metodo corruttivo, che unisce criminali, politici corrotti e white collars nel «mondo di mezzo».
Sommario: 1. La fase contemporanea dell’evoluzione della criminalità organizzata; 2. Un parallelismo tra mafie e partiti politici; 3. Il rapporto tra mafia e corruzione: un legame solubile; 4. L’economia delle mafie 5. Ricadute applicative sul concorso esterno.
1. La fase contemporanea dell’evoluzione della criminalità organizzata
La corruzione rappresenta un terreno altamente fertile sul quale consolidare posizioni di dominio criminale, sulla spinta centrifuga del reinvestimento di capitali di provenienza illecita, che ingenera un’espansione incondizionata della consorteria criminale e la immette nei circuiti economici legali.
Nell’ambito della pubblica amministrazione[1] i fenomeni corruttivi indicano una continua escalation. La corruzione tra privati (ex art. 2635 c.c.) rappresenta una brusca intensificazione di un quadro già devastante: un sistema sociale carente della necessaria coesione sociale e diretto verso un individualismo sfrenato.
La caratterizzazione delle mafie può essere scrutata secondo prospettive diverse, mettendo in rilievo i caratteri e caratteristiche differenti[2]. Analizzate per il tramite di una proiezione ontologica possono essere definite associazioni segrete[3].
In quanto organizzazioni sono fondate su un sistema di dominio e controllo capace di influire sul comportamento dei partecipi-concorrenti, sui partecipanti esterni e sugli estranei organismo che esercita l'autorità, enucleando tale egemonia prevalentemente nel territorio di riferimento[4] dove le condotte criminali vengono messe a fuoco in primis dalla popolazione residente in un’estensione territoriale più o meno ampia.
Inquadrate sotto l’aspetto epistemologico possono essere sviscerate secondo i consolidati schemi della teoria dell’organizzazione[5].
Lo stato dell’arte non può assolutamente prescindere dal modello individuato dall’art. 416 bis del codice penale[6].
Gli aspetti salienti della fase contemporanea dell’evoluzione mafiosa possono essere così esplicitati in via esemplificativa:
- diffusione di «piccole mafie», cellule mafiose di entità modesta;
- contaminazione di territori finora poco interessati dal fenomeno criminalità organizzata;
- trasferimento tra gruppi di individui dei «saperi criminali» tipicamente mafiosi;
- mutamento dell’essenza del funzionamento della struttura organizzativa.
Quest’ultimo evidenzia il passaggio da attività delinquenziali caratterizzate da un uso meno rilevante della violenza, alla graduale sostituzione della suddetta condotta operativa con una maggiore aderenza e partecipazione al mondo della finanza; dove si intesse una commistione tra risorse economiche derivanti da interazioni sempre maggiori fra economia criminale e economia legale[7].
Questa fase si potrebbe agevolmente tradurre con lo slogan: “Meno sangue e più soldi”[8].
L’impianto normativo sorto nel lontano 1982 con la legge Rognoni-La Torre[9], caratterizzato dall’introduzione di misure di prevenzione patrimoniale (sequestri) e confische, ha svolto egregiamente il proprio compito, almeno finora.
Il substrato ideologico della ridetta legge nasce dall’esperienza nel campo operativo dei giudici Falcone e Borsellino[10].
Quando questa riforma fu varata lasciava aperta la possibilità di configurare anche nuove associazioni all’interno della fattispecie generale ed astratta individuata dalla legge.
Oggi come allora fu criticata con l’accusa di aver assunto una connotazione eccessivamente sociologica[11]. Invece, adesso, quella stessa critica sembra spianare la strada alla capacità di rispondere agli sviluppi odierni del mutamento delle organizzazioni criminali, inglobando le nuove mafie all’interno di quell’ampio modello unitario, riconfigurato sullo studio delle caratteristiche emblematiche della «mafia siciliana».
La moderna organizzazione mafiosa sembra aver modificato la propria maschera esterna, tipicamente tratteggiata da forti simbologie, gesta leggendarie e peculiari rituali arcaici densi di significati reconditi; pare essere disposta ad abbandonare la narrazione della propria storia e degli elementi essenziali che finora l’hanno contraddistinta, per assumere connotati idonei a garantire un’apparente mitezza di facciata.
Dall’osservazione dei fenomeni indicativi del cambiamento si ricava l’impressione che l’obiettivo prioritario sia quello di evitare di lasciare tracce, abbandonare i vecchi rituali tramandati verbalmente piuttosto che in forma scritta per assumere le sembianze raffinate di distinti uomini d’affari.
Il bagaglio di informazioni viene dispersa a ventaglio, più che trasmessa per insegnamenti espliciti o sulla base dell’esempio del precedente. Si stanno progressivamente abbandonando i canonici codici di una consuetudine ormai sorpassata, i simboli e i rituali di affiliazione per la formazione di nuovi adepti; rifuggendo dalla diffusione di punizioni esemplari pubblicizzate come avveniva una volta.
Nel XXI secolo l’organizzazione predominante sembra essere la «‘ndrangheta», almeno questo si può dedurre dalla capacità di penetrazione e ramificazione nel Nord del Paese[12] ed in Europa. Un’organizzazione antica, nell’ottocento denominata picciotteria[13]. Attualmente si rinnova con modalità moderne, avendo potuto beneficiare di un cono d’ombra dovuto al fatto di insistere prevalentemente in una regione geograficamente lontana dai riflettori della ribalta; questo ha consentito un’invisibilità quasi totale, ha permesso all’organizzazione di rimanere nascosta ai margini della vita di provincia[14].
2. Un parallelismo tra mafie e partiti politici
Analizzando fenomeni associativi simili, per andamento e manifestazioni, il parallelismo tra organizzazioni di stampo mafioso e partiti politici diviene automatico.
Partendo dagli assunti di Bauman[15] in relazione alla «modernità liquida» (differenziata da un’ormai sorpassata fase solida), si può evincere che nella nostra società sia venuto meno il concetto di stabilità, completamente soppiantato dalla forza motrice del cambiamento perenne. Se la libertà sfrenata ha finito per innescare un generale stato di provvisorietà e disgregazione delle relazioni interpersonali, questo senso di disorientamento ha coinvolto anche le aggregazioni sociali più disparate. Il senso di incertezza ha invaso anche le mafie in quanto associazioni di persone; la provvisorietà ha sconvolto i rapporti tra gli interni e quelli con gli esterni. Il collante ideologico che lega i partecipanti al sodalizio criminale non è mai venuto meno nel corso del tempo. Il vincolo è talmente forte che non muta il senso di appartenenza, mentre altre forme di associazionismo ̶ come i partiti politici ̶ risentono ampiamente del cambiamento della società[16]. Anzi, le mafie si servono, in un certo qual modo, dei partiti politici, strumentali (nell’ottica mafiosa) al raggiungimento di obiettivi di livello criminale più elevato.
D’altra parte, le mafie sono dei fenomeni sociali che hanno una durata superiore confrontate con il sistema dei partiti politici[17].
3. Il rapporto tra mafia e corruzione: un legame solubile
Il grave problema della corruzione rappresenta il vero male della nostra società, quindi, va contrastata e sradicata. Esiste ancora una società sana e onesta, che agisce nel rispetto di valori fondamentali e di regole. Risulta meno visibile, poiché meno appariscente e poco premiata.
Ricorrenti e clamorosi episodi di corruzione, di maladministration e di disonestà intellettuale della classe dirigente screditano il lavoro di tante persone oneste che operano all’interno della PA.
Sembra, tuttavia, prevalere il potere inquinante di coloro che privilegiano ambizioni e aspirazioni non supportate dal senso del bene comune. Viviamo in una società carente di coscienza collettiva, prevalentemente tesa alla cura di interessi personali. I principi di leale convivenza e di solidarietà sociale, finalizzati al perseguimento dell’interesse generale, sembrano abbandonati alla deriva. Il politically correct non può costituire nuova linfa per una democrazia sana; non può rappresentare un argine fermo da proporre come difesa in grado di contrastare una criminalità a tratti ispirata all’affascinante reality descritta dalla fiction. Una società progressista dovrebbe vivere di nuove idee e nuovi orizzonti capaci di rispondere a problemi in evoluzione continua[18].
In altri termini, gli individui agenti all’interno di una società strutturata sarebbero influenzati dal c.d. narrow self-interest[19], cioè parrebbero orientati a perseguire interessi personali, piuttosto che sviluppare l’interesse generale. La questione della corruzione, inoltre, si interseca con quella dell’amministrazione della giustizia, entrambe rappresentano condizioni fondamentali per favorire lo sviluppo del Paese.
Il rischio corruzione in Italia è più elevato rispetto agli altri Paesi Europei, per cui è necessario attingere a modelli esteri di prevenzione della corruzione ed andare verso un modello internazionale e condiviso[20].
Il contesto giuridico internazionale, formato da norme di hard e di soft law, si propone quale ambiente di elaborazione di criteri-guida generali anche in conseguenza a un processo di globalizzazione economica che comporta una nuova dimensione del fenomeno giuridico, capace di adeguarsi alle esigenze della realtà attuale.
Il malaffare nelle attività gestionali pubbliche rappresenta una minaccia per lo Stato di diritto in quanto mina i principi di buon governo, equità e giustizia sociale, falsa la concorrenza, ostacola lo sviluppo economico, mette in pericolo la stabilità delle istituzioni democratiche e i fondamenti morali della società. La corruzione non è un fatto estraneo al singolo cittadino; per questo è necessario incentivare e proteggere la partecipazione di tutti alla lotta alla corruzione attraverso le azioni di segnalazione e forme efficaci si tutela per i segnalanti[21].
Vi sono due valori costituzionali rilevanti da salvaguardare: da una parte, l’esigenza di preservare i rapporti economici dalle infiltrazioni malavitose in attuazione del superiore principio di legalità sostanziale; dall’altra, la libertà d’impresa e più in generale il principio di libertà di iniziativa economica privata; questi due valori costituzionalmente protetti devono essere bilanciati tra di loro.
Il controllo operato dalla giustizia amministrativa appare opportuno in particolar modo per sindacare il corretto esercizio della discrezionalità amministrativa esercitata al fine di bilanciare l’ordine pubblico economico, la libera concorrenza tra le imprese ed il buon andamento della pubblica amministrazione.
Il condizionamento dell’apparato politico-amministrativo si manifesta, prevalentemente, nei settori degli appalti di lavori per la realizzazione di opere pubbliche, dei finanziamenti pubblici, dello smaltimento dei rifiuti, dei contratti diretti all’acquisizione di beni di ogni tipo ed alla gestione di servizi.
Le imprese mafiose penetrano nel settore degli appalti soprattutto nella fase di realizzazione dell’opera pubblica, attraverso i collaudati meccanismi dei sub-appalti e sub-affidamenti di ogni genere (con contratti di «nolo a caldo» o «a freddo» e con subcontratti di forniture di materiali per l’edilizia, attività di movimento terra, guardiani e di cantiere, trasferimento in discarica dei materiali). Queste attività inevitabilmente ancorate al territorio, offrono alle organizzazioni mafiose assoluta facilità di inserimento, tenuto conto del controllo diretto da esse notoriamente esercitato sul territorio.
Esiste il rischio che le organizzazioni mafiose partecipino al finanziamento delle imprese affidatarie dei lavori, sia in regime di project financing, sia nel caso di affidamento al general contractor.
Il finanziamento potrebbe avvenire con l’immissione nel circuito societario dell’impresa (affidataria dei lavori) di capitali di provenienza illecita (con conseguente riciclaggio) o mediante la costituzione o l’incorporazione di imprese, apparentemente regolari, gestite da prestanomi o controllate dalla criminalità organizzata. Occorre dunque intensificare i controlli in tale direzione allo scopo di evitare che l’impresa mafiosa consegua l’obiettivo di finanziare indirettamente la realizzazione di opere pubbliche attraverso attività di riciclaggio[22].
La corruzione è innanzitutto un comportamento antimorale e solo di riflesso antigiuridico. Concepire il sistema anticorruzione esclusivamente attraverso il metodo di prevenzione e quello sanzionatorio non appare sufficiente; risulta necessario affiancare a queste ultime azioni di condivisione degli interessi con gruppi sociali rappresentativi in grado di valorizzare la rete di integrità, legalità ed etica.
Senza un approccio olistico le azioni di contrasto alla corruzione potrebbero rimanere vane, alimentando quel senso di conflittualità e rassegnazione che attraversa l’opinione pubblica[23].
L’analisi della corruzione non può prescindere da un metodo interdisciplinare che investa la scienza giuridica, economica e sociale, pertanto, andrebbe effettuata ad ampio spettro.
Nella società attuale, alcuni comportamenti contra legem trovano una giustificazione nella diffusa auto-convinzione che tanto lo fanno tutti e che, tutto sommato, sia anche normale.
La sociologia può fornire ottimi strumenti di interpretazione critica dei processi, identificando fenomeni di rottura del “patto funzionale” tra individuo e società[24].
Un comportamento che potrebbe non rientrare nell’ambito di una fattispecie penale nel nostro Paese non trova un’adeguata sanzione sociale; in altri termini, il modello del controllo sociale non funziona poiché resta demandato esclusivamente alla magistratura: ordinaria, amministrativa e contabile.
I modelli da imitare sono quelli dei paesi più virtuosi dai quali si dovrebbero copiare e soprattutto i costumi, l’attaccamento al senso di cittadinanza e al senso di appartenenza alla collettività. Invece, attualmente la mancanza di coesione sociale racconta un peso schiacciante.
La delega incondizionata alla magistratura quale primo e unico baluardo a difesa dei bisogni della collettività termina solo quando si comprende che la corruzione crea un danno al sistema, di gran lunga superiore ai vantaggi personali che si possono ottenere singolarmente.
Alla magistratura non può essere concesso un ruolo salvifico nel disinteresse personale cagionato dall’appartenenza alle lobbies, che spesso si trasformano nelle cricche del malaffare.
L’élite potrebbe mutare la propria natura in consorteria criminale. Vivere in una società fondata sulla supremazia della prepotenza genera profondi scompensi psicologici, che possono ingenerare reazioni pericolose e incontrollate.
Una società che ha come base consuetudinaria radicata la sopraffazione dei potenti sui più deboli non può che non può innescare altro se non la virulenza degli istinti primordiali.
4. L’economia delle mafie
Nell’immaginario collettivo l’Italia rappresenta il Paese delle mafie, ma anche del miglior modello dell’antimafia da cui apprendere per combattere le associazioni criminali che si espandono in nel territorio dell’Unione Europea. Tuttavia, il rischio di esportare prima le mafie e poi la legislazione antimafia italiana, tipica del nostro ordinamento giuridico, rappresenta un 'effetto collaterale' altissimo.
Se le mafie sono presenti per tradizione consolidata in alcuni settori, in cui la partecipazione alle attività imprenditoriale è una costante, potrebbero anche invadere settori che non appartengono alla tradizione.
Sono già presenti nei settori emergenti?
Risulta molto difficile rispondere a questa domanda poiché si tratta di associazioni segrete per definizione, che non possono essere scoperte se non attraverso le attività di indagine. Solo queste possono svelare misteri che altrimenti rimarrebbero occultati.
Sicuramente dai fatti di cronaca si evince un mutamento dei rapporti di forza tra mafia e ‘ndrangheta[25]; quest’ultima ha acquisito negli ultimi anni un potere sempre maggiore, e si rende artefice di un’attività di contagio, andando a contaminare territori vergini. Riproducendo essenzialmente a livello locale una struttura di base ampiamente testata e consolidata nel tempo.
La possibilità di reinvestire i capitali illecitamente conseguiti rappresenta un’opportunità per le mafie di accrescere il potere economico su un territorio, ma anche di espandersi oltre il perimetro geografico di riferimento, costituendo una holding patrimoniale derivante dall’economia illecita e facente parte dell’economia legale.
Si tratta, però, di un’arma a doppio taglio. Difatti è proprio questo il vero tallone d’Achille della criminalità organizzata. L’attività di money loundring costituisce il principale spunto investigativo dal quale partire[26], è sintomatica della realizzazione concreta di un’economia sommersa perché volutamente occultata. Il riciclaggio di denaro sporco rappresenta una spia ̶ un fattore sintomatico ̶ ineludibile. Seguendo il flusso del denaro si scoprono gli arcani del sistema criminale[27]. Partendo dall’analisi del mondo economico, Max Weber aveva individuato l’esistenza di «gruppi regolativi dell’economia»[28]. Purtuttavia, verificata tale azione invasiva nella sfera dell’economia legale si rende necessaria un’ulteriore considerazione: la società civile e il contesto imprenditoriale sembra essere un terreno fertile per lo sviluppo del patrimonio mafioso nell’economia[29]. Il calcolo di convenienza che spinge il tessuto imprenditoriale ad usufruire di veri e propri servizi offerti dalla potenza dell’economia illegale sussiste nel territorio italiano a tutte le latitudini.
Dal punto di vista sociologico tale situazione costituisce la narrazione di un degrado etico-morale. Nell’ambito criminologico racconta l’abbandono della mafia siciliana della strategia stragista ed il rafforzamento delle altre organizzazioni in connivenza con l’imprenditoria intenta ad accettare aiuti illeciti. Oltretutto l’«economia» parallela supplisce alle carenze dell’economia ufficiale, spesso caratterizzata da lunghi periodi di stagnazione, dall’alto tasso di disoccupazione che innesca una forza lavoro disposta a riconvertirsi nella bassa manovalanza a servizio del crimine organizzato.
A questo punto appare opportuno rimarcare che molti imprenditori che hanno accettato incondizionatamente uno pseudo-aiuto della criminalità, spesso hanno visto la propria azienda disfarsi nel fallimento o nelle procedure concorsuali.
5. Ricadute applicative sul concorso esterno
La sentenza della Corte App. Roma, Sez. III, n. 10010 dell’11 settembre 2018, realizza “un’interpretazione del delitto di associazione mafiosa totalmente svincolata dalle caratterizzazioni delle mafie storiche”[30]. Tale ermeneutica è stata ribaltata dalla recentissima sentenza della Suprema Corte di Cassazione riguardante il processo «Mafia capitale».
Se da un lato non si può espandere oltremodo la configurazione del reato di associazione di tipo mafioso ex art. 416-bis c.p., dall’altro assume una rilevanza sempre maggiore il momento finanziario dell’associazione: l’incidenza in quella porzione di economia ufficiale predisposta all’accoglienza, la violazione di ogni principio relativo alla concorrenza, la necessità di impedire tipologie varie di finanziamenti alle imprese mediante denaro proveniente da azioni criminali.
Proprio per le motivazioni suddette, la tipizzazione delle condotte relative al concorso esterno (contiguità mafiosa) appare difficile da incardinare in una norma giuridica che non sia caratterizzata da generalità ed astrattezza.
Seppur si percepisca l’esigenza di individuare condotte tipiche specificate nella legislazione, la necessaria opera di interpretazione ermeneutica della magistratura risulta necessaria. Anche perché una specificazione dei presupposti del concorso esterno su base tassonomica, significherebbe escludere la possibilità di rinvenire all’interno di una norma elastica comportamenti cangianti in relazione allo sviluppo della società contemporanea[31].
Pertanto, in relazione al patto politico mafioso di cui all’art. 416-ter c.p. potrà parlarsi di sussidiarietà tra le due fattispecie, un concorso apparente di reati: il patto mafioso ex art. 416-ter c.p.[32] resterà assorbito nel reato più grave di concorso esterno, ex artt. 110 e 416-bis codice penale.
In relazione alle 'piccole mafie'[33] sembra difficile dunque poter parlare di concorso esterno. Ancor più difficile cristallizzare le condotte specifiche che definiscano dettagliatamente la fattispecie del concorso esterno, caratterizzata da contributi atipici; questi, in quanto tali, fuoriescono da un elenco tassativo dei contributi possibili (numerus clausus), che tuttalpiù potrebbero essere considerati elementi esplicitati di una casistica non esaustiva.
Note e riferimenti bibliografici
[1] MUNGIU PIPPIDI A., The Good, the Bad and the Ugly: Controlling Corruption in the European Union, European Research Centre for Anti-Corruption and State-Building (ERCAS), Working Paper No. 35, Hertie School of Governance, 2013.
http://www.againstcorruption.eu/wp-content/uploads/2013/04/WP-35-The-good-the-bad-and-the-ugly.pdf
[2] CICONTE E., Storia criminale. La resistibile ascesa di mafia, 'ndrangheta e camorra dall'Ottocento ai giorni nostri, Rubbettino, 2008.
[3] CRISANTINO A., Della segreta e operosa associazione. Una setta all'origine della mafia, Sellerio Editore, Palermo, 2000.
[4] Honoré de Balzac: “Vi sono due storie: la storia ufficiale, menzognera, che ci viene insegnata, la storia ad “usum delphini”, e la storia segreta, dove si trovano le vere cause degli avvenimenti, una storia vergognosa.”
[5] HATCH M. J., Teoria dell'organizzazione. Tre prospettive: moderna, simbolica, postmoderna, Il Mulino, 2013.
[6] AA.VV., Espansione della criminalità organizzata nell'attività d'impresa al Nord, a cura di ALESSANDRI A., Giappichelli, 2017.
[7] ASMUNDO. A, Indicatori e costi della criminalità mafiosa, in SCIARRONE R. (a cura di) Alleanze nell’ombra. Mafie ed economie locali in Sicilia e nel Mezzogiorno, Donzelli, Roma, 2011, cap. 2 pp. 49-66.
[8] Saverio Lodato: “Se la mafia decide di non sparare ma di fare affari alla grande il rapporto stato-mafia va alla grande”, durante la trasmissione Otto e mezzo, di Lilli Gruber, su La7, 18 febbraio 2019.
[9] BURGIO G., Pio La Torre. Palermo, la Sicilia, il PCI, la mafia. Un saggio di storia orale, Centro studi ed iniziative culturali Pio La Torre, Palermo, 2008.
[10] AYALA G., Chi ha paura muore ogni giorno. I miei anni con Falcone e Borsellino, Mondadori, 2010.
[11] Giovanni Falcone: “La mafia, lo ripeto ancora una volta, non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società. Questo è il terreno di coltura di Cosa Nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette o indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.”
[12] CICONTE E., 'Ndrangheta padana, Rubbettino, 2010.
[13] NICASO A., Alle origini della ’ndrangheta. La picciotteria, Rubettino, Soveria Mannelli, 1990.
[14] Giovanni Falcone: “Emotivo, episodico, fluttuante. Motivato solo dall’impressione suscitata da un dato crimine o dall’effetto che una particolare iniziativa governativa può esercitare sull’opinione pubblica”. Descrizione dell’impegno dello Stato per la lotta alla mafia, contenuta nel libro di Falcone G., Padovani M., Cose di Cosa Nostra, Bur, Milano 2015, p. 161.
[15] “L’incertezza, che dell’insicurezza è la causa principale, rappresenta di gran lunga lo strumento di potere più incisivo, anzi, la sua essenza stessa.” Zygmunt Bauman, Modernità liquida, Laterza, 2011.
[16] Giuseppe (Pippo) Fava, 28 dicembre 1983: “Mi rendo conto che c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. [...] I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione. Se non si chiarisce questo equivoco di fondo, non si può definire mafioso il piccolo delinquente che arriva e ti impone la taglia sulla tua piccola attività commerciale, questa è roba da piccola criminalità, che credo abiti in tutte le città italiane, in tutte le città europee. Il fenomeno della mafia è molto più tragico ed importante. È un problema di vertici e di gestione della nazione, è un problema che rischia di portare alla rovina e al decadimento culturale definitivo l'Italia.”
[17] Pietro C. Ulloa, Procuratore Generale del Re a Trapani, Relazione: Considerazioni sullo stato economico e politico della Sicilia, 1938: “[…] Questa generale corruzione ha fatto ricorrere il popolo a rimedii oltremodo strani e pericolosi. Vi ha in molti paesi delle unioni o fratellanze, specie di sette che dicono partiti, senza colore o scopo politico, senza riunione, senza altro legame che quello della dipendenza da un capo, che qui è un possidente, là un arciprete.[…] Sono tante specie di piccoli Governi nel Governo. La mancanza della forza pubblica ha fatto moltiplicare il numero dei reati! Il popolo è venuto a tacita convenzione coi rei. Così come accadono i furti, escono i mediatori a offrire transazione pel recuparamento degli oggetti involati. Il numero di tali accordi è infinito. Molti possidenti perciò han creduto meglio divenire oppressori che oppressi e s’inscrivon nei partiti[…].”
[18] WARTICK, S.L., COCHRAN, P.L., The Evolution of the Corporate Social Performance Model, The Academy of Management Review 10 (4):758-769, 1985. http://www.jstor.org/stable/258044
[19] FIORI S., Individual and self-interest in Adam Smith's Wealth of Nations, Cahiers d'économie Politique, 2005/2 (n° 49), p. 19-31.
[20] Transparency International Italia, Indice di Percezione della Corruzione 2018: Italia al 53° posto nel mondo. https://www.transparency.it/indice-percezione-della-corruzione-2018-italia-al-53-posto-nel-mondo/
[21] PARROTTA A., RAZZANTE R., Il sistema di segnalazione interna. Il whistleblowing nell'assetto anticorruzione, antiriciclaggio e nella prevenzione da responsabilità degli Enti, Pacini Giuridica, 2019.
D’AMORA F., Il whistleblowing dopo la l. n. 179/2017, Giuffrè, 2019.
[22] DELL'OSSO A.M., Riciclaggio di proventi illeciti e sistema penale, Giappichelli, 2018.
VALENTE P., CARACCIOLI I., IANNI G., Riciclaggio e criminalità. Idra per gli Stati, Sisifo per la Società, Nesso per gli organismi sovranazionali, Eurilink, 2017.
[23] Emile Durkheim: “La coscienza collettiva è l'insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una società. Questo insieme ha una vita propria che non esiste se non attraverso i sentimenti e le credenze presenti nelle coscienze individuali.”
[24] “Ciascuno di noi mette in comune la propria persona, ed ogni suo potere sotto la suprema direzione della volontà generale; e noi riceviamo in corpo ogni membro come parte indivisibile del tutto.” Jean-Jacques Rousseau, Il contratto sociale, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 2005.
[25] “Se la ricchezza della 'ndrangheta segue mille rivoli, la sua testa è ancora lì, nel cuore dell'Aspromonte, dove tutto è cominciato”. Nicola Gratteri, Antonio Nicaso, Storia segreta della 'ndrangheta. Una lunga e oscura vicenda di sangue e potere (1860-2018), Mondadori, 2018.
[26] “Infatti, il vero tallone d'Achille delle organizzazioni mafiose è costituito dalle tracce che lasciano dietro di sé i grandi movimenti di denaro connessi alle attività criminali più lucrose. Lo sviluppo di queste tracce, attraverso un'indagine patrimoniale che segua il flusso di denaro proveniente dai traffici illeciti, è quindi la strada maestra, l'aspetto decisamente da privilegiare nelle investigazioni in materia di mafia, perché è quello che maggiormente consente agli inquirenti di costruire un reticolo di prove obiettive, documentali, univoche, insuscettibili di distorsioni, e foriere di conferme e riscontri ai dati emergenti dall'attività probatoria di tipo tradizionale diretta all'immediato accertamento della consumazione dei delitti.” Giovanni Fiandaca, Una rilettura degli scritti di Giovanni Falcone nel decennale della strage di Capaci, Il Foro Italiano, Vol. 125, No. 10 2002, pp. 201 - 208.
[27] Giovanni Falcone e Giuliano Turone, Tecniche di indagine in materia di mafia, Atti del Convegno di Castel Gandolfo, 4-6 giugno 1982 https://riviste.unimi.it/index.php/cross/article/view/5101
[28] WEBER M., Il metodo delle scienze storico-sociali, Einaudi, Torino, 2003.
[29] La commistione tra proventi legali ed illegali individua l’impossibilità di un’allocazione efficiente delle risorse secondo il modello paretiano. Oltretutto risulta in chiara antitesi con il modello euro-unitario incentrato sul principio ordinatore della concorrenza, nonché con la disciplina degli aiuti di Stato che prevede di mantenere un level playing-field in equilibrio. Invece, il supporto di cospicui capitali illeciti droga ampiamente la capacità finanziaria di alcune imprese a discapito delle altre.
European Commission, Task Force for the Preparation and Conduct of the Negotiations with the United Kingdom under Article 50 TEU. Commission to EU27 Internal EU27 preparatory discussions on the framework for the future relationship: “LevelPlayingField”.
https://ec.europa.eu/commission/sites/beta-political/files/level_playing_field.pdf
[30] CICCARELLO E., La mafia, la corruzione, i giudici. La sfida interpretativa dell’inchiesta Mondo di Mezzo, in Atlante delle Mafie, a cura di CICONTE, FORGIONE, SALES, vol. V, Catanzaro, 2017.
[31] FIANDACA G., Esiste a Roma la mafia? Una questione (ancora) giuridicamente controversa, in Foro it., II, 2018, pag. 176.
[32] Art. 416 ter c.p. 1° comma: “Chiunque accetta, direttamente o a mezzo di intermediari, la promessa di procurare voti da parte di soggetti appartenenti alle associazioni di cui all'articolo 416 bis o mediante le modalità di cui al terzo comma dell'articolo 416 bis in cambio dell'erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità o in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa è punito con la pena stabilita nel primo comma dell'articolo 416 bis.”
[33] Cass., sez. VI pen., 10 marzo 2015: “Nel caso ora menzionato, questa Corte ha affermato che nello schema normativo previsto dall'art. 416-bis C.p. non rientrano solo grandi associazioni di mafia ad alto numero di appartenenti, dotate di mezzi finanziari imponenti, e in grado di assicurare l'assoggettamento e l'omertà attraverso il terrore e la continua messa in pericolo della vita delle persone; rientrano anche piccole “mafie” con un basso numero di appartenenti (bastano tre persone), non necessariamente armate (l'essere armati e usare materiale esplodente non è infatti un elemento costitutivo dell'associazione ex art. 416-bis, ma realizza solo un'ulteriore modalità di azione che aggrava la responsabilità degli appartenenti), che assoggettano un limitato territorio o un determinato settore di attività avvalendosi, però, del metodo dell'intimidazione da cui derivano assoggettamento ed omertà”.