• . - Liv.
ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Sab, 16 Giu 2018

Femminicidio: profili giuridici e medico-legali

Modifica pagina

Roberta Fontanieri


Il femminicidio è un fenomeno frutto della violenza di genere che va a focalizzarsi sulla diversità dei sessi. Questo scritto è incentrato sull´analisi psicologica del soggetto che compie l´uccisione della donna, analizzando gli aspetti della personalità del reo e soffermandosi sui disturbi psichici.


Sommario: 1. Violenza di genere: precursore del termine; 2. Disposizioni urgenti in materia di sicurezza per il contrasto alla violenza di genere; 3. Delitti in preda a stati emotivi; 4. Movente gelosia; 5. I disturbi della personalità; 6. Delitto d’onore; 7. Uxoricidio.


1. Violenza di genere: precursore del termine “femminicidio”.

Il femminicidio è un fenomeno da sempre presente nella storia dell’uomo, in questi ultimi anni sta divenendo una problematica sociale che va a colpire le donne di tutto il mondo. Per poter analizzare la fenomenologia partiamo dalla violenza di genere, la quale viene descritta come la causa scatenante del femminicidio.
La violenza di genere è definita dalla conferenza mondiale delle Nazioni Unite del 1993: “L’insieme degli atti violenti rivolti contro il genere femminile, che causano o sono suscettibili di causare alle donne danno o sofferenze fisiche e psicologiche, comprendenti la privazione della libertà, sia che ciò avvenga nella vita privata o pubblica”.
Generalmente questa violenza si svolge nelle relazioni tra i differenti sessi, in uno stato di intimità tra i soggetti, per questo motivo viene definita: Intimate Partner Violence.
La violenza contro le donne richiama una duplice dimensione; è agita nella relazioni tra sessi e sul piano sociale, luogo nel quale vengono strutturate le relazioni tra individui.
Importante è sottolineare che i soggetti violenti non fanno parte di una categoria specifica, bensì appartengono ad ogni estrazione sociale. La crudeltà che scaturisce dal maschio può essere ravvisabile sia a livello sociale, come spesso accade se il soggetto di sesso maschile si sente defraudato dal suo ruolo all’interno della società, quindi la paura che la donna continui ad affermare il suo ruolo in crescita in qualsiasi ambito provoca una sorta di invidia e di paura per la perdita del potere maschile che porta poi alla violenza. Altro aspetto è quello psicologico, portando ad esempio la teoria della sessualità infantile dello psicanalista Sigmund Freud. Nei suoi tre saggi lo studioso di psicanalisi afferma che un mal sviluppo della sessualità del bambino in tenera età può portare il soggetto a sviluppare in età adulta dei sentimenti di odio, verso i propri simili ed in maggior modo verso la figura femminile di riferimento, ovvero un potenziale partner. In questi studi si afferma che tra il passaggio dall’infanzia alla pubertà deve sussistere una fase di “riposo”, la c.d. latenza. Questo avviene quando il bambino ha già riconosciuto il proprio “oggetto d’amore”, la madre. Successivamente arricchirà il proprio attaccamento all’oggetto di una componente sentimentale. Svilupperà la pulsione di compassione che ha la funzione di frenare i soggetto, nel momento in cui si compie un azione che può infliggere dolore all’altra persona. Se questa fase della latenza non si compie, il bambino svilupperà la pulsione di crudeltà, da sempre presente nell’uomo. Quindi non avendo scisso le pulsioni arcaiche e gli oggetti del desiderio, non potrà maturare la parte amorevole e compassionevole dell’animo umano. Da qui terrà sempre vivo il “sé grandioso” di cui è dotato fin dall’infanzia , mettendo in secondo piano l’altra persona, i suoi bisogni ed i suoi sentimenti.  Il bambino, cresciuto nell’ottica del narcisismo, inizierà a pretendere lo stesso trattamento anche dagli altri soggetti con cui intreccia relazioni; quindi se in tenera età è stato abituato dai propri genitori ad essere lodato ed elogiato, esigerà quel tipo di trattamento, fino a divenire violento nel caso in cui non venga accontentato. La perdita dell’oggetto d’amore fa scaturire ulteriore rabbia, perché mette l’uomo dinnanzi alla perdita di un qualcosa che gli appartiene, questo avviene nel momento in cui il suddetto scopre che l’oggetto, in questo caso la madre, non è considerabile come oggetto nel senso proprio del termine ma come persona che si interfaccia con la società e non può essere gestita. Stesso discorso per la fattispecie che vede protagonista la partner. Questa perdita, questo senso d’abbandono, portano l’uomo a divenire violento. 

2. Disposizioni urgenti in materia di sicurezza per il contrasto alla violenza di genere.

Sul piano giuridico, il D.L. 14 agosto 2013 n. 93, convertito in L. 15 ottobre 2015 n.119 ha ad oggetto il contrasto sulla violenza di genere e commissariamento province. Con questa legge vengono introdotte delle modifiche a norme penali che sanzionano l’autore di comportamenti illeciti e norme processuali che disciplinano il processo svolto a carico di quest’ultimo. L’intervento del legislatore va a colpire le norme penali sostanziali in modo poco consistente, questa scelta è dovuta all’entrata in vigore della L.23 aprile 2009 n. 38, la quale introduce gli “atti persecutori”.
Il legislatore del D.L. n. 83, non ritiene necessario l’inserimento di fattispecie penali nuove, considerando quelle esistenti adeguate a reprimere le condotte violente. La modifica delle norme penali sostanziali consiste in un inserimento di aggravanti nei rati aventi ad oggetto maltrattamenti in danno di familiari e conviventi (art. 572 c.p.), violenza sessuale (609bis c.p.), atti persecutori (art. 612bis), lasciando invariate le fattispecie base dei reati. Al momenti della conversione della legge, viene sostituita all’aggravante speciale, prevista per i soli maltrattamenti , un’aggravante comune, prevista per tutti i reati contro la vita e l’incolumità della persona.
Il primo intervento del legislatore sulle norme penali sostanziali è avvenuto in sede di conversione del D.L. n. 93, e consiste nell’introduzione di un’aggravante comune, contemplata dall’art. 61 n.11 quinquies c.p. composta da tre ipotesi: il fatto è commesso in presenza di minore di anni diciotto; il fatto è in danno di un minore di anni diciotto; il fatto è commesso in danno di donna in stato di gravidanza. Bisogna far chiarezza sull’età del minore: perché si ha ad oggetto il minore di anni diciotto e non quello di anni quattordici? Inizialmente, nella legge di conversione era prevista la tutela del minore di anni quattordici, successivamente si decide di innalzare la soglia d’età agli anni diciotto, questa scelta avviene per creare una maggior tutela della salute fisica ma soprattutto psichica del soggetto minorenne, scelta che si rifà con quanto riportato in tema di misure età dalla Convenzione di Istanbul. La trasformazione del minore e della donna in stato di gravidanza in soggetti deboli dell’ordinamento crea scompiglio nella scelta delle aggravanti, in quanto queste due figure erano già contemplate in alcuni reati con diverse aggravanti speciali. Il problema riguarderà il perimetro di applicazione della nuova disposizione. 
Il legislatore ha limitato l’applicazione della nuova aggravante comune introdotta dall’art. 61 c.p. ai delitti non colposi, contro la vita e l’incolumità individuale. I reati a cui è applicabile la nuova aggravante dell’art 61 n. 11 quinquies sono: omicidio volontario e preterintenzionale, percosse, lesioni volontarie, mutilazioni degli organi genitali, rissa, omissione di soccorso, sequestro di persona, arresto illegale, violenza sessuale, maltrattamenti. Per alcuni di questi reati già esisteva la stessa aggravante ed è certamente strano che la stessa aggravante sia inserita due volte da una norma generale e da una speciale , nel primo caso come effetto ordinario e nel secondo come effetto speciale; nel caso in cui vi siano presenti nel medesimo caso aggravanti comuni e speciali, dovranno applicarsi sempre le aggravanti speciali. 
Alla fattispecie femminicidio, sempre sul piano giurisprudenziale, possono essere ricollegati due tipi di delitti; delitto emotivo e delitto passionale. 

3. Delitti in preda a stati emotivi.

Il raptus, inteso come la perdita del controllo e descritto come un blackout della mente, origina il delitto emotivo: caratterizzato da impulsività e mancanza di premeditazione, spesso legato al movente gelosia. Da cosa si origina il raptus? Dallo stato emotivo, ovvero da uno stato mentale permeato dall’emozione. Nel raptus il soggetto è mosso da dolo d’impeto.
Delitto passionale, caratterizzato dallo stato passionale, derivante da “Pathos”, sofferenza che perdura nel tempo. Il delitto passionale è caratterizzato da segnali, quali lo stalking. Questi tipo di crimini si distinguono dal luogo, che verrà consumato in ambienti intimi. Nella mente del reo, l’atto viene configurato come giusta punizione. Il reato è progettato, fa pensare quindi ad un dolo di premeditazione.
Come si stabilisce l’imputabilità del reo, nel compimento del reato? A questa domanda risponde l’art. 90 c.p.: “gli stati emotivi o passionali non escludono né diminuiscono l’imputabilità”.
Se il delitto è commesso in presenza di stati emotivi o passionali “normali”, la cui intensità rientra nella sfera normale delle emozioni, il reo sarà considerato capace d’intendere e di volere, assoggettato alla pena per omicidio, art. 575 c.p.; agendo con stati emotivi e passionali non patologicamente configurabili, viene considerato quale lucido omicida.
Se il delitto è commesso in presenza di stati emotivi o passionali connotati da intensità e morbosità viene configurata l’infermità di mente e la non imputabilità del soggetto. 

4. Movente gelosia.

Per gelosia si intende “un possesso malato dell’altra persona”, tenendo in considerazione l’analisi fin qui svolta, possiamo affermare che la gelosia, per quanto sia riscontrabile nell’essere umano, non è un in grado di portare a compimento un’uccisione.
La Cassazione a seguito della sentenza 9163/05, emessa dalle Sezioni Unite penali, ha cristallizzato la regola per cui i disturbi della personalità possono essere valutati come cause di totale o parziale infermità di mente dell’imputato, purchè capaci di incedere sulla capacità di determinazione del reo. In tutti i casi nei quali si ravviserà tramite perizia che la gelosia ha oltrepassato i confini degli stati emotivi e passionali, si avrà il vizio mentale.
Il riferimento è alla sola gelosia catalogata come disturbo delirante di tipo geloso, recante i sintomi ed i tratti del disturbo ossessivo compulsivo, se il soggetto in questione nutre più amore per se stesso che per il proprio partener, l’unica soluzione all’attenuazione di questo sentimento è l’uccisione della persona “amata” che sta a simboleggiare la perdita di un possesso. Il geloso compulsivo non è altri che un soggetto assalito da dubbi sulla fedeltà della propria compagna. Con il passare del tempo da dubbio diviene certezza, scaturita da una visione distorta della realtà e dalla convinzione che la donna abbia una vita parallela a quella condotta con il proprio partner. I sospetti che nascono in questa fase tendono a divenire realtà con la convinzione da parte del soggetto in questione che il tradimento sia effettivamente avvenuto. Possiamo procedere ad una categorizzazione di disturbi della personalità; per prima cosa bisogna definire il concetto, il disturbo della personalità è caratterizzato da modalità di mal adattamento, comportamenti che iniziano ad essere individuati nel periodo dell’adolescenza e vengono portati avanti per tutta la durata dalla vita. Rappresentano un modello di esperienza interiore che va a deviare l’individuo. Vengono identificati 10 specifici disturbi della personalità:

5. Le tipologie di disturbi della personalità.

Disturbo paranoide di personalità: sospetti non giustificati, gelosia, invidia, rigidità, eccessiva auto-considerazione.
Disturbo schizoide della personalità: diffidenza, ipersensibilità e tendenza all’isolamento.
Disturbo schizotipico di personalità: il soggetto manifesta lievi perdite del giudizio di realtà.
Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità: connotato da instabilità emotiva, iperattività, vanità, eccitabilità, caratterizzato da eccessiva preoccupazione per la conformità e gli standard di coscienza.
Disturbo istrionico della personalità: connotato da instabilità emotiva, eccitabilità, iperattività, vanità, immaturità; lo scopo quello di essere al centro dell’attenzione e di apparire seducente.
Disturbo evitante di personalità: il soggetto lamenta scarsa energia, facile affaticabilità, mancanza di entusiasmo, incapacità di provare piacere nella vita ed ipersensibilità allo stress.
Disturbo antisociale di personalità: ha per oggetto individui che si trovano in una situazione conflittuale con la società. Sono persone sleali, egoiste, irresponsabili, impulsive ed incapaci di provare rimorsi.
Disturbo dipendente di personalità: il comportamento è passivo e sottomesso, il soggetto à insicuro di se stesso, diventa dipendente verso gli altri.

Ad aggravare il quadro clinico concorrono altri disturbi legati al sentimento di abbandono, alla perdita delle abilità sociali o ad un sopraggiunto stato confusionale, nella cui ottica i ricordi si mescolano a fantasie e l’immaginato nella mente dello psicopatico diviene un doloroso vissuto. Un qualcosa che deve essere rimosso anche tramite il gesto estremo dell’eliminazione fisica della causa di tanto malessere. In presenza di gelosia patologica, sarà necessario indire una perizia, tesa a vagliare la consistenza del disturbo e la sua eventuale riconducibilità nell’alveo delle malattie consacrate dal DSM-IV.
Medesima conclusione per il disturbo borderline della personalità, definito nel manuale diagnostico dei disturbi mentali come una “modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’affettività con impulsività notevole comparsa entro la prima età adulta e presente in vari contesti”

Il disturbo borderline si caratterizza per i disturbi dell’umore, manie di persecuzione, alternarsi di atteggiamenti remissivi e violenti, percezione di buona autostima seguita da una distruzione della stessa; caratteristiche che ci presentano un potenziale suicida o un potenziale omicida passionale. Come nel caso della gelosia patologica, anche il disturbo borderline influirà sulla capacità di intendere e di volere.

6. Delitto d’onore.

Storicamente vi sono stati periodi in Italia in cui il femminicidio veniva legittimato dall’ordinamento italiano. Il delitto d’onore è rimasto in vigore in Italia fino al 5 agosto 1981, quando venne abrogato dalla legge n. 442. Questo porta alla consapevolezza secondo la quale la maggior parte dei cittadini italiani ha vissuto un periodo della propria vita in cui le leggi giustificavano l’uccisione delle mogli, figlie e sorelle. Di questa fattispecie ormai abolita, rimane il ricordo della legittimazione della violenza di genere ed il messaggio per il quale questo tipo di sopruso passa come “violenza di serie B”. L’Art. del delitto d’onore art. n. 587 c.p. giustifica chiunque cagioni la morte del coniuge, figlia, sorella o comunque persone di sesso femminile legate all’ambito familiare, nell’ambito in cui il soggetto scopre un’illegittima relazione carnale o nello stato d’ira per l’offesa recata all’onore suo e della propria famiglia.
Il femminicidio anticamente veniva chiamato delitto d’onore, veniva previsto un istituto, quello del matrimonio riparatore con il quale veniva estinto il reato di violenza carnale, nel caso in cui lo stupratore di un minorenne accondiscendesse a sposare la propria vittima. L’abolizione del delitto d’onore storicamente avviene grazie alla rivolta di Franca Viola, siciliana di anni diciassette che decise di denunciare il proprio stupratore e di non adire all’istituto matrimonio riparatore. 

7. Uxoricidio.

Altra fattispecie che viene affiancata al femminicidio è quella dell’uxoricidio. Spesso vengono fatti degli accostamenti tra le due fattispecie ed in alcune occasioni una corrente di pensiero minoritaria sostiene che entrambi i reati debbano essere assoggettati al semplice omicidio, sostenendo che il termine femminicidio, quindi l’uccisione della donna in quanto donna (come teorizzato da Diana Russell) sia solo un’ulteriore discriminazione. 
Agli esperti della lingua italiana (Accademia della Crusca), viene chiesto il perché della necessità di indicare il sesso di una vittima di reato ed il perchè entrambe i termini non possano essere riassunti dal termine omicidio; la risposta che viene data al quesito parte dalle diverse fattispecie di reato. 
L’omicidio, nell’ordinamento italiano, viene annoverato tra i delitti contro la vita e l’incolumità della persona. L’art. 575 c.p. rubricato “omicidio”, dispone: “Chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con reclusione non inferiore ad anni 21”. Pertanto in questa norma il termine “uomo” è generico. Il codice penale, specifica sempre di più le aggravanti come l’infanticidio, omicidio del consenziente ecc.. Se prendiamo ad esame l’ultimo comma dell’art 577 c.p. “Altre circostanze aggravanti. Ergastolo”, il codice recita: la pena è della reclusione da 24 a 30 anni, se il fatto è commesso contro il coniuge, il fratello, la sorella o il padre e la madre adottivi o il figlio adottivo”. L’uxoricidio è l’omicidio del coniuge di sesso femminile; il femminicidio è qualsiasi forma di violenza esercitata contro le donne; il termine omicidio indica la genericità dell’azione. Il femminicidio deve essere un monito, deve far in modo che venga ricordata la figura della donna considerata oggetto. Questa fattispecie delittuosa deve essere considerata rivoluzione, cambiamento di mentalità, anche se tutt’ora questo non può considerarsi avvenuto in pieno. La mancanza di un adeguata tutela per la donna vittima di molestie e stalking non invoglia la vittima a sporgere denuncia, costringendola a vivere nelle sue paure ed a sviluppare una sopportazione per una situazione dolorosa che porterà alla maturazione di una consapevolezza per la quale la situazione di terrore in cui vive non potrà mai cessare.

Bibliografia

Codice penale: Uxoricidio aggravato nell’art 577 c.p. e omicidio attenuato nell’art 587 c.p.
Di Gregorio L., L’ho uccisa io, collana di scritti e racconti, Primamedia Editore 2014;
Freud S., Tre saggi sulla teoria sessuale, Bollati Boringhieri, 2012;
Iacobelli E e Vinciguerra P., Femminicidio; capire, educare, cambiare, Minerva Edizioni , 2013;
Il penalista, D.L. 14 agosto, 2013 n. 93, Giuffrè Editore;
Mei E. Criminologia e Psichiatria forense, società editrice Universo, 2016.