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Pubbl. Lun, 11 Dic 2017

Nella stima del danno rileva lo stato anteriore del danneggiato.

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Graziella Soluri


Commento a ordinanza n. 27524 del 20 novembre 2017 della Corte di Cassazione: il danno risarcibile è determinato sia considerando la differenza tra l´invalidità presentata dal danneggiato dopo il fatto illecito e quella pregressa, sia la situazione che si sarebbe determinata se non fosse intervenuto il fatto lesivo.


Nell'ordinanza del 20 Novembre 2017 n. 27524 della Suprema Corte di Cassazione vengono in rilievo alcune questioni importanti in materia di responsabilità civile, in particolare il concorso di cause nella produzione dell'evento dannoso, il nesso di casualità materiale e giuridico nonchè la corretta quantificazione del danno.

In particolare ci si domanda se, in occasione di un sinistro stradale, vada considerata rilevante, nella causazione del danno fisico, anche la colpa del pedone che attraversa la strada all'improvviso, di notte ed in una zona priva di strisce pedonali. Ci si chiede inoltre se, nella quantificazione del danno, il giudice debba ritenere rilevanti le pregresse patologie psichiche sofferte dal danneggiato riducendo pertanto la quota di danno risarcibile da imputare al conducente.

Il caso.

Nel caso di specie, un soggetto con disturbi psichici veniva investito da un' autovettura, presa a noleggio e regolarmente assicurata, guidata da un soggetto abilitato alla guida. In primo grado la domanda della parte danneggiata veniva accolta ed il giudice condannava in solido i convenuti – la società di noleggio proprietaria del veicolo, la società che aveva preso a noleggio il veicolo e l’impresa assicuratrice – al pagamento del risarcimento dei danni cagionati.
L'impresa assicuratrice propeneva appello ed il giudice di secondo grado, riconoscendo un concorso di colpa del soggetto investito (pari al 20%) nella causazione dell'evento, riduceva l'entita del risarcimento accordato dal giudice di prime cure, in quanto sovrastimato.
Il danneggiato, allora, proponeva ricorso per cassazione lamentando l’errata individuazione del concorso di colpa, la mancata dimostrazione dello stesso e la presenza di un rapporto di causa-effetto tra il sinistro ed i disturbi psichici sofferti dal danneggiato.

La Suprema Corte rigettava la richiesta di riesame del fatto concreto in quanto non rientrante nei suoi poteri giurisdizionali, ma ribadiva che il giudice di secondo grado aveva correttamente ricostruito i fatti alla luce delle circostanze concrete e tenuto conto delle risultanza probatorie in quanto il pedone, nell'attraversare di notte in una zona priva di strisce pedonali, aveva concorso a causare il sinistro per violazione delle norme di ordinaria prudenza. Inoltre la Corte d'Appello aveva verificato che l'evento lesivo non si sarebbe verificato (secondo un criterio di casualità adeguata temperato dalla la regola della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non) se il pedone avesse agito diligentemente.

Rigettava quindi la contestazione relativa alla mancata dimostrazione da parte del resistente della colpa della vittima, quella relativa al mancato accertamento da parte del giudice di secondo grado della violazione del limite di velocità da parte del conducente e del mancato rispetto del diritto di precedenza del soggetto leso per aver quasi del tutto completato l'attraversamento della strada.

La decisione.

L'insegnamento da applicare nella ricostruzione del nesso causale (alla luce degli artt. 40 e 41 c.p.), che lega il danno-evento al danno-conseguenza nell'ambito della responsabilità extrancotrattuale, è quello di una valutazione ex ante delle conseguenze normali prevedibili scaturenti dalle condotte dell'automobilista e del pedone, secondo un criterio di casualità regolare, tenute ferme le ulteriori circostanze concrete (poca visibilità perchè era notte, assenza di strisce pedonali). Sul piano della casualità materiale il conducente è responsabile di tutti i danni che sono conseguenza della sua condotta colposa (ex art. 2051 e 2043 c.c.). Nella quantificazione del danno però vanno valutate tutte le conseguenza che dall'evento dannoso scaturiscono e che sono imputabili alla condotta del danneggiante.

Il giudice di secondo grado ha quindi preso in cosiderazione gli obblighi discendenti dal codice della strada e dalle regole generali di ordinaria diligenza e prudenza che sovraintendono le azioni di tutti i consociati (nel caso di specie sia del pedone che del conducente). Attraverso un giudizio controfattuale, partendo dall'evento lesivo (lesioni colpose/danno alla salute), eliminando la condotta del conducente nella causazione dell'evento, il giudice ha verificato se il danno si sarebbe comunque verificato se il conducente avesse tenuto una condotta perita. Ha quindi escluso dal novero dei danni risarcibili quelli derivanti dall'invalidità preesistente del pedone in quanto non peggiorati, accelerati o provocati dal sinistro.

Dice la Corte che nello stimare i danni risarcibili, secondo quanto insegnato dalla medicina legale in materia di danno alla salute, bisogna tener conto dello stato anteriore in cui versa la vittima al momento dell'evento lesivo. Per questo al conducente-danneggiante si può chiedere solo il ristoro per i danni derivanti dalla sua condotta colposa e non quelli derivanti da uno stato patologico preesistente del danneggiato.

La Suprema Corte statuisce che la «condotta concausativa del danno» è una questione di fatto non censurabile in sede di legittimità e pertanto conferma quanto stabilito dal Giudice d’Appello, ovvero che nella quantificazione del danno alla salute risarcibile, tenuto conto che il danneggiato era già prima del sinistro affetto da una patologia pregressa ed irreversibile dagli effetti già invalidanti, deve considerarsi "sia la differenza tra lo stato di invalidità complessivamente presentato dal danneggiato dopo (il fatto illecito) e lo stato patologico pregresso, sia la situazione che si sarebbe determinata se non fosse intervenuto il fatto lesivo imputabile".

Richiamando il principio espresso in una precedente pronuncia, la Cassazione ribadisce che: "il concorso colposo del danneggiante, che comporta ex art.1227 primo comma c.c. la conseguente e proporzionale riduzione della responsabilità del danneggiante, è configurabile non solo in caso di cooperazione attiva del danneggiato nel fatto colposo posto in essere dal danneggiante, ma in tutti i casi in cui il danneggiato si esponga volontariamente ad un rischio superiore alla norma, in violazione di norme giuridiche o regole comportamentali di prudenza avvertite come vincolanti dalla coscienza sociale del suo tempo, con una condotta attiva o omissiva, che si inserisca come antecedente causale necessario nel processo causale che culmina con il danno da lui subito" (Cass. 26 Maggio 2014 n. 11698).

In conclusione per la Suprema Corte è corretto diminuire la quantificazione del danno poichè il ricorrente-dannagiato era già affetto dai disturbi psichici ed il danno da essi derivato non è imputabile alla condotta del conducente che non può farsi carico di quella parte di danno alla salute sofferto dalla vittima di cui non è responsabile.