Pubbl. Mer, 24 Lug 2019
L´eterointegrazione del bando di gara e profili di connessione con la disciplina civilistica
Modifica paginaAzione amministrativa e capacità negoziale della pubblica amministrazione: inquadramento sistematico e giurisprudenziale della doppia veste di soggetto di diritto pubblico e di diritto privato della P. A. .
Sommario: 1. Breve inquadramento della capacità negoziale della P.A.; 2. La procedura ad evidenza pubblica; 3. L’eterointegrazione legale: disciplina civilistica.
1. Breve inquadramento della capacità negoziale della P.A. .
La pubblica amministrazione ha una doppia personalità: una di diritto pubblico ed una di diritto privato. Sicchè, essa può impiegare strumenti di diritto pubblico, quando agisce in veste di autorità; ma può anche agire come soggetto di diritto privato e quindi stipulare contratti.
I contratti della pubblica amministrazione sono atti di diritto privato che appunto soggiacciono alle norme del codice civile con conseguente devoluzione al giudice ordinario delle controversie relative alla fase esecutiva del contratto, essendo, questa fase, caratterizzata dalla presenza di diritti soggettivi e non di interessi legittimi (i quali, invece, dialogano necessariamente con il potere amministrativo).[1]
La p. a., pertanto, può concludere sia contratti attivi sia contratti passivi: i primi (i quali comportano entrate per l’amministrazione, es. vendita di un immobile della p.a.) sono assoggettati alla normativa sulla contabilità dello Stato - r.d. 18 novembre 1923, n. 2440.
Tale collocazione si giustifica in virtù della esigenza di una più corretta ed efficiente gestione del danaro pubblico.
I secondi (i quali comportano un’uscita per l’amministrazione, es. contratti di lavori, servizi e forniture), invece, sono disciplinati dal codice dei contratti pubblici - d.lgs. n. 50 del 2016. Tale disciplina, frutto del recepimento delle tre direttive europee in materia (2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE), si basa sulle regole della evidenza pubblica e pone l’accento sull’esigenza di aprire il mercato degli appalti pubblici alla concorrenza a livello europeo in attuazione del principio della libera circolazione intracomunitaria delle merci e dei servizi. Sicchè, la procedura in questione è governata dalla pubblicità dei bandi di gara, utile alla promozione della trasparenza della procedura ed alla par condicio delle imprese partecipanti alla gara.[2]
2. La procedura ad evidenza pubblica.
La procedura ad evidenza pubblica è caratterizzata da un insieme di fasi che regolano i rapporti contrattuali passivi tra la pubblica amministrazione ed i soggetti privati.
In termini civilistici, tale procedura può essere considerata una fattispecie a formazione progressiva. Ciò comporta quindi l’obbligo della stazione appaltante di agire secondo buona fede al fine di dare una più concreta attuazione al principio di buon andamento della pubblica amministrazione sancito dalla Costituzione.
La procedura ad evidenza pubblica, che è formalmente indetta mediante un bando pubblico, deve essere necessariamente preceduta dalla determina a contrarre.
L’art. 32, co. 2, del D.lgs. 50/2016 - codice dei contratti pubblici - stabilisce, infatti, che la stazione appaltante manifesta all’esterno la propria volontà di stipulare un contratto adottando una determina a contrarre. Tale documento, secondo la giurisprudenza, nonostante abbia natura di atto endoprocedimentale, può essere impugnato dagli operatori economici nel caso in cui presenti profili di illegittimità in ordine all’adozione di determinate procedure o alla scelta dei criteri di partecipazione.
Ebbene, la stazione appaltante rende nota l’intenzione di aggiudicare un contratto con la pubblicazione del bando di gara. Quest’ultimo è un atto preparatorio che funge da lex specialis, cioè contiene le regole della procedura che la stazione appaltante si vincola a rispettare.
Pur essendo lex specialis, però, il bando non è un atto normativo, ma è un atto amministrativo generale in quanto non è dotato dei caratteri dell’astrattezza e della generalità propri delle fonti del diritto.
In questo senso, il bando ha il contenuto tipico di una dichiarazione di volontà, sotto forma di un’offerta al pubblico ovvero di un invito ad offrire.
Quanto alla forma, salvo motivata deroga contenuta nella delibera a contrarre, i bandi di gara devono essere redatti in conformità dei bandi-tipo predisposti dall’ANAC e l’art. 71 del codice dei contratti pubblici prevede i contenuti minimi da rispettare.
Lo scopo del rispetto di questi modelli è chiaro: uniformare i comportamenti delle stazioni appaltanti in modo da diminuire le incertezze interpretative. Sicchè, la stazione appaltante, quando decide di derogare rispetto al bando-tipo, ha l’obbligo di motivare tale deroga nella delibera a contrarre, a maggior ragione se la deroga comporta un onere più gravoso per i partecipanti. E ciò, ovviamente, nel rispetto del principio di proporzionalità.
Oltre al bando di gara, che fissa le regole della gara, la stazione appaltante predispone altri due documenti che hanno però una funzione solo integrativa del bando: il disciplinare di gara ed il capitolato. Il primo contiene la disciplina del procedimento di gara; il secondo, invece, integra le disposizioni del bando con riferimento agli aspetti tecnici.
Ebbene, tra il bando e gli altri due documenti sussiste un rapporto gerarchico, pertanto in caso di contrasto tra le previsioni contenute nel bando e quelle contenute nel disciplinare e nel capitolato, prevale il bando.
Tuttavia, la regola della prevalenza del bando cede quando la lex specialis presenta delle lacune normative. Il bando di gara, infatti, non può contenere una disciplina lacunosa o addirittura incompatibile con la legge. In tal caso opera il principio di eterointegrazione legale in virtù del quale le prescrizioni di legge entrano a far parte automaticamente della lex specialis. Ciò accade quando la legge richiede dei requisiti a pena di esclusione dalla gara, per cui se il bando non prevede tali requisiti allora opera l’eterointegrazione legale.
3. L’eterointegrazione legale: disciplina civilistica.
In quest’ottica, quindi, concorrono a formare la disciplina di gara, insieme al bando, anche le norme imperative, attraverso il meccanismo dell’integrazione suppletiva e dell’eterointegrazione cogente di cui al combinato disposto degli artt. 1339 e 1418 del codice civile.
L’integrazione suppletiva, la quale presuppone una lacuna involontaria del contratto, può essere di fonte legale (norme o usi normativi) o di fonte giudiziale (attraverso il giudizio secondo equità del giudice). Il concetto di equità, traslato dal diritto processuale al diritto sostanziale e di preciso in ambito contrattuale, significa giustizia contrattuale. Sicchè il giudice integra il contenuto del contratto con regole coerenti con gli equilibri di quel contratto (cd. equità integrativa).[3]
Diversamente, l’integrazione cogente si configura quando il contratto è completo ma, pur essendo completo, contenutisticamente è disapprovato dall’ordinamento giuridico. Cioè in questo caso il contratto contiene delle clausole che si pongono in contrasto con gli interessi fondamentali dell’ordinamento giuridico, per cui tali clausole devono essere espulse dal contratto. Di fatti, l’integrazione cogente si pone in rapporto di ‘’antipatia’’ con l’autonomia negoziale permettendo un intervento dell’ordinamento attraverso le norme imperative (norme inderogabili).
Ebbene, a seconda che le norme imperative abbiano natura proibitiva o conformativa, il contratto può essere o caducato o integrato. E’ caducato in caso di norma imperativa proibitiva: qui la norma imperativa vietando il contratto, lo caduca. E’ integrato, invece, in caso di norma imperativa conformativa: qui la norma realizza l’integrazione cogente che può essere diretta, attraverso il meccanismo della sostituzione automatica della clausola ex art. 1339 c.c. (la norma si sostituisce automaticamente alla clausola contrattuale) oppure indiretta, cioè quando la clausola deroga ad una norma di legge ed è in contrasto con una norma imperativa. In questo caso, cade la clausola per contrasto con la norma imperativa e si verifica un effetto espansivo della norma cui la clausola aveva derogato.