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Pubbl. Mar, 12 Giu 2018
Sottoposto a PEER REVIEW

Profili risarcitori e giurisdizione in caso di esercizio del potere legittimo di revoca della gara di appalto

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Francesco Orabona


La richiesta risarcitoria proposta, nello stesso giudizio amministrativo, avverso un provvedimento adottato in autotutela dall’Amministrazione, che ha revocato un atto di aggiudicazione provvisoria di una gara, rientra nella cognizione del Giudice ordinario.


Sommario: 1 La revoca in generale: 1.1 La disciplina di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 7 agosto 1990; 1.2 La responsabilità da fatto lecito della Pubblica amministrazione; 2 La revoca dell’aggiudicazione nelle gare d’appalto: 2.1 La revoca antecedente alla conclusione della gara; 2.2 La revoca in sede di aggiudicazione; 2.3 Il recente orientamento della giurisprudenza; 3 Questioni di giurisdizione sulla proponibilità della domanda risarcitoria in caso di revoca dichiarata legittima dal Giudice amministrativo: 3.1 Il caso; 3.2 Le posizioni della giurisprudenza.

1. La revoca in generale.

1.1. La disciplina di cui all’art. 21-quinquies della legge n. 241 del 7 agosto 1990.

La Pubblica amministrazione, in virtù dell’art. 21-quinquies della L. n. 241/90, ha il potere revocare autonomamente il provvedimento amministrativo purché questo abbia efficacia durevole soltanto in presenza di tre presupposti tra loro alternativi[1] quali: a) sopravvenuti motivi di pubblico interesse; b) mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell'adozione del provvedimento; c) nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (c.d. jus poenitendi)[2] salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

Il provvedimento revocato non può produrre ulteriori effetti e, nel caso in cui esso abbia determinato un pregiudizio ai soggetti interessati, l’Amministrazione ha l’obbligo di corrispondere loro un indennizzo. Quest’ultimo è parametrato al solo danno emergente quando il potere di revoca di atti amministrativi ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti di natura negoziale e deve tener conto di due condizioni: a) eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico; b) eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico.

Pertanto, la misura del quantum andrebbe diminuita in ragione sia dell’eventuale conoscenza o conoscibilità da parte dei contraenti della contrarietà dell’atto amministrativo oggetto di revoca all’interesse pubblico sia dell’eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all’erronea valutazione della compatibilità di tale atto con l’interesse pubblico[3]. Inoltre, se la valutazione erronea dell’interesse pubblico è in tutto o in parte causata dal privato, l’obbligazione indennitaria andrebbe corrispondentemente diminuita in coerente applicazione dei principi della causalità materiale.

Giova, altresì, rammentare che la previsione dell’indennizzo non rappresenta un presupposto per il legittimo esercizio del potere di secondo grado, bensì costituisce un effetto obbligatorio che sorge a seguito della spendita del potere di  revoca[4]

In merito alla determinazione dell’indennizzo, la disposizione sembra riferirsi espressamente ai soli atti che incidono su rapporti negoziali ma comunque presenterebbe una intrinseca vis espansiva, anche perché nulla è previsto per le altre ipotesi di revoca, ossia quelle incidenti su “rapporti amministrativi”.

La revoca opera per ragioni di merito, vale a dire di opportunità e convenienza, con efficacia ex nunc.

Come l’ annullamento, anche nelle ipotesi di revoca per sopravvenuti motivi di interesse pubblico o di mutamento della situazione di fatto, occorre che la stessa sia ancorata al perseguimento dell’interesse pubblico che l’Amministrazione deve comparare con gli interessi privati alla conservazione dell’atto e, pertanto, è legittima soltanto qualora sopravvengano nuove ragioni di interesse pubblico[5].

D’altra parte, la revoca, se inizialmente ancorata esclusivamente a ragioni di merito sopravvenute, con le modifiche apportate nel 2007 all’art. 21 quinquies, L. n. 241/1990, diviene uno strumento consentito anche nei confronti di provvedimenti ad efficacia istantanea per contrarietà del provvedimento all’interesse pubblico, e, di conseguenza, implicitamente si ammette la revoca con effetti retroattivi.

1.2. La responsabilità da fatto lecito della Pubblica amministrazione.

La previsione, ad opera del citato art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990, di un generale obbligo in capo all’Amministrazione di compensare i pregiudizi subiti dai privati per effetto di un legittimo provvedimento di revoca risponde all’esigenza di tutelare l’affidamento in ordine alla stabilità del rapporto giuridico amministrativo, quale aspetto dell’applicazione del principio di buona fede ai rapporti fra privati e Amministrazione[6] L’Amministrazione, esercitando la potestà di revoca, mira non già a togliere di mezzo l’atto in ragione di una sua intrinseca revocabilità, quanto a modificare il rapporto giuridico scaturito dall’atto attualmente inopportuno rispetto all’interesse pubblico perseguito di guisa da ripristinare la situazione giuridica antecedente, giudicata più conveniente[7].

Trattasi, pertanto, di responsabilità da fatto lecito[8], che presuppone il legittimo esercizio del potere, l’effettivo depauperamento del patrimonio del destinatario e il nesso di causalità fra il primo e il secondo, dovendosi dimostrare che i pregiudizi siano stati patiti per il fatto di aver confidato, senza colpa, nel mantenimento del provvedimento nel traffico giuridico. A differenza dell’illecito, invece, l’elemento soggettivo non costituisce un presupposto di tale forma di “responsabilità”.

L’obbligo di indennizzo gravante sulla Pubblica Amministrazione non presuppone, dunque, elementi di responsabilità della stessa, ma si fonda su valori puramente equitativi presi in considerazione dal legislatore, onde consentire il giusto bilanciamento tra il perseguimento dell’interesse pubblico attuale da parte dell’Amministrazione e la sfera patrimoniale del destinatario (incolpevole) dell’atto di revoca o di annullamento, al quale non possono essere addossati integralmente i conseguenti sacrifici. Tale forma di indennizzo, pur prevista dalla legge, può tuttavia essere esclusa da un atto della Pubblica amministrazione, con il quale si richiede al privato, in sostanza, un atto unilaterale abdicativo di un diritto patrimoniale (e quindi disponibile), e ciò proprio in quanto l’attribuzione dell’indennizzo non dipende da responsabilità dell’Amministrazione stessa. Al contrario, la Pubblica amministrazione non può adottare atti ovvero pretendere dal privato, in via preliminare e quale condizione di partecipazione ad un procedimento amministrativo volto alla individuazione di un (futuro) contraente, un atto abdicativo del diritto alla tutela giurisdizionale avverso atti e/o comportamenti (anche futuri) della stessa pubblica amministrazione illegittimi o illeciti, (eventualmente) causativi di danno e quindi di responsabilità per il suo risarcimento. Tale clausola, lungi dal giustificarsi sostenendo che la stessa è, in definitiva, riferita a diritti patrimoniali disponibili, nella misura in cui esclude in via preventiva la responsabilità della P.A. per illecito, si risolve in una limitazione della responsabilità della Pubblica Amministrazione contra legem (argomentando ex art. 1229 cod. civ.), ed in violazione degli artt. 28 e 97 Cost.[9]

2. La revoca dell’aggiudicazione nelle gare d’appalto

Il potere di revoca di cui all’art. 21 quinquies della L. n. 241 del 1990 può essere esercitato dalla Pubblica amministrazione anche nell’ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e fino al momento della fase di stipulazione del contratto, che chiude la fase pubblicistica ed apre quella negoziale, tendenzialmente paritetica, avviata la quale la revoca cede il passo, in presenza di sopravvenuti motivi di opportunità della Stazione appaltante, all'esercizio del diritto di recesso[10]

2.1. La revoca antecedente alla conclusione della gara

L'esercizio del potere di autotutela anche prima della conclusione della gara, nell'ambito del procedimento di scelta del contraente, determina la necessità di assicurare un diritto alla correttezza di cui, per ciò stesso, sono titolari tutti gli operatori economici partecipanti alla procedura.

Si istaurano, di solito, trattative (multiple o parallele)[11] che determinano la costituzione di un rapporto giuridico con l'Amministrazione aggiudicatrice, ove il recesso scorretto determina l'insorgere dell'obbligo risarcitorio. In tal caso, in presenza di un'aggiudicazione provvisoria alla quale non abbia fatto seguito l' aggiudicazione in via definitiva, la Stazione appaltante è responsabile se revoca legittimamente la procedura di gara, dato che l'aggiudicazione provvisoria non consuma il potere discrezionale dell'Amministrazione sul se concludere il procedimento di gara[12]

Tale prospettazione si è posta in attuazione del diritto europeo, ove da tempo la risarcibilità di danni connessi alla violazione delle norme che disciplinano la scelta del contraente della parte pubblica è ammessa a prescindere dalla prova di un diritto all' aggiudicazione[13]. L'instaurazione di "trattative parallele" tra Amministrazione aggiudicatrice e partecipanti alla gara risulterebbe perciò anticipata al momento della presentazione delle offerte, secondo una impostazione che pare rafforzata dall'irrevocabilità delle stesse (configurate come proposte irrevocabili) a seguito della presentazione[14].

2.2. La revoca in sede di aggiudicazione

La conclusione del procedimento di scelta del contraente coincide, come noto, con l'aggiudicazione del contratto e con l'individuazione della controparte contrattuale della Pubblica amministrazione, del soggetto, cioè, che abbia presentato l'offerta che, in base a criteri predefiniti e oggettivi e all'esito del confronto concorrenziale sia risultata la migliore, quella maggiormente adeguata al conseguimento dello specifico obiettivo per il quale la scelta viene operata[15]. L'avvenuta aggiudicazione non esclude, tuttavia, l'intervento successivo (in autotutela) della Pubblica amministrazione con la revoca o l'annullamento d'ufficio dell'aggiudicazione che determina il recesso dalle trattative instaurate[16]. Il sindacato sul comportamento tenuto nelle trattative - e nel recesso dalle stesse - è effettuato con riguardo al rispetto dei principi di buona fede e correttezza "in senso oggettivo" sicché l'attuazione del fine pubblico con un comportamento obiettivamente lesivo dei richiamati doveri di lealtà determina, in presenza dei relativi presupposti, l'obbligo di risarcire il danno. E ciò anche in relazione alla "lesione dell'affidamento" ingenerato nell'impresa aggiudicataria, affidamento che l'abbia cioè condotta a confidare, con correttezza e buona fede, durante il procedimento di evidenza pubblica, nella possibilità di divenire affidataria del contratto[17], e ove l'elusione di tali aspettative, seppure non intenzionale, sia comunque colposa[18]. Anche la Corte di Cassazione sembra aver seguito questa direzione nel rilevare che i principi richiamati, intesi in senso oggettivo, sarebbero riconducibili al dovere di solidarietà (art. 2 Cost.) che rileva per ambedue le parti di un rapporto obbligatorio, imponendo alle stesse di preservare gli interessi della controparte e ciò a prescindere da uno specifico obbligo contrattuale o da una espressa previsione di legge, con la conseguenza che il danno risarcibile può discendere dalla violazione di tale regola di comportamento[19].

Si ritiene comunemente che il potere di ritiro in via di autotutela di un provvedimento amministrativo sia "altamente discrezionale", riscontrandosi la necessità di operare un contemperamento fra l'interesse pubblico concreto all'annullamento (o alla  revoca ) e gli altri interessi pubblici e privati coinvolti[20]. Sotto altra prospettiva tale potere può essere tuttavia ri-qualificato come esercizio dell'autonomia privata della pubblica amministrazione, ove l'ambito di sindacabilità del provvedimento adottato è riferito alla legittimità dell'atto di esercizio del potere di autotutela giungendo pertanto a coincidere con la verifica della sussistenza dei presupposti per l'esercizio di tale potere tra cui assume preminente rilievo il cd. interesse pubblico ulteriore[21]. Infatti l'individuazione dell'offerta migliore, anche in assenza di formale  aggiudicazione, sembra caratterizzarsi per il peculiare rilievo che assume l'interesse di chi abbia formulato tale offerta, cui consegue l'obbligo per le Amministrazioni pubbliche di motivare le ragioni che escludono che l'oggetto del contratto così come definito sia tale da soddisfare l'interesse pubblico[22].

Taluni hanno qualificato i principi di trasparenza, correttezza, coerenza nelle gare pubbliche come obblighi di protezione in capo alle amministrazioni pubbliche nell'ambito di relazioni che senz'altro risultano più complesse e articolate rispetto a quelle instaurate tra privati proprio in ragione della procedimentalizzazione delle stesse e che impongono l'adozione di cautele per evitare il verificarsi di danni[23]. I provvedimenti di autotutela (il recesso dalle trattative) nelle gare pubbliche, sono spesso motivati da ragioni economiche tali da impedire di portare a termine la selezione avviata e che possono talora pregiudicare il diritto del privato a non essere coinvolto in trattative inutili[24]. Il recesso si porrebbe, in base a tale prospettazione, come diretta attuazione del principio costituzionale di buon andamento (art. 97 Cost.), nell'imposizione alle Amministrazioni pubbliche di adottare atti tali da assicurare il miglior perseguimento dei fini pubblici ad esse istituzionalmente affidati, anche ove non coincidano con "l'interesse" dell'aggiudicatario[25].

2.3. Il recente orientamento della giurisprudenza

La giurisprudenza ha chiarito che, ove si tratti dell'aggiudicazione di appalti pubblici, il legittimo ricorso alla revoca esige, da parte dell'Amministrazione procedente, una ponderazione particolarmente rigorosa di tutti gli interessi coinvolti[26], avuto riguardo alla posizione di affidamento qualificato che la regolare definizione della procedura fa sorgere e consolida in capo all'impresa aggiudicataria. Si è precisato, in particolare, che il ritiro di un'aggiudicazione legittima postula la sopravvenienza di ragioni di interesse pubblico (o una rinnovata valutazione di quelle originarie) particolarmente consistenti e preminenti sulle esigenze di tutela del legittimo affidamento ingenerato nell'impresa che ha diligentemente partecipato alla gara, rispettandone le regole e organizzandosi in modo da vincerla, ed esige, quindi, una motivazione particolarmente convincente circa i contenuti e l'esito della necessaria valutazione comparativa dei predetti interessi[27]

Così la circostanza della sopravvenuta impossibilità di avvalersi della prestazione dell'altra parte, come causa di risoluzione del contratto già stipulato, giustifica la revoca dell'aggiudicazione, dovendosi ritenere recessivo l'affidamento riposto dall'aggiudicatario sulla stipula ed esecuzione del contratto stesso. La tutela dell'affidamento non può giungere, infatti, al punto di imporre alla Stazione appaltante di avvalersi di una prestazione oramai divenuta inutilizzabile e la forzosa stipula del contratto non può rivestire un ruolo latamente sanzionatorio di comportamenti eventualmente colposi imputabili alla Stazione appaltante, i quali se del caso possono assumere rilievo sul diverso piano del risarcimento dei danni[28].

Ed, infatti, non è discutibile che dalla revoca dell'aggiudicazione, ancorché legittima, possa derivare a carico della Stazione appaltante non soltanto l'obbligo di corrispondere l'indennizzo previsto dall'art. 21-quinquies L. n. 241 del 1990, ma anche quello di risarcire il danno da responsabilità precontrattuale, ove il suo comportamento integri la violazione dei precetti di correttezza e buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto[29]

Ai fini della configurabilità della responsabilità precontrattuale non si deve cioè tenere conto della legittimità della revoca, ma della correttezza del comportamento complessivamente tenuto dalla Sazione appaltante durante il corso della procedura di affidamento e nel periodo seguente all'aggiudicazione.

Ora, mentre la legge parametra l'ammontare dell'indennizzo spettante all'aggiudicatario al danno emergente, che usualmente coincide con le spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative e in vista della conclusione del contratto, nel caso di accertamento della responsabilità precontrattuale la misura del risarcimento comprende - nei limiti del c.d. interesse negativo - sia il danno emergente, sia il lucro cessante che consiste innanzitutto nella perdita di ulteriori favorevoli occasioni contrattuali.

Nel caso in cui il soggetto concorrente fornisca la prova concreta del danno emergente, quest’ultimo copre anche l'indennizzo dovuto alla parte vittoriosa ai sensi dell'art. 21-quinquies, non potendosi ammettere una duplicazione del ristoro spettante all'interessata in relazione al medesimo pregiudizio (i costi sostenuti in funzione della stipula del contratto).

Quanto al lucro cessante, ribadito che il risarcimento del danno da responsabilità precontrattuale è limitato all'interesse negativo (nel quale si riflette, cioè, l'interesse a non essere coinvolti in trattative inutili), il pregiudizio risarcibile è unicamente quello consistente nella perdita derivata dall'aver fatto affidamento nella stipula del contratto, mentre esulano dall'alveo della risarcibilità i vantaggi economici che alla ricorrente sarebbero derivati dall'esecuzione dell'appalto, afferenti all'interesse positivo[30] .

In questa prospettiva, l'unica chance risarcibile consiste nella perdita di occasioni alternative (contratti che la ricorrente avrebbe potuto stipulare e non ha stipulato; gare alle quali avrebbe potuto partecipare e non ha partecipato), delle quali deve essere fornita la prova.

Sotto il profilo dell’individuazione della giurisdizione, si può affermare che nelle procedure ad evidenza pubblica aventi a oggetto l'affidamento di servizi pubblici, la cognizione di comportamenti ed atti assunti prima dell' aggiudicazione e nella successiva fase compresa tra l' aggiudicazione e la stipula dei singoli contratti, spetta alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo, mentre nella successiva fase contrattuale riguardante l'esecuzione del rapporto la giurisdizione è attribuita al Giudice ordinario[31]

3. Questioni di giurisdizione sulla proponibilità della domanda risarcitoria in caso di revoca dichiarata legittima dal Giudice amministrativo.

Giova a questo punto porre l’attenzione sulla questione se la domanda risarcitoria, in caso di adozione di un provvedimento in autotutela dichiarato legittimo dal Giudice amministrativo, possa rientrare nella sfera di cognizione del Giudice ordinario ossia ci si pone l’interrogativo se quest’ultima, proposta all’esito di un provvedimento adottato dall’Amministrazione in autotutela che ha revocato un atto di aggiudicazione provvisoria di una gara favorevole alle ricorrenti, giudicato legittimo in sede di giudizio amministrativo, possa essere esaminata anche dal Giudice amministrativo nell’ambito dello stesso processo.

3.1. Il caso

Nell’ambito di una gara di appalto avente ad oggetto l’affidamento della progettazione definitiva per l’edificazione di una sede istituzionale di un Ente pubblico, la Stazione appaltante aveva provveduto alla revoca dell’intera gara allorquando il procedimento si era arrestato nella fase di aggiudicazione provvisoria in favore di una delle Società concorrenti.

Intanto, la Società aggiudicataria (provvisoria) aveva ottenuto dal Giudice amministrativo l’annullamento di detto provvedimento di revoca e, in tale situazione, l’aggiudicazione aveva riacquistato l’originaria validità ed aveva mantenuto la sua efficacia per un periodo temporale di cinque anni e cioè fino al momento in cui l’Amministrazione aveva deciso di revocare per la seconda volta la gara per sopravvenuti motivi di interesse pubblico. Tale seconda revoca veniva poi impugnata dalla Società, nuovamente esclusa, con motivi aggiunti nell’ambito dello stesso giudizio. All’esito, il Giudice amministrativo aveva dichiarato legittimo l’esercizio del potere della seconda revoca.

La società ricorrente nell’ambito dello stesso giudizio amministrativo aveva proposto due domande risarcitorie: la prima derivante dall'adozione del provvedimento di revoca in autotutela dichiarato illegittimo dal Giudice amministrativo; la seconda conseguente all'emanazione di un provvedimento (sempre in autotutela) dichiarato invece legittimo dal medesimo Giudice amministrativo.

3.2. Le posizioni della giurisprudenza

Come è noto, a partire dal 2011 è prevalso il consolidato orientamento della Corte di Cassazione[32] secondo il quale tutte le controversie aventi ad oggetto richieste risarcitorie derivanti dall'adozione di un atto di autotutela che rimuove un provvedimento favorevole all'interessato rientrano nella giurisdizione del Giudice ordinario in quanto l'oggetto della lesione non deriverebbe in via diretta dall' esercizio del potere o dalla lesione dell'interesse legittimo bensì dalla circostanza di aver fatto incolpevole affidamento sulla apparente legittimità di quel provvedimento favorevole poi annullato (o revocato) che, comunque, aveva ampliato la sfera giuridica soggettiva dell'interessato. Ne consegue che, in virtù di una corretta interpretazione dell’art. 7 del Codice del processo amministrativo (secondo cui la giurisdizione del Giudice amministrativo è strettamente legata all'esercizio del potere), la domanda di risarcimento danni, proposta nell'ambito dello stesso giudizio amministrativo, costituisce una tutela ulteriore e complementare, non avendo il legislatore inteso attribuire, in sede di giurisdizione esclusiva, una nuova materia al Giudice amministrativo avente ad oggetto la responsabilità della Pubblica amministrazione. Sul punto anche la Dottrina è concorde nel ritenere che il citato art. 7 abbia codificato i principi espressi dalla Corte Costituzionale[33] assegnando alla giurisdizione del G.A. le controversie riguardanti non solo provvedimenti, atti, accordi ma anche comportamenti purchè “siano riconducibili anche mediatamente, all’esercizio del potere amministrativo posti in essere da pubbliche amministrazioni”[34]

La Cassazione ha, oramai, affermato i seguenti fondamentali principi:

  1. il provvedimento favorevole poi annullato in via di autotutela determina un incolpevole affidamento del privato nella permanenza della situazione di vantaggio e, quindi, la richiesta risarcitoria non ha una diretta attinenza con l'esercizio del potere ma ha ad oggetto il comportamento materiale tenuto nell'occasione dall' Amministrazione;
  2.  in ragione di ciò, la giurisdizione del Giudice ordinario in tali fattispecie non è derogabile neanche nei casi in cui si tratti di materia rimessa alla giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo in quanto non ha comunque ad oggetto una controversia sull'esercizio del potere o sul suo mancato esercizio, ai sensi dell'art. 7 del CPA;
  3. il presupposto per la proposizione dell'azione risarcitoria derivante dal fatto di aver confidato nella permanenza della situazione di vantaggio è l'adozione di un provvedimento di annullamento in autotutela che, dopo essere stato emesso, si è consolidato per mancata impugnazione oppure per il rigetto del relativo ricorso in sede giurisdizionale[35].

Ne deriva che la richiesta risarcitoria proposta nello stesso giudizio amministrativo avverso un provvedimento adottato in autotutela dall’Amministrazione che ha revocato un atto di aggiudicazione provvisoria di una gara favorevole ad una Ditta concorrente rientra nella cognizione del Giudice ordinario. Ciò a conferma del fatto che la revoca non presuppone l'illegittimità dell'atto ma solo una nuova valutazione dell'interesse pubblico (originario o sopravvenuto) che incide sull'efficacia e non sulla validità del primo provvedimento ritenuto dal Giudice amministrativo adito non inficiato da alcun vizio di legittimità. A tal riguardo, giova evidenziare che nell’ipotesi di esercizio del potere di revoca in autotutela, laddove un provvedimento favorevole non è inficiato da vizi di legittimità ma è divenuto inefficace per ragioni di interesse pubblico, il privato, proprio per l'assenza di profili di illegittimità nell'atto rimosso, può vantare un affidamento ancora più qualificato in ragione del fatto di aver confidato in un provvedimento che ampliava la propria sfera giuridica peraltro non affetto da vizi di legittimità. Peraltro, in tale situazione, il privato che intende agire, relativamente alla richiesta di risarcimento danni, proprio per chiedere il ristoro derivante dal provvedimento favorevole, poi revocato a tutela della propria integrità patrimoniale, ha subito la lesione di un proprio diritto soggettivo la cui tutela radica la giurisdizione in capo al Giudice ordinario.

Viceversa, la questione risarcitoria rientra nella sfera della giurisdizione del Giudice amministrativo ogni volta in cui il potere amministrativo da censurare consiste nell'adozione di un provvedimento di revoca della gara dichiarato illegittimo in sede di giudizio amministrativo. In tal caso, in virtù del consolidato orientamento giurisprudenziale, si configura una fattispecie di responsabilità per lesione degli interessi legittimi da “contatto sociale qualificato”[36].

 

Note e riferimenti bibliografici
[1] Cons. St., Sez. III, n. 833 del 16-02-2012; Cons. St., Sez. V, n. 39 del 10-01-2012.
[2] la previsione legislativa della revoca legittima tale atto se ricollegato alla successiva conoscenza di fatti o situazioni sconosciuti al momento dell’emanazione del provvedimento.
[3] R. Giovagnoli, I criteri per la quantificazione dell’indennizzo in caso di  revoca  del provvedimento: le novità del decreto Bersani,  2007, 402-403.
[4] Ex multis, Cons. Stato, Sez. III, 16 dicembre 2012, n. 833.
[5] T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 14 marzo 2011, n. 722.
[6] F. Merusi, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico. Dagli anni trenta all’alternanza, Milano, 2001, 5); M. Clarich, I principi dell’azione amministrativa nell’integrazione tra ordinamento nazionale e comunitario, in L. Benvenuti - M. Clarich, Il diritto amministrativo alle soglie del nuovo secolo. L’opera scientifica di Fabio Merusi, Pisa, 2010, 41.
[7] R. Alessi,  Revoca  (Diritto amministrativo), in Noviss. Dig. it., XV, Torino, 1968, 804; G. Veltri, La revocabilità del bando di gara e degli atti conseguenti quali atti ad “efficacia durevole”, in Corr. mer., 2007, fasc. 12, 1482.
[8] Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2013, n. 4455; G. Tucci, La risarcibilità del danno da atto lecito nel diritto civile, in Riv. dir. civ., 1967, I, 264 e 266.
[9] Cons. Stato, Sez. V, 7 luglio 2015, n. 3383.
[10] cfr. Cons. Stato, A.P., 20 giugno 2014, n. 14.
[11] G. M. Racca, La responsabilità della pubblica amministrazione tra autonomia e correttezza, Napoli, 2000, 41 ss.
[12] C.G.A. Sicilia, sez. giur., 7 dicembre 2012, n. 1109, in www.giustizia-amministrativa.it
[13] R. De Nictolis, Il recepimento della direttiva ricorsi nel codice appalti e nel nuovo codice del processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it, 11 luglio 2010. Si veda: S. S. Scoca, Evidenza pubblica e contratto: profili sostanziali e processuali, Torino 2008. Si veda sul punto: A. Romano, Sono risarcibili; ma perché devono essere interessi legittimi?, in Foro It., 1999, I, 3222, nota a Cass. civ., Sez. Un., 22 luglio 1999, n. 500; A. Romano, Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili sono diritti soggettivi, in Dir. Amm., 1998, I, 10-14.
[14] G. M. Racca, Contratti pubblici e comportamenti contraddittori delle pubbliche amministrazioni: la responsabilità precontrattuale, nota a Cons. Stato, sez. VI, 17 dicembre 2008, n. 6264 e T.A.R. Lazio, Roma, sez. I-ter, 12 dicembre 2008, n. 11343, in La Rivista Nel Diritto, 2009, 2, 281. Id., La responsabilità delle pubbliche amministrazioni nella fase che precede la stipulazione del contratto pubblico, cit.
[15] S. Ponzio, I capitolati negli appalti pubblici, Napoli, 2006.
[16] T.A.R. Lazio, Roma, 6 aprile 2007, n. 3045, in www.neldiritto.it.
[17] T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 20 febbraio 2013 n. 1874, in Foro Amm. TAR, 2013, 2, 560; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 3 ottobre 2012, n. 4017, in Foro Amm. TAR, 2012, 10, 3272; T.A.R. Campania, Napoli, sez. VIII, 5 aprile 2012, n. 1646, in Foro Amm.
[18] T.A.R. Puglia, Bari, sez. I, 14 giugno 2012, n. 1191, in Foro Amm. TAR, 2012, 6, 2068.
[19] Cass., sez. III, 10 novembre 2010, n. 22819.
[20] Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 14; J. Bercelli, La  revoca  negli appalti pubblici tra danno precontrattuale e indennizzo, nota a Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662, in Giorn. Dir. Amm., 2013, 2, 169.
[21] T.A.R. Liguria, sez. I, 30 ottobre 2006, n. 1349, in Riv. Giur. Edil., 2007, I, 715. Cfr. art. 21-quinquies della L. n. 241 del 1990.
[22] Cons. Stato, sez. IV, 19 giugno 2007, n. 3298, in Dir. e Pratica Amm., 2007, 7, 59.
[23] F. G. Scoca, Per un'amministrazione responsabile, in Giur. Cost., 1999, 4061. Si veda ancora G. M. Racca, La responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione tra autonomia e correttezza, cit. 193 ss. e Id. Gli elementi della responsabilità della pubblica amministrazione e la sua natura giuridica, in R. Garofoli, G. M. Racca e M. De Palma, Responsabilità della pubblica amministrazione e risarcimento del danno innanzi al giudice amministrativo, cit. 204.
[24] Cons. Stato, Ad. Plen., 5 settembre 2005, n. 6, in Foro Amm. CdS, 2005, 9, 2515.
[25] T.A.R. Lazio, sez. I, 23 ottobre 2006, n. 10900, in Giur. Merito, 2007, 2710.
[26] Essendo in gioco interessi pubblici primari e secondari, nonché interessi privati è allora necessaria la loro comparazione al fine di causare, secondo il principio di proporzionalità, il minor pregiudizio possibile. L'attività istruttoria serve, appunto, a ponderare le varie situazioni e a misurare, nel concreto la fattibilità dell'operazione ed "il come" il potere discrezionale è esercitato secondo i canoni del merito amministrativo, ovvero della opportunità e convenienza.
[27] T.A.R. Toscana Firenze Sez. I, 02-02-2018, n. 187; Cons. Stato, sez. III, 29 novembre 2016, n. 5026; id., sez. V, 19 maggio 2016, n. 2095).
[28] Cons. Stato Sez. III, 11-01-2018, n. 136.
[29] cfr. Cons. Stato, A.P., 5 settembre 2005, n. 6, cui la giurisprudenza successiva si è conformata.
[30] Fra le altre, cfr. Cons. Stato, sez. V, 29 dicembre 2014, n. 6406; id., sez. IV, 20 febbraio 2014, n. 790.
[31] Cons. Giust. Amm. Sic., 12 dicembre 2013, n. 929; Cass., Sez. Un., Ord. nn. 6068/2009 e 19391/2012.
[32] Cass. Civ., SS.UU., 4 settembre 2015 n. 17586 conferma Cass. Civ., SS.UU., Ordin. nn. 6594, 6595 e 6596 del 2011.
[33] Corte Cost., 6 luglio 2004 n. 204; Corte Cost. 11 maggio 2006 n. 191.
[34] Garofoli R., Diritto Amministrativo, 2012, pag. 391.
[35] Cass. Civ., SS.UU., n. 17586/2015, cit.
[36] E. Follieri, Il contraddittorio in condizioni di parità nel processo amministrativo, in Dir. Proc. Amm., 2006, 494 ss.; Di Majo, L'obbligazione senza prestazione approda in Cassazione, in Corriere giur., 1999, 10, 446; ex multis, T.A.R. Campania Napoli Sez. I, 20-02-2017, n. 1005; Cons. Stato, sez. IV, 12 marzo 2010, n. 1467; Cons. Stato, sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169, in http://www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. III, 6 agosto 2001, n. 4239 in Foro it., 2002, III, 1.