Pubbl. Gio, 21 Giu 2018
Contratti pubblici, la responsabilità precontrattuale della P.A. sussiste anche prima dell´aggiudicazione
Modifica paginaNelle procedure ad evidenza pubblica, la p.a. è tenuta ad osservare i principi della buona fede e correttezza comportamentale, configurandosi una responsabilità precontrattuale, a prescindere dalla esistenza di una trattativa qualificata, a causa di un comportamento scorretto da cui derivi la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale.
Sommario: 1. La responsabilità precontrattuale della p.a.: un breve excursus dell'evoluzione giurisprudenziale; 2. Le principali ipotesi di culpa in contrahendo: i diversi orientamenti emersi al riguardo; 3. Rimessione all'Adunanza Plenaria, Cons. di Stato sez. III ordinanza 24 Novembre 2017 n. 5492; 4. La soluzione adottata: la responsabilità precontrattuale da lesione della libertà di autodeterminazione negoziale 5. La struttura e il regime della responsabilità precontrattuale della p.a.
1. La responsabilità precontrattuale della p.a.: un breve excursus dell'evoluzione giurisprudenziale.
La responsabilità precontrattuale è sancita dalle norme di cui agli artt. 1337 e 1338 c.c.Il fondamento giuridico, è rappresentato dalla violazione dei principi di buona fede e correttezza, la cui applicazione nella fase delle trattative e della formazione del contratto è espressamente riconosciuta dalla prima norma. La seconda invece, costituisce ipotesi speciale della prima, sanzionando chi conoscendo o dovendo conoscere l'esistenza di una causa d'invalidità del contratto, non ne abbia dato notizia all'altra parte, che ne abbia - senza colpa - confidato. Si tratta dunque di verificare l'applicabilità di tali disposizioni nell'ambito delle procedure ad evidenza pubblica.
Originariamente, tale responsabilità veniva sistematicamente negata, salvo che nell'ipotesi in cui, fuori della disciplina pubblicistica, la p.a. avesse concluso il contratto iure privatorum ex art. 1 comma 1 bis l. 241/1990. Tanto accadeva, per una serie di ragioni storiche che muovevano dalla presunzione di legittimità degli atti amministrativi, all'irrisarcibilità dell'interesse legittimo pretensivo dalla difficoltà di ricostruire in capo al privato un affidamento incolpevole. Ad ogni modo, l'argomentazione più ricorrente, sulla quale, peraltro, si è sviluppato l'odierno dibattito, è quella relativa alla dichiarata impossibilità logica (prima che giuridica) di una responsabilità precontrattuale, senza una previa "trattativa". La trattativa qualificata, in altre parole, costituirebbe il presupposto necessario per la sussistenza di una responsabilità precontrattuale, derivante dalla violazione delle regole di buona fede, (es. classico il recesso ingiustificato dalle trattative).
L'ipotesi, tuttavia, non sarebbe compatibile, con la procedura ad evidenza pubblica, che richiede una fase pubblicistica, che culmina con l'aggiudicazione, la quale è volta a selezionare il miglior offerente, con cui solo successivamente potrà "trattare" la stipula del contratto. Pertanto l'interesse alla legittimità del comportamento in tale fase, costituirebbe un mero interesse procedimentale, non azionabile in giudizio. Solo in seguito all'aggiudicazione, sorge l'obbligo di osservanza del precetto della buona fede, essendosi instaurata una relazione paritetica e personale, fra gli attori della vicenda, la p.a. affidante, da un lato, e l'aggiudicatario dall'altro.1
2. Le principali ipotesi di culpa in contrahendo: i diversi orientamenti emersi al riguardo.
Tanto chiarito, l'orientamento esposto, è andato via via consolidandosi, non senza qualche precisazione. Si afferma che prima dell'aggiudicazione, potrebbe sussistere esclusivamente una responsabilità da provvedimento illegittimo. In tal caso infatti, il partecipante alla gara, potrebbe far valere l'illegittimità degli atti (ad esempio, revoche, annullamenti, aggiudicazione) lesivi della propria sfera giuridica soggettiva. Si tratta, pertanto, della responsabilità provvedimentale da attività autoritativa illegittima, cui si collega, il risarcimento del danno derivante dalla lesione di interessi legittimi, come riconosciuto a partire dalla storica sentenza delle S.U. n. 500 del 1999. In ogni caso, non vi è legittimo affidamento, prima della concreta individuazione del contraente.
La gara, prima dell'aggiudicazione, non comporta l'obbligo per la stazione appaltante di stipula di un contratto.2 Invece, dopo l'aggiudicazione definitiva, (il che esclude anche la possibilità invocare la responsabilità da parte del concorrente che abbia ottenuto l'aggiudicazione provvisoria ma non quella definitiva, essendo la prima solo un atto endoprocedimentale) e prima della stipula del contratto, sarebbe possibile attivare la responsabilità precontrattuale a fronte del comportamento scorretto della p.a.. Casi tipici, sono la mancata stipula del contratto, il ritardo, o il ritiro in autotutela degli di gara.
Quanto al ritiro in autotutela, in dettaglio, va precisato che la responsabilità sorge, anche nell'ipotesi in cui l'atto è legittimo. Il Consiglio di Stato, ha individuato una serie di casi quali: 1) la revoca dell'indizione della gara o dell'aggiudicazione per esigenze di un'ampia revisione del progetto; 2) revoca per impossibilità di realizzare il progetto per mutate condizioni di intervento; 3) annullamento d'ufficio degli atti di gara per un vizio esistente, che poteva essere in precedenza rilevato; 4) revoca per mancanza di fondi. In tutte queste ipotesi, nonostante l'atto non sia di per sé illegittimo, tala da determinare un giudicato di annullamento, sorge una trattativa affidante per il privato, che risulta leso dal comportamento della p.a. che viene, pertanto, sanzionata.
Tuttavia, va dato atto dell'opposto orientamento emerso in giurisprudenza, che conduce all'affermazione della responsabilità precontrattuale anche oltre le ipotesi indicate, con riferimento, cioè, ai comportamenti tenuti anche prima dell'aggiudicazione. In particolare, si osserva che la ricostruzione della responsabilità precontrattuale della p.a., nascente solo al momento dell'aggiudicazione definitiva aveva sollevato contrasti, con riferimento al concetto di trattativa affidante. Infatti, la netta cesura fra fase pubblicistica e fase privatistica non terrebbe conto del fatto che la procedura, ad evidenza pubblica, è pur sempre unitaria e tendente alla stipula del contratto finale. Pertanto, il bando di gara dovrebbe essere interpretato nell'ottica civilistica come un'offerta al pubblico che, in quanto avente valore di proposta contrattuale, comporta un procedimento a formazione progressiva del contratto, idoneo a far sorgere un contatto qualificato da cui deriva la responsabilità da comportamento scorretto della p.a.3 Tale tesi, successivamente, è stata anche seguita dalla Corte di Cassazione4.
Si afferma, che l'amministrazione già a partire dal momento di presentazione delle offerte, entra in contatto con una pluralità di imprese concorrenti, instaurando con ognuna di esse una pluralità di trattative (trattative multiple o parallele). Ciò determina la genesi di un rapporto giuridico, che è retto proprio dai principi di buona fede e correttezza fra i contraenti, che dunque, sarebbero operanti anche prima dell'aggiudicazione. L'impostazione è confermata, dal fatto che l'offerta è irrevocabile, per cui vincolante, almeno per il privato che la presenta.
3. Rimessione all'Adunanza Plenaria Cons. di Stato sez. III ordinanza 24 Novembre 2017 n. 5492
Vista la maturata discordia di opinioni emerse nel dibattito giurisprudenziale, con l'ordinanza n. 5492, la sezione III del Consiglio di stato rimette la questione alla decisione dell'Adunanza Plenaria, non senza prendere posizione al riguardo. In particolare, si opta per la tesi restrittiva.
Le motivazioni, vanno ricercate, nella differente ricostruzione civilistica, offerta in merito alla natura del bando di gara. Si osserva, infatti, che l'offerta al pubblico ex art. 1336 c.c.si rivolge ad una generalità indeterminata di destinatari. Invece. "nel caso peculiare della gara, l’offerta di contratto è subordinata al superamento di una procedura di evidenza pubblica, all’esito della quale, non tutti, ma solo un soggetto potrà addivenire alla stipula del contratto, in guisa che sarebbe forse più appropriato, come del resto sostenuto da parte di autorevole dottrina, qualificare la gara, nel suo esordio procedimentale, quale proposta di contratto in incertam personam".5 Dunque, la qualifica del bando, in termini di proposta in incertam personam, comporta l'impossibilità dell'istaurarsi di una formazione progressiva del contratto e/o di una trattativa, posto che, la procedura di evidenza pubblica, è rivolta proprio alla scelta del miglior offerente secondo regole pubblicistiche, e all'individuazione dell'unico candidato idoneo a sostenere la susseguente fase negoziale.
In aggiunta, si fa notare, che la propostain incertam personam, è liberamente revocabile, e non soggiace neppure all'indennizzo previsto ex art. 1328 c.c.per l'offerta la pubblico, nel caso in cui l'accettante abbia in buona fede intrapreso l'esecuzione del contratto, senza essere a conoscenza della revoca. La buona fede, in questo caso, non condurrebbe ad alcuna forma di ristoro economico.
4 La soluzione adottata: la responsabilità precontrattuale da lesione della libertà di autodeterminazione negoziale
L'Adunanza Plenaria, interrogata sulla questione in esame, ha accolto la tesi ampliativa. Le ragioni poste a fondamento della decisione si basano su una rilettura moderna, innovativa ed evolutiva della ratio e della portata della responsabilità precontrattuale.
Infatti, partendo proprio dalle ragioni storiche che hanno condotto il legislatore del codice del 1942 ad introdurre la disciplina della culpa in contrahendo, si osserva un radicale mutamento della ratio ispiratrice della materia. In origine, il fondamento degli artt. 1337 e 1338 c.c.era rappresentato dalla tutela della solidarietà corporativa, tesa a salvaguardare l'interesse statale alla conclusione di un negozio valido. Invece, con l'avvento della Costituzione, e la valorizzazione del principio solidaristico ex art. 2 Cost., tutte le clausole generali, compresa quella di cui all'art. 1337 c.c.non possono che essere interpretate alla luce della tutela della persona. Pertanto, la scorrettezza precontrattuale lede la libertà di autodeterminazione negoziale dell'individuo e non l'interesse statuale alla conclusione del contratto. Tanto è confermato anche dalla tecnica di liquidazione usata per parametrare l'ammontare del danno. Infatti, si afferma che il danno va determinato in base all'interesse negativo, cioè quello a non essere coinvolto in trattative inutili e in certi casi nel c.d. danno differenziale(cioè differenza tra l’utilità economica ricavabile dal contratto effettivamente concluso e il diverso e più vantaggioso contratto che sarebbe stato concluso in assenza dell’altrui scorrettezza) e non anche all'interesse positivo, inteso come l'utilità astratta che sarebbe derivata, se il contratto fosse stato concluso.
Dunque, sulla base di tali considerazioni l'Adunanza Plenaria smonta l'argomento principe della tesi restrittiva, e cioè la necessaria sussistenza di una trattativa individuale con la p.a.. La lesione della libertà di autodeterminazione negoziale, infatti - correlata alla tutela del principio di buona fede e correttezza comportamentale - non necessita dell'istaurazione di una tradizionale fase di trattativa, e va oltre la comune ipotesi del recesso ingiustificato. In altre parole, "l’attuale portata del dovere di correttezza è oggi tale da prescindere dall’esistenza di una formale “trattativa” e, a maggior ragione, dall’ulteriore requisito che tale trattativa abbia raggiunto un livello così avanzato da generare una fondata aspettativa in ordine alla conclusione del contratto".6
A questo punto si evidenzia come tali considerazioni siano supportate da una folta casistica giurisprudenziale, in cui la violazione del dovere di correttezza si correla non tanto alla conclusione di un contratto (valido), ma alla lesione del diritto alla libertà di autodeterminazione variamente determinata.
Si consideri, ad esempio, la responsabilità derivante dalla conclusione di un contratto valido ma sconveniente a causa del comportamento scorretto della controparte (che abbia taciuto circostanze rilevanti che avrebbero dovuto essere rese note, dovendosi, in tal caso, determinare il quantum, alla stregua del c.d. "danno differenziale" prima indicato). In particolare, poi, si osservi l'ipotesi della responsabilità da contatto sociale qualificato, che a prescindere dall'esistenza di un negozio o di una trattativa, comporta la responsabilità del professionista tenuto al rispetto di obblighi di protezione e salvaguardia nei confronti del privato, in virtù del principio generale di buona fede.
A maggior ragione, non può dubitarsi dell'esistenza di un ragionevole affidamento nascente dal contatto del quisque de populo, conun soggetto qualificato quale la pubblica amministrazione. In questo passaggio, la sentenza sembra superare anche il dibattito relativo alla natura della responsabilità precontrattuale, che veniva ricollegata tanto al generale dovere del neminem laedere ex art. 2043 c.c., tanto alla responsabilità da contatto sociale, che, secondo la ricostruzione maggioritaria, si riconduce nell'ambito della disciplina della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.
La lesione della libertà di autodeterminazione, si pone sempre come comportamento scorretto, lesivo di un diritto soggettivo perfetto da cui deriva pertanto un danno ingiusto risarcibile ex art. 2043 c.c. Ancora, si nota che il danno è risarcibile, financo nei casi in cui sia determinato da un terzo soggetto estraneo al rapporto nato fra le parti contraenti. La pronuncia considera i seguenti casi: 1) "la responsabilità da prospetto non veritiero, riconosciuta non solo (come accadeva in origine)in capo ai soggetti (società e amministratori in primo luogo) da cui promana il documento informativo rivelatosi falso o inattendibile, ma anche in capo agli intermediari finanziari (terzi rispetto alla trattativa e al futuro contratto di acquisto delle azioni)che sottoscrivano il prospetto accreditandolo presso gli investitori. 2.) Similmente, la responsabilità precontrattuale del terzo estraneo alla trattativa è stata ravvisata con riferimento alle c.d. lettere di patronage deboli, aventi contenuto meramente informativo (ad es. circa l’esistenza della posizione di influenza e circa le condizioni patrimoniali, economiche e finanziarie del patrocinato). Il patrocinante viene, infatti, ad inserirsi nello svolgimento di trattative avviate tra altri soggetti proprio al fine di agevolarne la positiva conclusione, creando così ragionevoli aspettative sul buon esito dell’operazione; la sua posizione è quindi ben diversa da quella di un terzo che “accidentalmente” venga ad interferire in una vicenda precontrattuale a lui estranea, e tale diversità è sufficiente a giustificare l’applicazione di quelle regole di diligenza, di correttezza e di buona fede, dettate proprio al fine di evitare che gli interessi di quanti partecipano alle trattative possano essere pregiudicati da comportamenti altrui scorretti (art. 1337 cod. civ.) o anche negligenti (art. 1338 cod. civ.). 3) In questa prospettiva, merita di essere segnalata anche la giurisprudenza che ha riconosciuto la responsabilità civile della società di revisione per erronea certificazione dello stato patrimoniale di una società (compiuta su incarico di quest’ultima) nei confronti di acquirenti di quote societarie, che non avrebbero stipulato il contratto, ove avessero conosciuto il reale ed inferiore valore della società"
Dall'evidenziato percorso dottrinale e giurisprudenziale, deriva l'ampliamento della responsabilità da comportamento scorretto anche alla p.a. In dettaglio, la base giuridica che consentirebbe di imporre anche in capo alla p.a. l'obbligo del rispetto dei principi di buona fede, correttezza, e legittimo affidamento, si ricaverebbe da una molteplicità di norme. L'art. 97 Cost. nel garantire l'imparzialità e il buon andamento, delinea un modello di p.a., teso al rispetto dei principi di correttezza e buona amministrazione.
L’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 impone che l’attività amministrativa segua i principi dell’ordinamento comunitario, tra i quali assume un rilievo primario la tutela dell’affidamento legittimo, come confermato anche dalla Corte di Giustizia dell'unione Europea. Di recente, si deve tener conto anche delle riforme sulla semplificazione e trasparenza dell’attività amministrativa, ex l. n. 124 del 2015, intervenuta, sui presupposti del potere di autotutela, che deve confrontarsi con l’affidamento del privato rispetto a un precedente provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica. (cfr. art. 21-nonies, comma 1, l. n. 241 del 1990). In questo quadro, il Consiglio di Stato cita anche la responsabilità per danno da ritardo ex art. 2 bis c. 1 bis l. 241/1990 che rappresenta proprio un esempio positivo (peraltro di recente introduzione accanto alla diversa figura dell'indennizzo automatico) di responsabilità da comportamento scorretto della p.a. agganciata alla lesione della libertà negoziale, in spregio alle impostazioni che ritenevano, tale danno, non risarcibile. Infine, l'argomento civilistico utilizzato dall'ordinanza di rimessione, relativo alla pretesa inapplicabilità dell'art. 1328 c.c. (indennizzo in caso di revoca della proposta, dopo l'inizio di esecuzione) non può assumere rilevanza ai fini del dibattito in esame, in quanto si tratta della diversa ipotesi di responsabilità da atto lecito, da cui consegue un mero indennizzo, e non una responsabilità da fatto illecito da cui deriva invece il risarcimento, in funzione rimediale, riparatoria o ripristinatoria.
5. La struttura e il regime della responsabilità precontrattuale della p.a.
In conclusione, può allora affermarsi che a) anche nel procedimento ad evidenza pubblica la p.a. è tenuta al rispetto dei principi di buona fede e correttezza, che operano in maniera sinergica con le regole pubblicistiche, senza che possa darsi una netta separazione fra le due fasi; b) la responsabilità della p.a. derivante dalla lesione della libertà di autodeterminazione si configura anche prima e prescindere dall'aggiudicazione, in particolare, non solo per comportamenti anteriori al bando (con riferimento alle ipotesi in cui l’amministrazione ha fatto sì che il bando venisse pubblicato nonostante fosse conosciuto o conoscibile che non vi erano i presupposti indefettibili), ma anche per quelli successivi che risultino contrari ai doveri di buona fede e correttezza. In punto di giurisdizione, la domanda di risarcimento, pur avendo ad oggetto un diritto soggettivo, non può che essere attribuita alla giurisdizione esclusiva del g.a. stante il dettato dell'art. 133 c.1 lett. e) n.1 che attrae anche le controversie risarcitorie in materia di procedure di affidamento di lavori servizi e forniture.
La limitazione, prospettata dall’ordinanza di rimessione, a lungo sostenuta, introduce, limitazioni di responsabilità, che non trovano fondamento normativo e che contrastano con l’atipicità che caratterizza l’illecito civile. L'atipicità, conduce la plenaria ad affermare che l'illecito civile è "un illecito a forma libera e causalmente orientato"7 mutuando una nozione di carattere penale. La responsabilità, assimilata, come in precedenza osservato, a quella del danno da ritardo, può allora essere ricostruita sulla base della fattispecie generale dell'art. 2043 c.c.. Questa considerazione, cancella anche l'imbarazzo creato dalla tesi della responsabilità da contatto sociale qualificato, sia quanto ai dubbi di ammissibilità che a quelli ricostruttivi. In dettaglio essa si configura secondo la plenaria, nei termini seguenti: "affinché nasca la responsabilità dell’amministrazione non è sufficiente che il privato dimostri la propria buona fede soggettiva (ovvero che egli abbia maturato un affidamento incolpevole circa l’esistenza di un presupposto su cui ha fondato la scelta di compiere conseguenti attività economicamente onerose). Oltre alla puntuale verifica dell’esistenza dell’affidamento incolpevole, occorrono gli ulteriori seguenti presupposti: a) che l’affidamento incolpevole risulti leso da una condotta che, valutata nel suo complesso, e a prescindere dall’indagine sulla legittimità dei singoli provvedimenti, risulti oggettivamente contraria ai doveri di correttezza e di lealtà; b) che tale oggettiva violazione dei doveri di correttezza sia anche soggettivamente imputabile all’amministrazione, in termini di colpa o dolo. Significativo, sotto tale profilo, lo spunto offerto, ai fini di una ricostruzione sistematica della responsabilità da comportamento scorretto, dal già richiamato art. 2-bis legge n. 241 del 1990, che, nel tipizzare uno specifico caso di scorrettezza procedimentale (il ritardo), ha espressamente previsto che l’inosservanza del termine (comportamento oggettivamente scorretto) è fonte di responsabilità solo se ne risulti il carattere doloso e colposo. È evidente, in tale previsione normativa, il richiamo all’art. 2043 c.c. e al relativo regime probatorio; c) che il privato provi sia il danno-evento (la lesione della libertà di autodeterminazione negoziale), sia il danno-conseguenza (le perdite economiche subite a causa delle scelte negoziali illecitamente condizionate), sia i relativi rapporti di causalità rispetto alla condotta scorretta che si imputa all’amministrazione. Occorre, dunque, che dimostri che il comportamento scorretto dell’amministrazione ha rappresentato, secondo la logica civilistica del “più probabile che non”, la condicio sine qua non della scelta negoziale rivelatasi dannosa e, quindi, del pregiudizio economico di cui chiede il risarcimento. In altri termini, il privato deve fornire la prova che quelle scelte negoziali non sarebbero state compiute ove l’amministrazione si fosse comportata correttamente."
Al fine di valutare tali elementi, l'Adunanza offre alcuni spunti da tenere in debito conto: "a titolo esemplificativo, si può, tuttavia, evidenziare la necessità di valutare con particolare attenzione in sede applicativa i seguenti profili, che rappresentano significativi sintomi in grado di condizionare il giudizio sull’esistenza dei sopra richiamati presupposti della responsabilità: a) il tipo di procedimento di evidenza pubblica che viene in rilievo (anche tenendo conto dei diversi margini di discrezionalità di cui la stazione appaltante dispone a seconda del criterio di aggiudicazione previsto dal bando); b) lo stato di avanzamento del procedimento rispetto al momento in cui interviene il ritiro degli atti di gara; c) il fatto che il privato abbia partecipato al procedimento e abbia, dunque, quanto meno presentato l’offerta (in assenza della quale le perdite eventualmente subite saranno difficilmente riconducibili, già sotto il profilo causale, a comportamenti scorretti tenuti nell’ambito di un procedimento al quale egli è rimasto estraneo); d) la conoscenza o, comunque, la conoscibilità, secondo l’onere di ordinaria diligenza richiamato anche dall’art. 1227, comma 2, cod. civ., da parte del privato dei vizi (di legittimità o di merito) che hanno determinato l’esercizio del potere di autotutela (anche tenendo conto del tradizionale principio civilistico, secondo cui non può considerarsi incolpevole l’affidamento che deriva dalla mancata conoscenza della norma imperativa violata); e) la c.d. affidabilità soggettiva del privato partecipante al procedimento (ad esempio, non sarà irrilevante verificare se avesse o meno i requisiti per partecipare alla gara di cui lamenta la mancata conclusione o, a maggior ragione, l’esistenza a suo carico di informative antimafia che avrebbero comunque precluso l’aggiudicazione o l’esecuzione del contratto)".
Note e riferimenti bibliografici
1. In questi termini, Cassazione n. 12313/2005 secondo cui "se non è configurabile una responsabilità precontrattuale, per violazione del dovere di correttezza di cui all'art. 1337 cod. civile rispetto al procedimento amministrativo strumentale alla scelta del contraente, essa è configurabile con riguardo alla fase successiva alla scelta, in cui il recesso dalle trattative dell'ente, è sindacabile sotto il profilo della violazione del dovere del neminem laedere, ove sia venuto meno, ai doveri di correttezza, lealtà e diligenza, in rapporto anche all'affidamento ingenerato nel privato circa il perfezionamento del contratto."
2. Cosi, nel caso affrontato dal Consiglio di Stato Sezione V, sentenza del 7.09.2009 n. 5245 cui si rinvia per la massima a questo Link.
3. Cons. Stato Sez. VI, Sent., n. 4236 e n. 5638 del 2012; Cons. di Stato, sez. 5. n. 3831/013.
4. In proposito, Cassazione Civile sez. I 12 maggio 2015 n. 9636 e 3 luglio 2014 n. 15260.
5. Cons. di Stato sez. III ordinanza 24 Novembre 2017 n. 5492.
6. Cosi testualmente afferma la pronuncia in esame, Cons. St. A.P. 4 Maggio 2018 n. 5.
7. In questi termini, la sent. nota precedente, proprio per sottolineare l'ampiezza e la varietà delle modalità della condotta che possono determinare l'illecito.