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Pubbl. Sab, 28 Feb 2015

Quali sono i criteri determinativi della competenza del giudice penale? Scopriamo insieme quella per materia

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Matteo Consiglio


Particolarmente complessa è la determinazione della competenza del giudice nel processo penale. Il sistema si compone di quattro criteri, tre codificati e uno ricavato dalla dottrina. Qui, in commento, la disciplina del primo criterio di attribuzione della competenza, quello per materia.


I criteri attributivi della competenza sono criteri che consentono di ripartire la competenza all’interno della giurisdizione penale ordinaria e di predeterminare, in relazione ad ogni fatto penalmente rilevante, l’organo che ne deve prendere cognizione.

Per la giurisdizione ordinaria, i criteri codificati di determinazione del Giudice competente sono tre: 1) criterio della competenza per materia o ratione materiae; 2) criterio attributivo della competenza per territorio o ratione loci; 3) criterio attributivo della competenza per connessione.

Si aggiunge un terzo criterio non codificato che è quello di attribuzione della competenza per funzione, strettamente collegato ai tre codificati, in quanto la funzione presuppone l’accertamento legale dei criteri normativi.

Questi tre criteri hanno pari rilevanza tra loro ed individuano il giudice naturale precostituito per legge, così come richiesto dall’art. 25 della Costituzione, e sono tesi ad evitare conflitti di competenza tra giurisdizioni nei quali un giudice potrebbe sottrarre ad altro giudice, indebitamente, la causa del processo.

Le norme relative ai criteri di attribuzione della competenza sono individuate dagli artt.4 ss. c.p.p.

L’art. 4 espressamente recita: “Per determinare la competenza si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per ciascun reato consumato o tentato. Non si tiene conto della continuazione, della recidiva e delle circostanze del reato, fatta eccezione delle circostanze aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato e di quelle ad effetto speciale.”

In forza di tale disposizione, per individuare la competenza per materia, si indivuano due sotto-criteri:

  • Criterio qualitativo, quando la competenza viene stabilita in ragione del titolo di reato ascritto al reo;
  • Criterio quantitativo, quando la competenza viene stabilita in ragione della quantità della pena edittale stabilita per la violazione di un determinato precetto penale.

L’art. 5 c.p.p. individua la “Competenza della Corte di Assise” e prevede che questa, dovrà essere individuata sia in ragione del criterio qualitativo sia in ragione di quello quantitativo.

La norma individua la competenza della Corte d’Assise attraverso l’elencazione di una serie di casi, quali:

a) “per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione non inferiore nel massimo a ventiquattro anni, esclusi i delitti, comunque aggravati, di tentato omicidio, di rapina, di estorsione e di associazioni di tipo mafioso anche straniere, e i delitti, comunque aggravati, previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309"(1).

Ai sensi della lettera a) si disciplina la distribuzione di competenza di carattere quantitativo. Il resto della norma, invece, disciplina l’attribuzione di competenza alla Corte d’Assise secondo il criterio qualitativo.

b) “per i delitti consumati previsti dagli artt. 579, 580, 584 del codice penale”.

Gli articoli indicati dal legislatore disciplinano rispettivamente: l’omicidio del consenziente, l’istigazione o l’aiuto al suicidio e l’omicidio preterintenzionale ed è necessario che questi pervengano alla consumazione in quanto non rileverebbe il tentativo.

c) “per ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone, escluse le ipotesi previste dagli artt. 586, 588 e 593 del codice penale”.

Gli articoli in questione disciplinano rispettivamente i casi in cui l’evento morte “derivi come conseguenza di altro delitto” non voluta dal colpevole o come conseguenza del reato di “rissa” o dal reato di “omissione di soccorso”.

d) "per i delitti previsti dalle leggi di attuazione della XII disposizione finale della Costituzione, dalla legge 9 ottobre 1967 n. 962 e nel titolo I del libro II del codice penale, sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni”.

La lettera d) tratta dei delitti di riorganizzazione del partito fascista, del delitto di genocidio e i delitti contro la personalità dello stato, salvo che sia prevista “la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni”.

d-bis) “per i delitti consumati o tentati di cui agli articoli 416, sesto comma, 600, 601, 602 del codice penale, nonchè per i delitti con finalità di terrorismo sempre che per tali delitti sia stabilita la pena della reclusione non inferiore nel massimo a dieci anni”.

Gli articoli 416 co.6, 600, 601 e 602 del codice penale disciplinano rispettivamente i reati di riduzione in schiavitù, tratta di persone, acquisto o alienazione di schiavi o appartenenza all’associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei predetti delitti.

L’art. 6 c.p.p., codifica, invece la “competenza del tribunale”:

- “Il tribunale è competente per i reati che non appartengono alla competenza della corte d’assise e del giudice di pace”.

Il tribunale può giudicare sia come giudice monocratico che come giudice collegiale. La competenza è così ripartita:

il tribunale in composizione monocratica, interviene, in via residuale, fuori dei casi previsti per la riserva di collegialità. Tuttavia, è concessa, alla cognizione del tribunale monocratico, competenza per i delitti di produzione e traffico di stupefacenti o psicotrope, purchè non si siano rivelate sostanze aggravanti che fadrebbero ricadere la competenza, ex art. 5 co.1 lett. a), nella competenza della corte d’Assise.

Il tribunale in composizione collegiale, dopo numerose riforme ha acquisito la competenza a giudicare per la categoria dei reati di maggiore allarme sociale con l’esclusione, ovviamente, dei reati la cui competenza spetta alla cognizione della corte d’assise; per la categoria dei reati di criminalità organizzata; per i delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale; per i delitti di immissione o fabbricazione illegale, nel territorio dello Stato, di armi da guerra; per i delitti di attentato; per i delitti di violenza sessuale; per l’interruzione volontaria della gravidanza; per la discriminazione razziale, etnica e religiosa.

Per quanto riguarda, invece, la competenza del giudice di pace, si ritiene che siano devoluti alla sua cognizione tutti quei reati previsti dal codice penale o da leggi speciali per i quali non sono riconosciuti particolari problemi di interpretazione e quindi per i quali non sembrano richieste indagini o valutazioni complesse. Possono essere riportati per via sommaria ed a titolo esemplificativo: i delitti, consumati o tentati, di percosse, di lesioni personali, di omissione di soccorso, di diffamazione.

 

 

1) Il D.P.R. 309/1990, disciplina la materia degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope.