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Pubbl. Ven, 10 Ago 2018

Nel patteggiamento non può essere revocato il consenso

Mariangela Miceli
AvvocatoUniversità degli Studi di Palermo


L'accordo tra l'imputato e il PM costituisce un negozio giuridico processuale recettizio pertanto diviene irrevocabile una volta pervenuto a conoscenza dell'altra parte


Sommario: 1. Premessa; 2. Profili generali del patteggiamento; 3. La sentenza n. 4401/2018 della Corte di Cassazione; 4. La CEDU; 5. Conclusioni.

Sommario: 1. Premessa; 2. Profili generali del patteggiamento; 3. La sentenza n. 4401/2018 della Corte di Cassazione; 4. La CEDU; 5. Conclusioni.

1. Premessa

La richiesta di patteggiamento presentata dall'imputato può essere revocata? Sulla questione si è espressa la Suprema Corte di Cassazione che ha sancito, ancora una volta, il carattere recettizio dell'accordo tra imputato e P.M.

2. Profili generali del patteggiamento

Il patteggiamento, più precisamente "applicazione della pena su richiesta delle parti", ai sensi dell'art. 444 del c.p.p. consiste in un accordo tra l'imputato e il Pubblico Ministero circa l'entità della pena da irrogare. 

Con tale istituto processuale, infatti, l'imputato ottiene uno "sconto" della pena fino al limite di un terzo, ma rinuncia di fatto a far valere la propria innocenza. In particolare, ai sensi dell'art. 444 c.p.p. l'imputato e il P.M. possono chiedere al giudice l'applicazione:

- di una sanzione sostituitiva o di una pena pecuniaria diminuita fino ad un terzo, oppure,
- di una pena detentiva che, tenuto conto delle circostanze e diminuita fino ad un terzo, non superi i cinque anni. 

Il patteggiamento però è ammesso solo entro alcuni limiti e non è applicabile qualora la pena detentiva superi i cinque anni.

Ai sensi, invece, del secondo comma dell'articolo in parola, sono esclusi dal patteggiamento una serie di reati come quelli relativi ai delitti di prostituzione minorile, pornografia minorile e violenza sessuale di gruppo.

E' comunque, escluso per tutti coloro che siano stati dichiarati deliquenti abituali, professionali e/o per tendenza recidivi o qualora la pena superi due anni soli o congiunti a pena pecuniaria.

L'ultimo comma  prevede, altresì, la possibilità per la parte che formula la richiesta di patteggiamento di "subordinare l'efficacia alla concessione della sospensione condizionale della pena", se ciò avviene , il giudice che ritiene la sospensione condizionale non possa essere concessa, la rigetta di conseguenza.

3. La sentenza n. 4401/2018 della Corte di Cassazione

Nella sentenza indicata, i ricorrenti avevano assunto che l'accordo sulla pena non fosse stato validamente raggiunto non essendo state le imputazioni determinate con precisione all'atto della presentazione dell'istanza di patteggiamento, ma solo all'atto del consenso del P.M., evidenziando, inoltre, la nullità della sentenza essendo venuta meno la validità dell'accordo. 

Su tali rilievi, la Corte ha ritenuto le censure manifestatamente infondate, riscontrando che le richieste degli imputati si riferissero esattamente a quanto stabilito dall'art. 444 c.p.p., non potendo così accogliere quanto richiesto in sede di legittimità.

In tema di accordo sulla pena indeterminato ha precisato che l'accordo stesso non possa essere validamente subordinato a condizioni diverse dalla sospensione condizionale della pena che è l'unica condizione prevista dalla legge.

Il Supremo Collegio ha altresì stabilito che trattandosi di negozio giuridico processuale recettizio, una volta venuto a conoscenza dell'altra parte e quando questa abbia determinato il consenso, diviene - come già sopra evidenziato - irrevocabile. In altri termini, l'accordo non è più suscettibile di modifica per iniziativa unilaterale dell'altra parte.

Tale accordo, per costante giurisprudenza, costituisce un negozio giuridico recettizio, pertanto una volta che le parti ne siano venute a conoscenza, il consenso manifestato con le dichiarazioni congiunte di volontà determina effetti irreversibili nel procedimento.

Su tale materia e dunque sulla revoca del consenso  in sede di patteggiamento, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4401/2018, si è uniformata a quanto già statuito in precedenza (Cass.Pen. Sez. I, n.48900/2015).

Le argomentazioni addotte a fondamento di tale decisione possono sintetizzarsi così : " con il consenso del Pubblico Ministero, infatti,  il procedimento si avvia verso un epilogo anticipato che, con l'assunzione da parte dell'inquisito della qualità di imputato, e l'esercizio dell'azione penale, non consente il ritorno alla fase delle indagini preliminari".

Va da sè,infatti, che l'istituto processuale del patteggiamento sia finalizzato ad assicurare una semplificazione processuale. (cfr. Cass. Sez.III, 04 giugno 2009 - 12 ottobre 2009, n. 39730; Cass. Sez. III, 27 marzo 1992 - 11 aprile 1992, n. 535)

Nella sentenza in commento, la Corte di legittimità ha ricordato anche l'orientamento che ammette sì la possibilità di revocare il consenso prestato alla richiesta di patteggiamento dopo la stipula del patto, ma prima della pronuncia della sentenza ex art. 444 c.p.p.

A tal fine, la possibilità di revocare il consenso prestato è ammessa non ad una valutazione soggettiva ma ad una sopravvenienza oggettiva, quale ad esempio una legge più favorevole al reo, poiché, in campo penalistico, l'accordo delle parti in merito all'applicazione di una sentenza penale, ha oggetto (e quindi causa) la libertà personale dell'imputato e dunque un diritto soggettivo indisponibile.

4. La CEDU

Sul punto appare utile evidenziare come sia intervenuta con una specifica previsione la Convezione europea dei diritti dell'uomo, che all'art. 6 prevede l'eventuale rinuncia al godimento delle garanzie dell'equo processo (quindi optando per un rito alternativo), solo qualora tale rinuncia risulti accertata in maniera inequivoca. Inoltre, la predetta rinuncia, non deve contrastare con alcun interesse pubblico rilevante (cfr. Hermi v. Italy).

5. Conclusioni

In tema di libertà personale, quindi, è necessario un bilanciamento di interessi che tuteli un'eventuale revocabilità della richiesta di patteggiamento (con particolare riferimento all'ipotesi in cui ancora non si sia dato avvio all'azione penale) a favore dei diritti fondamentali dell'imputato ed in particolare, al potere di verifica del Giudice penale ex art. 446 c.p.p., con  specifico riferimento al rito speciale del patteggiamento, ed alla possibilità di negare la ratifica della richiesta qualora emerga una divergenza tra volontà reale e volontà espressa.