ISCRIVITI (leggi qui)
Pubbl. Gio, 23 Nov 2017

La cartolarizzazione dei crediti

Modifica pagina

Giusy Tuzza


Nonostante il mercato mondiale delle cartolarizzazioni sia stato duramente colpito dalla recente crisi finanziaria e ne sia conseguito un forte ridimensionamento, il segmento mostra ampi segnali di ripresa.


Sommario. 1. Premessa.  2. La legge 130/1999.  3. I soggetti coinvolti. 4. La struttura. 4.1. Quali i possibili rischi dell’operazione? 5. Le prospettive della cartolarizzazione.  5.1. La necessità di adozione di provvedimenti prudenziali.  6. Un approfondimento: la crisi dei mutui subprime e i prodotti cartolarizzati.

 

1. Premessa.

Il termine cartolarizzazione, che rappresenta in Italia la traduzione di securitisation, identifica la tecnica con la quale attività illiquide di qualunque tipo possono essere trasformate in titoli negoziabili in un mercato secondario. Si tratta di una tecnica nata negli USA intorno agli anni ‘70 e, solo successivamente, approdata in Europa. Fino al 1999 sono state realizzate in Italia utilizzando strutture giuridiche atipiche, poiché, a seguito della legge n. 130/1999 le dette operazioni hanno ricevuto consacrazione legislativa e possono essere effettuate in modo più opportuno ed economico.

2. La legge 130/1999. 

La legge in oggetto che ha regolato l’operazione in Italia si regge sui seguenti principi.

La cartolarizzazione è un’operazione di cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti che futuri, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità  di crediti. Le cessioni devono avvenire da società qualificate (c.d. società per la cartolarizzazione dei crediti o special purpose vehicle) aventi ad oggetto esclusivo la realizzazione di tali operazioni. In Italia peraltro tali società devono essere iscritte nell’elenco speciale previsto ex art. 107 TUB.  Le stesse sono obbligate, inoltre, a redigere un prospetto informativo e, se i titoli sono offerti al pubblico, è necessario ottenere un giudizio di rating. È ancora previsto che i creditori della società cessionaria/emittente non possono rivalersi su crediti acquistati per l’operazione, ma solo i portatori de titoli possono aggredire il patrimonio costituito dai titoli stessi. Nel caso di fallimento, no è possibile azionare la revocatoria fallimentare. Pertanto l’emissione è sottoposta alle autorizzazioni di rito, nello specifico CONSOB e/o Banca d’Italia.

3. I soggetti coinvolti.

Come si avrà modo di chiarire in seguito la cartolarizzazione è un’operazione complessa, che prevede l’intervento di più soggetti ed in particolare:

  • Il cedente delle attività cartolarizzate, il quale può essere una banca o un’impresa finanziaria;
  • L’advisor, ossia uno studio legale o una primaria banca d’affari che funge da consulente per l’intera operazione;
  • L’arranger, un intermediario finanziario specializzato che organizza l’operazione con le finalità di realizzare gli obiettivi del cedente al minimo costo;
  • La società per la cartolarizzazione dei crediti, ossia la società cessionaria e abilitata a emettere i titoli in cui sono incorporati i crediti ceduti;
  • Il collocatore, funzione in genere svolta da una banca che può comprare i titoli in proprio o venderli ad investitori istituzionali oppure al pubblico;
  • Il servicer, ossia società di servizi specializzata in gestione del portafoglio oggetto dell’operazione e, soprattutto, nella gestione dei flussi di incasso e pagamento.
  • La società di rating, preposta alla valutazione dei rischi e attribuisce un giudizio ai titoli corrispondentemente emessi; monitorare la qualità delle Asset Backed Securities (ABS) e nel caso in cui intervengono variazioni rispetto alle condizioni iniziali modifica il giudizio;
  • I soggetti garanti, che forniscono garanzie esterne attraverso la copertura di una percentuale di rimborso dei titoli emessi.

4. La struttura (1).  

Il cedente dopo aver selezionato un pool di attivi presenti nel suo portafoglio, li cede ad un altro soggetto, cessionario, il quale procede alla loro trasformazione in titoli collocabili sul mercato. Il cessionario effettua una emissione di titoli definiti ABS, e che consistono in strumenti finanziari supportati da attivi, che vengono collocati presso gli investitori. Con i proventi derivati dalla vendita delle ABS il cessionario è in grado di corrispondere al cedente il pagamento di attivi da questi ceduti e che rappresentano, in genere, flussi di cassa che consentono di procedere alla remunerazione degli investitori acquirenti delle ABS. Gli attivi costituiscono la garanzia primaria del pagamento delle somme dovute agli investitori che sottoscrivono i titoli.

Appare evidente che tale operazione è davvero complessa, sia nella fase della preparazione che di quella dell’organizzazione e dell’amministrazione del cash flow. Infatti si deve immediatamente provvedere alla selezione di tutti i soggetti che saranno coinvolti, e poi alla scelta del portafoglio da cartolarizzare e della forma di collocamento dei titoli, all’analisi dei costi e dei benefici e alla definizione degli aspetti organizzativi.

Le banche rivestono ruoli diversi all’interno di ogni operazione, tuttavia ciò che rileva maggiormente sono i vantaggi che possono derivare a una banca dal ricorso ad una operazione di cartolarizzazione in qualità di soggetto cedente (2). Infatti tali operazioni implicano la cessione a terzi di quote dell’attivo di bilancio del cedente rappresentate da crediti che esso vanta nei confronti dei propri debitori e provocano una diversa composizione dello stesso attivo, nal quale aumentano le poste monetarie e a rischio nullo derivanti dall’incasso del prezzo pattuito per la cessione e diminuiscono le poste meno liquide e più rischiose. In quest’ultimo caso il prezzo di cessione è solitamente inferiore al valore di iscrizione in bilancio dei crediti oggetto della cartolarizzazione e, di conseguenza, la cessione stessa provoca anche una riduzione globale dell’attivo della banca. Per questo essa migliora la situazione patrimoniale e finanziaria della banca e agisce favorevolmente sul valore dei coefficienti patrimoniali minimi, pur dovendo tener conto della perdite derivanti dalla cessione di crediti a un prezzo inferiore di quello di bilancio (3).    

4.1. Quali i possibili rischi dell’operazione? (4)

Premesso che oggetto della cartolarizzazione può essere sia un credito garantito che non garantito, il tipo e la qualità dei crediti condizionano evidentemente il rischio che tali operazioni originano per il cedente e per il compratore dei titoli che sono emessi  fronte della cessione dei crediti. In realtà il cedente non corre rischi particolari, salvo la sorpresa a posteriori di un prezzo inferiore della cessione rispetto al realizzo effettivo dei crediti quando avviene il loro incasso. Ed è proprio il prezzo che determina la riuscita o meno del dell’operazione, con risvolti diversi tanto per il cedente quanto per il cessionario e i loro interessi contrapposti. Ed infatti mentre il cedente corre il rischio del mancato guadagno, l’investitore corre il rischio della perdita sia in termini economici che finanziari. Per rendere più trasparenti le operazioni e identificare i rischi si fa ricorso al rating cui sono preposte le società specializzate. Ad ogni modo i rischi possono essere eliminati se le operazioni di cartolarizzazione sono assistite da garanzie di terzi. Alle garanzie esterne, poi, si aggiungono quelle interne intrinseche all’operazione (overcollateralisation e credit tranching).

5. Le prospettive della cartolarizzazione.

L’operazione si è diffusa molto in Europa a seguito dell’adozione dell’euro quale moneta unica e capace di integrare i mercati dei capitali favorendone il sistema finanziario. Per lo più ha riguardato i mutui ipotecari, per poi diffondersi verso svariate tipologie di attivi fino ad approdare a nuovi strumenti finanziari più complessi come le CDO. Queste ultime sono scarsamente utilizzate in Italia, situazione questa che in un certo senso se da un lato lascia intravedere margini di ulteriore sviluppo della cartolarizzazione in Italia, dall’altro è tra i principali fattori che l’hanno preservata dalle disastrose conseguenze della crisi finanziaria globale. Le rilevazioni della Banca d’Italia hanno evidenziato che nessuna banca del sistema risultava esposta direttamente verso i comparti incriminati (subprime e At-A statunitensi), tanto che un numero esiguo di banche italiane presentava esposizioni indirette connesse con ABS, CDO e quote di fondi speculativi (5). 

In Italia la tecnica della cartolarizzazione ha ricevuto notevole impulso a seguito dell’introduzione della legge 130/1999 come già anticipato e, più recentemente, dal 2005, dell’istituzione da parte di Borsa Italiana S.p.A. dell’Euromot. Questo è un segmento di mercato Mot (ossia mercato telematico delle obbligazioni) in cui vengono negoziate anche le ABS. La cartolarizzazione è stata usata dalle banche italiane per operazioni di pulizia di bilancio attraverso la cessione di crediti problematici e, solo successivamente, è aumentato il numero dei crediti vivi (6).  

Lo sviluppo a ritmi accelerati ha spesso determinato un uso improprio di tali operazioni. Si è diffusa la prassi di ricorrere alle operazioni in esame al fine di eludere i regolamenti imposti dalla normativa sulla adeguatezza patrimoniale delle banche. La cartolarizzazione, poiché interviene sulla composizione qualitativa e quantitativa dello stato patrimoniale delle banche, veniva impiegata allo scopo di ridurre la rischiosità dell’attivo delle banche e i requisiti di capitale da detenere ai fini prudenziali. In un utilizzo corretto dell’operazione il minore accantonamento patrimoniale a carico delle banche è giustificato dalla reale minore rischiosità dell’attivo. In un utilizzo scorretto, invece,  il minor patrimonio accantonato non accompagna una reale riduzione della rischiosità, ma è riconducibile a lacune normative presenti nell’Accordo sul capitale Basilea 1 (7).

5.1. La necessità di adozione di provvedimenti prudenziali.

Con il già accennato Basilea 1 la concessione da parte della Banca di linee di credito di durata inferiore all’anno alla società veicolo preposta alla cartolarizzazione no comportava l’accantonamento del patrimonio, nonostante si configurasse un situazione in cui il rischio rimaneva sostanzialmente in parte in capo alla banca stessa. Simili circostanze hanno legittimato la realizzazione di operazioni a scopo di arbitraggio regolamentare consentendo alle banche di conseguire un risparmio in termini di patrimonio di vigilanza a parità di rischio di credito assunto.  Tale opportunità di arbitraggio è stato in qualche modo abbattuto in parte con Basilea 2, ma si dovrà attendere l’Accordo di Basilea 3 per dare un effettivo assetto di miglioramento in termini di cartolarizzazione eliminando il più possibile i difetti dell’impianto regolamentare di Basilea 2. In particolare sono stati adottati trattamenti prudenziali più severi per le esposizioni connesse a operazioni di cartolarizzazione oltre che a sottolineare nuovi requisiti più rigorosi di tipo organizzativo e gestionale. Conseguentemente sono stati accresciuti gli obblighi di trasparenza previsti dal Terzo Pilastro dell’Accordo sul Capitale prevedendo nuove e più dettagliate informazioni relative alla cartolarizzazione e creazione di società veicolo. In tal modo i partecipanti al mercato dovrebbero essere adeguatamente informati sul reale profilo di rischio complessivo assunto dalle banche (8).      

Pertanto è auspicabile che la cartolarizzazione si sviluppi verso un percorso improntato alla maggiore prudenza e trasparenza, evitando che il rischio di credito delle banche defluisca in soggetti non regolamentati e che non ricadono nell’area di assoggettamento della disciplina prudenziale sui rischi. Si deve quindi evitare un utilizzo distorto della cartolarizzazione finalizzato a occultare la reale esposizione delle banche, oltre a ripensare il ruolo svolto dalle agenzie di rating affinché esse siano in grado di valutare adeguatamente la rischiosità incorporata negli strumenti finanziari sottoposti al loro giudizio. Solo cosi tale operazione può volgere il suo scopo a vantaggio sia delle banche, che ampliano a gamma dei valori mobiliari da intermediare, sia ai risparmiatori, ai quali vengono offerte opportunità di investimento più diversificate, sia alle medie e piccole imprese, che indirettamente ne giovano essendo fonte di provvista alternativa per le banche.       

6. Un approfondimento: la crisi dei mutui subprime e i prodotti cartolarizzati.

Nel 2007 è scoppiata la crisi finanziaria internazionale, inizialmente identificata come crisi dei subprime e che trae origine dalla costante espansione del mercato immobiliare degli USA negli anni 1995/2007 durante i quali le banche hanno incrementato la concessione di mutui per l’acquisto di immobili anche a debitori con evidenti rischi di insolvenza. Ma cosa sono i mutui subprime? Sono appunto i mutui concessi a debitori che presentano una forte insolvenza in ragione di un reddito inadeguato o di fallimenti o condizioni di precarietà di occupazione. In tale caso le banche applicano un tasso più alto a fronte di un maggiore rischio assunto e, in caso di inadempienza, le stesse procedono alla vendita dell’immobile per rivalersi dell’inadempienza del debitore. Ciò si è rivelato possibile e a volte perfino vantaggioso fino a che le banche hanno venuto gi immobili a prezzi elevati, grazie al continuo apprezzamento legato alla favorevole congiuntura con il mercato immobiliare. Tuttavia questo meccanismo si è inceppato con il contestuale innalzamento dei tassi di interessi da parte della banca centrale americana e il crollo del marcato immobiliare, comportando un valore degli immobili talmente basso e ridotto da non consentire alle banche di vendere per recuperare il credito.

In questo contesto la cartolarizzazione ha avuto un ruolo primario, nell’agevolare la trasmissione della crisi a livello sistemico. Molte banche hanno infatti modificato il modello di business basato sull’attività di intermediazione creditizia tradizionale, denominato originate-to-old (OtH), adottando il nuovo modello denominato originate-to-distribute (OtD). Nel primo modello le banche mantengono la titolarità dei prestiti fino alla scadenza contrattuale; nel secondo erogano i prestiti per poterli cedere sistematicamente sul mercato prima che giungano a scadenza (9). La cartolarizzazione, da parte sua, ha rappresentato una delle tecniche funzionali all’affermazione del modello OtD, poiché con essa le banche hanno trasferito portafogli di prestiti liberando liquidità e capitale, aumentando cosi la propria capacità di impiego. Le banche americane hanno quindi trasferito il rischio assunto sulla concessione di mutui subprime proprio attraverso la cartolarizzazione, trasformando cosi attivi in strumenti collocabili presso altre banche e risparmiatori. I mutui de quo sono stati prima incorporati in ABS e successivamente ancora una volta cartolarizzati, dando vita ad altre obbligazioni denominate CDO. Numerosi istituti si sono ritrovati nei propri portafogli strumenti di varia natura, privi di valore, a fronte dei quali hanno registrato inevitabili perdite di rilevante entità. Fino a comportare in tantissimi casi il fallimento di non poche istituzioni finanziarie. Ciò si aggiunga la scarsa trasparenza del mercato delle CDO e, soprattutto, la eccessiva trasformazione dei crediti originari incorporati più volte in titoli di vara natura, che non h consentito la localizzazione in maniera chiara e precisa delle perdite.

 

Note e riferimenti bibliografici.

  1. F. BATTAGLIA, Quale futuro per la cartolarizzazione dopo la crisi finanziaria? , Milano, FrancoAngeli, 2014.
  2. S. De Angeli, M. ORIANI, La securitisation dei crediti bancari, Milano, FrancoAngeli, 2000.
  3. F. BATTAGLIA, op. cit. sub nota (1).
  4. S. DELL’ATTI, La cartolarizzazione dei crediti. Problematiche attuali alla luce dei nuovi orientamenti, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2005.
  5. D. DRAGO, Securitisation, CDO e covered bonds. Strumenti e tecniche di frontiera per le banche: caratteristiche, mercato e rating, Roma, Bancaria editrice, 2007.
  6. Va anche evidenziato il ricorso sempre più ampio a operazioni di cartolarizzazione da parte dello Stato e di altri enti pubblici in qualità di soggetti cedenti aventi ad oggetto non solo crediti ma anche patrimoni immobiliari.
  7. C. PORZIO, Securitisation e crediti in sofferenza. Problemi gestionali, contabili e normativi nella recente esperienza italiana, Roma, Bancaria Editrice, 2001.  
  8. J. HU, Asset securitisetion: theory and practice, Singapore, Wiley, 2011.
  9. S. Dell’Atti, La cartolarizzazione dei crediti. Problematiche attuali alla luce dei nuovi orientamenti, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2005.