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Pubbl. Gio, 19 Feb 2015

Unioni gay: il parere della Cassazione

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Alessia Gargione


La Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso di una coppia gay, affronta il tema delle unioni omosessuali e delle leggi antidiscriminatorie a tutela delle diversità.


Recentemente la Suprema Corte di Cassazione ha avuto la possibilità di esprimersi riguardo le unioni omosessuali, indicando quanto sia importante intervenire per accordare e garantire loro i diritti fondamentali della persona sia come singoli che "nelle formazioni sociali" ove si svolge la loro personalità.

La questione si è presentata a seguito del ricorso di una coppia gay che, chiedendo di sposarsi presso di comune di Roma, aveva richiesto la pubblicazione delle nozze, negate dall'ufficiale di stato civile.  

Con sentenza n. 2400 del 9 febbraio 2015, la Corte ha rigettato il ricorso affermando che “nel nostro sistema giuridico di diritto positivo il matrimonio tra persone dello stesso sesso è inidoneo a produrre effetti perché non previsto tra le ipotesi legislative di unione coniugale”. L’assenza in Italia di una legge che preveda nozze omosessuali non comporta quindi la “violazione del canone antidiscriminatorio”, fortemente contrastato in sede Europea, laddove nel Trattato di Amsterdam, all'art. 13, è previsto che "(..) fatte salve le altre disposizioni del presente Trattato e nell’ambito delle competenze da esso conferite alla Comunità, il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali.".

E' stata ravvisata la tutela di queste realtà tramite l'adozione di uno “statuto protettivo”, per altro già “azionabile”, con diritti e doveri delle coppie di fatto. I giudici di piazza Cavour, infatti, nella motivazione hanno sollecitato un intervento legislativo al fine di assicurare la piena attuazione dell'art. 2 della Costituzione, per dare riconoscimento ad "un nucleo comune di diritti e doveri di assistenza e solidarietà propri delle relazioni affettive di coppia" poiché queste si inseriscono "nell'alveo delle formazioni sociali dirette allo sviluppo, in forma primaria, della personalità umana". Punto di vista non del tutto nuovo, essendo molto simile a quello espresso dalla Coste Costituzionale in una delle ultime sentenze dell'anno appena terminato (la n. 170 del 2014).

Ricordiamo che l'Italia è sicuramente tra i paesi Europei meno evoluti sul riconoscimento delle unioni gay, e in generale sulle leggi antidiscriminatorie. Negli altri paesi membri dell'Unione Europea legislazioni a favore della piena parità dei diritti e delle unioni civili per gli omosessuali, sono ormai datate, come in Olanda, dove le leggi antidiscriminatorie hanno trovato attuazione già nel lontano 1992 (seguite poi dalle legislazioni sul matrimonio e sulla possibilità di adozione). Il raffronto con la vicina (soprattutto culturalmente) Spagna, in questi casi, si fa "imbarazzante": ben dieci anni fa, nel 2005, venivano approvate le leggi che consentono il matrimonio e le adozioni per le coppie omosessuali.

Per avvalorare la loro tesi, i giudici della Cassazione hanno fatto riferimento, infine, alla Carta dei Diritti Fondamentali dell'Ue osservando che "l'articolo 12, ancorché formalmente riferito all'unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo".
Gli Stati, quindi, possono regolarsi con ampia autonomia sul tema delle nozze gay.

"Nell'art. 8 - prosegue ancora il verdetto - che sancisce il diritto alla vita privata e familiare, è senz'altro contenuto il diritto a vivere una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso protetta dall'ordinamento, ma non necessariamente mediante l'opzione del matrimonio per tali unioni".
Le coppie omosessuali, in quanto coppie di fatto, possono "acquisire un grado di protezione e tutela equiparabile a quello matrimoniale in tutte le situazioni nelle quali la mancanza di una disciplina legislativa determina una lesione di diritti fondamentali scaturenti" da tali relazioni.