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Pubbl. Lun, 12 Feb 2018

Pegno mobiliare non possessorio: caratteristiche e procedura di escussione della garanzia

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Manuel Mattia


Caratteristiche della nuova garanzia reale introdotta nel nostro ordinamento con lo scopo di agevolare la concessione di finanziamenti alle imprese.


Sommario: 1. Introduzione. 2. Nozione e fonte normativa. 3. Caratteristiche tipiche. 4. Parti contrattuali. 5. Oggetto. 6. Requisiti di forma. 7. Procedura di escussione della garanzia.

1. Introduzione.

Con il Decreto Legge n. 59/2016, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale in data 03/05/2016, è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto del pegno non possessorio, una nuova forma di garanzia speciale rispetto l’ordinario pegno regolato dal Codice Civile.

Questa particolare garanzia è stata introdotta al fine di incentivare i finanziamenti alle imprese ed all’attività d’impresa, agevolando nel contempo il recupero del credito da parte del finanziatore/creditore.

2. Nozione e fonte normativa.

Con il pegno possessorio, due parti stipulano un accordo mediante il quale la parte debitrice costituisce un pegno su un proprio bene mobile, a garanzia di un credito concesso dalla parte creditrice direttamente al debitore o ad un terzo, senza che intervenga lo spossessamento del bene in favore del creditore.

E’ una garanzia reale che si costituisce su di uno specifico bene mobile: nelle fattispecie concrete che va a regolare questo istituto, generalmente tali beni consisteranno in beni aziendali (es. automobili, macchinari, etc.) concessi in pegno dall’imprenditore [si veda successivo par. 5.].

La fonte normativa che disciplina nello specifico il contratto di pegno non possessorio è l’art. 1 del Decreto Legge n. 59 del 3/05/2016, convertito, con modificazioni dalla Legge n. 119 del 30/06/2016.

3. Caratteristiche tipiche.  

a) Caratteristica principale di questo tipo di garanzia reale su bene mobile è il mancato spossessamento del bene in favore del creditore: quest’ultimo, infatti, beneficerà di pegno su di un determinato bene mobile, senza tuttavia entrarne materialmente in possesso. Tale pegno è espressamente qualificato come “non possessorio” al comma 1 e nei successivi commi dell’art. 1 D.L. n. 59/16.

b) Sempre a mente del comma 1, inoltre, il credito garantito con pegno non possessorio dev’essere “inerente l’esercizio d’impresa”.

c) Il bene per cui si costituisce il pegno dev’essere “collegato” all’esercizio d’impresa dell’imprenditore costituente il pegno. Il comma 2 precisa, infatti, che il pegno non possessorio può essere costituito su beni mobili “destinati all'esercizio dell'impresa e sui crediti derivanti da o inerenti a tale esercizio”.  

d) Le parti contrattuali hanno facoltà di inserire nel contratto il c.d. “patto di rotatività” ex comma 2 secondo capoverso. Esso consiste nella facoltà del creditore di autorizzare il debitore a trasformare od alienare il bene oggetto di pegno, e che, conseguentemente, la garanzia si trasferisca sul prodotto risultante dalla trasformazione o sul corrispettivo dell’alienazione (altro bene o somma di denaro), senza che ciò comporti costituzione di nuova garanzia. Il presupposto affinché tali operazioni (trasformazione o alienazione) possano validamente attivare il patto di rotatività, è che venga rispettata la destinazione economica del bene oggetto di pegno non possessorio.

Resta salva la possibilità per il creditore pignoratizio di promuovere azioni conservative o inibitorie nel caso di abuso nell'utilizzo dei beni da parte del debitore o del terzo concedente il pegno (ultimo capoverso comma 2).

La ratio di questa tutela offerta al creditore sarebbe quella di garantire la c.d. “custodia utile” del bene, al fine di evitarne ad esempio la distruzione o il deprezzamento.

Le azioni che il creditore avrebbe a disposizione sono:
- sequestro conservativo (in funzione dell’esecuzione forzata in autotutela di cui al 7° comma);
- provvedimento di urgenza ex art. 700 c.p.c. con obbligo di fare o non fare;
- ricorso cautelare per accertamento tecnico preventivo ex art. 696 c.p.c. sullo stato del bene oppignorato.

e) Da ultimo, ai fini dell’operatività del pegno non possessorio, ai sensi del comma 4 del citato Decreto Legge è necessario che le parti stipulino contratto di pegno non possessorio e che, successivamente, provvedano ad iscrivere la garanzia in apposito registro pubblico informatizzato.

4.  Parti contrattuali.

La parte contrattuale costituente il pegno dev’essere un imprenditore iscritto nel registro delle imprese. La norma non specifica se l’imprenditore debba essere iscritto nella sezione ordinaria o speciale del registro. Pertanto, si ritiene che possano costituire il pegno in questione sia gli imprenditori commerciali di cui all’art. 2195 c.c., sia ad esempio gli imprenditori agricoli, i piccoli imprenditori, le società tra avvocati e le start-up.

La norma ammette la concessione del finanziamento non soltanto in favore direttamente del debitore-contraente, ma anche in favore di un terzo (comma 1). A differenza del debitore contraente, non sembra che il “terzo finanziato” debba essere necessariamente un imprenditore iscritto nel Registro delle Imprese.

Il garante, ossia il costituente pegno, può essere tanto il debitore-imprenditore quanto un terzo.

Per quanto attiene al creditore pignoratizio, ossia alla parte contrattuale beneficiaria del pegno, si ritiene che egli, generalmente, sarà una banca, seppur non necessariamente, potendo essere utilizzato il pegno non possessorio anche nelle operazioni di finanziamento non bancario.[1]

5. Oggetto.

Ai fini dell’individuazione del bene mobile, presupposto essenziale è la destinazione del bene all’esercizio dell’attività d’impresa, ovvero, se si tratta di pegno su credito, l’inerenza del credito all’esercizio dell’attività d’impresa. Inoltre, i beni mobili oggetto di pegno non possessorio “possono essere esistenti o futuri, determinati o determinabili anche mediante riferimento a una o piu' categorie merceologiche o a un valore complessivo” (comma 2).

Possono costituire oggetto di pegno ai sensi del comma 2 dell’art. 1 del citato Decreto legge:

- beni mobili materiali, ossia entità patrimoniali attive che formano l’azienda ex art. 2555 c.c. Secondo un orientamento dottrinale[2], si ritiene possano formare oggetto di pegno non possessorio anche universalità di mobili di proprietà dell’imprenditore (es. collezioni, pinacoteche etc);

- beni mobili immateriali[3], ossia diritti di proprietà industriale, diritti d’autore etc.

- crediti rientranti nell’attivo circolante, nelle immobilizzazioni finanziarie, ed in generale facenti parte delle poste attive del bilancio, inclusi i crediti aventi ad oggetto prestazioni di dare e di fare. Sarebbero da escludere invece i crediti vs soci per versamenti ancora dovuti.

- partecipazioni sociali[4], sia di società di capitali, sia di società di persone (per queste ultime, conf. Cass. Civ., n. 15605/2002).

Non possono invece costituire oggetto di pegno:

- beni mobili registrati (auto, navi, etc)

6. Requisiti di forma.

Ai fini della valida costituzione di pegno non possessorio, è necessario che tale garanzia venga prestata mediante contratto avente forma scritta ab substantiam a pena di nullità, in conformità al comma 3 dell’art. del citato Decreto Legge[5].

Inoltre, ai fini dell’efficacia verso terzi del pegno non possessorio, è necessaria l’iscrizione del relativo contratto in un apposito registro informatizzato tenuto presso l’Agenzia delle Entrate (c.d. “registro dei pegni possessori”, comma 4, D.L. cit. [6]; al momento, tuttavia, tale registro ancora non è entrato in funzione).

La natura dell’efficacia dell’iscrizione nel registro sarebbe dubbia. Si propende per l’efficacia costitutiva in luogo di quella dichiarativa, in analogia alle previsioni dettate per l’ipoteca (v. artt. 2847 e 2882 c.c.)[7]

Per quanto riguarda il diritto di prelazione, vige la regola, di matrice statunitense, del first to file: al di là del momento in cui si perfeziona il contratto costitutivo, colui che iscrive per primo il pegno nel registro prevale sugli altri creditori e può validamente opporlo nei confronti dei terzi e nelle procedure esecutive e concorsuali (cfr comma 4°).

Eccezione alla regola di cui sopra è contemplata al comma 5°, secondo cui il creditore che ha costituito ed iscritto nel predetto registro pegno non possessorio, anche anteriormente, non può opporlo a chi ha finanziato l’acquisto del medesimo bene da parte dell’impresa, a patto che su tale bene vi sia riserva di proprietà o sia costituito pegno anche non possessorio in favore del finanziatore.

7. Procedura di escussione della garanzia.

L’art. 1 del citato Decreto legge ai commi 7, 7-bis e 7-ter disciplina anche la procedura di escussione della garanzia da parte del creditore pignoratizio, nelle ipotesi in cui il debitore non consegni spontaneamente il bene oggetto di pegno non possessorio.

Innanzitutto il presupposto è il verificarsi di un evento che determina l’escussione in autotutela del pegno. La legge non determina espressamente il tipo di evento, ma secondo la dottrina quest’ultimo può essere collegato a:
- inadempimento;
- decadenza dal beneficio del termine;
- apertura di una procedura di insolvenza;
- altre ipotesi previste nell’accordo delle parti.

Alla procedura coattiva si applica il modello dell’esecuzione per consegna o rilascio di cui agli artt. 605 e ss. c.p.c. in quanto compatibili.

I. La procedura inizia con la notifica da parte del beneficiario del pegno di un’intimazione a) al debitore e b) eventualmente al terzo concedente, e previo avviso scritto a) agli eventuali titolari di pegno non possessorio e b) al debitore del credito oggetto di pegno;

II. Decorsi 15 giorni dalla notifica di cui al punto I senza che il debitore spontaneamente abbia consegnato il bene al creditore-beneficiario, quest’ultimo dovrà servirsi dell’ufficiale giudiziario per poter apprendere materialmente il bene pignorato. Soprattutto nel caso di trasformazione ex comma 2 dei beni pignorati, ai fini dell’identificazione l’U.G., su istanza del creditore, potrà servirsi di esperti stimatori o commercialista da lui scelti.

III. Ai sensi del comma 7, appreso il bene, il creditore può procedere:

- alla vendita del bene, salvo l’obbligo del creditore di restituire l’eventuale eccedenza[8] (lett. a);
- alla escussione o cessione dei crediti oggetto di pegno (lett. b);
- alla locazione del bene oggetto di pegno, se previsto nel contratto e iscritto nel registro (lett. c);
- alla appropriazione del bene oggetto di pegno, se previsto nel contratto e iscritto nel registro (lett. d).

In tutte e quattro le ipotesi, il creditore deve darne tempestiva comunicazione al datore della garanzia.

IV. Entro 5 giorni dalla notifica (non sembra essere tuttavia termine posto a pena di decadenza) sia il debitore che l’eventuale terzo concedente il pegno possono proporre opposizione all’escussione del pegno. La procedura segue il rito sommario di cognizione ex art. 702-bis c.p.c. L’opponente può chiedere al giudice di concedere l’inibitoria ai fini di bloccare l’escussione, ove sussistano gravi motivi. Il provvedimento non sembra essere reclamabile, non essendo espressamente prevista tale possibilità.

Inoltre, ai sensi del comma 9, entro tre mesi dalla comunicazione di cui alle lett. a, b, c, d, del comma 7 (anche in questo caso non sembra essere un termine posto a pena di decadenza), il debitore può proporre azione risarcitoria nei confronti del creditore laddove quest’ultimo agisca in violazione delle modalità e criteri previsti per le singole forme di escussione.

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] Filippo Murino, Prime considerazioni sul c.d.  pegno non possessorio, in “Banca Borsa Titoli di Credito, fasc. 2, 2017”, pag. 231.
[2] Ibidem.
[3] Vi sarebbe un problema di coordinamento con le altre norme dell’ordinamento disciplinanti le garanzie costituite su determinati beni mobili. In particolare, per quanto riguarda le garanzie sulla proprietà industriale, queste continuerebbero ad essere regolate dal c.p.i. (specialmente per quanto riguarda la disciplina della pubblicità) in quanto il Codice sarebbe norma speciale rispetto alla più generale disciplina del pegno non possessorio; in ogni caso, nella norma di riferimento (art. 1 D.l 59/16) vi è solo un richiamo all’applicazione, in quanto compatibili, delle norme del c.c. dettate per disciplinare il pegno ordinario, mentre alcun riferimento vi è al c.p.i. Quanto detto, tuttavia, non varrebbe per la proprietà industriale non titolata (es. marchio di fatto): in questi casi si applicherebbe la disciplina del pegno non possessorio.
[4] Secondo un orientamento della Cassazione (Cass. Civ., n. 934/1997, in particolare con riferimento alla quota di s.n.c Cass. Civ. sez. I, 13 settembre 2007, n. 19161 per quanto riguarda invece le quote di s.r.l.) le partecipazioni sociali sarebbero da classificare come beni immateriali.
[5] Secondo un orientamento dottrinale, ai fini della nullità, oltre la mancanza di forma scritta inciderebbe anche la mancanza delle indicazioni contenute nel comma 3°. Cfr ibidem.
[6] Vi sarebbero dubbi circa l’applicazione della disciplina qui in esame per quanto riguarda i beni oggetto di pegno soggetti a diversa pubblicità legale (cioè soggetti ad un differente registro pubblico). Secondo una dottrina, essendo esclusivamente un problema di pubblicità legale, tale diversità di pubblicità non osta all’applicazione della disciplina qui in esame. Altra dottrina, tuttavia, precisa che i beni oggetto di diversa pubblicità legale non possono essere iscritti nel registro dei pegni non possessori, pur ammettendone l’assoggettamento alla disciplina sostanziale del pegno non possessorio.
[7] Ibidem.
[8] Secondo la dottrina (cfr. ibidem), l’obbligo di restituzione dell’eccedenza vale anche per le altre modalità di escussione in autotutela della garanzia pignoratizia, onde evitare l’ingiustificato arricchimento.