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Pubbl. Mer, 20 Mag 2015

La perenzione nel processo amministrativo: basi, novità e prospettive dell´istituto.

Rosaria Violante


La perenzione, istituto creato nel 1907, come si concilia con il sistema attuale? Scopriamolo in quest´articolo.


La perenzione è un istituto introdotto in seno al processo amministrativo nel 1907 in analogia a quanto previsto nel diritto civile, in base al quale se entro un certo periodo di tempo le parti non dimostrano, con il compimento di atti, interesse  per la causa pendente, il giudice, rilevata l'impossibilità di decidere nel merito, dichiarerà l'estinzione del ricorso.

La perenzione è un istituto introdotto in seno al processo amministrativo nel 1907 in analogia a quanto previsto nel diritto civile, in base al quale se entro un certo periodo di tempo le parti non dimostrano, con il compimento di atti, interesse  per la causa pendente, il giudice, rilevata l'impossibilità di decidere nel merito, dichiarerà l'estinzione del ricorso.

L'istituto risponde all'esigenza, sorta con prepotenza in quegli anni in crescita, di ridurre il contenzioso.

Va a tal proposito considerato che, nella legislazione del 1907,  l'impugnazione di un atto amministrativo ne comportava piuttosto frequentemente la sospensione, per cui il protrarsi di tale situazione cozzava con evidenti ragioni di certezza giuridica.

La disciplina della perenzione è oggi contenuta negli artt. 23 e 25 della legge T.A.R., nell'art.  40 T.U. CDS e nell'art. 45 RD 642/1907.

Ai sensi dell'art 23 della legge T.A.R., "la discussione del ricorso deve essere richiesta dal ricorrente ovvero dall'amministrazione o da altra parte costituita con apposita istanza da presentarsi entro il termine massimo di due anni dal deposito del ricorso"; mentre l'art. 25 dispone che "i ricorsi si considerano abbandonati se nel corso di due anni non sia compiuto alcun atto di procedura". Si precisa altresì che il termine è stato ridotto ad 1 anno con la riforma del processo amministrativo  (art. 81 del D.lgs 104/10).

L'armonizzazione tra le due norme conferma un orientamento secondo cui la presentazione della domanda di fissazione di udienza sposta sul giudice l'iniziativa processuale, sicché, salvo che la causa sia giunta all' udienza di discussione, la domanda non deve essere rinnovata dalla parte ogni due anni e la perenzione è impedita per tutto il tempo in cui l'iniziativa spetta al giudice.

L'articolo 25 trova dunque applicazione nei casi in cui, esauriti gli effetti della domanda di fissazione d'udienza (ad esempio per la revoca della domanda stessa o per la cancellazione della causa dal ruolo), l'onere di impulso sia tornato alle parti, le quali, per evitare la perenzione, dovranno porre in essere qualsiasi atto di procedura, posto ovviamente che, per ottenere una nuova fissazione d'udienza, presentino l'apposita domanda

Per contro, la perenzione opera se nel termine di due anni dal deposito del ricorso, la parte non presenta la domanda di fissazione di udienza indipendentemente dal fatto che siano compiuti altri atti di procedura.

Anche la domanda volta ad ottenere la misura cautelare non vale a impedire la perenzione. In tali casi, infatti, il ricorso diventa improcedibile.

Si ha perenzione anche per mancata rinnovazione della domanda di fissazione d'udienza dopo l'espletamento dell'attività istruttoria. 

Sicuramente, dopo l'istruttoria collegiale, l'istanza di fissazione d'udienza dovrà essere ripresentata; infatti, con la fissazione dell'udienza, in seguito alla quale il collegio provvede all'istruttoria, l'originaria istanza di fissazione d'udienza perde efficacia avendo raggiunto il suo effetto.

Diversa è la valutazione allorché l' istruttoria sia avvenuta con provvedimento presidenziale. 

In questo caso, infatti, occorre distinguere tra due diverse possibilità:

1) Se il provvedimento presidenziale è intervenuto prima della fissazione dell'udienza di discussione del ricorso, si deve ritenere che l'originaria istanza di fissazione dell'udienza abbia mantenuto comunque la sua validità, non avendo conseguito l'effetto sperato. In questo caso, perciò, il compimento dell'istruttoria a seguito dell'ordinanza che la dispone non comporta la necessità di rinnovare l'istanza di fissazione dell'udienza;

2) Se, invece, l'istruttoria presidenziale ha avuto luogo dopo la fissazione dell'udienza e se l'udienza già fissata non si è tenuta in quanto la causa è stata cancellata dal ruolo su istanza delle parti, per ottenere una nuova udienza di discussione sarà necessaria una nuova istanza.

Da qualunque prospettiva si analizzi la questione, va ad ogni modo osservato che la problematica relativa alla perenzione è stata risolta dalla legge 205 del 2000 per cui non è necessario, in conformità con quanto stabilito dal suddetto articolo 23, 6º comma, rinnovare l'istanza di fissazione d'udienza, in quanto è lo stesso organo giurisdizionale incaricato dell'istruttoria a dovervi provvedere.

Alla luce di quanto argomentato, dunque,  l'articolo 23 della legge Tar sul punto si ritiene implicitamente abrogato.