Pubbl. Dom, 26 Ago 2018
Perdita di chance nelle gare d´appalto: rimessa la questione all´Adunanza Plenaria
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Mariangela Miceli
La Quinta sezione del Consiglio di Stato, con una lunga motivazione ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione sul tema del risarcimento del danno per perdita di chance, in caso di illegittimo affidamento diretto di appalto pubblico ad altra impresa concorrente.
Sommario: 1. Premessa; 2. La remissione; 3. Conclusioni.
1. Premessa
La Quinta sezione del Consiglio di Stato, con una lunga motivazione ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione sul tema del risarcimento del danno per perdita di chance, in caso di illegittimo affidamento diretto di appalto pubblico ad altra impresa concorrente.
La rimessione è stata disposta a seguito di un complesso giudizio nel quale si richiedeva non solo l’accertamento dell’illegittimità dell’affidamento diretto ma anche il ristoro per equivalente della chance di aggiudicazione.
2. La remissione
Una volta accertata l'esistenza dei presupposti della domanda risarcitoria, la Quinta sezione ha riscontrato sul punto un contrasto giurisprudenziale, tra chi aderisce alla c.d. teoria della chance ontologica e chi invece opta per aderire alla teoria della chance eziologica.
Per chiarire meglio quanto sopra esposto appare utile evidenziare i due orientamenti:
- il primo orientamento[1] ritiene che in mancanza di indizione di una gara, il risarcimento della chance debba essere subordinato alla prova di un rilevante grado di probabilità di conseguire il bene negato dall’amministrazione per effetto degli atti illegittimi posti in essere.
- il secondo orientamento[2], ha riconosciuto il risarcimento della chance vantata dall’impresa del settore, in virtù del mancato rispetto degli obblighi di evidenza pubblica, per cui non è possibile formulare una previsione sull’esito della procedura comparativa, che di fatto non si sia svolta.
In un contesto così fatto, dunque, mentre la teoria della chance ontologica configura la posizione giuridica come un danno emergente, ovvero, come un bene già presente nella sfera giuridica del danneggiato, la teoria eziologica intende la lesione della chance come violazione di un diritto non ancora acquisito.
Così il Consiglio di Stato ha rilevato che: “In materia di responsabilità civile, in particolare in materia di responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c., nel cui paradigma è inquadrabile la responsabilità della Pubblica amministrazione per illegittimità provvedimentale, la c.d. teoria della causalità alternativa ipotetica ha rilievo solo in relazione agli illeciti omissivi, per i quali occorre infatti stabilire se l’evento dannoso non si sarebbe verificato se il preteso responsabile avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli; la stessa teoria è priva del suo presupposto rispetto ad illeciti commissivi, quali appunto quelli derivanti dall’adozione di provvedimenti amministrativi illegittimi, in relazione ai quali l’accertamento del giudice deve stabilire se gli atti amministrativi abbiano costituito la causa del danno lamentato, e dunque se costituiscano il fatto illecito che è fonte di responsabilità ai sensi della clausola generale dell’art. 2043 c.c.”[3]
Da quanto sopra esposto appare evidente che, nelle pubbliche gare, il predetto diritto risarcitorio spetti qualora l’impresa illegittimamente pretermessa dall’aggiudicazione illegittima riesca a dimostrare, che la sua offerta sarebbe stata selezionata come la migliore e che, quindi, l’appalto sarebbe stato ad essa aggiudicato.
Spetterà, dunque, al danneggiato dimostrare il nesso eziologico tra il provvedimento illegittimo e la perdita dell’occasione concreta di conseguire l’aggiudicazione.
Qualora, invece, venga giudicato illegittimo l’affidamento diretto di un appalto, “l’impresa che ha impugnato il provvedimento lamentando la sottrazione al mercato di quel contratto, riceve, una tutela risarcitoria integralmente satisfattiva.” [4]
Le affermazioni contenute nella sentenza non definitiva n. 118/2018 in ordine alla sussistenza del nesso di causalità ed alla consistenza della chance di aggiudicazione potrebbero, così, implicare l’utilizzazione di un metodo di accertamento dell’illecito e di liquidazione del danno, risolvibili in astratto anche attraverso l’individuazione di percorsi ricostruttivi alternativi ovvero intermedi e comunque diversi rispetto alla dicotomia tra “teoria ontologica” e “teoria eziologica”.
In una situazione così descritta, la prossima pronuncia dell’Adunanza plenaria, da una parte, potrebbe interferire con profili già esaminati dalla Quinta Sezione con la sentenza non definitiva; dall’altra, potrebbe risultare in qualche modo condizionata dalle chiavi ricostruttive utilizzate dalla stessa. Verrebbe, in tal modo, esclusa la possibilità dell’affermazione di un principio di diritto conseguente ad un esame pieno delle fattispecie.
3. Conclusioni
Appare evidente che nell'ottica di evitare ostacoli e danni alla concorrenza, diventa, dunque, cruciale la strutturazione della gara (la c.d. auction design) da parte della singola stazione appaltante che deve individuare l'oggetto della gara stessa, la procedura di affidamento, i requisiti di ammissione e il criterio di aggiudicazione.
Questa attività è presidiata anzitutto dalle regole generali e astratte del Codice dei contratti pubblici. La regolazione di rango primario lascia però fisiologicamente spazi di intervento discrezionale alla stazione appaltante, dalla quale dipenderà dunque, in ultima analisi, la corretta conformazione pro-concorrenziale di ciascuna procedura di gara.
Con riferimento ai requisiti oggettivi di capacità finanziaria, tecnica e professionale dei concorrenti, la disciplina nazionale (artt. 41 e 42 del Codice dei contratti pubblici) traspone le corrispondenti norme comunitarie (artt. 48 e 49 direttiva 2004/18), confermando peraltro la disciplina previgente al Codice contenuta negli artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 157/1995 e artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 358/1992.
Le norme richiamate hanno però carattere prevalentemente procedimentale, nel senso che indicano in che modo le stazioni appaltanti possono accertare il possesso dei requisiti richiesti o quali parametri utilizzare, ma non condizionano in modo sostanziale il contenuto degli stessi.
Inoltre è stata la stessa AGCOM in passato ad affermare che “i requisiti di idoneità e di solidità economica e finanziaria richiesti alle imprese ai fini della partecipazione alle gare d’appalto devono rispondere a esigenze oggettive dell’amministrazione e, più in generale, ai principi di ragionevolezza e di imparzialità che regolano l’esercizio della discrezionalità amministrativa”.