Pubbl. Gio, 28 Set 2017
Il controllo di fatto di Vivendi su TIM
Modifica paginaSintesi della comunicazione Consob n. 0106341 del 13-09-2017 in merito alla qualificazione del rapporto partecipativo di Vivendi S.A. in Telecom Italia S.p.a.
Sommario: 1. Premessa; 2. Questione; 3. Posizioni delle parti: A) prima dell’assemblea dei soci del 04/05/2017; B) dopo l’Assemblea dei soci del 04/05/2017; 4. Decisione Consob; 5. Motivi.
1. Premessa
Nel maggio dell’anno in corso, Vivendi torna[1] prepotentemente sulle prime pagine dei giornali italiani per il caso "TIM-Vivendi".
Prima di accennare al merito la vicenda, occorre effettuare una breve premessa. Vivendi SA è una società di diritto francese che opera nel settore dei media e delle comunicazioni, in particolare cinema, internet, editoria. Essa è socia della italiana TIM S.p.A.
Nell’ottobre del 2015, Vivendi porta la sua quota partecipativa in Tim al 20%, iniziando così una scalata che vedrà la società francese detenere, nel marzo 2016, una quota partecipativa pari a quasi il 25%.
Ciò premesso, nel maggio 2017, con il rinnovo del CdA di TIM a seguito di delibera assembleare del 4 maggio, la maggioranza dei consiglieri dell’organo gestorio di Tim viene tratta dalla lista presentata da Vivendi. All’interno del Cda Tim vengono dunque “piazzati” consiglieri di fiducia della società francese (in particolare, viene nominato alla presidenza De Puyfontaine). A livello mediatico, scoppia così il caso della "italianità" della famosa azienda di telefonia.
In realtà, il rapporto partecipativo Vivendi SA-TIM era già finito sotto la lente della Consob nei mesi precedenti il rinnovo del Cda di TIM. Nell’aprile 2017, in particolare, la Consob, con propria nota trasmessa alla società, aveva posto la questione circa la configurabilità del socio Vivendi come soggetto controllante di TIM. Tale questione si è prepotentemente ripresentata nel maggio 2017, con il citato rinnovo del Cda TIM che ha portato ad un cambio di governance in favore della società francese. Con la recente decisione in commento nel presente articolo, Consob ha concluso l’istruttoria volta ad accertare se effettivamente Vivendi eserciti il controllo su Tim.
2. Questione sotto il profilo giuridico
La questione concerne la qualificazione del rapporto partecipativo di Vivendi S.A. in Telecom Italia S.p.a ai sensi della disciplina sul controllo ex art. 2359 c.c., 93 del D.Lgs. n. 58/1998 (TUF), nonché ai sensi della disciplina in materia di operazioni con parti correlate (art. 2391-bis c.c. e Reg. Consob n. 17221/10).
3. Posizioni delle parti
A) Prima dell’Assemblea dei soci del 04/05/2017 avente ad oggetto il rinnovo del Consiglio di Amministrazione mediante voto di lista.
1) il Collegio Sindacale rappresentava che, in virtù del Reg. Consob, Vivendi era qualificabile come parte correlata a Telecom in quanto socio di controllo.
2) La società TIM invece rappresentava che, in virtù del citato Reg. Consob, Vivendi non esercitava il controllo sulla società medesima.
B) Con il rinnovo del Consiglio di Amministrazione avvenuto a seguito di Assemblea dei soci del 04/05/2017[2] [3]
1) il Collegio Sindacale rappresentava che, in virtù degli artt. 2359 comma I, n. 2 c.c. e 93 comma I del TUF, nonché dell’IFRS n. 10, Vivendi esercitava il controllo di fatto su TIM, perché titolare di un pacchetto azionario idoneo ad “orientare la volontà dell’Assemblea ordinaria di Telecom Italia”. Tale conclusione sarebbe provata da circostanze di fatto e di diritto riscontrabili sia prima dell’assemblea del 04/05/2017, sia all’esito della stessa che attualmente.
2) la Società TIM rappresentava, invece, che in virtù della disciplina sul controllo e sulle parti correlate, era da escludere che Vivendi esercitasse il controllo su TIM. Successivamente, tuttavia, TIM notizia[4] che il Cda ha preso atto che Vivendi ha iniziato l’attività di direzione e coordinamento su TIM, ma che lo stesso Cda “non ha trattato il profilo della sussistenza o meno di controllo ex art. 2359 c.c. di Vivendi su TIM”[5].
3) il socio Vivendi rappresentava infine che egli non esercita alcun controllo su TIM, in quanto la partecipazione detenuta non gli consente di esercitare un’influenza dominante sulle assemblee dei soci. In particolare precisa che i) non vi sarebbe controllo di Vivendi su TIM a decorrere dal 22/06/2015, e che ii) l’attività di direzione e coordinamento non presuppone il controllo ai sensi della disciplina italiana, in quanto le relative normative delle predette attività rilevano su due piani differenti (quello manageriale per la direzione e coordinamento, quello assembleare per il controllo).
4. Decisione Consob
La Consob ha concluso che Vivendi, all’esito della citata Assemblea dei soci, esercita su TIM un controllo di fatto sia ai sensi dell’art. 2359, comma I n. 2 c.c. e art. 93 del TUF, sia ai sensi del Regolamento Consob OPC (Operazioni con Parti Correlate).
5. Motivi
5.1. Il socio Vivendi è controllante di fatto di TIM ai sensi dell’art. 2359, comma I n. 2 c.c. e dell’art. 93 del TUF
Vivendi esercita una influenza dominante sull’assemblea ordinaria. Ciò in quanto il presupposto alla base del controllo (sia “di diritto” che “di fatto”) non è l’elemento formale della proprietà della maggioranza del CS (nella misura del 50% + 1), ma la effettiva disponibilità dei voti che consentano di ottenere la maggioranza nell’assemblea ordinaria, orientandone la volontà[6], in particolare, nella nomina dei componenti del Cda. In questo senso, l’influenza dominante sull’assemblea appare strumentale all’ottenimento dell’influenza dominante sulla società attraverso la determinazione delle decisioni nel Cda.
Tale forma di influenza dominante si concretizza nel cd. “controllo di fatto” che richiede i) la disponibilità di un numero “sufficiente”[7] di voti ii) l’accertamento della “stabilità” del controllo, che appare essere inteso non come permanente o perpetuo, bensì come duraturo seppur potenzialmente modificabile[8].
L’ottenimento del controllo di fatto è oggi agevolato dall’introduzione della disciplina del voto di lista per la nomina degli organi di amministrazione delle società quotate: con questo meccanismo, ai fini dell’elezione dell’organo amministrativo non è più necessaria la maggioranza assoluta dei diritti di voto presenti in assemblea, ma è sufficiente che vi sia una lista che prenda più voti in assemblea, al fine di formare almeno la maggioranza degli amministratori, salvo (almeno) un posto riservato all’amministratore in rappresentanza delle minoranze.
In relazione al voto di lista, altri indici agevolano il controllo di fatto da parte dell’azionista di maggioranza relativa.
In particolare: i) la circostanza che le SGR e gli altri investitori istituzionali, per normativa di riferimento o per regolamenti interni, non possono fare investimenti volti all’acquisizione del controllo delle società partecipate, e, pertanto, non presentano liste per la nomina della maggioranza degli amministratori, ma presentano soltanto cd. “liste corte” per la nomina di una minoranza di amministratori. ii) la sussistenza di un capitale costituito da flottante superiore al 50%.
Entrambi questi indici risultano presenti nella società TIM. Pertanto, il socio con la maggioranza relativa, consapevole della presenza nella società di investitori istituzionali e di ampio cs costituito da un vasto flottante, ha in questa situazione la ragionevole certezza di poter esercitare un’influenza dominante in assemblea mediante la nomina della maggioranza del Cda attraverso il meccanismo del voto di lista.
Inoltre, Vivendi ha espressamente dichiarato di esercitare attività di direzione e coordinamento su TIM a seguito dell’assemblea del 04/05/2017. Secondo Consob non sarebbe possibile esercitare siffatta attività senza il controllo, come invece sostenuto da Vivendi stesso. Anzi, non soltanto ai fini della direzione e coordinamento deve sussistere quale presupposto necessario una situazione di controllo (= possesso di un certo n. di voti in assemblea), ma è anche fondamentale l’ulteriore quid pluris rappresentato dall’effettivo esercizio di attività di gestione societaria (= concreta ingerenza nell’attività dell’organo gestorio) [9].
Nel caso di specie, dunque, vi è l’esistenza di una relazione di controllo di tipo partecipativo e la predetta dichiarazione di Vivendi ha carattere indicativo della sua sussistenza.
In ogni caso vi sono ulteriori fatti che costituiscono indici dell’esistenza del controllo di fatto di Vivendi su TIM. In particolare:
1) dei dieci amministratori di designazione di Vivendi, tre ricoprono ruoli dirigenziali di vertice nel gruppo Vivendi;
2) delibera del Cda del 01/06/2017 di attribuzione ad uno dei consiglieri di designazione di Vivendi della carica di Presidente Esecutivo TIM oltre conferimento di deleghe attinenti le linee strategiche del gruppo;
3) Composizione di Comitati Interni al cda caratterizzata dalla presenza maggioritaria di consiglieri tratti dalla lista Vivendi;
4) L’impegno assunto da Vivendi a cedere le quote detenute da TIM in Persidera S.p.a. nonostante TIM avesse in precedenza dichiarato nell’ultimo bilancio la strategicità di tale partecipazione;
5) la risoluzione in data 24/07/2017 del rapporto di amministrazione e dirigenziale con l’Amministratore Delegato dott. Cattaneo, in precedenza confermato A.D. nell’assemblea del 04/05/2017, a seguito di discussione con il consigliere de Puyfontaine;
6) la già citata dichiarazione di esercizio dell’attività di direzione e coordinamento su Tim da parte di Vivendi.
5.2. Il socio Vivendi è controllante di fatto di TIM anche ai sensi della disciplina sulle operazioni con parti correlate
Secondo la disciplina del controllo di cui al citato Regolamento Consob[10], la situazione di fatto oggetto di indagine nella presente comunicazione rientrerebbe nella fattispecie normativa descritta alla lett. c) o, in via residuale, alla lettera d)[11] del punto 2 dell’allegato 1 del citato Regolamento Consob.
A riprova delle ragioni esposte in precedenza, è indicativo come in entrambe le fattispecie richiamate, e, in generale, nelle altre fattispecie esemplificative del controllo, si dia rilevanza non soltanto al potere di determinare le delibere assembleari, ma anche in via diretta al potere di determinare le delibere del consiglio di amministrazione, e, dunque, di incidere sulle scelte “politiche finanziarie e gestionali dell’impresa”.
Note e riferimenti bibliografici
[1] La società Vivendi è stata già protagonista delle cronache dei media italiani già verso la fine del 2016. A dicembre di quell’anno, infatti, la società francese tentò una scalata sul gruppo italiano Mediaset, di cui disponeva quasi il 30% delle partecipazioni.
[2] All’esito dell’Assemblea dei soci, il Cda di Tim è stato rinnovato e la maggioranza dei consiglieri (10 su 15) è stata tratta dalla lista presentata da Vivendi.
[3] Nelle more, La Presidenza del Consiglio dei Ministri italiana ha notiziato TIM di aver avviato nei suoi confronti e nei confronti di Vivendi procedimento per l’accertamento della sussistenza degli obblighi di notifica previsti in materia di c.d. “golden power” (in partt. Artt. 1 e 2 D.L. n. 21/2012).
[4] Con due Comunicati stampa diffusi, rispettivamente in data 27/07/2017e 04/08/2017.
[5] In data 27/07/2017, nel corso di un Cda di TIM, la società Vivendi in persona del dott. De Puyfontaine ha dichiarato di esercitare su Tim stessa il potere di direzione e coordinamento.
[6] Ciò potrebbe avvenire, ad esempio, attraverso dei patti parasociali stipulati tra i soci finalizzati ad acquisire il controllo della società.
[7] Il “voto sufficiente” si può avere quando un soggetto detiene una partecipazione di per sé minoritaria ma idonea ad esercitare l’influenza dominante perché, ad esempio, le altre partecipazioni sono sensibilmente frazionate o vi è spesso assenteismo degli altri soci in assemblea. Secondo Consob, la quota di partecipazione sufficiente ad esercitare il controllo è variabile perché dipende dalla situazione di fatto in cui la società si trova.
[8] Secondo Consob, il controllo di fatto è “stabile” se tale situazione emerge dall’analisi dell’andamento delle assemblee della partecipata per un arco di tempo “ragionevolmente significativo”. Tale indagine può essere effettuata anche in un periodo precedente al momento in cui il presunto controllante abbia acquisito la partecipazione.
La stabilità del controllo sussiste anche se dopo un certo lasso di tempo mutano le posizioni di forza all’interno della società: secondo Consob, infatti, “la contendibilità e la potenziale modificabilità costituisce un elemento strutturale del controllo di fatto il quale, per quanto stabile, e pur sempre un controllo minoritario, e quindi ribaltabile da nuove maggioranze che si formano in assemblea”.
[9] Consob nella Comunicazione in commento avalla la tesi sostenuta sia in dottrina dal Campobasso in Diritto Commerciale, II, Torino 2010 (p. 295); sia dalla Giurisprudenza di merito (cfr Tirb. Pescara, 16 gennaio 2009, Trib. Palermo, 15 giugno 2010). Inoltre, sempre ad avviso dell’organismo di vigilanza, sarebbero sia la stessa legge delega sulla riforma del diritto societario (Legge n. 366/2001) sia la relazione illustrativa del D.Lgs n. 6/2003 (cd Riforma del Diritto Societario), sia il TUF ad ammettere che il presupposto necessario per lo svolgimento dell’attività di direzione e coordinamento è l’esistenza del controllo.
[10] Si veda allegato 1, punto 2 del Regolamento Consob.
[11] Ai sensi del punto 2 dell’allegato 1, per controllo s’intende “(…) il potere di determinare le politiche finanziarie e gestionali di un’entità al fine di ottenere benefici dalle sue attività.
(…) il controllo esiste anche quando un soggetto possiede la metà, o una quota minore, dei diritti di voto esercitabili in assemblea se questi ha:
(…)
c) il potere di nominare o di rimuovere la maggioranza dei membri del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, ed il controllo dell’entità è detenuto da quel consiglio o organo;
d) il potere di esercitare la maggioranza dei diritti di voto nelle sedute del consiglio di amministrazione o dell’equivalente organo di governo societario, ed il controllo dell’entità è detenuto da quel consiglio o organo”.