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Pubbl. Lun, 16 Ott 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

La nozione di titolare effettivo della società nella nuova normativa antiriciclaggio

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Carlo De Dominicis


Gli incerti confini della nozione di titolare effettivo: un caso pratico.


Sommario: 1. Premessa; 2. Il concetto di "titolare effettivo" nell'ambito della normativa antiriciclaggio (brevi cenni); 3. L'individuazione del titolare effettivo alla luce delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 90 del 25 maggio 2017; 4. Conclusioni.

L'articolo è stato scritto a firma congiunta con la dott.ssa Chiara Turco.

1. Premessa.

Il presente articolo si pone come obiettivo, senza alcuna pretesa di esaustività, quello di fornire una prima chiave di lettura della normativa di recepimento della Direttiva 2015/849 UE, c.d. IV Direttiva AML; si precisa che ai fini di tutela della privacy delle società coinvolte in un caso analogo, i nomi riportati sono di assoluta fantasia.

Ci è stata sottoposta la seguente fattispecie: Alfa S.p.A. (di seguito “Alfa”), è un’entità di diritto italiano – facente parte di un gruppo controllato da due fondi di diritto inglese.

Alfa è una società per azioni detenuta al 100% dalla società italiana Alfa Group S.p.A. il cui socio di maggioranza per poco meno dell'80% è la società lussemburghese Beta S.à.r.l., la cui, invece, quasi totalità del capitale sociale è così detenuta:

  • per oltre il 60% dal fondo Gamma L.P. il cui general partner è il fondo Delta LP Inc. a sua volta rappresentato dal general partner Epsilon Management Limited, quest’ultimo gestito da un consiglio di amministrazione composto esclusivamente da persone fisiche, e
  • per oltre il 20% dal fondo Omega L.P. il cui general partner è il fondo Zeta L.P., a sua volta rappresentato dal general partner Sigma L.L.C., anche quest’ultimo gestito da un consiglio di amministrazione composto esclusivamente da persone fisiche.

Sulla scorta di tale fattispecie, ci è stato formulato il seguente quesito:

“Tenuto conto:

  1. delle modifiche apportate dal Decreto Legislativo no. 90 del 25 maggio 2017 alla normativa antiriciclaggio e, in particolare, ai criteri di individuazione del titolare effettivo, e
  2. dell’assetto proprietario di Alfa

quali impatti si producono sul procedimento di individuazione del titolare effettivo della Società?”

La risposta al quesito – è opportuno premettere – sarà povera di riscontro dottrinale e/o giurisprudenziale essendo recentissima l’adozione del Decreto Legislativo 25 maggio 2017, n. 90 (di seguito il “D.lgs. n. 90/2017”).

2. Il concetto di "titolare effettivo" nell'ambito della normativa antiriciclaggio (brevi cenni).

Il Decreto Legislativo n. 231 del 2007 (di seguito il “Decreto Antiriciclaggio” o anche solo il “Decreto”) rappresenta il corpus centrale della normativa italiana antiriciclaggio. Tale provvedimento – così come modificato dal D.lgs. n. 90/2017 – contiene misure stringenti destinate a rafforzare la strategia non solo di contrasto, ma anche di prevenzione dei reati di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo al fine di tutelare l’integrità e la stabilità del sistema economico-finanziario.

Il fulcro del Decreto Antiriciclaggio – e, pertanto, dell’intera normativa – risiede nell’espletamento, da parte dei destinatari, di taluni obblighi (detti per l’appunto “obblighi antiriciclaggio”) modulati sulla base delle attività svolte dal singolo soggetto coinvolto, tra cui l’obbligo di adeguata verifica della clientela e, in particolare, l’obbligo d’identificazione del titolare effettivo cui fa da contraltare quello speculare – gravante in capo alla clientela – di fornire tutte le informazioni necessarie ai fini dell’identificazione di tale soggetto.

La figura del titolare effettivo, in ambito antiriciclaggio, è stata introdotta dal GAFI[1] nelle 40 Raccomandazioni[2] sotto la voce “beneficial owner”. Tale espressione si riferisce alla persona fisica (o alle persone fisiche) a beneficio della quale (o delle quali) è fatta una certa transazione o, nel caso di persone giuridiche, alla persona fisica (o alle persone fisiche) che in ultima istanza possiede o controlla una certa entità giuridica.

In materia di titolarità effettiva, si è assistito nel corso degli anni a una costante evoluzione finalizzata a specificarne la definizione e ad allargare il novero di soggetti richiamati dalla norma al fine di ridurre quanto più possibile le difficoltà riscontrate in caso di strutture societarie complesse.

Al riguardo, giova ricordare che, già nella definizione europea di titolare effettivo contenuta nella “Terza Direttiva Antiriciclaggio”[3], si faceva riferimento alla nozione di proprietà diretta ed indiretta di una data percentuale del capitale sociale del cliente[4], oltre alla previsione di ulteriori criteri identificativi basati sul controllo, ricorrendo alla titolarità di diritti di voto e ad una generica previsione di “altre forme di controllo” esercitate sulla medesima per l’individuazione del titolare stesso.

Allo stesso modo, l’articolo 2 dell’allegato tecnico al Decreto ante-riforma recepiva tali nuove precisazioni senza fornire, tuttavia, alcuna informazione di dettaglio sulla soglia di rilevanza della titolarità di azioni, che è stata poi individuata nell’allegato n.1 del provvedimento di Banca d’Italia del 3 aprile 2013 (c.d. Provvedimento di adeguata verifica) in una percentuale superiore al 25% del capitale sociale o dei diritti di voto.

3. L'individuazione del titolare effettivo alla luce delle modifiche introdotte dal decreto legislativo n. 90 del 25 maggio 2017.

Il D.lgs. n. 90/2017 ha modificato la menzionata definizione di titolare effettivo fornita dal Decreto Antiriciclaggio.

Sulla scorta delle modifiche intervenute, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera pp), del Decreto[5], per titolare effettivo deve generalmente intendersi “la persona fisica o le persone fisiche, diverse dal cliente, nell’interesse della quale o delle quali, in ultima istanza, una determinata prestazione professionale è resa o un’operazione è eseguita”, con la precisazione fornita dall’articolo 20, primo comma, del Decreto[6] che per i clienti diversi dalle persone fisiche “il titolare effettivo […] coincide con la persona fisica o le persone fisiche cui, in ultima istanza, è attribuibile la proprietà diretta o indiretta dell’ente ovvero il relativo controllo”.

Più precisamente, il Legislatore – al fine di intervenire su un quadro normativo ante-riforma che appariva non sufficientemente esaustivo e, in particolare, con il preciso obiettivo di limitare le difficoltà emerse fino a quel momento nell’individuazione del titolare effettivo nelle ipotesi di complessità delle strutture societarie o di frazionamento della proprietà societaria (e.g. società quotate) – ha formulato tre distinti criteri[7] legati tra loro da un rapporto di sussidiarietà e alternatività che, in via del tutto teorica (in assenza della normativa di secondo livello[8]), dovrebbero consentire una più agevole individuazione della titolarità effettiva.

A) Il primo dei tre criteri postulati all’articolo 20 del Decreto si fonda sulla mera analisi dell’assetto proprietario della società cliente.

In tal senso, dovendosi ricondurre la titolarità effettiva di una società di capitali alla persona fisica (o alle persone fisiche) cui è attribuibile la proprietà della stessa, il Legislatore si è premurato di definire la “proprietà diretta” quale detenzione di una partecipazione superiore al 25% del capitale della società cliente e la “proprietà indiretta” quale possesso di partecipazioni in misura superiore al 25% posseduto per il tramite di altre società controllate, fiduciarie o per interposta persona.

Sulla base dell’assetto proprietario del gruppo di cui fa parte Alfa e rappresentato dalla Funzione Compliance di tale società, tuttavia, non esistono soggetti-persone fisiche che detengono, direttamente o indirettamente, una quota superiore al 25% del capitale sociale.

B) Nell’impossibilità di individuare un titolare effettivo sulla base degli assetti proprietari occorre esaminare il secondo criterio previsto dall’articolo 20, del Decreto.

In quest’ipotesi, l’elemento discriminante è quello del controllo dell’ente dovendosi ritenere come titolare effettivo, “la persona fisica o le persone fisiche cui è attribuibile il controllo della società in forza:

  1. del controllo della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria;
  2. del controllo di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante in assemblea ordinaria;
  3. dell’esistenza di particolari vincoli contrattuali che consentano di esercitare un’influenza dominante.”

Con la nuova formulazione della norma, il Legislatore – nel tentativo di individuare il titolare effettivo nei casi di eccessiva complessità dell’assetto proprietario – sposta il fulcro dell’analisi sul controllo dell’ente, identificandolo nella titolarità di diritti di voto o in ogni altra modalità di partecipazione al capitale o al patrimonio dell’ente o di preposizione ad organi o, ancora, nella direzione, amministrazione o controllo della società[9].

Tuttavia, se da una parte non si può non riconoscere e apprezzare lo sforzo compiuto dal Legislatore nel fornire strumenti idonei ad una più agevole individuazione del titolare effettivo, allo stesso modo non può di certo esser taciuta l’oscurità delle nuove disposizioni riscontrabile – specialmente in riferimento ai criteri di cui al terzo e quarto comma – al momento della loro concreta applicazione.

Per queste ragioni, considerata la totale assenza di osservazioni sulle disposizioni di neo introduzione, non resta che cercare un qualche supporto nei commenti formulati dalla dottrina in riferimento a fattispecie simili a quelle prese in esame.

Ad esempio, i commenti formulati in materia di controllo societario (così come delineato dall’articolo 2359 del Codice Civile) – malgrado non trovino espressa applicazione alle ipotesi in cui il controllo di una società sia esercitato da una persona fisica – potrebbero comunque consentire al lettore di approcciarsi per la prima volta alla nuova norma in modo più consapevole.

A tal riguardo il Codice Civile, così come il comma terzo dell’articolo 20 del Decreto, riconosce ed individua tre distinte tipologie di controllo:

(i) il controllo azionario di diritto;
(ii) il controllo azionario di fatto, e
(iii) il controllo contrattuale.

Sulla base di quanto ritenuto da autorevole dottrina, la tipologia di controllo di cui al punto (i), sembrerebbe concretizzarsi qualora uno soggetto disponga della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria[10]. In tal caso, la capacità di esercitare un controllo sulla società risulta evidente in quanto il soggetto controllante è in grado, tra l’altro, di nominare gli amministratori.

A tal proposito, appare opportuno specificare che – in questa fattispecie– il concetto di “disponibilità dei voti” prescinde dalla titolarità di un diritto di proprietà sulle partecipazioni dal momento che la medesima tipologia di controllo può avverarsi anche nei casi di pegno e usufrutto, purché siano di durata sufficiente ad assicurare una stabile influenza.

Diversa, è, invece, l’ipotesi in cui la disponibilità del voto venga esercitata per conto altrui senza, pertanto, soddisfare un interesse proprio del soggetto che lo esercita[11]. In questo caso, infatti, la capacità di controllare la società viene meno.

Alternativa alla fattispecie di controllo descritta al punto (i), è quella configurabile qualora una data persona fisica (o più persone fisiche) disponga di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria (di cui al punto (ii) sopra).

Un controllo di tale natura, a differenza del primo, non si incentra sull’individuazione di una percentuale predefinita di partecipazioni detenute ma, piuttosto, su un’influenza di fatto che trova fondamento in una “polverizzazione” delle partecipazioni residue o nell’assenteismo degli altri soci.

Per tali ragioni, affinché un’influenza di tal genere possa ritenersi dominante, è fondamentale che la stessa risulti stabile e non meramente occasionale[12].

Infine, quale terza tipologia di controllo, il Legislatore individua quella c.d. contrattuale o esterna che si configura ogni qualvolta l’influenza dominante cui una società è soggetta derivi da particolari vincoli contrattuali in essere con il soggetto controllante.

In tale ipotesi, a differenza delle precedenti, la condizione di controllo prescinde totalmente dal possesso di una partecipazione azionaria risultando determinata esclusivamente da particolari rapporti contrattuali la cui costituzione e il cui perdurare costituiscono la condizione di esistenza e di sopravvivenza della capacità di impresa della società così controllata[13].

Tuttavia, in aggiunta a quanto sopra, autorevole dottrina ritiene, inoltre, che – affinché vi sia soggezione a controllo esterno – da tali vincoli contrattuali debba derivare il potere del soggetto controllante di determinare concretamente la politica imprenditoriale della società controllata e di imporre le proprie scelte nella gestione della stessa. Per queste ragioni, si ritiene che la stabilità del rapporto contrattuale sia elemento imprescindibile ai fini della configurazione del controllo c.d. esterno, senza che la stessa debba necessariamente coincidere con una lunga durata del contratto[14].

Anche questo criterio, tuttavia, non pare applicabile al caso di specie perché, sulla base dell’assetto proprietario del gruppo prospettato dalla Funzione Compliance di Alfa, non esistono soggetti-persone fisiche che esercitano influenza notevole sulla base dei criteri anzidetti.

C) Rimane, allora, l’ultimo dei criteri indicati dal Legislatore, ossia la persona fisica (o le persone fisiche) “(…) titolare di poteri di amministrazione o direzione della società”.

La formulazione generica di questo criterio si presta ad interpretazioni divergenti non essendo chiaro a quale società faccia riferimento il Legislatore: occorre identificare i titolari dell’ultima società controllante o dell’ultima controllata?

Sono così ipotizzabili due interpretazioni, entrambe supportate da argomenti plausibili.

Una prima interpretazione, che potremmo definire di matrice letterale (di seguito “Interpretazione Letterale”), è nel senso che la società da considerare deve essere l’ente cliente (ossia la società controllata) poiché nell’utilizzare l’espressione “la persona fisica (…) titolare di poteri di amministrazione o direzione della società”, ed in particolare nel limitarsi a menzionare “la società” senza specificare che si debba trattare “della controllante”, il Legislatore si sarebbe riferito all’entità cliente (ossia “la controllata”), così applicandosi il principio “Ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

Di contro, seguendo un’interpretazione di carattere sistematico (di seguito “Interpretazione Sistematica”) che tiene conto della ratio legis dell’articolo 20, dell’evoluzione del concetto di titolare effettivo e, più in generale, dell’intero impianto normativo in materia di antiriciclaggio, si perviene a riconoscere tutt’altro significato alla disposizione dell’articolo 20, comma 4, del Decreto. Nel determinare la società cui occorre fare riferimento, non si può prescindere dal concetto di “ultima istanza” menzionato dall’art. 20, comma 1, del Decreto. Ciò, in quanto gli amministratori della società controllata sono, di fatto, espressione di quelli che governano la controllante e, pertanto, questi ultimi rappresentano coloro che “in ultima istanza” determinano le scelte aziendali del gruppo risultando di fatto i “titolari dei poteri di amministrazione o direzione della società”.

A supporto ulteriore dell’interpretazione sistematica, soccorre anche un dato letterale: l’art. 20, comma primo, utilizza la parola “cliente” per la determinazione del soggetto obbligato all’individuazione del proprio titolare effettivo, mentre, il successivo comma quarto, fa riferimento al concetto di “società”. Pertanto è ragionevole sostenere che la norma non si riferisca al medesimo soggetto.

In definitiva, l’interpretazione sistematica riferisce i poteri all’amministrazione o direzione “sulla” società, che sono esercitati da persone fisiche “esterne ma non estranee” alla società medesima.

4) Conclusioni

Alla luce di quanto detto, tenuto conto della sopradescritta struttura proprietaria e di controllo di Alfa nonché della natura dei soggetti coinvolti nella catena partecipativa, appare ragionevole escludere l’applicabilità dei criteri di cui all’articolo 20 del Decreto ad eccezione di quello da ultimo menzionato.

Il ricorso a tale criterio non è esente da incertezze essendosi prospettate due interpretazioni della norma altrettanto plausibili. E’ significativo che Assirevi, nell’informativa n. 403 del 7 luglio 2017, non abbia affrontato la questione. Pertanto, l’impatto che la disposizione è suscettibile di produrre - allo stato - può così essere rappresentato:

  1. aderendo all’Interpretazione Letterale, i titolari effettivi di Alfa coinciderebbero con gli amministratori della stessa;
  2. seguendo l’Interpretazione Sistematica, la titolarità effettiva andrebbe attribuita congiuntamente agli amministratori dei due fondi controllanti Sigma L.L.C. ed Epsilon Management Limited.

Ad ogni modo, si precisa che la coesistenza di un obbligo d’identificazione del titolare effettivo gravante sui destinatari della normativa antiriciclaggio, e di uno speculare obbligo dei clienti di fornire tutte le informazioni a tal fine necessarie, in ultima analisi, è finalizzata, a individuare possibili incongruenze tra le informazioni acquisite dall’uno e quelle fornite dall’altro, nell’auspicio di intercettare possibili tentativi di celare la reale identità del titolare effettivo.

Pertanto, anche nell’ipotesi in cui la società cliente e il soggetto obbligato dalla normativa antiriciclaggio individuassero titolari effettivi diversi, ove ciò sia “semplicemente” frutto di diverse interpretazioni normative (entrambe apparentemente fondate), non sembrano ravvisarsi particolari criticità nell’adempimento degli obblighi sottesi alla legge, né “elementi di potenziale sospetto” (ovviamente presupponendo la buona fede di entrambi i soggetti).

Note e riferimenti bibliografici
[1] Gruppo di Azione Finanziaria. È un organismo di tipo interstatale ed internazionale nato con lo scopo principale di combattere tutte le azioni di riciclaggio del denaro con provenienza illecita.
[2] Introdotte nel 1990.
[3] Direttiva 2005/60/CE.
[4] Corrispondente al 25% più un’azione.
[5] Così come modificato dal D.lgs. n. 90/2017.
[6] Così come modificato dal D.lgs. n. 90/2017.
[7] A tali tre criteri ne andrebbe aggiunto un quarto, decritto all’art. 20 comma 5 del Decreto, riferito esclusivamente alle persone giuridiche di cui al Decreto del Presidente della Repubblica del 10 febbraio 2000, n. 361.
[8] Che dovrà essere emanata dalle Autorità di vigilanza di settore.
[9] Relazione Illustrativa allo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2015/849. Del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 maggio 2015 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e la direttiva 20036/70/CE della Commissione, e l’attuazione del Regolamento (UE) 2015/847 del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE).
[10] Si noti bene che nel conteggio dei voti non assumono alcuna rilevanza le azioni di risparmio e le azioni prive di diritto di voto nell’assemblea ordinaria. M. CAMPOBASSO, in Diritto Commerciale, Diritto delle Società, Vol. 2, VIII edizione, Utet Giuridica, 2012, p. 293
[11] Ad esempio, nel caso del voto per delega è necessario stabilire se il voto deve essere esercitato nell’interesse del delegato o del possessore della partecipazione. A. MAFFEI ALBERTI, in Commentario breve al diritto delle società, III edizione, CEDAM, 2015, p. 466.
[12] A. MAFFEI ALBERTI, op. cit., p. 467.
[13] M. CAMPOBASSO, op. cit., p. 293 e Cass. 12094/2001.
[14] A. MAFFEI ALBERTI, op. cit., p. 468. A tal riguardo, è opportuno precisare che – sulla base dei principi cardine del nostro ordinamento – sembrerebbe doversi ritenere inammissibile un contratto che abbia ad oggetto la mera attribuzione ad un soggetto del diritto di esercitare influenza dominate su una società. Un contratto di tale natura è da ritenersi nullo per violazione delle norme in materia di conflitto di interessi (artt. 2373 e 2391 del Codice Civile) che vietano ai soci e agli amministratori di agire in difformità degli interessi della propria società.