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Pubbl. Ven, 9 Nov 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

Dichiarare false generalità al controllore sull´autobus è falsa attestazione a pubblico ufficiale

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Andrea Bazzichi


La linea di demarcazione tra falsa attestazione e falsa dichiarazione.


Sommario: 1) La problematica distinzione tra pubblico ufficiale e incaricato di pubblico servizio 2) Il decisum della sentenza 25649/2018 Corte di Cassazione 3) Il discrimine tra l'art 495 e 496 c.p. 4) Riflessioni conclusive.

1) La problematica distinzione tra pubblico ufficiale ed incaricato di pubblico servizio

Il codice penale prevede agli articoli 357, 358 e 359 una tripartizione tra pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio e persona esercente un servizio di pubblica necessità. L'ordine non è causale, poiché in una sequenza logica la figura dell'incaricato di pubblico servizio è residuale rispetto a quella del pubblico ufficiale, ed entrambe sono afferenti all'esercizio di una pubblica funzione. Al contrario, l'esercente un servizio di pubblica necessità esplica tutta una serie di attività che non attengono ad una pubblica funzione. Come ulteriore ipotesi residuale si deve considerare colui il quale, pur agendo nell'ambito di una pubblica funzione, compie, ai sensi dell'art 358, 2° comma c.p., semplici mansioni d'ordine od operazioni di carattere meramente materiale1.

Pertanto in via preliminare, l'interprete deve verificare se una determinata attività possa essere ritenuta una pubblica funzione, e successivamente, in caso di risposta affermativa verificare se l'agente possa essere qualificato come pubblico ufficiale. In quest'ultima ipotesi, ove la soluzione sia negativa il soggetto sarà qualificato come incaricato di servizio, stante la natura residuale della fattispecie indicata all'art 358 c.p.

Definire compiutamente la figura del pubblico ufficiale, in particolare per la dottrina, è da sempre stato problematico2. In primo luogo perché è arduo definire il presupposto di partenza, ovvero la pubblica funzione, quali sono i confini della medesima. In definitiva, sul punto il rischio è quello dell'approdo ad una nozione di carattere meramente circolare: è pubblico ufficiale colui il quale svolge una pubblica funzione. Preso atto di tutto ciò, in via alternativa si è ritenuto preferibile elaborare una serie di criteri, che fungessero da indici sintomatici per stabilire i confini della figura del pubblico ufficiale3.

Tratto comune delle varie ricostruzioni, sul quale vi è un pensiero condiviso è che la qualifica di pubblico ufficiale debba necessariamente essere attribuita a colui il quale ha il potere di formare o concorrere a formare la volontà dell'ente pubblico o rappresentarlo all'esterno. In particolare, è importante l'inciso che è sufficiente concorrere a formare la volontà dell'ente. In pratica, in questo modo si evita quella che potrebbe essere una definizione troppo restrittiva, anche alla luce della natura sempre più dinamica e complessa della p.a. Così facendo, non si escludono tutti quei soggetti che agiscono nel perimetro degli atti preparatori, o comunque prodromici e sopratutto preordinati alla futura emanazione del provvedimento amministrativo o alla manifestazione di volontà della pa verso l'esterno.

La novella legislativa intervenuta con la legge 86/1990 (Modifiche in tema di delitti dei pubblici ufficiali) ha sul piano normativo sposato al concezione oggettiva, già in precedenza ritenuta preferibile rispetto alla concezione soggettiva4. Non rileva, dunque tanto l'aspetto formale dell'esistenza di un contratto di pubblico impiego, quanto l'esercizio in concreto di una pubblica funzione. Tanto è vero che anche il privato potrebbe essere ritenuto pubblico ufficiale nel momento in cui svolge una pubblica funzione. Se il compimento di una pubblica funzione sia essa giudiziaria, legislativa non ha mai creato problemi a livello interpretativo, non altrettanto può dirsi per quella amministrativa. Infatti, se l'uso di poteri coercitivi è per sua natura legato alla natura pubblica della funzione, più problematico è l'inquadramento dei poteri certificativi che rappresentano una categoria assolutamente generale.

2) Il decisum della sentenza 25649/2018 Corte di Cassazione

Tale pronuncia che si allinea al filone giurisprudenziale maggioritario, risulta di interesse per alcune argomentazioni in ordine al discrimine tra l'ambito di applicazione dell'art 495 e 496 c.p.

A livello fattuale un soggetto, allorchè privo di regolare titolo di viaggio declinava false generalità al controllore, soggetto deputato dall'azienda di trasporto urbano ad accertare e verbalizzare le eventuali violazioni compiute dai viaggiatori sugli autobus della compagnia. Tra i motivi di doglianza formulati dalla difesa dell'imputato, in particolare quello centrale era costituito dai confini tra l'art 495 c.p. ( Falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale) e l'art. 496 c.p (Falsa dichiarazione).

La censura in oggetto ha molta rilevanza pratica, dacchè nel caso il reato fosse stato derubricato nella minor grave fattispecie dell'art 496 c.p, la difesa avrebbe potuto invocare l'applicazione dell'art 131 bis c.p. con l'esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto. Sul piano logico, quindi, nel decidere il caso concreto vi era da stabilire se il controllore fosse da qualificarsi come pubblico ufficiale od incaricato di pubblico servizio, e se il verbale da questo redatto fosse o sia da ritenersi atto pubblico.

Nel quadro generale, un ulteriore elemento che non facilita l'opera dell'interprete è dato dalla novella legislativa data dalla Legge 125/2008 che ha espunto dall'art 495 c.p il riferimento espresso all'atto pubblico. In questo modo è andata un po' sbiadendo, riprendendo un'opinione giurisprudenziale, la distinzione tra le due fattispecie. In casi analoghi, secondo un indirizzo minoritario, al controllore dei titoli di viaggio va attribuita la qualifica di incaricato di pubblico servizio con conseguente applicazione del residuale e meno grave reato di cui all'art 496 c.p5.

Ad onor del vero le pronunce che hanno applicato l'ipotesi di reato meno grave avevano ad oggetto come capo di imputazione l'art 496 c.p, e quindi non si trattava di delineare i confini con la fattispecie più grave dell'art 495 c.p. Atteso che non è in contestazione, rispettivamente la rilevanza pubblica del trasporto urbano, nonché che il controllore non possa esercitare poteri coercitivi, il nodo interpretativo verteva circa l'accertamento dell'esercizio dei poteri certificativi, come indicati nell'art 357, 2° comma c.p.

Secondo l'arresto giurisprudenziale in commento si ravvisa l'esplicazione di poteri certificativi in capo all'agente accertatore poiché da un lato non può sostenersi che lo stesso compia azioni di carattere meramente materiale e dall'altro che il verbale di contestazione che questi va a redigere deve ritenersi un atto pubblico. Infatti, l'agente accertatore deve compiere una serie di valutazioni, un'attività di documentazione che rientra nel concetto di poteri certificativi che sfociano, successivamente in un atto cui l'ordinamento assegna efficacia probatoria. In base alla legge regionale dell'Emilia-Romagna 30/1998 e n. 21/1984 che si combinano con la norma statale della Legge 689/1981, all'agente accertatore vengono attribuiti poteri autoritativi e certificativi6.

La normativa regionale, sulla base del raccordo con la normativa di carattere statale, tiene ferma la competenza all'esercizio dei poteri coercitivi ai soggetti indicati all'art 13 L 689/1981. Infine, secondo Cass 25649/2018 il reato di false dichiarazioni ad un pubblico ufficiale, anche a seguito della novella legislativa introdotta dalla legge 125/2008, si distingue dal reato di false dichiarazioni sulla propria identità, sulla base dell'elemento della condotta della falsa attestazione.

In altri termini, nell'art 495 c.p il soggetto agente è consapevole che la dichiarazione delle generalità è destinata ad essere trasfusa in un coevo o successivo atto pubblico, e ciò giustifica il più rigoroso trattamento sanzionatorio rispetto alla mera dichiarazione di false generalità. L'altro elemento di interesse che viene indicato nella sentenza in oggetto, è che gli artt. 357 e 358 c.p. operino un rinvio ricettizio a norme extra-penali, come in questo caso è la normativa regionale che disciplina il trasporto pubblico. Si esclude l'ipotesi della cd norma penale in bianco perché i limiti del precetto penale sono già posti, e la norma extra penale funge da specificazione.

3) il discrimine tra l'art 495 c.p. e 496 c.p.

Anteriormente alla modifica di legge del 2008, il rapporto tra le due fattispecie appariva più chiaro, poiché si trattava di valutare se la resa di dichiarazioni mendaci fosse contenuta o destinata a confluire in un atto pubblico. In presenza di un atto pubblico, si ravvisava la sussistenza dell'art 495 c.p., in assenza si applicava l'art 496 c.p.

Le alternative che si ponevano di fronte all'interprete dopo la modifica legislativa erano sostanzialmente due: o in conseguenza dell'espunzione dell'atto pubblico dall'art 495 c.p., si ritenevano a quel punto del tutto simili ed omologhe le due fattispecie, oppure la linea di discrimine doveva essere individuata in un altro criterio.

La prima ipotesi, ovviamente non era assolutamente accoglibile, perché concretizzava una contraddizione sul piano logico: il legislatore compie un intervento normativo che va a modificare la linea di demarcazione tra due reati per poi lasciare in vigore due ipotesi delittuose del tutto analoghe. Il secondo elemento che fa propendere per un pensiero negativo è che di fatto, così opinando, si sarebbe realizzata di fatto un'abrogazione implicita delle due disposizioni. Com'è è noto l'abrogazione implicita non è ammessa nel nostro ordinamento.

Ulteriore argomento lo si può individuare nel fatto che non avrebbe avuto alcun senso un diverso e più rigoroso trattamento sanzionatorio per fatti simili. Preso atto di codeste problematiche, la giurisprudenza pressochè univoca ha individuato il nuovo criterio nell'attestazione che sostituisce, sul piano del disvalore, l'elemento che in precedenza era dato dall'atto pubblico7. In buona sostanza, le due disposizioni hanno in comune l'elemento della falsa dichiarazione.

Nell'art 495 c.p. vi è l'aggiunta dell'elemento della falsa attestazione, poiché la dichiarazione mendace è destinata ad essere trasfusa in un atto pubblico. Ove manchi il collegamento fornito dalla preordinazione dell'attestazione, tra falsa dichiarazione ed atto pubblico, si è in presenza della più mite disposizione dell'art 496 c.p. norma di carattere residuale. Che l'attestazione rientri nel campo dei poteri certificati, indicati dall'art 357 2° comma c.p., non appare dubitabile. Letteralmente, il termine "attestare" significa certificare un fatto o l'esistenza di un fatto per propria diretta conoscenza. Che questa non si limiti soltanto ad una mera rielaborazione di dati, non è altrettanto dubitale, anche perché altrimenti non si scorgerebbe il limite di confine con le operazioni di carattere meramente materiale. Necessariamente entra in gioco un elemento valutativo, allorquando la falsa dichiarazione sia destinata ad essere trasfusa in un atto destinato ad avere effetti giuridici, come può essere un verbale di accertamento di un'infrazione. E né l'elemento della falsa dichiarazione sulla propria identità, in quanto indice di riferibilità dell'atto al soggetto destinatario, può essere scisso dall'elemento valutativo concernente la realizzazione della violazione contestata.

4) Riflessioni conclusive

La linea di demarcazione tra gli artt. 495 e 496 c.p, dopo la Legge 125/2008 viene dato dall'elemento della falsa attestazione. La posizione della giurisprudenza è assolutamente condivisibile, poiché solo in questo modo si recupera e si comprende il maggior disvalore sul piano della condotta, ed il più rigoroso trattamento sanzionatorio comminato alla falsa attestazione.

E' noto come nell'ambito del diritto penale la nozione di atto pubblico sia assai più ampia rispetto a quella fornita dal diritto civile all'art 2699 c.c., poiché vi si ricomprende tutti quegli quegli redatti per uno scopo di diritto pubblico e destinati ad avere rilevanza esterna. Poichè, in genere, l'agere pubblico si connota per essere una sequela di atti preordinati l'uno all'altro, all'emanazione di un atto, è da chiedersi se anche i meri atti interni o preparatori possano rientrare nel concetto preordinazione elaborato dalla giurisprudenza dopo la modifica del 2008.

Il punto, non è stato particolarmente analizzato in sede giurisprudenziale ove l'attenzione si è posta principalmente sulla qualifica del soggetto accertatore. Se l'attività di questi configuri lo svolgimento di poteri certificativi od autoritativi, nonché la linea di distinzione con le operazioni di carattere meramente materiale. Se però un atto è destinato ad avere mera rilevanza interna anche se preparatorio o propedeutico rispetto ad un successivo atto avente rilevanza esterna, il criterio della preordinazione rischia di risultare troppo rigoroso. Gli artt. 495 e 496 c.p. sono reati di pericolo, hanno carattere istantaneo, e sotto il profilo dell'elemento soggettivo richiedono il dolo generico. Se per quanto concerne l'elemento singolo della falsa dichiarazione, è in re ipsa che il soggetto agente sia consapevole della falsità della medesima, non altrettanto può dirsi circa la consapevolezza che questa comporti una falsa attestazione ove riferita ad un atto meramente preparatorio e che abbia rilevanza interna, anche se prodromico ad un atto avente efficacia esterna.

In altri termini, il meccanismo della preordinazione può dar origine ad un processo a ritroso, laddove si vanno a sanzionare come condotte configuranti il reato di cui all'art 495 c.p., soggetti che possono non essere a conoscenza del meccanismo di organizzazione, sempre più complesso della pa.

Note e riferimenti bibliografici

1Si riporta il testo degli articoli 357: “Agli effetti della penale sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.
Art 358: “Agli effetti della legge penale, sono incaricati di pubblico servizio coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un servizio pubblico. Per servizio pubblico deve intendersi un'attività disciplinata nelle stesse , di un pubblica funzione, ma caratterizzata, dalla mancanza dei poteri tipici di quest'ultima, e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di ordine e della prestazione di opera meramente materiale."
2Per una ricostruzione delle varie tesi dottrinali sulla figura del pubblico ufficiale si rinvia a: Luigi Del Pino, Manuale di Diritto Penale-Parte speciale, Collana Studi Superiori, Napoli, edizione 2006, pag 178 e seguenti.
3Antolisei Manuale di Diritto Penale parte speciale, Voll II, Milano, XIV edizione, pag 285 e seguenti.
4Antonio Pagliaro: Principi di Diritto Penale, Parte speciale Vol I, Dei delitti contro la pubblica amministrazione, Milano 2000, pag 8 e seguenti.
5Secondo Cass. Penale 31391/2008: “ Integra il reato di false dichiarazioni sulla identità o sulle qualità proprie od altrui la condotta di colui che declini false generalità al controllore di un'azienda di trasporto urbano, il quale riveste la funzione di incaricato di pubblico servizio essendo pubblica la funzione svolta da tale azienda e non meramente esecutive le funzioni.
6Si veda in tema di disciplina generale del trasporto pubblico regionale e locale, la legge regionale Emilia-Romagna n.30/1998 all'art 40 comma 9. Nonchè la legge regionale Emilia-Romagna 21/1984 agli articoli 8-9-10-13-14-15-16-17 e 19.
7Cass penale 7286/2015: “Integra il reato di cui all'art 495 cp, la condotta di colui che, privo di documenti di identificazione, fornisca ai carabinieri, nel corso di un controllo stradale, false dichiarazioni sulla propria identità, considerato che dette dichiarazioni- in assenza di altri mezzi di identificazione-rivestono carattere di attestazione preordinata a garantire al pubblico ufficiale le proprie qualità personali, e quindi, ove mendaci, ad integrare la falsa attestazione che costituisce l'elemento distintivo del reato di cui all'art 495 cp nel testo modificato dalla L 125 del 2008, rispetto all'ipotesi di cui all'art. 496 c.p.”
Cass penale 5622/2015: “Integra il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale di cui all'art 495 cp, la condotta di chi fornisce false generalità alla polizia ferroviaria all'atto di redazione di un verbale di identificazione, in quanto tali dichiarazioni diventano parte integrante del predetto verbale che costituisce atto pubblico”.
Cass penale 3992/2016: “ I reato di false dichiarazioni ad un pubblico ufficiale si distingue, anche a seguito della riformulazione della norma, da quello di false dichiarazioni sulla propria identità poiché il disvalore è incentrato nel primo caso sulla condotta di “attestazione falsa”, sicché, nonostante l'eliminazione del riferimento all'atto pubblico, essa incrimina il soggetto ch renda false dichiarazioni “attestanti”, ovvero tese a garantire, il proprio stato od altre qualità della propria od altrui persona, destinate quindi, in definitiva, ad essere riprodotte in un atto fidefacente idoneo a documentarle”.