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Pubbl. Mar, 17 Lug 2018

La proposizione dell´interpello all´Agenzia delle Entrate da parte del soggetto non passivo ai fini IVA

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Nicolò Giordana


La questione, non ancora espressamente affrontata dall´Agenzia delle Entrate, trae spunto dalla possibilità in capo al soggetto passivo ai fini IVA di proporre interpello all’Amministrazione Finanziaria in caso di una questione personale di incertezza su una norma giuridica, che invece risulta pacifica


La legittimazione ad interpellare

La questione, trae le mosse dalla pacifica possibilità in capo al soggetto passivo ai fini IVA di proporre interpello all’Amministrazione Finanziaria in caso di una questione personale di incertezza su una norma giuridica. Ciò nonostante possono rimanere dei dubbi sulla possibilità per chi non è soggetto passivo di agire nei medesimi termini.

Ritenuto indubbio come il soggetto che, nell’esercizio di un’attività d’impresa, emettendo fattura ed attestandosi soggetto passivo ai fini IVA possa chiedere interpello all’Agenzia delle Entrate per l’interpretazione di una norma giuridica incerta ed utile al caso suo personale concreto, ci si interroga se la medesima interrogazione possa essere proposta all’Amministrazione Finanziaria anche dall’acquirente. Nodo gordiano è certamente la dimostrazione di un interesse, invero è da sempre stato questo il criterio posto dal Legislatore alla base per ritenere legittime le richieste effettuate da un cittadino all’Amministrazione – si pensi il caso emblematico dell’interesse a ricorrere che deve sussistere nel caso in cui si voglia portare un caso proprio alle cure dell’Amministrazione Giudiziaria – e nel caso di specie appare abbastanza agevole dimostrare come detto interesse sussista e sia anche rilevante.

Un primo avvaloramento possiamo averlo dall’interpretazione letterale della norma di riferimento, l’art. 11 della L. 27 luglio 2000, n. 212, che non dice su che contribuente gravi l’onere di versamento, bensì si limita a parlare di un contribuente non meglio definito. Appare infatti assolutamente chiaro come l’interesse ad interpellare possa, nel caso dell’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, tanto involgere il soggetto passivo che deve versare il contributo, tanto su quello attivo, sul quale il soggetto passivo si rivarrà. La norma, nell’interpello ordinario, enuclea tra i requisiti generali la mera condizione obiettiva di incertezza, non spingendosi a definire un soggetto legittimario o un elenco chiuso di legittimari ad interpellare.

La stessa Circolare 25/D del 19 giugno 2001 dell’Agenzia delle Dogane, seppur afferente altra materia, illustrando il nuovo istituto introdotto dall’art. 11, ritiene comunque che “i contribuenti potranno presentare istanze di interpello secondo le modalità dallo stesso disciplinate” e nuovamente rimane sul generico lasciando spazio a qualsivoglia soggetto sia investito dell’interesse. Sul punto viene richiamato l’art. 1 del D.M. 26 aprile 2001, n. 209 che, rubricato Presentazione dell’istanza di interpello, determina come “ciascun contribuente” possa inoltrare all’Amministrazione – ferme sussistendo le obiettive condizioni di incertezza sull’interpretazione di una norma tributaria – istanza di interpello.

L’Agenzia va’ oltre nella Circolare e, esaminando i soggetti legittimati in apposito capitolo, non ne individua altri se non il contribuente, il suo legale rappresentante ovvero un terzo soggetto munito di procura speciale o generale ai sensi della normativa civilistica di riferimento escludendo in un elenco a forma chiusa «le associazioni di categoria, gli ordini professionali e i soggetti portatori di interessi diffusi […] fatta eccezione per le istanza riferibili alla posizione fiscale-doganale propria dell’associazione, dell’ordine o dell’ente».

Appare quindi di piena ragionevolezza l’affermazione secondo cui possono presentare istanza di interpello i contribuenti, anche non residenti, i sostituti ed i responsabili d’imposta. L’interesse giuridico ad interpellare si delinea quindi come reale limes tra la possibilità di interpellare o meno, in altri termini tra la legittimazione a proporre e non. Lo stesso fatto che il Legislatore all’art. 5 del D.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, trattando dell’inammissibilità delle istanze, non abbia previsto tra le cause di non ammissibilità l’inoltro della richiesta di interpello da parte di un soggetto non legittimato, indirettamente offre alla nostra interpretazione estensiva (secondo cui tutti sono legittimati ad interpellare nel caso in cui siano direttamente o indirettamente colpiti dall’imposizione tributaria) granitico supporto.

L’interpello e la procedura

Chiarito in punto a legittimazione non resta che esaminare come effettuare l’interpello all’Amministrazione. La normativa in materia determina in modo preciso e puntuale che la vera condizione di ammissibilità della domanda è l’an attenente un caso concreto e personale sul quale deve sussistere una obiettiva condizione di incertezza. Dovranno dunque ritenersi non interpellabili le questioni meramente ipotetiche e quelle che sono già state esaminate da un documento dell’Amministrazione quali circolari, risoluzioni, istruzioni o note.

Le condizioni di incertezza, che devono riferirsi necessariamente a norme primarie o secondarie e quindi non ad atti privi di contenuto normativo come quelli citati a conclusione del paragrafo precedente, ricorrono nel momento in cui una norma fiscale non manifesta un univoco significato lasciando così spazio ad interpretazioni divergenti.

L’istanza deve necessariamente essere inoltrata prima di porre in essere il comportamento fiscalmente rilevante in quanto il Legislatore non intende ammissibili gli interpelli verificatori, ossia interpelli posteriori che abbiano il mero scopo di verificare una condotta già posta in essere dal contribuente.

Importante è identificare il soggetto destinatario dell’interpello. Invero la norma prevede che le istanze debbano essere indirizzate: per i contributi erariali alla Direzione regionale competente in relazione al domicilio fiscale; per i contributi relativi all’imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti differenti rispetto a quelli di natura traslativa ovvero le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali ed ogni altra istanza avente ad oggetto fattispecie di natura catastale alla Direzione regionale del territorio in cui opera l’ufficio competente ad applicare la norma fiscale; e per gli interpelli presentati da Amministrazioni centrali dello Stato, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti non residenti in Italia e soggetti di rilevanti dimensioni (volumi d’affari o ricavi non inferiori a cento milioni di euro) alla Divisione contribuenti.

La consegna potrà essere effettuata a mano, mediante spedizione raccomandata con avviso di ricevimento ovvero per via telematica mediante la posta elettronica certificata.

Circa i requisiti a carattere contenutistico dell’istanza di interpello, redigibile su carta libera, sono tre e rispondono alle esigenze di identificazione del contribuente, determinazione della domanda e certificazione della richiesta. Nell’identificazione del contribuente devono essere indicati chiaramente i dati di questo ed il suo domicilio. È possibile che egli scelga di farsi assistere da un professionista: in questo caso è necessaria la procura e l’identificazione dei dati identificativi del legale rappresentante, del domicilio di questo e degli eventuali recapiti a carattere telematico. Il secondo requisito riguarda il vero corpus dell’interpello: è infatti necessario redigere la circostanziata e specifica descrizione del caso di specie che deve essere concreto e personale, ossia effettivo e riguardare il soggetto che pone la questione sussistendo reali condizioni di incertezza poste dalla norma. Il terzo requisito è la sottoscrizione del contribuente o del legale rappresentate.

All’istanza devono allegarsi tutti i documenti utili alla definizione della questione che non sono in possesso dell’Amministrazione fermo restando la sempre possibile facoltà di questa di richiedere un’integrazione al contribuente. Tale possibilità è esercitabile per una sola volta ed il termine per rispondere all’interpello decorrerà dal momento in cui la P.A. riceverà l’addenda richiesta al contribuente. Quest’ultimo dovrà ottemperare e provvedere all’inoltro della documentazione mancante entro il termine di trenta giorni.

L’interpello deve contenere la soluzione interpretativa che il contribuente intende adottare ‘sì da poter consentire, decorso il tempo entro cui l’Amministrazione deve rispondere, la formazione del silenzio-assenso.

La norma invero prevede un termine entro cui l’Amministrazione debba necessariamente attendere all’istanza del contribuente. A norma dell’art. 11 dello Statuto del Contribuente (L. 212/2000) la P.A. deve rispondere in forma scritta e motivando il provvedimento entro novanta giorni dal momento in cui riceve la completa documentazione da parte del contribuente (completa, leggasi che il termine decorre in via di principalità dal momento in cui il contribuente ha inoltrato all’Amministrazione l’interpello e questa l’ha ricevuto; è altresì possibile che il decorso di detto termine inizi dalla data in cui è stata sanata l’inammissibilità legata alla mancata sottoscrizione dell’istanza, dalla data di ricezione della documentazione integrativa da parte dell’Amministrazione e dalla data di ricezione dell’istanza trasmessa per competenza da altro ufficio). La risposta potrà comunque essere disattesa dal contribuente che rimane comunque conscio del comportamento che terrà l’Amministrazione nel caso di specie.

Nell’eventualità in cui la P.A. non adempia entro il termine il Legislatore ha utilizzato l’istituto del silenzio-assenso secondo cui si ritiene che l’Amministrazione abbia adottato in ogni punto la soluzione prospettata dal contribuente. Conseguentemente a ciò saranno nulli quegli atti successivi a carattere impositivo o sanzionatorio afferenti la materia dell’interpello che si discosteranno dalla soluzione prospettata dal contribuente medesimo (e tacitamente accettata dall’Amministrazione).

A chiusura non possiamo esimerci dal rilevare come il comma 5 del più volte citato art. 11 non prevede particolari efficaci sospensive dell’interpello in relazione alle eventuali scadenze tributarie che maturano nell’arco temporale sotteso tra la presentazione dell’istanza ed il relativo termine di risposta. Per ciò stesso tutti gli adempimenti ivi temporalmente collocabili dovranno essere rispettati, in caso contrario non potranno ritenersi illegittime eventuali sanzioni comminate da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

La risposta dell’interpello produrrà poi solo effetti nei confronti dell’istante e potrà validamente ritenersi precedente vincolante ma unicamente per costui. Per un’efficacia erga omnes l’Amministrazione dovrà predisporre circolari, risoluzioni ovvero note.