• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Sab, 7 Lug 2018

Contratto atipico di remunerazione di amministratore uscente

Modifica pagina

Francesco Rizzello


Con sentenza n. 1973, pubblicata il 22 febbraio 2018, il Tribunale di Milano dirime una controversia vertente su di un contratto atipico di remunerazione di un amministratore uscente da una S.p.A.


Con la sentenza n. 1973/2018, pubblicata in data 22 febbraio 2018, la sezione specializzata in materia di impresa B del Tribunale di Milano dirime una controversia vertente su di un contratto atipico di remunerazione di un amministratore uscente da una S.p.A.. 

In data 17 ottobre 2013 la società SGR sottoponeva all'accettazione dell'amministratore una lettera d'impegno contenente l'obbligo, da parte della società stessa, di corrispondere determinati importi all'amministratore a titolo di "carried interest" o "commissione di performance/incentivo" in relazione ad alcuni fondi comuni di investimento mobiliare, di tipo chiuso e riservati a investitori professionali, gestiti dalla società e "in considerazione del ruolo" assunto dall'amministratore nella gestione di tali fondi. L'amministratore accettava tale regolamento d'interessi.

Rileva particolarmente il contesto complessivo nel quale si svolge la vicenda.

Infatti, la SGR, nell'aprile del 2013, si vedeva protagonista di una vicenda traslativa della proprietà, alla quale si accompagnava il cambio della denominazione della medesima. Gli accordi regolanti la cessione del capitale contenevano ulteriori allegati, all'interno dei quali uno apposito indicava una serie di soggetti, incluso l'amministratore in questione, quali titolari del diritto a percepire il carried interest con riferimento a tutti i fondi gestiti dalla società e "secondo modalità definite in buona fede tra le Parti tenuto conto delle modalità di attribuzione del carried interest di volta in volta disciplinate".

Il 30 giugno 2015 la società percepiva - in qualità di sottoscrittore di una determinata classe di quote di uno dei due fondi ai quali era legata la remunerazione dell'amministratore, da adempiere successivamente - un importo pari a 715.627 euro, a titolo di carried interest derivante dalla dismissione della partecipazione detenuta dal fondo in questione in una società per azioni. In base all'accordo sottoscritto con la SGR, l'amministratore aveva diritto al 30% degli importi percepiti dalla stessa in base alla sottoscrizione di quote nei fondi, diritto di pagamento provvisto di termine di 15 giorni in base al contratto stesso.

La società propone un'interpretazione alternativa nell'atto di citazione notificato in data 17 marzo 2016, contestando il credito vantato dall'amministratore. In particolare, contesta l'interpretazione alla luce della quale quantificare l'importo da corrispondere all'amministratore, sostenendo che la percentuale debba essere parametrata valorizzando la congiunzione "e" presente nel contratto, la quale è apposta tra la denominazione dei due fondi nei quali aveva investito la SGR e il valore delle cui quote costituiva al contempo il parametro di riferimento per la retribuzione dell'amministratore stesso. Soprattutto, si sarebbe dovuto tenere conto dell'andamento negativo dell'ulteriore asset contenuto nel portafoglio: valore negativo che sarebbe passibile di compensazione con l'importo positivo spettante all'amministratore. In tale ottica, la SGR valorizza il dato "premiale" della remunerazione spettante all'amministratore. Tale interpretazione sarebbe supportata dal dato letterale. Infatti, qualora le parti avessero voluto optare per un diverso regolamento di interessi, la congiunzione da inserire nel contratto sarebbe dovuta essere "o", anziché "e".
Per concludere, la SGR argomenta a favore di una maggiore corrispondenza della propria tesi ai dettami del principio di buona fede, citando gli artt. 1175 e 1376 c.c. (lo stesso Tribunale richiamerà l'attenzione su quello che definisce un "oscuro riferimento" all'art. 1376, proseguendo che parte attrice deve aver compiuto una svista, volendo invece citare l'art. 1375).
Richiede, qualora non vi sia il rigetto integrale delle istanze di parte convenuta (la quale è tale in quanto aveva in precedenza proposto decreto ingiuntivo ed ottenuto giudizio favorevole in merito), la riduzione in via equitativa ex art. 1226 c.c.

L'amministratore si oppone all'argomentazione di parte attrice richiamando innanzitutto il criterio alla base del c.d. carried interest, ossia la parametrazione "deal to deal", ossia in funzione di ciascuna singola operazione di disinvestimento dei beni inclusi nel portafoglio del fondo. Il diritto della SGR alla percezione del carried interest maturava ogniqualvolta la singola operazione avesse superato la soglia di redditività ("hurdle rate") stabilita dal Regolamento del fondo stesso. A conferma di ciò vi è la circostanza che la SGR ha incassato per intero il carried interest subito dopo la dismissione della partecipazione nella società per azioni di cui sopra, senza attendere l'esito del disinvestimento dell'ulteriore asset detenuto dal fondo. Quindi la condotta della SGR contrasta con la tesi da essa esposta in sede giudiziale.

Il Tribunale reputa incondivisibile la tesi proposta dalla SGR in merito alla possibilità di compensazione ed alla necessità di tenere conto del risultato negativo del disinvestimento di un asset parte del portafoglio. In base a ciò conferma integralmente il decreto opposto. Infatti, non è possibile optare per un'interpretazione puramente letterale del testo negoziale, dovendosi invece tenere conto del contesto negoziale complessivo, come anche della comune intenzione delle parti. Nel mondo della gestione colletiva del risparmio, ed in particolare dei fondi di private equity, il carried interest è una voce che la funzione di remunerare, in fase di passaggio della proprietà del capitale della società, l'operato di uomini chiave della società che cede il controllo. Non a caso l'accordo intercorrente tra la SGR e l'amministratore qualifica espressamente il carried interest come "commissione di performance/incentivo".

Valorizzando la nozione di causa in concreto, il Tribunale giunge a sancire la totale irrilevanza dell'argomentazione in merito alla congiunzione "e": risulta infatti evidente che le parti si sono volute accordare nel senso di pattuire l'esigenza di retrocedere agli amministratori uscenti quanto la SGR avrebbe prelevato dal fondo a titolo di carried interest.

Ulteriore e definitiva valenza dirimente risultano avere le circostanze per cui, anzitutto, la SGR non ha operato alcuna compensazione con il valore negativo risultante dal disinvestimento del secondo asset; inoltre, il dato della corresponsione del carried interest ad altro soggetto prima ancora che il disinvestimento nel secondo asset avesse luogo.

Per finire, risulta pienamente irrilevante l'argomento "compensativo", in quanto la minusvalenza derivante dal disinvestimento risultato negativo ebbe incidenza unicamente sul patrimonio del fondo, non della SGR; quindi la perdita è imputabile agli investitori nel fondo, non alla società di gestione del medesimo.