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Pubbl. Dom, 31 Mag 2015

Le conseguenze della segregazione nella società odierna

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Gian Marco Lenzi


Distanza: la creazione di un odio artificiale. Il caso dei Rom.


Premessa.

Gli articoli di questo mese tratteranno un tema di scottante attualità: il rapporto tra maggioranza e minoranza in un determinato spazio. Anche se posta in questo modo, nonostante la questione de quo abbia un respiro maggiore rispetto all'attualità italiana, il mio interesse si concentra sul rapporto tra italiani da un parte e migranti e rom dall'altra.

Certamente si tratta di un tema politico dai toni molto accesi per le idee che vi si contrappongono. L'argomento è arroventato da una polemica politica dura, che tempesta ogni giorno la cronaca di notizie che riguardano la questione e che ci "informano" su di essa. Il problema è che questa informazione pecca spesso di una concreta riflessione o una ricerca su tali temi, costringendoci, molto spesso, a giudizi affrettati e facili slogan mediatici.

Da tale situazione nasce la mia voglia di ragionare, insieme al lettore, su questo tema, cercando di argomentare una visione più ampia sulla questione. Non ho ancora scelto tutti gli articoli e come affrontare i temi che ho in mente, ma, la mia idea, è di farlo in modo più vario possibile, per esempio attraverso casi storici o volutamente critici. Quello che spero di ottenere è di proporre un modo alternativo di osservazione del fenomeno, sempre mantenendomi sugli aspetti che in vario modo toccano l'ambito del diritto.

Un'ultima cosa. Spero vivamente che, vista l'attualità e la delicatezza del tema, i lettori siano invogliati a rispondermi ed a confrontarsi su questi articoli attraverso il nostro portale, i social media o, se preferite, contattandomi privatamente. 

 

Rom e segregazione.

Voglio iniziare l'articolo presentando tre fatti di cronaca italiana molto recenti, che saranno utili come "base" per il ragionamento che seguirà. Quello che voglio dimostrare è che, grazie a una situazione giuridico-politica segregante, l'odio diffuso vero la figura del rom è solo il risultato di determinate scelte e mai di una scelta personale.

Il primo fatto,  avvenuto a Torino, risale al 6 Dicembre 2011. Una sedicenne torinese denuncia di aver subito uno stupro ad opera di due "zingari". Pochi giorni dopo la denuncia, all'interno di un corteo fatto per solidarietà nei confronti della ragazza, un gruppo di una cinquantina di manifestanti bardati per non farsi riconoscere e dotati di spranghe e bombe carte, staccandosi dal gruppo, da fuoco al campo rom nei pressi della cascina di Continassa. Pochi giorni dopo l'accaduto la sedicenne ammette di essersi inventata la storia al fine di nascondere ai genitori un rapporto col fidanzato.

Il secondo caso di cronaca riguarda i (finti) servizi sui rom messi in onda negli ultimi mesi da alcuni programmi televisivi italiani. All'interno di questi servizi, dei (presunti) rom raccontano di furti commessi dai "rom" ai danni "degli italiani" e del come sia facile portare a termine tale condotte . Pochi giorni dopo la messa in onda però, un altra trasmissione televisiva ha scoperto che tali servizi erano in realtà fasulli: infatti, come mostrato all'interno di questo programma, erano gli stessi giornalisti autori dei servizi a predisporre le risposte date dal finto "truffatore rom".

Il terzo caso ha avuto luogo pochi giorni fa nella scuola media Fucini di Pisa. Riassumendo la vicenda, alcuni genitori hanno protestato violentemente in seguito alla decisione di inserire nel programma scolastico alcune ore di lezione sull'etnia rom; i genitori e gli insegnanti non avevano digerito l'impossibilità di non scegliere questo programma e la sovrapposizione alle ore di studio della lingua italiana. In realtà, il laboratorio era stato inzialmente inserito come facoltativo, ma nessun bambino aveva scelto di aderirvi. Vale la pena di sottolineanre che il corpo docente aveva varato questa iniziativa allo scopo di far conoscere la cultura rom ai bambini ed integrare meglio i ragazzini rom che frequentano l'istituto.

Cosa c'è di interessante in queste notizie di cronaca e cosa le unisce? In primo luogo, l'aspetto più interessante, che penso avrete notato, è che non si sta parlando di individui, ma di categorie. Come si evince dai fatti di cronaca riportati - in particolare per i primi due - i "colpevoli" non sono individuabili secondo un nome e cognome, ma si nascondono dietro la figura stereotipata, molto diffusa nella popolazione, del rom come truffatore e ladro. Questo processo si può definire come etero-identificazione, cioè il processo con il quale si creano delle categorie attraverso una semplificazione e una scelta a priori delle caratteristiche di un soggetto.

Queste caratteristiche non sono scelte da chi "guarda", ma sono il risultato del fatto di far parte di una società con dei rapporti numerici e di forza ben precisi. Infatti, un gruppo ristretto numericamente è facilmente individuabile, soprattutto se ha delle caratteristiche peculiari che lo identificano in modo assoluto. Per questo motivo all'interno di un paese a stragrande maggioranza "bianca" un orientale fa parte di una categoria ben definita e identificabile grazie ai suoi tratti facciali, diversi dalla maggioranza delle altre persone.

Il rapporto numerico è quindi fondamentale. Infatti, una minoranza è tale, e per questo etichettabile, quando presenta una certa caratteristica (fisica, religiosa, culturale etc.) non posseduta dalla maggioranza. Ad esempio, una caratteristica molto diffusa in Italia sono i capelli scuri,  perchè la stragrande maggioranza di chi vive in Italia ha i capelli di questo colore. Proprio per la diffusione di questa caratteristica (i capelli scuri) è difficile inquadrare chi la possiede in una categoria, e conseguentemente, avere la possibilità di attribuirle un giudizio predeterminato: un carattere predominante posseduto in una determianata comunità è difficilmente etichettabile, se non in senso positivo.

Facilmente etichettabile attraverso un'etero-identificazione è chi possiede in minoranza una certa caratteristica, specialmente quando questa è facilmente individuabile, perchè posseduta da una certa quantità di persone in un "determinato spazio". Che centra lo spazio e in che cosa consiste? A mio avviso, come proverò a dimostrare, il rinchiudere una minoranza in un determinato spazio è il principale fattore dell'odio. Vediamo questa situazione nel caso dei rom, e in particolare dei rom in Italia.

In Italia gli appartenenti alla etnia rom sono meno dello 0,3% della popolazione totale e quasi totalmente sono contenuti all'interno dei campi rom. Vale la pena sottolineare che la maggior parte dei rom in Italia ha cittadinanza italiana, essendo nati e presenti da generazioni sul territorio e quindi italiani a tutti gli effetti. Ma cosa sono i campi rom e qual è la loro funzione?

A partire dagli anni '80 è stata varata una serie di leggi regionali con lo scopo di salvaguardare lo "spirito nomade" dei rom, costruendo degli appositi campi-sosta dove i rom possono vivere in roulotte e prefabbricati e spostarsi a piacimento. Il problema è che la gente rom non è più nomade da almeno un secolo e forse, almeno stando alla definizione degli antropologi del concetto di nomade, non lo è mai stata. Infatti, è considerata nomade una comunità che si sposta per motivi economici e, soprattutto, una popolazione che sposta i mezzi economici che garantiscono il suo sostentamento (es. i pastori nomadi). 

Al di là della ratio di queste previsione, in pratica, questi soggetti sono stati relegati in campi, in cui  devono vivere rispettando determinate regole tassative, decise dalla regione e dal comune che gestisce ("ospita") i campi. Questi campi sono generalmente situati lontano o al limite della città, così si limita lo spazio vitale di questa etnia e la si segrega dal resto della popolazione.

In più, l'amministrazione comunale ha il potere di spostare i campi e di ricostruirli a piacimento e secondo le esigenze; un potere che, a quanto pare, utilizza spesso e con pochi riguardi, sia di chi vive all'interno dei campi, sia di chi è "costretto" (all'improvviso) a vivere a contatto con questi vicini di casa "scomodi". Questa segregazione ha creato una doppia situazione sfavorevole.

La prima è il fatto che la separazione ha acuito le già grandi differenze culturali tra rom e non rom. La seconda è il fatto che chi, all'interno dei campi, voleva integrarsi col resto del mondo non poteva più farlo, viste le differenze economiche e l'ostilità che pian piano si è formata, anche grazie a quello che la povertà porta a considerare come necessario per vivere. Infatti, pochi rom hanno la disponibilità economica per potersi permettere una vita al di fuori dei campi e, per di più,  la struttura sociale di famiglia allargata consente difficilmente l'uscita dal campo del singolo individuo, non curante del resto del gruppo.

A peggiorare ulteriormente la situazione ci ha pensato il pacchetto sicurezza del 2008 e le successive ordinanze sull""emergenza nomadi", in cui sono stati predisposti specifici provvedimenti di "sicurezza e prevenzione" per gli appartenenti alla categoria "nomade". Questi provvedimenti, oltretutto incostituzionali in relazione all art.3 della costituzione, hanno avuto l'ulteriore difetto di creare questa categoria, il "rom pericoloso", alimentandone una segregazione culturale. Non vale la pena di segnalare al lettore attento che, sempre dalla stessa data, per molte campagne elettorali, è stata cavalcata l'idea del "problema rom", come uno dei principali problemi politici italiani.

In questo clima, lo spazio dei campi rom diventa, di conseguenza, il luogo dove si focalizza l'odio e il risentimento, sempre riconoscibile visivamente per le sopracitate differenze economiche e culturali e quindi sempre facile da colpire. Il campo rom è il simbolo della "distanza". In questo senso, il secondo fatto di cronaca è paradigmatico. Ci presenta, infatti, come categoria un soggetto "straniero scomodo" che non conosciamo e che non possiamo non conoscere più della categoria che ci viene presentata, perchè, effettivamente, non conoscibile a causa di questa "distanza". 

Chi scrive ritiene che l'odio di categoria sia sempre conseguenza di questa distanza metaforica e dello spazio secondo il quale si esplica. Ad esempio, nella Germania nazista solo una piccola minoranza poteva conoscere effettivamente e in modo personale un ebreo, visti i rapporti numerici tra "ebrei e tedeschi". Quello che si odia in questi casi è solo l'idea, la categoria che ci viene proposta. Vale la pena sottolineare che anche in quel caso la "distanza" si è esplicata attraverso "gli spazi artificiali". Anche in quel caso vi era un "campo rom" (i ghetti ebrei) da cui non si poteva uscire e verso cui, molto tristemente, si esplicava l'odio.

Oltretutto questa "distanza" è non, anche quando ne abbiamo la possibilità. Come nel terzo caso di cronaca mostrato, nessuno ha l'interesse di colmare questa distanza. Nessuno, in pratica, vuole vedere più dell'"idea di rom" che si ottiene dai casi di cronaca analizzati inzialmente.

Tenuto conto di queste considerazioni, la mia conclusione è la seguente. Il sistema spesso crea delle minoranze inserite in (non) spazi artificiali, non riuscendo mai a diminuirne la distanza. Questi spazi sono "artificiali", perché sono creati dalla maggioranza e sono sempre da essi mantenuti, spesso rendendoli incomunicabili, diversi, individuabili. L'incomunicabilità alimenta (e crea) un odio di etichetta, che va oltre la conoscenza personale: di conseguenza  si brucia il "campo" alla ricerca di "due zingari". 
 
Per queste ragioni posso concludere che questo odio sia artificiale come gli "spazi" e le "distanze" su sui si basa. Ritengo che non sia mai realmente scelto, ma è solo il risultato di una serie di scelte altrui e di situazioni, di politiche e di leggi escludenti: un odio non scelto dove sia la maggioranza che la minoranza sono in realtà delle vittime.
 
 
 
 
BIBLIOGRAFIA
 
Jura Gentium (Rivista di filosofia del Diritto e politica globale), Vol. VIII, numero monografico: La "minoranza insicura", Anni 2010-11.