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Pubbl. Sab, 5 Ott 2019

Applicabilità retroattiva dello studio di settore sull´accertamento tributario

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Andrea Bazzichi


Alla luce della più recente pronuncia della Corte di Cassazione, riflessioni sulla legittimità dell´applicazione retroattiva dello studio di settore all´avviso di accertamento


Sommario: 1. Cenni generali: la retroattività degli studi di settore; 2. Il riparto probatorio in conseguenza dell’applicazione dello studio di settore; 3. Risvolti processuali.

1. Cenni generali: la retroattività degli studi di settore

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19172/2019 V sezione, ha avuto modo di pronunciarsi su una questione sempre attuale: la legittimità o meno dell’applicazione retroattiva degli studi di settore. La vicenda vede il contribuente impugnare un avviso di accertamento dove la pretesa fiscale trovava origine su un un maggior reddito presunto e derivato dall’applicazione dello studio di settore vigente all’epoca dell’emanazione dell’atto impositivo. In primo grado la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso sulla base di un profilo di merito, attesa l’idoneità della ragione giustificativa dell’ausilio della Cassa Integrazione ai fini della riduzione del reddito presunto. In appello la Commissione Tributaria Regionale riformava integralmente la sentenza sopra menzionata, confermando quindi l’avviso di accertamento impugnato. Nel giudizio di legittimità, tra le altre censure avanzate, il contribuente riproponeva quella, già avanzata nel giudizio di appello, relativa all’applicazione retroattiva dello studio di settore più recente. Peraltro da detta applicazione ne derivava uno scostamento assolutamente marginale tra i redditi presunti e quelli dichiarati. La Suprema Corte nell’accogliere tale motivo di motivo di doglianza, cassava la decisione di secondo grado e pronunciava sentenza di rinvio alla Commissione Tributaria Regionale perché deliberasse sulla menzionata discrepanza. Nella sentenza in commento viene ribadito il seguente principio di diritto “ La procedura di accertamento tributario standardizzato mediante l’applicazione dei parametri e degli studi di settore costituisce un sistema unitario, frutto di un processo di progressivo affinamento degli strumenti di rilevazione, che giustifica, la prevalenza, ed in ogni caso la conseguente l’applicazione retroattiva dello strumento più recente rispetto a quello precedente, in quanto più affinato e, pertanto, più affidabile”.1 Com’è noto, secondo il principio Tempus Regit Actum dettato nell’ambito del diritto amministrativo, ma valevole anche riguardo alla fase amministrativa dell’accertamento tributario, un provvedimento amministrativo deve applicare la legge vigente al momento della sua emanazione. Possono porsi, nell’applicazione pratica, le due differenti differenti ipotesi in cui rispettivamente l’avviso di accertamento tenga conto dello studio più recente all’epoca della sua emanazione, anche se riferito ad un anno di imposta in cui era vigente uno studio di settore più datato. Ma successivamente intervenga un meccanismo di accertamento standardizzato innovativo. Oppure che l’avviso di accertamento rimanga indifferente alle modifiche del citato strumento di accertamento del reddito, ed applichi lo studio di settore all’epoca vigente con riferimento all’anno di imposta in contestazione. Il tema della retroattività dello studio di settore presuppone il superamento della questione se la norma che lo contiene appartenga al novero delle norme sostanziali o procedimentali.2 Posto che attraverso lo studio di settore non vengono disciplinati i profili del presupposto impositivo, del soggetto passivo del tributo, della base imponibile e dell’aliquota, deve escludersi che trattasi norme sostanziali. Necessariamente si deve ritenere che tali disposizioni siano da classificare come norme procedimentali e, quindi di immediata applicazione. L’aspetto, indubbiamente, più interessante è che codesto principio valga anche quando l’avviso di accertamento sia stato emanato sulla base dello strumento al momento vigente, e più recente, ma poi superato da uno più evoluto. E’ di tutta evidenza come il principio Tempus Regit Actum debba essere necessariamente adattato rispetto all’impostazione tradizionale. Non è contestabile che gli studi di settore in quanto soggetti a periodiche modifiche sia in ordine ai meccanismi correttivi, agli ambiti di territorialità, alla composizione delle classi omogenee dei contribuenti, rendano superato il precedente strumento. L’unica eccezione ai principi sin qui esposti, la si trova allorquando lo strumento più recente faccia riferimento a situazioni particolari, relativa ad annualità particolari, al punto che se ne deve escludere l’impiego relativamente ad annualità precedenti. In tal senso, un esempio è dato dai c.d correttivi anti crisi che se predisposti per un anno di imposta non possono valere per un anno antecedente, a prescindere del momento di emanazione del provvedimento impositivo.

2. Il riparto probatorio in conseguenza dell’applicazione dello studio di settore

Secondo quella che è la ricostruzione assolutamente consolidata nel panorama giurisprudenziale lo studio di settore è uno strumento di determinazione di reddito, le cui risultanze assumono il valore della presunzione semplice e che possono essere superate dal contribuente senza limitazioni di prova. Il momento del contraddittorio endo procedimentale, di conseguenza, è elemento assolutamente imprescindibile ai fini della legittimità dell’atto impositivo. In questo modo si delinea la ripartizione dell’onere probatorio tra l’amministrazione finanziaria ed il contribuente3. L’amministrazione dovrà dimostrare l’appartenenza del contribuente ad una determinata classe omogenea di riferimento e la legittimità, pertanto dello studio di settore adottato. Al contrario, il contribuente anche sulla base di presunzioni semplici, dovrà dimostrare la non applicabilità dello strumento citato, e/o comunque che lo scostamento tra i valori dichiarati e quelli presunti è inferiore a quello calcolato, o in ogni caso del tutto marginale. Il mero scostamento tra quanto dichiarato e quanto presunto non giustifica l’emissione in automatico dell’avviso di accertamento, a meno che il contribuente non abbia risposto all’invito al contraddittorio, oppure che in tale sede nulla abbia dedotto o provato al riguardo. Nella seconda ipotesi l’atto impositivo potrà limitarsi a richiamare tout court la legittimità dell’applicazione dello studio di settore. Al contrario nella prima ipotesi, dovrà dar conto a livello di motivazione di quelle che sono state le ragioni contrarie, e del perché queste non sono state accolte in tutto o in parte. E’ del tutto coerente per la tenuta del sistema che, in assenza di partecipazione al contraddittorio, la motivazione dell’avviso di accertamento possa limitarsi ad enunciare l’applicazione dello studio di settore. Del resto, atteso che in virtù del principio di vicinanza alla prova, il contribuente è il soggetto che meglio conosce la propria situazione economica, se questi nulla deduce a tal proposito, il valore di partenza non può che essere rappresentato dal reddito presunto. Ciò non toglie che in sede contenziosa, il giudice non sia vincolato alle risultanze della fase amministrativa, a prescindere dalla mancata partecipazione al contraddittorio. Nel quadro così illustrato, l’affermazione del principio dell’applicazione retroattiva dello studio di settore più evoluto, sul successivo piano processuale assume una portata decisiva.4.

Infatti, può causare effetti favorevoli e/o sfavorevoli per il contribuente, anche se tale eventualità non è ancora stata scrutinata completamente a livello giurisprudenziale, tenuto conto anche del necessario raccordo con la precedente fase amministrativa di determinazione del reddito.

3. Risvolti processuali

Come illustrato in precedenza, il contribuente che decide di non aderire all’invito al contraddittorio, può sempre far valere le proprie ragioni in sede di contenzioso, siano esse relative all’applicazione dello studio di settore preso come modello dall’atto impositivo, o alla contestazione del quantum di reddito accertato. Posto che secondo l’indirizzo giurisprudenziale assolutamente costante, lo studio di settore più evoluto sostituisce in automatico quello precedente, il contribuente, anche nei gradi successivi al primo ne potrà sempre invocare l’uso, in quanto si configura uno jus superveniens. Ciò anche nell’ipotesi che lo studio di settore sia successivo rispetto a quello applicato e vigente al momento dell’emissione dell’avviso di accertamento. Sempre avuto riguardo all’eventualità che l’applicazione retroattiva sia favorevole al contribuente, va segnalato un arresto giurisprudenziale, secondo cui nel caso di invito al contraddittorio che abbia avuto sviluppo, l’adesione del cittadino all’applicazione di un determinato studio di settore, impedisce al medesimo di invocare la retroattività di quello successivo5. Un tale indirizzo suscita molte perplessità. Se è vero che il contribuente può sempre difendersi in sede giudiziale, non restando vincolato a quanto emerso in sede di contraddittorio endoprocedimentale, non si comprende come possa restare fuori la questione centrale dell’applicazione di un determinato studio di settore o di un altro. Inoltre, se l’introduzione di uno strumento di accertamento automatico del reddito viene configurato come uno jus superveniens, e se siamo nell’ambito delle norme procedimentali, queste devono trovare immediata applicazione. Diversamente opinando, saremmo in presenza di una contraddizione manifesta. Nei fatti, verrebbe maggiormente tutelato il soggetto che non aderisce all’invito al contraddittorio rispetto al soggetto che oltre ad aderirvi vi partecipa attivamente. Inoltre, se l’assunto in questione fosse accolto, ne deriverebbe un forte deterrente allo sviluppo del contraddittorio, che a ragione, in presenza di meccanismi automatici di determinazione del reddito, viene visto come un momento un centrale. Peraltro, il divieto di introdurre motivi nuovi di doglianza è sempre esclusiva della fase giurisdizionale, e non della fase amministrativa dell’accertamento. In tale sede, l’unica preclusione prevista è quella di cui all’art 32 Dpr 600/1973 che prevede l’inutilizzabilità in giudizio dei documenti in precedenza non esibiti anche se richiesti. L’applicazione retroattiva dello studio di settore più aggiornato, può essere anche più sfavorevole per il contribuente, ed essere quindi invocata dalla stessa amministrazione finanziaria. In quanto trattasi, come si è dato conto, di una norma procedimentale questa è di immediata applicazione, per cui non dovrebbero porsi problemi di retroattività. Indubbiamente, qualche problema di raccordo lo si ravvisa laddove l’introduzione del nuovo studio di settore avvenga successivamente all’emanazione del provvedimento impositivo. Infatti, potrebbe verificarsi che il contraddittorio endo procedimentale si sia svolto oppure che l’avviso di accertamento sia stato redatto e motivato sulla base di uno studio non più attuale. D’altronde, la circostanza che l’introduzione di un nuovo modello costituisca una norma procedimentale, preclude alla radice ogni differenziazione tra l’ipotesi in cui detta applicazione del modello più recente sia più o meno favorevole al contribuente o all’amministrazione finanziaria.

Note e riferimenti bibliografici

1Le Sezioni Unite della Cassazione attraverso la sentenza 26635/2009 hanno posto i principi in ordine all’applicazione retroattiva degli studi di settore, inaugurando un indirizzo assolutamente consolidato e non smentito dalle successive sentenze.

2Per la distinzione tra norme procedimentali e norme sostanziali si rinvia alla definizione indicata in www.treccani.it. Alla voce norma n° 2.

3Sempre le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza 26635/2009 indicano come si sviluppa la ripartizione dell’onere probatorio tra Amministrazione e Contribuente, a seconda che quest’ultimo aderisca o meno all’invito al contraddittorio oppure vi aderisca solo sul piano formale, senza nulla dedurre sul piano del merito.

4Cass 1843/2014 ritiene proprio perché lo studio di settore è uno strumento di accertamento del reddito in continuo aggiornamento, che debba essere applicato quello più evoluto anche se successivo all’emanazione del provvedimento impositivo.

5Secondo Cass. 15604/2016 nel momento in cui il contribuente concorda con l’amministrazione finanziaria sull’applicazione di un determinato studio di settore, in quanto ritenuto il più idoneo alla sua particolare e singola situazione economica, si cristallizza il contraddittorio. Non potrà, quindi, essere invocato in un secondo tempo, l’applicazione dello studio di settore successivo e più evoluto.