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Pubbl. Lun, 7 Gen 2019
Sottoposto a PEER REVIEW

Falsità su assegno bancario non trasferibile: illecito civile o penale?

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Francesco Scicutella


Commento alla pronuncia a Sezioni Unite n. 40256 del 10/09/2018 con cui i giudici hanno risolto la vexata quaestio circa la falsità commessa su assegno bancario munito di clausola di non trasferibilità, precisando se tale condotta integri un reato, ovvero un illecito civile.


Sommario: 1. La Massima – 2. La vicenda – 3. Le Questioni – 4. Il quadro normativo: l’assegno bancario e la disciplina del falso in assegno - 5. Le Soluzioni giuridiche – 6. Osservazioni conclusive - Bibliografia

1. La Massima.

La condotta adulterante commessa su un assegno bancario fornito della clausola di non trasferibilità è sussumibile nella fattispecie di cui all'articolo 485 c.p., recentemente depenalizzata dal D.Lgs. 7/2016, e non nella più grave fattispecie di reato prevista dall’articolo 491 c.p., e dà, pertanto, luogo ad un illecito civile.

2. La vicenda.

Un soggetto accedeva all’istituto del patteggiamento, di cui all’articolo 444 c.p.p., concordando con il giudice delle indagini preliminari una pena di mesi tre di reclusione e di euro trecento di multa per il reato di ricettazione e per aver tratto con firma apocrifa un assegno non trasferibile.

Il reo, successivamente, presentava ricorso per cassazione avverso la sentenza concordata, adducendo che il giudice avrebbe errato nel dare accoglimento alle istanze di parte ricorrente, atteso che, alla data di pronuncia del provvedimento, il D.Lgs. 7/2016 aveva abrogato il reato di falsità in scrittura privata di cui all’articolo 485 c.p., e riformato l’articolo 491 c.p.

Sennonché, i giudici di legittimità, rilevata la scabrosità della questione prospettata e la sua autorevolezza ai fini della risoluzione della vicenda, interpellavano il Primo Presidente affinché richiedesse lumi alle Sezioni Unite, a causa di plurime divergenze di vedute in sede di legittimità.

In particolare, con ordinanza interlocutoria n. 20456/2018, la Sezione Semplice eccepiva la presenza di un contrasto in tema di depenalizzazione della falsità in assegno bancario munito di clausola di “non trasferibilità”.

Dirimente risulta la sussumibilità della condotta falsificante nella fattispecie criminosa, ovvero in quella depenalizzata, in quanto da ciò potrebbe derivare la decadenza dell’accordo.

Secondo gli ultimi approdi giurisprudenziali, infatti, la depenalizzazione del reato posto a base dell’accordo travolgerebbe l’intero provvedimento e provocherebbe l’annullamento della sentenza (cfr. Cass., sent. 40259/2017).

Da ultimo, il Primo Presidente, dando seguito alle richieste avanzate dalla Sezione rimettente, assegnava con decreto la questione al vaglio delle Sezioni Unite.

3. Le questioni.

La disputa rimessa alla Suprema Corte è unica e attiene essenzialmente alla classificazione della falsità commessa su un assegno bancario non trasferibile come fatto illecito punibile ex articolo 485 c.p., ormai abrogato dal D.Lgs. 7/2016 e declassato a mero illecito civile, ovvero come reato punito ai sensi dell’articolo 491 c.p., emendato interamente dal medesimo provvedimento legislativo e, da ultimo, rubricato “falsità in testamento olografo, cambiale, o titolo di credito”.

Ad ogni modo, le Sezioni Unite, compiendo uno step ulteriore rispetto alle doglianze di parte ricorrente, hanno verificato se la condotta illecita, in precedenza perseguita ai sensi dell’articolo 485 c.p., sia ricompresa nell’articolo 491 c.p., nuova formula, e continui ad integrare, dunque, una fattispecie criminosa repressa dall’ordinamento penale.

Infatti, l’articolo 491 c.p. ante-riforma costituiva una circostanza aggravante del più generico reato di cui all’articolo 485 c.p., rubricato “falsità in scrittura privata”. Oggi, invece, la riforma operata dal D.Lgs. 7/2016 ha affrancato il 491 c.p. rendendolo una fattispecie di reato autosufficiente, e come tale direttamente perseguibile.

Essa, tuttavia, nel punire nel comma 1 la falsificazione dei titoli di credito fa unicamente riferimento ad un titolo di credito trasferibile per girata, qualità che non è dato riscontrare nel caso di specie, in cui oggetto della condotta è la contraffazione di un assegno intrasferibile, ossia pagabile unicamente al beneficiario cui è intestato.

4. Il quadro normativo: l’assegno bancario e la disciplina del falso in assegno.

Prima di procedere con l’analisi delle soluzioni prospettate dalle Sezioni Unite, preme soffermarsi brevemente ad analizzare il titolo di credito dell’assegno bancario, o check.

Quest'ultimo, secondo la definizione classica, rappresenta un mezzo di pagamento e consiste nell’ordine dato dal cliente alla banca trattaria di pagare incondizionatamente una certa somma di denaro ad una certa persona, al portatore (per importi inferiori a 1.000 euro) o all’immediato prenditore[1].

Quest’ultima ipotesi identifica la figura dell’assegno non trasferibile[2], il quale è obbligatorio per importi superiori a 1.000,00 euro[3], in ossequio agli obblighi antiriciclaggio stabiliti dal D.Lgs. 231/2007 e dall’articolo 12 D.L. 201/2011, mentre l’apposizione della clausola può essere concessa su richiesta del traente per importi inferiori.

Qualora l’assegno rechi il nome del beneficiario può essere trasferito per girata, nelle stesse modalità previste per la cambiale. Nel caso in cui, invece, rechi sulla facciata l’espressione “non trasferibile”, non può essere girato, né trasmesso nelle modalità previste per la cessione ordinaria del credito, disciplinata dall’articolo 1260 c.c. Le girate indicate sul tergo dell’assegno, in spregio all’articolo 43 R.D. 1736/1933, infatti, si hanno per non apposte.

Dal divieto di trasferibilità imposto dalla legge per quegli assegni che rechino apposita dicitura, si deduce che il pagamento dell’assegno può essere effettuato al solo immediato prenditore. Infatti, il trattario (rectius l’istituto bancario) è obbligato ad identificare il beneficiario del titolo e qualora paghi l’importo di un assegno non trasferibile ad un soggetto diverso dal prenditore risponde del pagamento[4].

Resta fermo, ad ogni modo, ai fini dell’esonero dalla responsabilità, l’uso della diligenza professionale della banca nel riconoscimento del prenditore, di cui all’articolo 1176 co. 2 c.c., non essendo richiesta la predisposizione di adeguate attrezzature meccaniche (Cass., sent. 6524/2000). L’istituto bancario, dunque, non risponde per il solo erroneo pagamento del check[5] (Cfr. Cass., SS.UU., sent. 12477/2018; Cass., 14172/2007).

Una piccola deroga al tetragono dettato normativo è ammessa solo in riferimento alla girata “per l’incasso” al banchiere, il quale dunque agisce come rappresentante del girante nella riscossione del pagamento.

A livello penale, l’adulterazione di un assegno bancario era in precedenza punita ai sensi dell’articolo 485 c.p., rubricato “falsità in scrittura privata”, salva l’applicazione della fattispecie aggravata, prevista dall’articolo 491 c.p. in riferimento ai titoli trasferibili per girata o al portatore e che parificava quoad poenam dette scritture agli atti pubblici.

Ratio dell’aggravamento di pena in caso di falso su detti titoli era rinvenibile nella ragguardevole esigenza di garantire la valida circolazione delle ricchezze. In particolare, come chiarito anche dalla giurisprudenza di legittimità, oggetto della tutela penale era dato dall’affidamento dei terzi sugli elementi patenti dai titoli, i quali mediante la propria irregolare circolazione avrebbero potuto ledere i diritti di soggetti diversi dagli originari negoziatori[6].

Con la Legge Delega 67/2014, il Legislatore ha incaricato il Governo di operare una massiva abrogazione di reati, seguita da una contestuale previsione di sanzioni civili ad essi collegate.

Vittima dell’abolitio criminis del discendente D.Lgs. 7/2016[7] è stato, in particolare, il reato di cui all’articolo 485 c.p., il quale ha portato all’adeguamento ed all’attuale manumissio dell’articolo 491 c.p., rubricato “falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito”.

Resta impregiudicata come in passato, dunque, la repressione di condotte falsificanti testamenti olografi, cambiali o titoli di credito trasferibili per girata o al portatore.

Ciò che è mutato rispetto all’assetto precedente è, invece, la previsione al primo comma di un reato a dolo specifico, che punisce la condotta falsificante commessa “al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recar danno ad altri”.

Ulteriore fattispecie criminosa è, invece, prevista dal comma 2, il quale punisce l’uso del documento da parte di chi non ha commesso la falsità.

5. Le soluzioni giuridiche.

L’iter argomentativo dei giudici nomofilattici principia dalla ricognizione di una duplicità di orientamenti in tema di falso in scrittura privata, originatisi alla luce della depenalizzazione intervenuta a seguito del riformatore D.Lgs. 7/2016.

In particolare, secondo la perdurante interpretazione data dai giudici della Quinta Sezione di legittimità, la condotta adulterante un assegno bancario non trasferibile non sarebbe più penalmente sanzionabile, attesa l’abrogazione dell’articolo 485 c.p. e la punibilità ex 491 c.p. dell’unica condotta assunta in riferimento a titoli di credito trasmissibili per girata (cfr. ex pluribus Cass., sent. 32972/2017; Cass., sent. 11999/2017; Cass., sent. 3422/2016).

Nella specie detto orientamento prende le mosse dalla storica pronuncia “Guarracino” delle Sezioni Unite 4/1971, la quale ha sancito che la falsità in assegno bancario non trasferibile non integra la fattispecie di reato prevista dall’articolo 491 c.p. ma quella di cui all’articolo 485 c.p.

L’articolo 491 c.p., infatti, prevedrebbe una tutela rinforzata per quei titoli di credito trasmissibili per girata o per quelli al portatore, mediante la parificazione degli stessi, ai fini dell’irrogazione della pena, agli atti pubblici.

Ciò in quanto precipua ratio dell’articolo 491 c.p. sarebbe quella di contenere l’endemico maggior pericolo di falsificazione posseduto da detti titoli di credito, rispetto ai titoli nominativi.

Detta maggior minaccia, costituendo elemento essenziale ai fini della sussunzione della fattispecie concreta nell’articolo 491 c.p., deve essere materialmente apprezzabile e a tal proposito gioca ruolo determinante l’apposizione della clausola di non trasferibilità, la quale, immobilizzando il titolo nelle mani del prenditore, ostacola la circolazione del titolo.

Ne deriva che la sanzione prevista dall’articolo 491 c.p. non si applica alla falsificazione di titoli non trasferibili, in quanto sproporzionata rispetto al bene tutelato dalla norma, ossia la fede pubblica.

Secondo, invece, il contrapposto e più recente orientamento giurisprudenziale, cui presta peraltro affidamento l’ordinanza di rimessione, il falso su assegno non trasferibile sarebbe ancora penalmente rilevante, rientrando nell’alveo applicativo del reato di falsità in testamento olografo, cambiale o titoli di credito, di cui all’articolo 491 c.p. (Cass., sent. 13086/2018).

A favore di tale interpretazione, esposta ampiamente dalla Sezione rimettente nell’ordinanza interlocutoria n. 20456/2018 e da essa preferita, giocherebbe l’assenza di qualsivoglia distinzione tra le tipologie di girate considerate penalmente illecite nel dettato del citato articolo 491 c.p., consentendo anche la reprimibilità, mediante interpretazione estensiva, di forme anomale di circolazione del titolo.

Ancorché, infatti, l’assegno non trasferibile non possa circolare, i giudici rimettenti evidenziano come nella prassi si rinvengano delle pratiche atte a consentire il sia pur limitato trasferimento di tale titolo.

In particolare, possono essere poste in essere delle girate irregolari. In detto caso, tuttavia, la responsabilità della banca trattaria per il pagamento della somma all’illegittimo giratario viene meno laddove il girante non lo abbia reclamato, con ciò non procurandogli alcun pregiudizio patrimoniale.

Possono altresì essere realizzate delle girate “in bianco”, spacciabili per promesse di pagamento, ex articolo 1988 c.c. Ciò vale, in ogni caso, allorquando il giratario provi la concreta traditio del bene, da cui deriva la conseguente trasmissione dei diritti discendenti dal titolo.

Ancora, la circolazione dell’assegno intrasferibile potrebbe avvenire semplicemente abradendo la relativa clausola posta sul recto.

Da ultimo, la girata, nel senso tecnico del termine, includerebbe anche quella impropria effettuata per l’incasso al banchiere, ancorché abbia meramente natura di mandato a riscuotere e non produca alcun trasferimento della titolarità del titolo di credito. Sarebbe ipoteticamente possibile, infatti, che anche in tale occasione il titolo conservi una funzione dissimulatoria nei confronti dell’istituto bancario.

Ad ulteriore conferma dell’asserita correttezza del solco tracciato dai Supremi giudici, vi sarebbe anche la totale assenza, nei lavori preparatori al D.Lgs. 7/2016, della volontà del Legislatore di depenalizzare i falsi in assegni più gravi.

Infatti, mentre tutti gli assegni di importo superiore a 1.000 euro devono essere tratti obbligatoriamente con clausola di non trasferibilità, quelli di importo inferiore possono prescindervi, essendo penalmente sanzionabili ex articolo 491 c.p.

Da ciò, dunque, non è dato comprendere come gli assegni di maggiore importo e, quindi, dotati di maggior disvalore non siano sanzionati penalmente, a differenza di quelli con importi esigui.

Né dirimente si mostra, in tal senso, la sentenza Guarracino, la quale, agli occhi del presente recente orientamento, pare anacronistica, in quanto inconferente rispetto al panorama attuale, segnato dalla depenalizzazione intervenuta nel 2016.

Contrariamente alla preferenza per quest’ultimo orientamento palesata nell’ordinanza di rimessione dalla Sezione semplice, le Sezioni nomofilattiche hanno prediletto il primo indirizzo ermeneutico.

Nell’attuale contesto normativo la clausola di non trasferibilità, pur essendo indispensabile, in ossequio agli obblighi antiriciclaggio, per importi pari o superiori a 1.000 euro lo è anche nella pratica per importi inferiori a detto tetto, stante l’emissione di assegni in forma libera solo dietro espressa richiesta del cliente e previo assolvimento dell’imposta di bollo.

Da questa constatazione è possibile desumere, dunque, che la clausola di non trasferibilità ha perso quel tratto di sicurezza del pagamento che la contraddistingueva, a beneficio della mera limitazione della circolazione dell’assegno.

Ciononostante, il mutamento di funzione della clausola non ha influito sul significato del termine “girata” e sull’espressione “concreta circolazione” sancito dalla sentenza Guarracino.

Essendo prevenuto qualsivoglia pericolo di contraffazione dell’assegno, derivante dalla sua circolazione mediante girata, cessa, dunque, l’esigenza di prevedere una tutela penale rinforzata, ai sensi dell’articolo 491 c.p. anche in relazione all’assegno non trasferibile.

La girata cui fa riferimento l’articolo 491 c.p. deve produrre, infatti, una circolazione concreta del titolo che, ai sensi dell’articolo 2011 c.c., trasferisce tutti i diritti inerenti al titolo.

Detto effettivo trasferimento della titolarità dell’assegno non avviene, invece, nella girata al banchiere per l’incasso, la quale ha semplicemente valenza di mandato all’incasso e trasferisce una legittimazione nell’interesse altrui.

Essa costituisce, infatti, una mera eccezione all’ordinario divieto di circolazione del bene e risponde alla ratio di svincolare il beneficiario dall’onere di riscossione diretta, non arrecando danno, dunque, alla fede pubblica.

La libera e corretta circolazione del titolo di credito è un elemento essenziale del reato. Sicché, non è minacciata la lesione della fede pubblica posta a presidio del Titolo VII del codice penale qualora oggetto della condotta falsificante sia un titolo di credito munito di clausola di non trasferibilità, non idoneo ad entrare nella sfera patrimoniale di altri prenditori.

Pertanto, in applicazione del principio di legalità, non è possibile estendere al falso in assegno non trasferibile l’applicazione dell’articolo 491 c.p. Con la conseguenza che detta falsificazione, pur sempre rilevante e reprimibile dall’ordinamento, rientra nella fattispecie di cui all’articolo 485 c.p., ormai abrogato e trasformato in illecito civile.

In conclusione, alla luce della compiuta analisi ermeneutica svolta, i Supremi giudici hanno statuito che nel caso di specie la condotta falsificante è punibile ai sensi dell’articolo 485 c.p., depenalizzato e trasformato in illecito civile, e non ex articolo 491 c.p.

Impregiudicata resta, invece, la sanzionabilità degli assegni circolabili mediante girata e tratti con firma apocrifa, ai sensi dell’articolo 491 c.p.

In conclusione, in continuità con l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, secondo cui l’abolitio criminis di uno dei reati posti a base del patteggiamento non comporta la rescissione integrale dell’accordo, ma la sua dimidiata sopravvivenza, i Supremi giudici hanno cassato senza rinvio la sentenza ex articolo 444 c.p.p., rideterminando in misura inferiore la pena residua.

6. Osservazioni conclusive.

Come, altresì, rilevato dai Supremi giudici l’approccio ermeneutico preferito potrebbe esporsi, prima facie, a censure di illegittimità costituzionale.

In effetti, la tutela penalistica sarebbe applicabile solo per assegni non soggetti al vincolo della non trasferibilità, posto dal D.Lgs. 231/2007, ossia per condotte di minor disvalore; mentre le condotte maggiormente dannose costituirebbero meramente un illecito civile, con evidente rovesciamento del principio di offensività.

Tuttavia, da un’attenta analisi della parte motiva della sentenza, l’indirizzo interpretativo preferito conserva una sua dignità giuridica. Pertanto, da escludere è la disparità di trattamento in base all’importo dell’assegno, il quale darebbe vita ad eventuali vagli di legittimità da parte della Corte Costituzionale.

Resta, in ogni caso, l’illiceità della condotta falsificante, che il legislatore della depenalizzazione ha voluto perseguire mediante l’irrogazione di sanzioni pecuniarie, riconducibili alla categoria dei punitive damages statunitensi, irrogabili dal giudice civile e che si aggiungono a quelle riparatorie del danno causato.

Secondo, infatti, la relazione illustrativa alla Legge delega 67/2014, ispiratrice del D.Lgs. 7/2016, le sanzioni pecuniarie civili hanno natura squisitamente privatistica, hanno funzione general-preventiva dell’arricchimento ingiustificato e si pongono accanto al risarcimento del danno patrimoniale causato[8].

Qualora non previste, infatti, il soggetto sarebbe solo soggetto all’eliminazione dell’illiceità penale, potendo in ogni caso giovarsi del vantaggio patrimoniale ottenuto.

La pena pecuniaria civile, in sostanza, si sostituisce a quella di matrice penale, pur conservando la caratteristica della personalità della sanzione, quale l’intrasmissibilità agli eredi e l’inconvertibilità in una misura incidente sulla libertà personale del reo, in caso di inadempimento.

In sostanza, è da salutare con estremo favore l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, stante la dimidiata capacità dell’assegno intrasferibile di arrecare danno concreto alla fede pubblica, rispetto a quelli di importi inferiori, i quali si espongono a più frequenti e probabili condotte falsificanti, potendo essere girati ad un numero indeterminato di soggetti.

 

Note e riferimenti bibliografici

G. F. Campobasso, “Diritto commerciale”, vol. 3, 2011, p. 308;
A. Carrato, “Responsabilità della banca per il pagamento di assegno ‘non trasferibile’ a soggetto non legittimato: le Sezioni Unite risolvono il contrasto”, in Corriere giuridico, 7, 2018;
F. Chiomenti, “Il titolo di credito”, Giuffrè, 1977, p. 195;
S. Daminelli, “Responsabilità contrattuale per l’assegno non trasferibile pagato a persona diversa”, in www.diritto24.ilsole24ore.com;
A. Gargani, “La depenalizzazione bipolare: la trasformazione di reati in illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie amministrative e civili”, in Diritto penale e processo, 5, 2016, p. 577;
M. Grande, “Permane la rilevanza penale del falso in assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità”, in Cassazione penale, 9, 2018, p. 2890;
R. Martini, “L’avvento delle sanzioni pecuniarie civili il diritto penale tra evoluzione e mutazione”, in La legislazione penale, ISSN 2421-552X, 28/09/2016;
A. Trabucchi, “Istituzioni di diritto civile”, Cedam, 2017; C. Valia, “Le limitazioni all’uso del denaro contante”, in Notariato, 6, 2012, p. 672.

[1] G. F. Campobasso, “Diritto commerciale”, vol. 3, 2011, p. 308.
[2] Stante la rigida esclusione della circolazione del titolo prevista dal Legislatore, la dottrina classica ha talvolta anche messo in dubbio la sua natura di titolo di credito (cfr. F. Chiomenti, “Il titolo di credito”, Giuffrè, 1977, p. 195). Di avviso contrario è, per contro, la giurisprudenza e la dottrina moderna secondo cui la clausola di non trasferibilità importa una limitazione della circolazione ma non inficia il contenuto e le caratteristiche del titolo.
[3] Detto importo è soltanto il porto d’arrivo di numerosi altri interventi normativi che si sono avvicendati nel corso degli anni. In particolare, tutto è nato dall’esigenza di contrastare l’utilizzo di denaro “sporco”, mediante il varo del D.L. 143/1991, il quale ha reso obbligatoria l’apposizione della clausola “non trasferibile” agli assegni con importi eccedenti 12.500 euro, soglia stabilita peraltro con D.M. 17 ottobre 2002. Con D.Lgs. 231/2007, tuttavia, si è proceduto ad assicurare maggiore tracciabilità della circolazione del denaro con l’abbassamento dei valori a 5.000 euro e con il riferimento al frazionamento dell’importo, ai fini della violazione del tetto massimo.
Dopo vari avvicendamenti e ripensamenti normativi che hanno portato dapprima al nuovo innalzamento della soglia non soggetta a non trasferibilità a 12.500 euro e, successivamente, ad un’ennesima riduzione dello stesso al precedente importo, il D.L.  138/2011 ha fissato come tetto il minore importo di 2.500 euro, al precipuo fine "di adeguamento alle disposizioni adottate in ambito comunitario in tema di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo". Da ultimo, il limite è stato ulteriormente abbassato agli attuali 1.000 euro con D.L. 201/2011 (A. Trabucchi, “Istituzioni di diritto civile”, Cedam, 2017; C. Valia, “Le limitazioni all’uso del denaro contante”, in Notariato, 6, 2012, p. 672).
[4] Ad avviso della giurisprudenza, tuttavia, il dettato dell’articolo 43 R.D. 1736/1933 va ridimensionato, riconoscendo anche l’incasso da parte di chi è fornito di procura.
[5] Per una compiuta analisi della responsabilità di natura contrattuale della banca, discendente dalla teoria del contatto sociale, ricorrente “ogni qualvolta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere un certo comportamento, idoneo a tutelare l’affidamento riposto da altri soggetti sul corretto espletamento da parte sua di preesistenti, specifici doveri di protezione che egli abbia volontariamente assunto”, si rinvia a A. Carrato, “Responsabilità della banca per il pagamento di assegno ‘non trasferibile’ a soggetto non legittimato: le Sezioni Unite risolvono il contrasto”, in Corriere giuridico, 7, 2018; nonché a S. Daminelli, “Responsabilità contrattuale per l’assegno non trasferibile pagato a persona diversa”, in www.diritto24.ilsole24ore.com.
[6] Cfr. M. Grande, “Permane la rilevanza penale del falso in assegno bancario, anche se dotato di clausola di non trasferibilità”, in Cassazione penale, 9, 2018, p. 2890.
[7] Sulle ragioni che hanno portato alla massiva depenalizzazione, vedasi A. Gargani, “La depenalizzazione bipolare: la trasformazione di reati in illeciti sottoposti a sanzioni pecuniarie amministrative e civili”, in Diritto penale e processo, 5, 2016, p. 577, il quale tenta di limitare la “cieca depenalizzazione”, qualificandola come “riesame dell’opportunità di continuare ad utilizzare la sanzione penale in considerazione dell'attuale offensività e rilevanza sociale dei singoli comportamenti vietati”.
[8] Sulla natura extra-penale dell’illecito e sulla rilevanza anche pubblicistica della sanzione, anche in considerazione della devoluzione dell’importo alla Cassa delle Ammende, si rimanda all’estesa analisi di R. Martini, “L’avvento delle sanzioni pecuniarie civili il diritto penale tra evoluzione e mutazione”, in La legislazione penale, ISSN 2421-552X, 28/09/2016.