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Pubbl. Gio, 26 Mar 2015

Nuovo "affidamento adottivo", tra prospettive di riforma e dubbi di legittimità costituzionale.

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Maria Gabriella Laratta


Fra i vari temi che il Governo Renzi sta affrontando vi è anche quello dell´adozione e affidamento. Se il disegno di legge dovesse diventare legge si verrebbe a creare un nuovo istituto giuridico: l´affidamento potrebbe essere il preludio dell´adozione vera e propria.


La disciplina dell’adozione e  dell’affidamento è contenuta nella legge 1983 n. 184(1) con la quale è stata data attuazione all’art. 30 della Costituzione, il cui enunciato statuisce: “È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.

In questa sede quello che interessa maggiormente è  il secondo comma della disposizione costituzionale, vale a dire capire quali siano gli strumenti che la legge predispone in caso di incapacità dei genitori a provvedere alle necessità dei propri figli.

Possiamo pensare ad  una tutela che si dispone su tre livelli:

  • In virtù dell'art. 2 l. adoz.: “Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto”.

Quindi, in primis, la legge cerca di non sacrificare, spezzandolo, il legame con la famiglia di origine.
Solo quando, in un secondo momento, “la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’eduzione del minore” (art. 4 l. adoz.), troveranno applicazione i due istituti disciplinati dalla medesima legge.

  • Affidamento temporaneo: è lo strumento destinato ad operare quando la famiglia di origine versi in una situazione di temporanea difficoltà ad assolvere i propri compiti. Esso non ha lo scopo di aprire la via all’adozione del minore, ma di provvedere alla sua educazione e al suo mantenimento per un periodo limitato, nell’attesa di prepararne e favorirne il reinserimento nella famiglia di origine.

Il periodo di affidamento temporaneo non può essere superiore a due anni, ma può essere prorogato dal Tribunale per i minorenni qualora la sospensione dell’affidamento possa arrecare pregiudizio al minore.

  •  Adozione: qualora neppure con l’affidamento si sia riusciti a reinserire il minore nella famiglia di origine viene ad aprirsi la strada dell’adozione. ​

Se dovesse essere approvato anche da parte della Camera il ddl sull’adozione ed affidamento quel che muterebbe sarebbero i rapporti, in termini di presupposti, tra tali ultimi due istituti.
Mentre attualmente infatti, in base alle disciplina in vigore, i soggetti affidatari del minore non possono a loro volta diventare genitori adottivi del minore stesso, se vi fosse l’approvazione definitiva del ddl in questione, anche i soggetti affidatari potrebbero adottare il bambino che avessero accudito per almeno due anni.
L’intento del legislatore -che è quello di non spezzare i rapporti che fino a quel momento si sono naturalmente instaurati e non far pesare al minore quell’altalena di emozioni su cui egli inevitabilmente è costretto a salire- è certamente ammirevole, ma il risultato è parziale ed estremamente deludente, oltre che non rispettoso dei principi fondamentali su cui l’ordinamento italiano poggia.
Il principio che viene violato è quello di uguaglianza disciplinato dall’art. 3 della Costituzione inteso quale ragionevolezza  con cui devono essere trattate le situazioni giuridiche soggettive, e ne spiego anche il motivo.
Innanzitutto perché non tutti i soggetti affidatari - ad oggi possono esserlo persone coniugate preferibilmente già con figli minori e persone singole- potranno adottare il minore, proprio perchè ai single ciò non sarà consentito.
Quindi se il minore avrà avuto la fortuna di essere stato affidato ad una famiglia potrà essere adottato dalla stessa dopo soli due anni, se invece il Tribunale dei minorenni avrà affidato il minore ad un single, ineluttabilmente, questi si troverà costretto a rompere il legame costruito e a salire proprio su quell’altalena delle emozioni che il legislatore voleva e vuole evitare con la nuova disciplina.

Com' è facilmente intuibile, è dalla concezione di “famiglia” che uno Stato intende promuovere che derivano poi le conseguenti e successive scelte legislative. Se in determinate circostanze esso sembra avere la forza di  cambiare  prospettiva, in altre dimostra di non avere il coraggio e la determinazione di portare avanti quelle stesse scelte già prese.
Perché non riconoscere anche ai single la possibilità di adottare il minore di cui si siano già presi cura? Se sono risultati idonei all’affidamento perché non dovrebbero essere altrettanto affidabili per l’adozione?
Si corre il rischio quindi che siano anche gli stessi single a sentirsi discriminati.

La verità è che, quando si tratta di statuire su tematiche così delicate, sarebbe meglio che non si ricorresse alla potestà normativa dell'Esecutivo, lasciando al Parlamento la possibilità di svolgere -nel massimo contemperamento di tutti gli interessi- la propria funzione, così da evitare che simili situazioni possano essere strumentalizzate e fatte oggetto di compromessi politici.



1) Come modificata dalla legge 31 dicembre 1998,  n. 476 e dalla legge 28 marzo 2001, n. 149.