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Pubbl. Mer, 14 Nov 2018

La riforma della legittima difesa

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Nicola Galati


La legittima difesa domiciliare tra tentativi di riforma e populismo penale.


Vi è un istituto del diritto penale che spesso conquista l’attenzione del dibattito pubblico: la legittima difesa.

Il nostro Codice penale la disciplina all’art. 52, secondo cui:

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.

Nei casi previsti dall'articolo 614, primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere:

a) la propria o la altrui incolumità:

b) i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione.

La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga esercitata un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale.”

Trattasi di una scriminante, una causa di giustificazione al cui verificarsi l’ordinamento non considera come reato un fatto che altrimenti lo sarebbe.

Ciò in quanto il fatto scriminato non è tipico. Le scriminanti, infatti, costituiscono gli elementi oggettivi negativi della fattispecie criminosa: perché si configuri un reato devono ricorrere tutti gli elementi positivi e mancare quelli negativi[1].  

Manca l’offesa perché il bene giuridico non è più tutelato.

Perché si possa configurare la scriminante della legittima difesa è necessario siano rispettati alcuni requisiti.

Innanzitutto deve esservi la necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta L’offesa deve essere inevitabile (ad esempio non può esserci possibilità di commodus discessus).

Infine vi deve essere proporzione tra difesa ed offesa.

Requisiti che vanno valutati in concreto.

I suddetti limiti servono ad evitare degli abusi. Il ricorso alla violenza privata è infatti un’eccezione rispetto al monopolio statale della forza, cardine dello Stato moderno. Il fondamento stesso del contratto sociale è la rinunzia alla violenza privata da parte dei consociati che affidano allo Stato il compito di garantire la sicurezza. Nei casi in cui l’Autorità è impossibilitata a garantire la difesa dei beni minacciati, il privato può difendersi legittimamente purché la difesa sia necessaria, inevitabile e proporzionata.

Lo stesso fondamento teorico dell’istituto è spesso oggetto di discussione. La norma, infatti, nella sua formulazione attuale, limitatamente al primo comma, risale all’epoca fascista e risente della visione statalista del regime che limitava la difesa privata. Vi è chi, in nome di un approccio libertario ed individualista, invoca una disciplina meno vincolante, sull’esempio dell’ordinamento statunitense. Corrente a cui si può obiettare come la suddetta teoria del contratto sociale sia alla base del costituzionalismo liberale.

Proprio l’intento di allargare le maglie della difesa legittima ha portato il legislatore a modificare l’oroginaria disciplina dell’art. 52 C.P. con l’introduzione dei commi 2 e 3, ad opera della legge n. 59 del 2006.

La riforma ha introdotto la cosiddetta “legittima difesa domiciliare”.

In base alla novella, nei casi di violazione di domicilio, si considera sussistente la proporzione tra offesa e difesa se un soggetto legittimamente presente usa un’arma (legittimamente detenuta) per difendere l’incolumità propria o altrui o i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

L’intento del legislatore dell’epoca era quello, in risposta alla forte richiesta di parte dell’elettorato, scosso da alcuni casi di cronaca, di rendere più facile il ricorso alla legittima difesa privata.

A tal fine sono state introdotte la presunzione di proporzione di cui al secondo comma e l’equiparazione tra incolumità e beni.

La successiva interpretazione data alla norma dalla giurisprudenza di legittimità ha però depotenziato l’effetto innovativo della riforma.

È stato ribadito infatti come, nonostante la proporzione sia ritenuta sussistente per legge, vada comunque sempre verificato il ricorrere degli altri requisiti dell’attualità dell’offesa e della inevitabilità dell’uso delle armi.

Inoltre, con riferimento all’offesa diretta ai beni patrimoniali, è stato precisato come in tali casi la presunzione operi solo in presenza di un contestuale pericolo per l’incolumità della persona.

Nel corso degli ultimi anni, sulla scia di alcuni casi di cronaca, si è spesso proposto di riformare nuovamente la disciplina della legittima difesa con l’intento di estendere le maglie della norma, tutelando maggiormente il soggetto costretto a difendersi.

Nella scorsa legislatura la Camera aveva approvato a tal fine la proposta di legge n. 3785 che però non è stata mai approvata definitivamente.

La novella prevedeva un nuovo secondo comma dell’art. 52 C.P. secondo cui “si considera legittima difesa, nei casi di cui all’articolo 614, primo e secondo comma, la reazione a un’aggressione commessa in tempo di notte ovvero la reazione a seguito dell’introduzione nei luoghi ivi indicati con violenza alle persone o alle cose ovvero con minaccia o con inganno”.

Si modificava anche l’art. 59 C.P., riguardante le legittima difesa putativa, con l’aggiunta del seguente comma: “Nei casi di cui all’articolo 52, secondo e terzo comma, la colpa dell’agente è sempre esclusa quando l’errore è conseguenza del grave turbamento psichico causato dalla persona contro la quale è diretta la reazione posta in essere in situazioni comportanti un pericolo attuale per la vita, per l’integrità fisica o per la libertà personale o sessuale”.

Infine, si ponevano a carico dello Stato l’onorario e le spese spettanti al difensore della persona dichiarata non punibile per aver commesso il fatto per legittima difesa o per stato di necessità.

Anche nell’attuale legislatura sono state presentate diverse proposte di legge in tema di legittima difesa, sempre con la finalità dichiarata di rendere più semplice il ricorso ad essa.

Proprio pochi giorni fa il Senato della Repubblica ha approvato il testo unificato dei ddl n. 5 e connessi sulla riforma della legittima difesa, come già riferito da questa Rivista.

In base alla riforma, al secondo comma dell’art. 52 C.P., dopo la parola “sussiste” è aggiunta la parola “sempre”.

Viene poi aggiunto un quarto comma all’art. 52, secondo cui “Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.

Anche l’art. 55 C.P., riguardante l’eccesso colposo, viene modificato con l’aggiunta di un nuovo comma secondo cui: “Nei casi di cui ai commi secondo, terzo e quarto dell’articolo 52, la punibilità è esclusa se chi ha commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità ha agito nelle condizioni di cui all’articolo 61, primo comma, n. 5, ovvero in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto”.

La concessione della sospensione condizionale della pena, nel caso di condanna per furto in abitazione e furto con strappo (art. 624 bis C.P.), viene subordinata al risarcimento del danno alla persona offesa.

Sono, inoltre, aumentate le pene per i reati di violazione di domicilio (art. 614 C.P.), furto in abitazione e furto con strappo (art. 624 bis C.P.) e rapina (art. 628 C.P.).

Viene modificato anche l’art. 2044 C.C. con l’aggiunta dei seguenti commi:

Nei casi di cui all’articolo 52, commi secondo, terzo e quarto, del codice penale, la responsabilità di chi ha compiuto il fatto è esclusa.

Nel caso di cui all’articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato”.

La riforma estende la disciplina del gratuito patrocinio anche alle persone nei cui confronti è stato emesso provvedimento di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento nel caso di legittima difesa.

Infine si modifica anche l’art. 132 bis delle norme di attuazione, coordinamento e transitorie del codice di procedura penale al fine di assicurare la priorità, nella formazione dei ruoli di udienza, ai processi relativi ai delitti di omicidio colposo e di lesioni personali colpose verificatisi in presenza delle circostanze di cui agli articoli 52, secondo, terzo e quarto comma, e 55, secondo comma, del codice penale.

Quanto all’inserimento del termine “sempre” nel secondo comma dell’art. 52 C.P. possono darsi due interpretazioni della novella.

L’intento del legislatore, infatti, sembra quello di ribadire come l’autodifesa sia sempre legittima nei casi di difesa domiciliare, rafforzando quindi la presunzione di proporzione prevista dalla novella del 2006.

Da una prima analisi della lettera della norma, però, i primi commentatori sottolineano l’inutilità e la ridondanza della precisazione.

La presunzione di cui al secondo comma, infatti, opera soltanto qualora sussistano gli altri requisiti richiesti dalla norma, che non vengono intaccati dall’ultima riforma. È ovvio che in questi casi la presunzione operi sempre.[2]

Maggiormente incisivo appare invece il quarto comma aggiunto all’art. 52 C.P. in forza del quale, nelle ipotesi di legittima difesa domiciliare, “agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l'intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone”.

Il legislatore ha introdotto una presunzione di legittima difesa, in quanto non è presunta per legge solo la proporzione tra offesa e difesa ma son presunti tutti i requisiti dell’istituto.

La norma appare ad una prima lettura avere degli effetti potenzialmente illogici e pericolosi, ritenendo legittima l’atto compiuto nei confronti di chi si intrufola in una privata dimora, anche senza che vi sia proporzione tra offesa e difesa, senza che sia inevitabile la difesa e soprattutto senza che sia stata posta in essere alcuna minaccia all’incolumità del soggetto.

Il che espone la norma a dubbi di costituzionalità sia con riferimento al rispetto del principio di ragionevolezza (trattando in maniera similare situazione tra loro differenti) sia perché non tiene conto del bilanciamento tra beni in conflitto.

Il diritto alla vita, anche quella di un criminale, è bene supremo che riceve massima tutela dall’ordinamento costituzionale e convenzionale[3].

Sarà importante chiarire l’interpretazione da dare al richiamo ai casi di cui al secondo e terzo comma (la difesa “domiciliare”): andrà inteso come richiamo a tutti i requisiti previsti in quei commi o è un generico richiamo alla situazione di intrusione in privata dimora?

Altra innovazione contraddittoria riguarda la disciplina dell’eccesso colposo (art. 55 C.P.). A seguito della riforma sarebbe esclusa la responsabilità per l’eccesso colposo verificatosi in situazioni di minorata difesa dell’aggredito, ovvero in stato di grave turbamento dello stesso.

È facile prevedere le difficoltà applicative di una norma che fa riferimento ad un criterio soggettivo, labile ed incerto quale lo stato di grave turbamento.

Appare inoltre irrazionale ed inopportuna la previsione di una sorta di presunzione legale di assenza di colpa che porterebbe alla conseguenza di escludere la responsabilità penale in casi nei quali il soggetto ha effettivamente agito per colpa, sulla base del richiamo ai c.d. "diritti della paura" estranei alla nostra tradizione giuridica.

Peraltro i medesimi risultati perseguiti dal legislatore sono stati raggiunti dalla giurisprudenza di legittimità[4] de iure condito, come osservato da attenta dottrina[5], tramite la valutazione circa il carattere colposo della condotta dell’agente.

Altro passaggio criticabile della riforma è l’innalzamento delle pene per alcuni reati. Si tratta di un rimedio al quale il legislatore fa ricorso con cadenza regolare ma che non ha mai dimostrato di avere concreti effetti general-preventivi.

Come visto, la riforma introduce novità anche nel Codice civile, in particolare all’art. 2044 C.C. in forza del quale “non è responsabile chi cagiona il danno per legittima difesa di sé o di altri”. Alla suddetta disposizione vengono aggiunti due commi. 

In base al nuovo secondo comma, nei casi di legittima difesa “domiciliare”, è esclusa la responsabilità di chi ha compiuto il fatto. Norma apparentemente superflua in quanto specifica e ribadisce quanto già derivabile dal primo comma dell’art. 2044 C.C., introdotta più come norma manifesto tesa a ribadire, nell’intento del legislatore, che chi si difende legittimamente non deve subire alcuna conseguenza pregiudizievole, neppure di carattere civilistico (sulla base del principio generale di non contraddittorietà dell’ordinamento, per cui un fatto ritenuto lecito deve sempre essere tale). 

L’ultimo comma (in base al quale “nel caso di cui all’articolo 55, secondo comma, del codice penale, al danneggiato è dovuta una indennità la cui misura è rimessa all’equo apprezzamento del giudice, tenuto altresì conto della gravità, delle modalità realizzative e del contributo causale della condotta posta in essere dal danneggiato”) recepisce un principio consolidato per cui, in caso di concorso del fatto colposo del danneggiato, il risarcimento del danno è diminuito[6].

Innovativa risulta la novella per cui saranno a carico dello Stato l’onorario e le spese della difesa per le persone nei cui confronti è stato emesso provvedimento di archiviazione o sentenza di non luogo a procedere o di proscioglimento nel caso di legittima difesa, senza tener conto di alcun limite di reddito.

Principio lodevole, in quanto il soggetto si è dovuto difendere perché lo Stato, che ha l’obbligo di difenderlo, è stato inadempiente ed è quindi opportuno che sia lo Stato a farsi carico delle spese sostenute.

Ci si chiede, però, secondo questo principio, perché non dovrebbe ricevere eguale trattamento il soggetto che viene assolto ed ha dovuto sostenere ingenti spese per un errore dello Stato.

In attesa che la riforma superi l’esame della Camera dei Deputati, un primo giudizio non può che essere fortemente critico.

Sono discutibili sia gli effetti che gli intenti dell’intervento legislativo.

La novella rende ancor più incerta e confusa l’interpretazione della norma, contrariamente alla dichiarata finalità di rendere la norma più chiara.

Stando alle dichiarazioni degli esponenti delle forze politiche che hanno appoggiato la riforma, l’intento perseguito sarebbe quello di rendere la difesa sempre legittima e di impedire che chi si difende debba sopportare l’aggravio di un procedimento penale nei suoi confronti. Finalità che però risultano non raggiunte né raggiungibili.

Lo slogan “la difesa è sempre legittima” non può aver alcun fondamento giuridico nel nostro ordinamento. Perché la difesa sia legittima è necessario che si rispettino determinati criteri, anche in seguito alla più recente riforma, altrimenti non si tratterebbe più di difesa ma di offesa.

Preoccupa pertanto che alcuni esponenti del Governo e della maggioranza parlamentare continuino a ripetere tale slogan, generando nei cittadini l’errata convinzione che ormai possano difendersi liberamente nel proprio domicilio al di là di ogni limite.

Ancora più assurda è la pretesa (enunciata anche nella relazione che accompagna il testo) che, nei casi di legittima difesa, non si proceda ad alcun accertamento giudiziario. La legittimità della difesa può essere accertata soltanto dopo un’indagine o un processo che chiariscano la dinamica dei fatti del caso concreto. Esiste già la possibilità (seppur remota) che il P.M. non iscriva il soggetto nel registro delle notizie di reato o che richieda l’archiviazione o che sia il G.u.p. a pronunciare sentenza di non luogo a procedere nei casi più eclatanti e non controversi.

Risulta infondata anche la supposta urgenza alla base dell’intervento, non essendovi alcun allarme sociale. I dati del Ministero dell’Interno (link) dimostrano come sia in costante calo il numero dei reati di furto, omicidio e rapina. Non solo, i dati trasmessi dal Ministero della Giustizia alla 2° Commissione del Senato, riguardanti i procedimenti concernenti la legittima difesa, dimostrano come ogni anno questi raggiungano poche unità (link).

Trattasi quindi di una falsa emergenza, indotta dai mass media e cavalcata a fini elettorali, creata strumentalizzando pochi casi di cronaca. Un caso emblematico di populismo penale[7].

Non solo non vi è alcuna emergenza sicurezza ma la normativa attuale garantisce già la possibilità del privato di difendersi legittimamente se minacciato e, come visto, tutela anche i casi di errore scusabile.

L’unico risultato della riforma, qualora dovesse essere approvata senza modifiche anche dalla Camera dei Deputati, sarebbe quello di estendere la possibilità di ricorrere alla violenza privata anche al di là dei classici limiti di ragionevolezza.

La difesa del proprio domicilio e dei propri beni diverrebbe prioritaria anche rispetto alla vita dell’offensore, trasformandosi in una sorta di pena di morte privata, come se quest’ultimo, in quanto reo, meritasse la punizione seppur spropositata[8]

Una visione che contrasta, oltre che con i principi fondamentali dell’ordinamento, con il comune senso di umanità.

 

[1] F. Mantovani, Diritto penale, VII edizione, Cedam, p. 240.
[2] Gian Luigi Gatta, “Sulla legittima difesa “domiciliare”: una sentenza emblematica della Cassazione (caso Briolo) e una riforma affrettata all’esame del Parlamento”, in Diritto penale contemporaneo, 22 ottobre 2018.
[3] Art. 2, co. 2, CEDU: “La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: (a) per garantire la difesa di ogni persona contro la violenza illegale […]”. La difesa è pertanto legittima solo se finalizzata alla difesa della persona.
[4] Cass. Sez. IV, 20 giugno 2018, n. 29515, Pres. Fumu, Rel. Ferranti, ric. Ursu in Diritto penale contemporaneo.
[5] Gian Luigi Gatta, ibidem
[6] Idem
[7] “(...) Qualunque strategia in tema di sicurezza diretta a ottenere demagogicamente il consenso popolare rispondendo alla paura generata dalla criminalità di strada, con uso congiunturale del diritto penale tanto duramente repressivo e antigarantista quanto inefficace rispetto alle dichiarate finalità di prevenzione” in Populismo penale: una prospettiva italiana, Cedam, 2015, Stefano Anastasia, Manuel Anselmi, Daniela Falcinelli.
[8] D. Pulitanò, Legittima difesa: fra retorica e problemi reali, in Diritto Penale Contemporaneo, 4/2017.