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Pubbl. Dom, 24 Dic 2017

Notizie di reato e non reato: la Circolare della Procura della Repubblica di Roma

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Nicola Galati


Le direttive del procuratore Pignatone sull´iscrizione delle notizie di reato.


Nelle scorse settimane ha ottenuto notevole attenzione mediatica la circolare del Procuratore della Repubblica di Roma, Dott. Giuseppe Pignatone, circa l’iscrizione delle notizie di reato.

La Circolare n. 3225/17, datata 2 ottobre 2017, avente ad oggetto l’osservanza delle disposizioni relative all’iscrizione delle notizie di reato, contiene le direttive volte ad attuare la novella introdotta dalla legge 103/2017.

La cosiddetta “riforma Orlando” (dal nome dell’attuale Ministro della Giustizia), entrata in vigore nello scorso mese di agosto, ha infatti modificato gli artt. 1, co. 2, e 6, co. 1, del D. Lgs. 106/2006, riguardanti, rispettivamente, le attribuzioni del Procuratore della Repubblica e l’attività di vigilanza del Procuratore Generale presso la Corte di Appello.

A seguito dell’intervento riformatore, il Procuratore della Repubblica assicura, oltre che “il corretto, puntuale ed uniforme esercizio dell’azione penale”, anche “l’osservanza delle disposizioni relative all’iscrizione delle notizie di reato”.

Così come è stata estesa anche all' “osservanza delle disposizioni relative all'iscrizione delle notizie di reato” l’attività di vigilanza del Procuratore Generale.

La Circolare, quindi, ha il fine di recepire tale disposizione alla luce delle peculiarità organizzative della Procura di Roma (che ogni anno riceve oltre 350.000 notizie di reato), indicando le direttive da seguire al momento dell’iscrizione della notizia di reato negli appositi registri.

Innanzitutto, si puntualizza come l’attività dell’ufficio del Pubblico Ministero in materia di iscrizione della notizia di reato non è meramente ricognitiva, bensì di necessaria valutazione sia per quanto riguarda l’esistenza dei presupposti per l’iscrizione sia con riferimento alla scelta del Registro in cui iscrivere. Conclusione alla quale si giunge grazie all’attenta lettura dell’art. 109 disp. att. c.p.p. ("La segreteria della procura della Repubblica annota sugli atti che possono contenere notizia di reato la data e l'ora in cui sono pervenuti in ufficio e li sottopone immediatamente al procuratore della Repubblica per l'eventuale iscrizione nel registro delle notizie di reato") ed in particolare per l’uso dell’espressione “eventuale” che smentisce ogni meccanismo automatico ed avalutativo.

Interpretazione confermata peraltro dalla Corte di Cassazione[1], secondo cui “è compito precipuo ed esclusivo del pubblico ministero la valutazione in ordine al contenuto degli atti che possono contenere notizie di reato”.

Altro riferimento agli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità viene fatto con riferimento alle esigenze di tempestività e celerità nell’iscrizione della notizia di reato sull’apposito Registro; esigenze da temperare con l’eventuale complessità dello scrutinio da compiere, soprattutto in una Procura delle dimensioni di quella di Roma.

Alla luce di tali premesse, la Circolare manifesta la volontà di confermare l’assetto organizzativo di cui si è già dotata negli anni la Procura di Roma per quanto attiene all’attività di iscrizione delle notizie di reato.

L’iter prevede che la prima iscrizione sia di competenza dei Procuratori Aggiunti, con la collaborazione del personale dell’Ufficio Primo Esame Atti; il fascicolo viene poi trasmesso ai sostituti che provvedono ad una più approfondita verifica dell’iscrizione.

Si passa, finalmente, all’indicazione dei principi che guideranno l’Ufficio di Procura.

La prima valutazione da compiere è quella circa "la stessa natura di “notizia di reato” degli “atti che possono contenere notizie di reato”, dalla quale dipende l’iscrizione in uno dei registri tipici (Mod. 44 per gli ignoti e Mod. 21 per i noti) o nel registro residuale degli atti non costituenti notizia di reato (Mod. 45). Perché si configuri una notizia di reato, infatti, è necessaria la sussistenza di un “fatto”, vale a dire un accadimento suscettibile di una sia pur sommaria descrizione, sia perché sufficientemente delineato nello spazio e nel tempo, sia perché i suoi contorni materiali siano tali da consentire l’astratta sussunzione in un titolo di reato. Prima di questo livello minimo di specificazione e qualificazione di un “fatto” è possibile solo procedere ad iscrivere l’atto in questione nel Registro degli atti non costituenti notizia di reato (Mod. 45)".

La circolare precisa, inoltre, che nel caso in cui il fatto necessiti di ulteriori accertamenti, si provvederà all’iscrizione a Mod. 45 qualora tali accertamenti si limitino alle "attività indispensabili alla qualificazione come notizia di reato del contenuto di comunicazioni ed esposti, di cui non risulti altrimenti possibile stabilire la natura (fatto costituente reato o non)[2]. Negli altri casi, invece, si procede all’iscrizione a Mod. 44 o a Mod. 21.

Si passa, quindi, ad uno dei temi centrali e più discussi della circolare: i criteri in base ai quali scegliere se iscrivere una notizia nel Registro delle notizie di reato a carico di persona nota o in quello a carico di persona ignota. Nel risolvere tale dubbio il Procuratore richiama l’orientamento di una consolidata giurisprudenza di legittimità[3] secondo cui si procederà all’iscrizione a Mod. 21 "solo nei casi in cui a carico di un soggetto identificato emergano non meri sospetti, ma "specifici elementi indizianti”, ovverosia una piattaforma cognitiva che consente l’individuazione, a suo carico, degli elementi essenziali di un fatto astrattamente qualificabile come reato e l’indicazione di fonti di prova".  

Ne deriva l’invito, da parte del Procuratore, a non procedere ad iscrizioni a Mod. 21 affrettate o prive dei requisiti richiesti. Ciò perché, nonostante l’originaria funzione di garanzia dell’iscrizione, questa ha ad oggi assunto innegabili aspetti negativi e pregiudizievoli sia sotto il profilo professionale che in termini di reputazione. Conseguenze negative legate alla stessa iscrizione, diverse da quelle ulteriori causate dall’indebita diffusione della notizia dell’avvenuta iscrizione.

Tra le possibili conseguenze pregiudizievoli derivanti all’indagato dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato, la Circolare segnala anche la possibilità, per la persona offesa, di ottenere informazioni sul contenuto del Registro Generale, col rischio che la notizia dell’avvenuta iscrizione possa essere strumentalizzata per finalità diverse rispetto a quello dell’accertamento processuale, soprattutto in casi di conflittualità politica, economica, professionale, sindacale.

Alla luce di tali considerazioni nella circolare si propone di "abbandonare una concezione formalistica imperniata sull’approccio ispirato ad una sorta di "favor iscritionis”, criterio non formalizzato ed estraneo al sistema". Considerando che "procedere ad iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovute".

Da tale forte presa di posizione deriva il superamento di quella prassi per cui l’iscrizione di un soggetto, al quale la polizia giudiziaria o un privato attribuiscono il reato, sarebbe un “atto dovuto” da parte del pubblico ministero. Tale consolidato orientamento, infatti, sarebbe frutto di un’interpretazione “meccanica” ed impropria dell’art. 335 c.p.p., che contrasterebbe con i principi del sistema, attribuendo alla P.G., o al privato, il potere di fatto di determinare l’iscrizione di un soggetto a Mod. 21, potere invece riservato esclusivamente al pubblico ministero.

Pertanto, la direttiva del Procuratore della Repubblica di Roma è di iscrivere il nominativo, cui il privato o la P.G. attribuiscono il reato nella denuncia o nella querela, soltanto qualora l’attribuzione sia sostenuta da “elementi indizianti di carattere specifico”.

Il superamento del criterio “formale” dell’attribuzione del reato in denuncia o querela, nella scelta del Registro in cui iscrivere la notizia di reato, porta necessariamente ad una attenta valutazione del “fatto” al fine di procedere ad una corretta iscrizione. Si provvederà all’iscrizione a Mod. 44 se dagli atti emerga un evento per il quale occorre stabilire la condotta umana che lo ha determinato; se invece all’evento può essere associata una condotta attribuibile ad una persona individuata o se oggetto di valutazione è una condotta di un soggetto individuato si può procedere all’iscrizione al Mod. 21.

Una volta poste queste direttive generali, il Procuratore indica come procedere nel caso ricorrano alcune fattispecie delittuose comuni nella prassi. Il riferimento è ai casi in cui il “fatto” sia costituito da atti amministrativi o societari, per i quali si consiglia l’iscrizione contro ignoti. Ciò perché, a meno che la società o l’ente abbiano una struttura elementare, risulta spesso complesso individuare il soggetto personalmente responsabile dell’illecito penale. Né si può ricorrere automaticamente all’elemento indiziante della “posizione” ricoperta nell’organigramma della struttura per individuare il soggetto responsabile.

L’iscrizione nel Registro delle notizie di reato a carico di ignoti è suggerita anche nei casi in cui "sia in qualche modo specifico l’evento, ma non ancora le condotte che lo hanno cagionato, il che accade non solo nei casi in cui l’autore sia del tutto ignoto, ma anche quando non sia sufficientemente chiaro quale condotta – tra le varie astrattamente in gioco – rappresenti la specifica causa dell’evento". Condizione che si verifica abitualmente nei casi di responsabilità medica colposa. Proprio in merito a questa categoria di illeciti il Procuratore stigmatizza, nei casi di denuncia per il reato di cui all’art. 590-sexies c.p. (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario), il ricorso all’iscrizione immediata nel Registro degli indagati di numerosi operatori sanitari, così da permettere loro di partecipare all’atto irripetibile dell’esame autoptico. Con la circolare in commento l’Ufficio di Procura intende discostarsi da tale prassi, frutto di un presunto malinteso fine di garanzia, e procedere in futuro a non iscrivere gli operatori sanitari fin quando non saranno emersi indizi specifici in ordine alla condotta soggettiva. Con la conseguenza che tali soggetti non avranno diritto ad essere avvisati del compimento di atti irripetibili.  

Infine viene precisato come "un qualsiasi elemento di fatto assume o meno natura “indiziante specifica” solo in relazione al generale contesto in cui si colloca".

La circolare si chiude con l’indicazione delle seguenti direttive generali.

Si procede all’iscrizione a Mod. 45 (Registro degli atti non costituenti notizia di reato) "quando un fatto non è descritto nei suoi termini minimi o è irrimediabilmente confuso ovvero quando neppure in astratto sia configurabile la sussunzione di tale fatto in una fattispecie incriminatrice".

L’iscrizione a Mod. 21 (Registro delle notizie di reato a carico di persone note), invece, avverrà soltanto nei casi "in cui emergano nei confronti di un soggetto identificato elementi indizianti specifici".

Ipotesi residuale è quella dell’iscrizione a Mod. 44 (Registro delle notizie di reato a carico di persone ignote) ove verranno iscritte le ipotesi non rientranti nelle due precedenti.

Infine, si precisa che, avendo carattere generale, le direttive contenute nella circolare trovano applicazione sia con riferimento alla valutazione delle denunce e delle querele, sia per quanto riguarda le notizie di reato emergenti in corso di indagine.  

Ultimo richiamo attiene alle attività di indagine compiute nei confronti di soggetti non indagati, in tal caso il Procuratore raccomanda di dare "adeguata e succinta motivazione alla scelta di procedere all’atto di indagine".

La Circolare ha da subito avuto una vasta eco mediatica, ricevendo lodi entusiaste ma anche alcune critiche. Diversi Procuratori della Repubblica hanno dichiarato di voler seguire l’esempio capitolino, mentre l’Unione delle Camere Penali Italiane ha avanzato alcuni dubbi a riguardo.  

Il pregio riconosciuto alla circolare è stato, principalmente, quello di porre un limite alle strumentalizzazioni delle iscrizioni nel registro degli indagati.

È innegabile che lo status di indagato, nella diffusa considerazione di larga parte dell’opinione pubblica, sia stato oramai equiparato a quello dell’imputato o addirittura a quello del condannato, in violazione palese del principio di innocenza fino a sentenza definitiva, sottoponendolo ad una gogna mediatica. Si ha un’anticipazione del processo e spesso della stessa condanna, con ciò sminuendo la natura del codice di rito dell’89 che poneva il dibattimento al centro del sistema, relegando la fase delle indagini preliminari ad un ruolo funzionale al futuro dibattimento o ad un rito alternativo. Inoltre, è stata tradita la funzione di garanzia propria dell’iscrizione della notizia di reato, così com’è avvenuto anche per l’informazione di garanzia.

Si dubita, però, che le direttive emanate dal Procuratore della Repubblica di Roma siano efficaci a limitare tale distorsione.

Se è vero che la stessa Circolare afferma come la “condizione di indagato” sia connotata da aspetti innegabilmente negativi, sia sotto l’aspetto professionale sia in termini di reputazione, essa precisa anche come si riferisca agli "effetti pregiudizievoli diversi dal danno connesso alla “notizia” dell’iscrizione indebitamente o impropriamente propalata", riconducibili quindi alla stessa iscrizione.

L’obiettivo della Circolare, dunque, non è quello di porre rimedio alle fughe di notizia circa l’iscrizione di un soggetto nel registro degli indagati, né quello di contrastare gli effetti patologici discernenti dall’iscrizione, bensì quello di limitare le stesse iscrizioni, evitando quelle frettolose ed infondate, alla luce degli effetti pregiudizievoli che comporta l’iscrizione nel registro degli indagati.

Per far ciò si supera quello che finora era considerato alla stregua di un dogma, cioè il considerare l’iscrizione di un nominativo al quale viene addebitata una notizia di reato quale “atto dovuto”, giustificazione pilatesca utilizzata per motivare le iscrizioni più controverse.

Come detto, la circolare supera questa interpretazione dell’art. 335 c.p.p., precisando come l’iscrizione di un soggetto nel registro degli indagati non sia un’attività automatica e meccanica compiuta dal pubblico ministero. L’iscrizione deve avvenire solo qualora vi siano elementi indizianti di carattere specifico e tale valutazione è un potere esclusivo del pubblico ministero.

Si abbandona, pertanto, una sorta di “favor iscritionis”, in quanto "procedere ad iscrizioni non necessarie è tanto inappropriato quanto omettere le iscrizioni dovute".

È questo il passaggio fondamentale della Circolare, da molti considerato innovativo se non addirittura rivoluzionario, ma che in realtà non fa altro che sancire una condivisibile interpretazione sistematica delle norme di legge già sancita dalla giurisprudenza di legittimità.

Le direttive contenute nella Circolare, però, contengono alcuni profili problematici, sui quali è opportuno soffermarsi.

Innanzitutto, la formula dell’atto dovuto era spesso utilizzata per giustificare alcune iscrizioni nel registro degli indagati ed evitare strumentalizzazioni, che è uno dei fini per cui è stata emanata la circolare in oggetto. Superata questa impostazione, le future iscrizioni nel registro degli indagati non saranno più considerate quali meri atti dovuti ma assumeranno un significato inquisitorio ben maggiore, prestandosi così maggiormente a strumentalizzazioni, producendo paradossalmente un risultato contrario a quello prefissato.

Necessita precisare, inoltre, che la regola valutativa indicata dal Procuratore di Roma riguarda il criterio da utilizzare al fine di iscrivere un nominativo nel Registro delle notizie di reato a carico di persone note; qualora non si riscontri tale eventualità si consiglia di procedere all’iscrizione nel Registro delle notizie a carico di ignoti.

In questo passaggio si riscontrano le maggiori criticità dell’impostazione suggerita nella circolare in commento.

Si corre il rischio, infatti, che nonostante vi siano già elementi che portino ad un’identificazione del soggetto ritenuto responsabile, questi non vengano ritenuti sufficientemente specifici e si proceda ad indagare nei confronti di ignoti, salvo una successiva e tardiva iscrizione della persona indagata. Un principio di garanzia avrebbe così effetti ancor più pregiudizievoli.

Una ritardata iscrizione della persona indagata comporta sia un prolungamento dei termini delle indagini (che iniziano a decorrere dal momento dell’iscrizione del nominativo nel Registro) sia la mancata attivazione di talune garanzie, quali ad esempio la partecipazione agli atti irripetibili.

Eventualità ancor più grave se si considera che la tardiva iscrizione nel registro degli indagati della persona nota non è rettificabile né processualmente sanzionabile (sussistendo esclusivamente eventuali responsabilità penali e/o disciplinari a carico del pubblico ministero).

Si tratta di un tema dibattuto da tempo in dottrina come in giurisprudenza ma che non ha ancora trovato soluzione.  

La giurisprudenza di legittimità[4] ha ribadito come le norme vigenti non permettano al giudice per le indagini preliminari di retrodatare l’iscrizione né di sancire l’invalidità, e la conseguente inutilizzabilità, degli atti d’indagine compiuti oltre il termine conseguente alla retrodatazione d’ufficio (escludendo così i rimedi avanzati dalla dottrina).

Vuoto legislativo che non può essere colmato per via interpretativa essendo le attribuzioni del g.i.p. tassativamente tipizzate.

Il legislatore ha perso, con la “riforma Orlando”, l’ennesima occasione di intervenire sul punto, limitandosi a prevedere il controllo da parte del procuratore della Repubblica[5] sull’iscrizione delle notizie di reato.

Proprio questa criticità è stata sottolineata da parte dell’Unione delle Camere Penali Italiane che ha messo in guardia dal rischio che si ritardi l’iscrizione nel Registro delle persone note.

Ulteriori profili problematici potrebbero affiorare con riguardo alla natura stessa della circolare del Procuratore, strumento al quale si ricorre con sempre maggiore frequenza nella prassi. Possono sorgere, infatti, disparità tra una Procura e l’altra ma anche conflitti gerarchici tra il procuratore capo ed i suoi sostituti ed aggiunti.

Alla possibile obiezione che i dubbi avanzati riguarderebbero delle ipotesi patologiche si noti che queste non sono purtroppo rare dato che la stessa circolare è intervenuta per modificare una prassi discutibile.

L’auspicio, pertanto, è che, oltre ad una più corretta prassi nell’iscrizione delle notizie di reato, vi sia un intervento del legislatore che censuri gli abusi nella tempistica dell’iscrizione della persona nota nel Registro delle notizie di reato.

La vera rivoluzione sarebbe un diverso approccio culturale che superi l’equiparazione tra l’indagato ed il colpevole.

 

Note e riferimenti bibliografici
[1] Cassazione penale, Sez. Un., n. 40538 del 2009.
[2] Circolare 11 novembre 2016 del Ministero della Giustizia in tema di attuazione del registro unico penale e criteri generali di utilizzo.
[3] Su tutte, Cassazione penale, Sez. Un., sentenza n. 16 del 21/06/2000, Tammaro.
[4] Cassazione penale, Sez. Un., sentenza n. 40538 del 20 ottobre 2009: "Non esiste, infatti, nel sistema, né un principio generale di "sindacabilità" degli atti del pubblico ministero, né un altrettanto generalizzato compito di "garanzia" affidato al giudice per le indagini preliminari. Si tratta, infatti, di un giudice "per" le indagini, e non "delle" indagini preliminari, il quale - proprio per impedire la riproduzione di funzioni lato sensu "istruttorie" - non governa l'attività di indagine né è chiamato a controllarla, svolgendo funzioni, si è detto, "intermittenti", che sono soltanto quelle previste dall'ordinamento. Stabilisce, infatti, l'art. 328 cod. proc. pen., che il giudice per le indagini preliminari provvede sulle richieste del pubblico ministero, delle parti private e della persona offesa "nei casi previsti dalla legge". Compiti, dunque, non soltanto limitati, ma anche tassativamente tipizzati.
Per poter configurare un sindacato giurisdizionale sulla tempestività delle iscrizioni operate dal pubblico ministero, occorrerebbe, dunque, una espressa previsione normativa che disciplinasse non soltanto le attribuzioni processuali da conferire ad un determinato organo della giurisdizione, ma anche il "rito" secondo il quale inscenare un simile accertamento "incidentale" - Basti pensare, ad esempio, alla esigenza di rispettare il contraddittorio, non solo tra i soggetti necessari, ma anche in riferimento agli altri eventuali "partecipanti" della indagine o del processo. Se si introducesse, infatti, un controllo ex post sul merito della "tempestività" delle iscrizioni, con possibilità di "retrodatazione" tale da compromettere la utilizzazione di atti di indagine, il relativo ius ad loquendum non potrebbe non essere riconosciuto anche agli eventuali altri indagati o persone offese, che dalla "postuma" dichiarazione di inutilizzabilità di atti di indagine potrebbero soffrire una grave compromissione, ove quegli atti fossero favorevoli alla loro posizione".

[5] Giorgio Spangher, La riforma Orlando della giustizia penale: prime riflessioni, in Diritto Penale Contemporaneo, 1/2016, pag. 9: "Nell’impossibilità – a più riprese evidenziata, ad esempio, nel corso dei lavori della Commissione Canzio – di affrontare il tema della tempistica dell’iscrizione nel registro delle notizie di reato con adeguato corredo sanzionatorio, ci si affida ai poteri di controllo del procuratore della repubblica e ai contenuti della relazione del procuratore generale presso la Corte di Cassazione (d. lg. n. 106 del 2006, artt. 1, comma 2 e art. 6, comma 1) (art. 32)".