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Pubbl. Mar, 2 Gen 2018

Appropriazione indebita di denaro: è necessario violare la destinazione prevista dal proprietario

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Barbara Druda


La Cassazione penale, con sent. n. 50672 del 24.10.2017, ha ribadito che per aversi appropriazione indebita di denaro è necessario che il soggetto attivo destini la somma ad uno scopo diverso rispetto a quello predeterminato dal proprietario della stessa.


SOMMARIO: 1. Il fatto; 2. Il delitto di appropriazione indebita; 3. Appropriazione indebita di somme di denaro.

1. Il fatto

La sentenza della Cassazione penale, sez. II del 24.10.2017 n. 50672 riguarda un caso che vede come imputata la comproprietaria di un immobile concesso in locazione che aveva incassato l’intero canone senza versare alla contitolare del diritto la quota di sua spettanza.

L’imputata, processata per il delitto di appropriazione indebita, veniva assolta sia in primo che in secondo grado e la Cassazione, con la sentenza in esame, dichiarava inammissibili i ricorsi presentati dalla parte civile e dal Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Taranto.

2. Il delitto di appropriazione indebita

Il delitto di appropriazione indebita di cui all’art. 646 c.p. si configura quando un soggetto, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso.

Il bene giuridico tutelato viene individuato dalla dottrina maggioritaria nell’interesse del proprietario al rispetto del vincolo di destinazione del bene, vincolo che può originare tanto da una fonte pubblicistica quanto da una fonte privatistica[1].

Presupposto necessario ai fini della configurazione del delitto de quo è che il soggetto agente abbia il possesso di un bene altrui. Vi è da specificare che il possesso è da intendersi non nel senso civilistico del termine ma, più genericamente, come relazione materiale con la res idonea a consentire al soggetto attivo di esercitare su di essa un autonomo potere di fatto.

Con riguardo alla condotta delittuosa di appropriazione, questa si compone di due momenti. Il primo ha carattere negativo e consiste nell’espropriazione, ossia nell’esclusione del proprietario. Il secondo momento, invece, ha carattere positivo e si identifica nell’impossessamento: viene attuata la cd. interversio possessionis per cui il soggetto inizia a possedere la cosa come se ne fosse il proprietario. La dottrina e la giurisprudenza hanno individuato diverse forme di appropriazione tra cui, ad esempio, l’alienazione del bene, la sua consumazione oppure la distrazione.

Per quanto concerne l’elemento soggettivo, a livello di fatto tipico è inserito il dolo specifico, infatti, il soggetto attivo deve agire perseguendo la specifica finalità di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto che, come sottolineato dalla giurisprudenza, può identificarsi anche in vantaggi non economici[2]. A livello di colpevolezza, invece, è necessario il dolo, infatti, trattandosi di delitto, ai fini della punibilità anche a titolo di colpa è necessaria un’espressa previsione legislativa che nel caso dell’art. 646 c.p. manca. 

3. Appropriazione indebita di somme di denaro

Nella sentenza oggetto di analisi la Cassazione si occupa della specifica ipotesi in cui il delitto di appropriazione indebita abbia ad oggetto somme di denaro.

La Corte anzitutto sottolinea che il denaro, nonostante sia un bene fungibile, possa essere trasferito ad un soggetto senza che questo ne acquisti la proprietà, ben potendo venirsi a creare in capo a costui una situazione di solo possesso. Ciò accade, ad esempio, nel caso in cui la somma sia oggetto di deposito oppure nell’ipotesi in cui il destinatario possa utilizzarla con limitazioni o nel rispetto delle direttive impartite dal proprietario.

Appurato che il delitto di cui all’art. 646 c.p. possa avere ad oggetto anche beni fungibili, la Cassazione ha specificato che in tal caso, ai fini del perfezionamento della fattispecie, non è sufficiente il mero inadempimento dell’obbligo di restituire una somma di denaro, ma è necessario che il soggetto attivo utilizzi la stessa per perseguire scopi diversi da quelli predeterminati dal reale proprietario, rompendo così il vincolo fiduciario che lo lega ad esso.

Alla luce di quanto sopra, la Cassazione ha quindi escluso che nel caso sottoposto al suo esame possa configurarsi il delitto di appropriazione indebita. Infatti, la comproprietaria parte civile non solo non aveva mai sottoscritto il contratto di locazione, ma non aveva mai incaricato l’imputata di procedere alla riscossione dell’intero canone con successivo obbligo di versamento della quota in suo favore.  

 

Note e riferimenti bibliografici

[1] S. Canestrari, L. Cornacchia et al., Diritto penale. Lineamenti di parte speciale, V ed., Noceto (PR) 2009, p. 674.
[2] Ex pluribus Cass., sez. III, 30/04/2014, n. 18027.