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Pubbl. Dom, 22 Mar 2015

Rubrica di Filosofia del Diritto. Capitolo III: la Costituzione americana è stata imposta?

Gian Marco Lenzi


Riflessioni sulla guerra civile americana e la natura della Costituzione americana e delle Costituzioni in generale.


"Di conseguenza, non abbiamo prove neppure del fatto che una gran parte dei votanti effettivi degli Stati Uniti abbia mai realmente e volontariamente acconsentito alla Costituzione, neanche per il presente" "Lysander Spooner - No Treason"   Come avevo precedentemente avuto modo di sottolineare nell’articolo “la storia come diritto pubblico” del 25 febbraio, osservando una delle riflessioni di Michel Foucault durante il corso del 1976 al Collège de France, siamo abituati ad attribuire come “vera” e “assoluta” la lezione proveniente dalla storia. Spesso, ad esempio, lo si fa dando per scontate alcune delle sue ragioni e avvenimenti, nonostante valga sempre il principio “la storia la scrivono i vincitori”, e che certamente i vincitori la scrivono al loro modo, con le loro ragioni.    Uno degli avvenimenti su cui si è avventata e consolidata questa visione di parte, come si può vedere ancora oggi dai film troppo spesso acritici che la trattano, è la guerra di secessione americana (1861-1865), tra gli stati del nord e la confederazione degli stati del sud.  Ma in che cosa consiste questa "visione di parte”? Semplice, sfido chiunque a non dire, senza rifletterci sopra, che questa guerra di secessione fu combattuta per la liberazione degli schiavi afroamericani, e che a seguito della vittoria della fazione nordista la schiavitù fu abolita. Tutto qui? Tutto così semplice, in una riduzione dello scontro in un epica battaglia bene contro male, tra i cattivissimi suddisti e gli angelici nordisti amanti della libertà?  Non è tutto troppo facile per essere reale o comunque realistica questa visione dei fatti? Ovviamente, poco c’è di più falso di questa romantica visione della storia, non a caso tramandata da chi l’ha vinta (dal “nord”), come si evince dalla nuova e crescente bibliografia su questo punto, di cui si possono segnalare, ad esempio, il libri di Thomas E. Woods.     Ma cosa ci interessa di questa “circostanza storica” per gli argomenti della nostra rubrica?  Semplice, negli accadimenti che riguardano questa guerra è possibile fare, ed è per giunta fondamentale per capire cosa è successo, una riflessione sulla costituzione americana, nonché sul valore e la ratio della costituzione in generale. Quindi, questo fatto storico ci da la possibilità di una analisi costituzionale e filosofica del valore della costituzione e della sua efficacia, e di allontanarsi dalle cause tutte economiche (e si, poco romantiche!) che hanno portato allo scatenarsi di questo conflitto.   Come per gli articoli di questo mese mi affiderò alla sapiente guida di Lysander Spooner per analizzare questi punti e, con più precisione, al suo fondamentale saggio “No Treason”.   Dove sta, appunto, il tradimento non compiuto di cui parla il titolo (“treason”)? Il teorico tradimento, andrebbe ad indicare la condanna e la presunta ragione con cui, gli Stati Uniti d’America (i nordisti), attaccarono e guerreggiarono contro i suddisti ribelli della confederazione, rei di aver tradito la costituzione americana. Il punto principale della questione è allora questo: perché ritenere questi soggetti dei traditori? Semplice, il fatto di aver voluto uscire dall’egida costituzionale statunitense e voler formare uno stato indipendente, in cui poter definire nuove leggi e costituzione. Ma Spooner si chiede: è solo questo che rende degli individui traditori dello Stato? In relazione a cosa e a quale patto essi sono da individuare come tali?   Il punto saliente su cui gira tutta la questione, è capire cosa rende soggetti alla costituzione e svelare la natura di questo “patto”.  Certo è che la costituzione americana è semplicemente un patto a tempo illimitato, dove la volontà di aderire non ha bisogno di effettivi atti, per potersi realizzare.  Quindi, si è soggetti alla costituzione, secondo l'interpretazione nordista, in ogni situazione; essendo fisicamente presenti nel territorio non è possibile non farne parte o sottostarne, come non lo è non accettarne i suoi principi: essa si giustifica col voto dei cittadini o con il pagamento delle tasse, e su questo principio si basa la volontà di aderirvi.   Come appare subito evidente, questa interpretazione fa si che la costituzione americana sia né un patto, né tantomeno sia volontaria. Non è un patto perché non è possibile uscirne, perché non l’ho redatta né sottoscritta come individuo e perché i miei atti con cui affermo la volontà di aderirne non sono effettivamente validi. Infatti, indipendentemente dal fatto che un uomo americano dell’800 votasse o no il suo candidato preferito alle elezioni, egli era soggetto in ogni modo alla costituzione americana; quanto poi il discorso delle tasse, esse non sono, come facile capire, soggette alla volontà dei cittadini.   Voi mi direte che, allo stesso modo dell’interpretazione kantiana in relazione del Pactum Unionis Civilis, la costituzione non è un patto di diritto privato, ma un generico dovere morale dei singoli cittadini. Certamente questa potrebbe essere un'interpretazione valida, certo ben lontana dalla volontarietà di cui si dovrebbe fregiare una democrazia e molto più vicina a un'interpretazione “monarchica” dello Stato; non a caso, in Kant, il “cittadino” è in realtà suddito, e Spooner individua una moralità dello Stato monarchico così definito che potrebbe trovarsi solo nei “peggiori governi dei mondo”.   Il problema però è un altro, e la risposta sta sempre nella storia di cui Spooner ci fa da “testimone”. Il concetto di volontà e assoggettamento era stato la ragione con cui gli Stati Uniti d’America, allora colonia inglese, si erano distaccati dall’allora madrepatria inglese, basandosi sul principio secondo il quale nessun popolo può essere assoggettato ad un altro contro la propria volontà.  Quella volta a quanto pare, al di là di tecnicismi costituzionali, la volontà era stata tenuta molto più in considerazione dagli Stati Uniti. A contrario, la volontà era stata tenuta in considerazione dai primi pellegrini americani nei confronti dei pellerossa nativi: “stranamente”, pur trovandosi sul territorio, non gli fu data nemmeno la possibilità di votare o di pagargli le tasse!   La mia considerazione finale è, più in generale, su come bisogna approcciare la costituzione americana e la costituzioni in generale: forse a mio modo di vedere, non è possibile considerarle in modo prettamente “tecnico-formale”, ma bensì come qualcosa di assolutamente politico e necessariamente, nonché quasi-totalmente, legato al potere.     Immagine di copertina Scene at the Signing of the Constitution of the United States - Howard Chandler Christy
"Di conseguenza, non abbiamo prove neppure del fatto che una gran parte dei votanti effettivi degli Stati Uniti abbia mai realmente e volontariamente acconsentito alla Costituzione, neanche per il presente"
"Lysander Spooner - No Treason"
 
Come avevo precedentemente avuto modo di sottolineare nell’articolo “la storia come diritto pubblico” del 25 febbraio, osservando una delle riflessioni di Michel Foucault durante il corso del 1976 al Collège de France, siamo abituati ad attribuire come “vera” e “assoluta” la lezione proveniente dalla storia. Spesso, ad esempio, lo si fa dando per scontate alcune delle sue ragioni e avvenimenti, nonostante valga sempre il principio “la storia la scrivono i vincitori”, e che certamente i vincitori la scrivono al loro modo, con le loro ragioni. 
 
Uno degli avvenimenti su cui si è avventata e consolidata questa visione di parte, come si può vedere ancora oggi dai film troppo spesso acritici che la trattano, è la guerra di secessione americana (1861-1865), tra gli stati del nord e la confederazione degli stati del sud. 
Ma in che cosa consiste questa "visione di parte”? Semplice, sfido chiunque a non dire, senza rifletterci sopra, che questa guerra di secessione fu combattuta per la liberazione degli schiavi afroamericani, e che a seguito della vittoria della fazione nordista la schiavitù fu abolita. Tutto qui? Tutto così semplice, in una riduzione dello scontro in un epica battaglia bene contro male, tra i cattivissimi suddisti e gli angelici nordisti amanti della libertà?  Non è tutto troppo facile per essere reale o comunque realistica questa visione dei fatti?
Ovviamente, poco c’è di più falso di questa romantica visione della storia, non a caso tramandata da chi l’ha vinta (dal “nord”), come si evince dalla nuova e crescente bibliografia su questo punto, di cui si possono segnalare, ad esempio, il libri di Thomas E. Woods.  
 
Ma cosa ci interessa di questa “circostanza storica” per gli argomenti della nostra rubrica? 
Semplice, negli accadimenti che riguardano questa guerra è possibile fare, ed è per giunta fondamentale per capire cosa è successo, una riflessione sulla costituzione americana, nonché sul valore e la ratio della costituzione in generale. Quindi, questo fatto storico ci da la possibilità di una analisi costituzionale e filosofica del valore della costituzione e della sua efficacia, e di allontanarsi dalle cause tutte economiche (e si, poco romantiche!) che hanno portato allo scatenarsi di questo conflitto.
 
Come per gli articoli di questo mese mi affiderò alla sapiente guida di Lysander Spooner per analizzare questi punti e, con più precisione, al suo fondamentale saggio “No Treason”.
 
Dove sta, appunto, il tradimento non compiuto di cui parla il titolo (“treason”)? Il teorico tradimento, andrebbe ad indicare la condanna e la presunta ragione con cui, gli Stati Uniti d’America (i nordisti), attaccarono e guerreggiarono contro i suddisti ribelli della confederazione, rei di aver tradito la costituzione americana.
Il punto principale della questione è allora questo: perché ritenere questi soggetti dei traditori? Semplice, il fatto di aver voluto uscire dall’egida costituzionale statunitense e voler formare uno stato indipendente, in cui poter definire nuove leggi e costituzione. Ma Spooner si chiede: è solo questo che rende degli individui traditori dello Stato? In relazione a cosa e a quale patto essi sono da individuare come tali?
 
Il punto saliente su cui gira tutta la questione, è capire cosa rende soggetti alla costituzione e svelare la natura di questo “patto”. 
Certo è che la costituzione americana è semplicemente un patto a tempo illimitato, dove la volontà di aderire non ha bisogno di effettivi atti, per potersi realizzare. 
Quindi, si è soggetti alla costituzione, secondo l'interpretazione nordista, in ogni situazione; essendo fisicamente presenti nel territorio non è possibile non farne parte o sottostarne, come non lo è non accettarne i suoi principi: essa si giustifica col voto dei cittadini o con il pagamento delle tasse, e su questo principio si basa la volontà di aderirvi.
 
Come appare subito evidente, questa interpretazione fa si che la costituzione americana sia né un patto, né tantomeno sia volontaria. Non è un patto perché non è possibile uscirne, perché non l’ho redatta né sottoscritta come individuo e perché i miei atti con cui affermo la volontà di aderirne non sono effettivamente validi.
Infatti, indipendentemente dal fatto che un uomo americano dell’800 votasse o no il suo candidato preferito alle elezioni, egli era soggetto in ogni modo alla costituzione americana; quanto poi il discorso delle tasse, esse non sono, come facile capire, soggette alla volontà dei cittadini.
 
Voi mi direte che, allo stesso modo dell’interpretazione kantiana in relazione del Pactum Unionis Civilis, la costituzione non è un patto di diritto privato, ma un generico dovere morale dei singoli cittadini.
Certamente questa potrebbe essere un'interpretazione valida, certo ben lontana dalla volontarietà di cui si dovrebbe fregiare una democrazia e molto più vicina a un'interpretazione “monarchica” dello Stato; non a caso, in Kant, il “cittadino” è in realtà suddito, e Spooner individua una moralità dello Stato monarchico così definito che potrebbe trovarsi solo nei “peggiori governi dei mondo”.
 
Il problema però è un altro, e la risposta sta sempre nella storia di cui Spooner ci fa da “testimone”. Il concetto di volontà e assoggettamento era stato la ragione con cui gli Stati Uniti d’America, allora colonia inglese, si erano distaccati dall’allora madrepatria inglese, basandosi sul principio secondo il quale nessun popolo può essere assoggettato ad un altro contro la propria volontà. 
Quella volta a quanto pare, al di là di tecnicismi costituzionali, la volontà era stata tenuta molto più in considerazione dagli Stati Uniti. A contrario, la volontà era stata tenuta in considerazione dai primi pellegrini americani nei confronti dei pellerossa nativi: “stranamente”, pur trovandosi sul territorio, non gli fu data nemmeno la possibilità di votare o di pagargli le tasse!
 
La mia considerazione finale è, più in generale, su come bisogna approcciare la costituzione americana e la costituzioni in generale: forse a mio modo di vedere, non è possibile considerarle in modo prettamente “tecnico-formale”, ma bensì come qualcosa di assolutamente politico e necessariamente, nonché quasi-totalmente, legato al potere.
 
 
Immagine di copertina
Scene at the Signing of the Constitution of the United States - Howard Chandler Christy