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Pubbl. Ven, 2 Nov 2018

L´agente della riscossione soggiace al regime di spesa secondo la soccombenza

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Salvatore Davì


I riferimenti alla natura della controversia e al suo valore modesto non giustificano la compensazione delle spese di lite - Corte di Cassazione, sezione VI tributaria, ordinanza 12 ottobre 2018 n. 25594


Con la pronuncia di appello la Commissione Tributaria della Regione Sicilia rigettava il gravame proposto, limitatamente alla disposta compensazione delle spese di lite, confermando per il resto la sentenza di primo grado, resa dalla CTP di Messina, che accoglieva integralmente il ricorso del contribuente avverso un avviso di mora per TARSU del 1992.

Avverso la pronuncia della CTR il contribuente proponeva ricorso per cassazione, affidandosi ad un solo motivo, denunciando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 15 del d. lgs. n. 546/1992 e 92 c.p.c. nella parte in cui la decisione impugnata  confermava la disposta compensazione delle spese del giudizio di primo grado in virtù della ritenuta sussistenza di «validi motivi», senza che dal contesto della motivazione potessero essere desunti o riconosciuti.

Il motivo, secondo la Cassazione risultava essere manifestamente fondato. Ed infatti, la sentenza di primo grado oggetto d'impugnazione da parte del contribuente, unicamente per quanto concerneva il capo sulle spese, veniva resa nella vigenza dell'art. 92 c.p.c., nella formulazione di cui all'art. 2, comma 1, lett. a) della 1. 28 dicembre 2005, n. 263, al quale rinviava l'art. 15 del d. lgs. n. 546/1992, per cui il potere discrezionale di disporre la compensazione parziale o totale delle spese di lite veniva subordinato o alla sussistenza della soccombenza reciproca o alla concorrenza «di altri giusti motivi esplicitati nella motivazione».

La Suprema Corte, tuttavia,  ricorda che già nel vigore della precedente formulazione  dell'art. 92 c.p.c. le Sezioni Unite (cfr. Cass. 30 luglio 2008, n. 20598), componendo un contrasto di giurisprudenza, avevano chiarito che il provvedimento di compensazione parziale o totale delle spese per giusti motivi doveva trovare un adeguato supporto motivazionale, in modo che le ragioni giustificatrici di detto provvedimento risultassero «chiaramente e inequivocamente desumibili dal complesso della motivazione adottata a sostegno della statuizione di merito o di rito». 

Nel caso di specie  la CTR ha ritenuto, rigettando l'appello del contribuente, che la pronuncia di primo grado, sebbene si fosse limitata a ritenere la sussistenza di «validi motivi» idonei a giustificare la disposta compensazione delle spese di lite, meritasse comunque di essere al riguardo confermata, affermando che «data la natura ed il valore della controversia» non vi fosse «la necessità di una esplicitazione delle ragioni giustificatici in quanto logicamente desumibili [...] dal complesso delle motivazioni coerenti col processo decisionale seguito».

La Cassazione, tuttavia ritiene che, da un lato, risulta assolutamente inidoneo a consentire il controllo sulla congruità delle ragioni idonee a giustificare la compensazione delle spese di lite il riferimento alla natura della stessa così come quello al valore modesto della controversia, atteso che proprio nel caso in cui l'importo delle spese di lite risulti tale da vanificare il pregiudizio economico che la parte ha inteso evitare, l'immotivata compensazione delle spese finisce col pregiudicare il concreto esercizio del diritto di difesa garantito dall'art. 24 Cost. 

Appare, quindi, manifestamente illogico l'assunto che le ragioni giustificatrici della  compensazione delle spese di lite di primo grado possano essere «logicamente desumibili dal complesso delle motivazioni coerenti col processo decisionale seguito».

Il Supremo Giudice in proposito osserva che la disciplina della condanna alle spese di cui all'art. 15 del d. lgs. n. 546/1992 riposa, come la norma generale di cui all'art. 91 c.p.c., sul principio della soccombenza, che costituisce espressione del principio di causalità, onde chi abbia dato causa alla necessità dell'introduzione del giudizio col proprio comportamento rivelatosi contra ius è tenuto alla rifusione delle spese anticipate da controparte.

Nella fattispecie in esame, l'agente della riscossione era tenuto alla notifica, per mezzo della cartella impugnata, del ruolo al contribuente, che ha visto riconoscere nel merito la fondatezza del proprio assunto in forza del quale aveva impugnato l'avviso di mora proprio per omessa notifica della prodromica cartella di pagamento.

L'illogicità manifesta della motivazione, emersa con ogni evidenza al riguardo, ne ha determinato un'anomalia talmente grave da tradursi, come chiarito da Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053, in vizio di violazione di legge costituzionalmente rilevante, tale da imporre, anche in relazione a tale profilo, la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa alla Commissione tributaria regionale della Sicilia  in diversa composizione, per provvedere, inoltre, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.