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Pubbl. Mar, 19 Set 2017
Sottoposto a PEER REVIEW

Separati ma uguali: da Rosa Parks alla Corte Suprema, l´uguaglianza riparte con treni e bus

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Andrea Senatore


L’uguaglianza tra cittadini statunitensi a bordo dei mezzi pubblici, ovvero posti a sedere, dignità e personalità umana.


Sommario: 1. Introduzione; 2. La ricostruzione e Jim Crow; 3.1. Plessy v. Ferguson: i fatti e il giudizio statale; 3.2. La decisione della Corte Suprema; 3.3. Il “gran dissenso” di Harlan; 4. Un bus a Montgomery; 5. Conclusioni.

1. Introduzione

In un precedente articolo[1] ci siamo soffermati sulla schiavitù negli Stati Uniti, analizzando alcune sentenze[2], fino alla guerra di secessione (1861-1865)[3] al termine della quale, mediante l’introduzione del XIII, XIV e XV Emendamento[4] la schiavitù venne abolita e le persone di colore acquisirono la piena capacità. In quella stessa sede, tuttavia, si avvisava che sarebbe stato a dir meno ingenuo pensare che decenni di comportamenti e convinzioni sarebbero stati spazzati via statim et confestim dal tratto di penna del legislatore. Ci occuperemo, infatti, in quest’articolo degli eventi successivi, analizzando in particolare due vicende, avvenute a circa sessant’anni di distanza, relative all’accesso di persone di colore a bordo dei mezzi di trasporto pubblici.

2. La ricostruzione e Jim Crow

Cessato il conflitto, mentre ancora si diradava la polvere da sparo, si pose il difficile problema di come riconciliare gli animi dei due schieramenti che fino a poco tempo prima si erano fronteggiati, ovvero di riaccogliere nell’Unione quelle persone che ne erano fuoriuscite e reintegrarle pienamente come cittadini, nel rispetto del nuovo ordine che si era creato[5]. In realtà la questione fu posta già prima che tacessero le armi e varie furono le prese di posizione: vi era chi credeva che il Sud andasse trattato come una provincia conquistata, altri ritenevano invece che gli Stati che avevano lasciato l’Unione dovessero essere trattati come Territori (e quindi come soggetti non completamente autonomi), ed infine la posizione del Presidente Lincoln secondo la quale essendo la secessione incostituzionale essa fosse tamquam non esset. Alla fine prevalse una soluzione intermedia che, facendo leva sulla sezione 4 dell’art. 4 della Costituzione federale[6], consentiva all’amministrazione centrale di creare nuovi governi[7].

Tuttavia una completa riforma non avvenne e negli Stati ex confederati, dopo alcuni anni, ritornarono ad occupare ruoli chiave nella società alcune persone provenienti dal precedente estabilshment. Si passò, quindi, da una schiavitù de jure ad una segregazione de facto, in cui venivano formalmente applicati i nuovi principi costituzionali ma sostanzialmente le persone di colore rimanevano cittadini “di serie B”[8]. E tanto avvenne in modo perfettamente[9] legale, attraverso le cd. leggi di Jim Crow[10].

Questi provvedimenti legislativi andavano ad incidere su tutti gli aspetti della vita sociale dei “liberti” statunitensi, da quelli più minuti (ad es. istruzione, trasporti, locali pubblici ecc.) a quelli incidenti sui diritti civili e politici (come ad es. il diritto di voto). Nella sostanza fu impedito ai nuovi cittadini di prendere parte alla vita politica e sociale degli Stati, specialmente in quelli in cui costituivano la maggioranza della popolazione[11]. Già nel 1877 l’era della ricostruzione volse al termine[12] e furono escogitati vari metodi per aggirare le modifiche alla Costituzione federale.

Per quanto riguarda l’esclusione dall’elettorato attivo furono utilizzati il metodo del pagamento delle tasse[13], quello culturale[14] e la “clausola del nonno”[15]; quando gli artifici legali non riuscivano nel loro intento interveniva anche il Ku Klux Klan per impedire, anche violentemente, agli afro-americani il libero esercizio dei diritti che gli erano stati riconosciuti.

Dal punto di vista legale le corti, sia statali che federali, sostenevano che gli emendamenti, in particolare il XIV, si applicassero soltanto al livello federale e che, quindi, i singoli Stati fossero liberi in materia; sono esempi celebri il “caso dei mattatoi”[16] e quello “dei diritti civili”[17].

3.1. Plessy v. Ferguson: i fatti ed il giudizio statale

Come abbiamo visto tra le limitazioni che colpivano i cittadini provenienti dalla condizione servile vi era anche quello di non poter salire negli stessi scompartimenti destinati ai “bianchi” sui mezzi di trasporto ovvero essere confinati nella parte posteriore della vettura. Anche lo Stato della Louisiana[18] adottò una simile legislazione con un act, il 111, del 1890, formalmente intitolato Louisiana Railway Accommodations Act, meglio noto tuttavia come Separate Car Act (legge delle carrozze separate). La disposizione in esame, per quanto d’interesse, recitava testualmente:

Sez. I. Ogni compagnia ferroviaria che trasporti persone in questo Stato, dovrà prevedere sistemazioni uguali ma separate[19] per le razze bianche e di colore (sic), prevedendo due o più vagoni passeggeri per ogni treno, oppure dividendo i vagoni in modo da garantire la collocazione separata (…) Nessuno potrà occupare posti in vettura diversi da quelli assegnati alla razza di appartenenza (sic).

Sez. II. I funzionari dei predetti treni passeggeri hanno l’obbligo di assegnare ogni passeggero alla vettura o scompartimento utilizzato dalla razza cui appartiene al passeggero; ogni passeggero che insista per recarsi in una vettura o scompartimento della razza cui non appartiene è punito con una multa di 25 dollari ovvero di un periodo di detenzione non superiore ai venti giorni nel carcere comunale; (…)[20]

Si può facilmente immaginare come i nuovi cittadini della Louisiana accolsero un provvedimento legislativo di tal fatta ed un gruppo di persone si costituì in un Comité des Citoyens (comitato di cittadini) per mettere in discussione la norma[21]. Un primo tentativo di sfidare questa discriminazione andò a vuoto[22] ma non per questo il comitato rinunciò all’impresa. Per il test successivo venne contattato il più giovane del comitato, il trentenne Homère Patris Plessy, in seguito conosciuto come Homer Plessy[23], un calzolaio di New Orleans di origine creola e dunque un cd. “octoroon”, vale a dire con un ottavo di discendenza “di colore”[24].

Il 7 giugno del 1892 Plessy acquistò un biglietto di prima classe sulla tratta New Orleans – Covington e si sistemò in un vagone per “soli bianchi”. La compagnia ferroviaria era già stata informata, come pure il controllore del treno che chiese, com’era suo dovere, a Plessy se fosse di colore. Alla risposta affermativa il controllore chiese al passeggero di cambiare vettura, all’ulteriore rifiuto un detective privato, anch’egli preventivamente avvisato dal comitato, intimò il rispetto della legge ed infine fermò e consegnò Homer Plessy alla polizia per violazione della legge 111[25].

Liberato su cauzione, Plessy fu rinviato alla sezione A del Tribunale penale, davanti al giudice Ferguson per il processo che si tenne un mese dopo. In quella sede la difesa di Plessy, in via preliminare, eccepì il contrasto dell’act con la Costituzione federale ed in particolare con il XIII ed il XIV Emendamento. Tuttavia il giudice Ferguson respinse l’eccezione, ritenendo che lo Stato della Louisiana avesse il diritto di regolare il trasporto di persone sui treni per tratte interamente comprese nel proprio territorio.

Plessy fu quindi riconosciuto colpevole e condannato a pagare 25 dollari di multa. La sentenza di Ferguson fu impugnata davanti alla Corte Suprema della Louisiana che la confermò[26], ma il suo Chief Justice consentì a Plessy di ricorrere davanti alla Corte Suprema federale. Secondo la Corte della Louisiana la legge 111 non dava una “patente” di schiavitù – e quindi non riguardava il XII Emendamento – ed inoltre la separazione, se corrispondeva ad “eguale trattamento” non violava il XIV Emendamento[27]. La stessa separazione sulle vetture “è fatta nell’interesse dell’ordine pubblico, della tranquillità e della comodità” e rientra nella “regolamentazione del commercio interno (...) di esclusiva competenza statale (come) il sistema scolastico pubblico o il diritto matrimoniale. Una diversa interpretazione comporterebbe la nullità delle leggi che prevedono scuole separate e di quelle di altri Stati che vietano i matrimoni misti”. Del resto, prosegue la sentenza “la legge si applica ad entrambe le razze con tale perfetta correttezza ed uguaglianza (sic) che l’imputazione non fa nemmeno riferimento al colore della pelle dell’accusatoOvviamente, in caso di condanna, la pena sarebbe la stessa sia che l’accusato fosse bianco o “di colore[28].

3.2. La decisione della Corte Suprema

Dopo quasi quattro anni dai fatti il caso arrivò quindi alla Corte Suprema, dove fu discusso il 13 aprile del 1896 e deciso il 18 maggio dello stesso anno[29]. Plessy fu nuovamente difeso da Albion Tourgée che aveva operato come “consulente legale” del Comitato, e da altri legali che sottoposero alla massima istanza giurisdizionale statunitense due ricorsi. Tourgée, in particolare, fece leva sul XIII e XIV Emendamento in base ai quali era vietata la schiavitù ed erano garantiti i medesimi diritti a tutti i cittadini degli Stati Uniti; in particolare, sostenne la difesa, che l’essere considerato “di colore” fosse una implicita ammissione della supposta inferiorità degli afroamericani rispetto ai “bianchi”.

Con molta ironia la difesa portò all’assurdo le conseguenze della dottrina “separati ma uguali”: se lo Stato poteva disporre la separazione sui mezzi pubblici, allora avrebbe potuto farlo anche in base al colore dei capelli, alla cittadinanza, ovvero promulgare leggi che ordinassero alle persone di colore di camminare su un determinato lato della strada e ai bianchi sul lato opposto, ovvero ancora di dipingere di un determinato colore le case o i veicoli o le insegne[30].

La Corte, tuttavia, respinse il ricorso di Plessy a maggioranza (7-1)[31]; l’opinion della Corte fu redatta dal Justice Brown cui aderirono altri sei giudici, tra l’altro quasi tutti provenienti da Stati che si schierarono con l’Unione durante la guerra civile[32].

Dopo aver riassunto i fatti di causa, Brown precisa subito che non vi è conflitto con il XIII Emendamento:

La schiavitù implica una servitù involontaria – uno stato di costrizione; la proprietà di un essere umano come se fosse un bene, o almeno il controllo del lavoro e dei servizi di un uomo in favore di un altro, in assenza di un valido diritto per disporre di quella detta persona, beni e servizi. (…)

Una legge che contenga una semplice (sic) distinzione legale tra le razze bianche e di colore – una distinzione che si basa sul colore delle due razze e che deve sempre esistere finché gli uomini bianchi saranno distinti da quelli di altre razze per colore (sic) – non ha lo scopo di distruggere l’uguaglianza legale delle due razze, o di ripristinare uno stato di servitù involontaria.

Già a questo punto, con i parametri di valutazione dei giorni nostri, si potrebbero muovere delle forti critiche alla pronuncia. Pronuncia che, ricordiamolo ancora una volta, interviene quasi alle soglie del XX secolo, a più di trent’anni dalla fine della guerra civile e a più di cento anni dalla Dichiarazione di Indipendenza e dalla Costituzione federale. Respinto l’argomento della schiavitù, il giudice Brown affronta anche la questione del XIV Emendamento che ha indubbiamente per oggetto:

di attuare l’assoluta eguaglianza delle due razze davanti alla legge, ma nella natura delle cose, non avrebbe potuto essere utilizzata per abolire le distinzioni basate sul colore (…). Le leggi che permettono, e a volte richiedono la loro separazione in posti dove potrebbero entrare in contatto, non implica necessariamente l’inferiorità di una razza sull’altra, e sono state ritenute generalmente, se non universalmente, rientranti nella competenza delle legislazioni statali nell’ambito dei loro poteri di polizia.

Viene inoltre ripreso l’indirizzo già espresso in precedenza secondo il quale la norma si applica solamente ai rapporti che riguardano lo Stato federale e non ai singoli Stati nell’ambito della loro esclusiva giurisdizione.

L’opinion prosegue indicando una significativa eccezione alla separazione, altrimenti prevista anche in altri ambiti come scuole e teatri, vale a dire nella selezione della giuria[33]. Quindi Brown passa a quello che ritiene il punto centrale della vicenda, ovvero se lo Stato della Louisiana abbia o meno esercitato i suoi poteri legislativi con ragionevolezza. Per far ciò, secondo la Corte, bisogna fare riferimento

agli usi, alle consuetudini ed alle tradizioni del popolo, con lo scopo di promuovere il loro benessere e di mantenere l’ordine e la sicurezza pubblica. Sulla scorta di tali criteri, non può dirsi che una legge che autorizzi o preveda la separazione delle due razze sui mezzi di trasporto pubblici sia irragionevole, o contrastante con il XIV Emendamento più dell’act del Congresso che prevede scuole separate per bambini di colore nel Distretto di Columbia, la cui costituzionalità non è mai stata discussa, o le corrispondenti leggi dei singoli stati.

La questione della percentuale di sangue necessario per essere considerato “bianco” viene, infine, considerata di spettanza dei singoli Stati.

Il ricorso di Plessy viene quindi respinto.

3.3. Il “gran dissenso” di Harlan

Contro l’opinione della maggioranza si levò il dissenso di Justice Harlan e la sua dissenting opinion (opinione dissenziente), che per questa ed altre decisioni fu soprannominato “il gran dissenziente”. Harlan era del Kentucky e si schierò con l’Unione pur essendo in un primo momento filoschiavista per cambiare poi il proprio punto di vista e diventare un sostenitore dei diritti civili[34]. In primo luogo Harlan chiarisce che le ferrovie, anche se gestite da privati, rientrano nel concetto di “strade pubbliche”, criticando la scelta dello Stato di consentirne l’utilizzo differenziato in base alla razza.

L’opinione di Harlan entra nel vivo quando dichiara che

Quanto ai diritti civili comuni a tutti i cittadini, la Costituzione degli Stati Uniti non consente, credo, a nessuna autorità pubblica di conoscere la razza di coloro che devono essere tutelati nell’esercizio di tali diritti (…) Ma io nego che qualsiasi corpo legislativo o tribunale possa guardare alla razza dei cittadini quando i diritti civili di costoro sono coinvolti. Infatti, una smile legislazione come in questo caso è incompatibile non solo con l’uguaglianza, che riguarda la cittadinanza statale e nazionale, ma con i diritti della personalità di cui ogni persona gode negli Stati Uniti.

Secondo Harlan il XIII Em. non si limita soltanto ad abolire e vietare la schiavitù, ma contiene anche il divieto di creare situazioni che di fatto siano di schiavitù. Tuttavia questo emendamento è stato ritenuto inadeguato per proteggere gli ex schiavi ed è implementato dal successivo Emendamento in base al quale

(…) la legge negli Stati sarà la stessa per i “neri” e per i bianchi; che tutte le persone, siano esse “di colore” o bianche, saranno uguali davanti alle leggi degli Stati, e (…) che nessuna discriminazione legale verrà fatta (contro gli afroamericani) a causa del loro colore (…)

Harlan quindi “smonta” la difesa della validità della legge statale che si limiterebbe a prescrivere una regola applicabile ad ogni cittadino senza discriminazioni razziali, e molto chiaramente sostiene che tale norma non vuole certo impedire ai “bianchi” di andare nelle carrozze “nere” quanto il contrario, e quindi la legge interferisce con la libertà personale dei cittadini.

Harlan, inoltre, paventa anche dei rischi di scontri sociali visto che

(…) sembra che in alcuni Stati vi sia ancora una razza dominante – una classe superiore di cittadini che ritiene di dover disciplinare l’esercizio dei diritti civili, comuni a tutti i cittadini, sulla base della razza. Questa sentenza (…) incoraggerà la convinzione che sia possibile, attraverso la legislazione statale, vanificare (…) i recenti emendamenti alla Costituzione. Sessanta milioni di bianchi non sono in pericolo per la presenza di sei milioni di neri. I destini delle due razze in questo paese sono indissolubilmente legate, e l’interesse di entrambe richiede che il governo comune non permetta ai semi dell’odio raziale di essere piantati attraverso la legge. (…) Che è, come tutti ammetteranno, il vero scopo della legislazione come quella promulgata in Louisiana.

Harlan, dopo aver ripreso la paradossale difesa di Tourgée, profetizza che “questa sentenza, col tempo, sarà disastrosa quasi come quella presa da questo tribunale nel caso Dred Scott[35]; ma la vera sintesi dell’opinione di Harlan è che “la nostra Costituzione è cieca per quanto riguarda il colore (della pelle), e non conosce o tollera classi tra i cittadini[36].

4. Un bus a Montgomery

Quasi sessanta anni dopo la sentenza Plessy, nel 1955, a Montgomery, cittadina dell’Alabama, gli autobus erano ancora divisi per colore della pelle: i bianchi avevano i primi dieci posti avanti, gli afroamericani gli ultimi dieci dietro, mentre quelli al centro erano “liberi”. Se però l’autobus fosse stato pieno e fosse salito un bianco l’afroamericano che avesse occupato uno di quei sedili liberi avrebbe dovuto cedergli il posto. Due conflitti mondiali, l’ultimo in particolare in cui il fattore “razza” aveva rivestito un ruolo particolare, il progresso delle scienze, la stessa partecipazione degli afroamericani alla vita della società americana evidentemente non erano bastati a modificare la legislazione e, soprattutto, il modo di pensare.

Ad aggravare la discriminazione, a novant’anni dall’abolizione della schiavitù e ad ottantasette dal riconoscimento dell’uguaglianza, stava anche il fatto che spesso gli afroamericani venivano lasciati a terra pur avendo pagato il biglietto[37], ovvero non venivano fatti salire alle fermate. Rosa Parks[38] un’attivista per i diritti civili il 1° dicembre stava aspettando l’autobus per rientrare a casa. Quando salì a bordo riuscì a trovare un posto a sedere nella prima fila riservata agli afroamericani. Durante il tragitto la parte riservata ai “bianchi” si riempì e quando l’autista si accorse che alcuni “bianchi” erano rimasti in piedi decise di spostare la linea divisoria per consentire loro di sedersi. I primi tre occupanti cedettero il loro posto, Rosa Parks, invece, si limitò a “scalare” di un posto senza alzarsi; l’autista, in forza del codice municipale[39] chiese alla Parks di spostarsi ma ottenne un secco rifiuto. Dopo aver contattato la compagnia, l’autista chiese l’intervento della polizia che arrestò la Parks per violazione del codice[40].

L’evento si svolse sulla falsariga di Plessy, ma non si trattò come in quel caso di un test case. Tuttavia l’arresto di Parks fu l’ispirazione per un evento storico: il boicottaggio degli autobus[41]. Rosa Parks il 5 dicembre successivo fu condannata per “condotta disordinata” e violazione delle leggi municipali a 10 dollari di multa oltre a 4 dollari di spese. I legali interposero appello attraverso il sistema statale e quando una simile questione venne riproposta alle Corti federali decisero di non intervenire per timore che fosse considerato un mezzo per evitare di sottrarsi alla giustizia penale dell’Alabama.

Il vertice della giustizia federale statunitense tornava, quindi, ad occuparsi sulla collocazione degli afroamericani sui mezzi di trasporto; prima di allora, la Corte Suprema si era già pronunciata in un caso del 1946 in cui a maggioranza (6-1) decise che la legge della Virginia che imponeva la segregazione a bordo degli autobus che coprivano una tratta interstatale era incostituzionale[42], anche se nella pratica non si registrarono effetti sensibili.

Il vero e proprio revirement avvenne però con la pronuncia della Corte dell’11° Circuito, la Corte Distrettuale per il distretto centrale dell’Alabama, nella causa Browder v. Gayle[43]. Durante il boicottaggio degli autobus un gruppo di afroamericani di Montgomery decise di sfidare la segregazione imposta dal codice municipale direttamente davanti ad una corte federale, composta da tre giudici[44]. Con un verdetto a maggioranza (2-1) i giudici ritennero che la segregazione sugli autobus violasse il XIV Emendamento.

La Corte, dopo aver statuito sulla propria giurisdizione e competenza, esamina le leggi locali ed i precedenti della Corte Suprema sulla segregazione e partendo dai primi casi (come quello dei diritti civili sopra richiamato), tratteggia il mutamento di pensiero della massima istanza giurisdizionale, passando per l’ambito scolastico[45] e concludendo:

Non possiamo, in coscienza, svolgere il nostro dovere di giudici seguendo ciecamente il precedente di Plessy v. Ferguson su citato, quando le nostre riflessioni ci trovano concordi [con la Corte del quarto circuito] per cui la dottrina del separati ma uguali non può più essere tranquillamente seguita come una corretta espressione della legge. Infatti, noi riteniamo che Plessy v. Ferguson è stata implicitamente, se non esplicitamente, superata e che, secondo le ultime sentenze, non ci sono ragionevoli elementi per cui la dottrina del separati ma uguali possa essere validamente applicata ai trasporti pubblici nella città di Montgomery e nell’ambito dei suoi poteri di polizia. (…) Riteniamo che le leggi e le ordinanze che prevedono la segregazione delle razze bianche e di colore sugli autobus delle linee di trasporti pubblici nella città di Montgomery ed i suoi poteri di polizia violino le clausole di due process e di equal protecion of the law previste dal quattordicesimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti.

Dunque la questione non riguarda più il diritto dei trasporti o il commercio interstatale bensì, com'è giusto che sia, la dignità e l'uguaglianza della persona umana.

Il dissenziente J. Lynne, invece, ritenne che la giurisprudenza di Plessy fosse ancora valida[46].

I convenuti, rappresentanti degli enti locali, ricorsero alla Corte Suprema, che per curiam[47] la confermò[48], ordinando allo Stato dell’Alabama ed alla città di Montgomery di porre fine alla segregazione sugli autobus[49].

5. Conclusioni

Come già si avvisava in apertura, sarebbe a dir poco ingenuo pensare che la questione razziale venne completamente risolta con un mutamento giurisprudenziale. Si pose anzi il problema dell’esecuzione delle leggi e delle sentenze che mano a mano smantellavano l’apparato segregazionista negli Stati Uniti. Nuove leggi sui diritti civili furono promulgate[50], ma il problema dell’integrazione ancora permaneva; si potrebbe forse dire che il problema permane tuttora in una società – non solo statunitense ma anche europea (e a maggior ragione italiana) – necessariamente multiculturale alla luce del progresso dei mezzi di comunicazione e delle spinte verso “i nord” del pianeta.

Nel 2009 i discendenti di Plessy e Ferguson scoprirono una targa posta nel luogo dove Homer Plessy era salito sul treno[51], mentre tre anni dopo sul bus n. 2857 di Montgomery[52], sul posto che Rosa Parks aveva occupato prima di essere arrestata si sedette il 44° Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama.

Note e riferimenti bibliografici.

[1] Pubblicato in questa Rivista il 10/08/2016.

[2] In particolare la celebre sentenza della Corte Suprema federale Dred Scott v. Sandford, 60 U.S. 393 (1857), di cui da poco è trascorso il centocinquantesimo anniversario. Il testo integrale della sentenza è reperibile al sito supreme.justia.com.

[3] V. R. Mitchell, The American civil war, 1861 - 1865, 2001, trad. it. a cura di L. Pece, La guerra civile americana, Bologna, 2003. Si rimanda all’opera citata anche per la genesi del conflitto, il suo sviluppo e per i riferimenti bibliografici in materia.

[4] Rispettivamente ratificati nel 1865, nel 1868 e nel 1870. Di seguito il testo delle norme per quanto di interesse.

XIII “La schiavitù o altra forma di costrizione personale non potranno essere ammesse negli Stati Uniti, o in alcun luogo soggetto alla loro giurisdizione, se non come punizione di un reato per il quale l’imputato sia stato dichiarato colpevole con la dovuta procedura. (...)”.

XIV “Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti e soggette alla loro sovranità sono cittadini degli Stati Uniti e dello Stato in cui risiedono. Nessuno Stato porrà in essere o darà esecuzione a leggi che disconoscano i privilegi o le immunità di cui godono i cittadini degli Stati Uniti in quanto tali; e nessuno Stato priverà alcuna persona della vita, della libertà o delle sue proprietà, senza due process of law, né rifiuterà ad alcuno, nell’ambito della sua sovranità, la equal protection of the laws. (...)”.

XV “Il diritto di voto dei cittadini degli Stati Uniti non potrà essere negato né misconosciuto dagli Stati Uniti, né da alcuno Stato, per ragioni di razza, colore o precedente condizione di schiavitù. (...)”.

[5] Sul piano politico-militare si vedano i termini della resa dell’Armata della Virginia del Nord (comandata dal famoso generale R.E. Lee), stipulata ad Appomattox il 9 aprile 1865, che consentivano ai soldati confederati di poter conservare i propri cavalli e i muli (per poter riprendere la coltivazione e il commercio) e tornare liberi nei propri Stati senza essere perseguiti dagli Stati Uniti fintanto che avessero rispettato la promessa di non riprendere le armi; mentre sotto l’aspetto del cerimoniale militare si veda anche la decisione del generale J.L. Chamberlain, il giorno seguente, di rendere gli onori militari al passaggio dei “sudisti” che sfilavano per deporre armi e bandiere.

[6]Gli Stati Uniti garantiranno a ogni Stato dell’Unione una forma repubblicana di governo (…)”.

[7] Cfr. R. Mitchell, op. cit., p. 129 ss., in particolare p. 133 e 134.

[8] Di contro cfr. l’art. 3 Cost. italiana che prevede non solo l’uguaglianza formale (al co. 1) ma anche (e soprattutto) quella sostanziale (co. 2) onerando la Repubblica (non solo lo Stato o “il pubblico” latu sensu ma anche i privati, cfr. art. 118 Cost. n.f.) a rimuovere gli ostacoli che limitano “di fatto” l’uguaglianza dei consociati.

[9] Con l’avverbio utilizzato ci si riferisce, naturalmente, alla veste formale dei provvedimenti e non al loro effettivo, sostanziale contenuto.

[10] Jim Crow era un personaggio delle ballate dei menestrelli (cd. coon songs) che raffigurava una persona di colore goffa e impacciata.

[11] Gli ex schiavi costituivano la maggioranza della popolazione in Mississippi e nella Carolina del Sud, mentre erano alla pari con i “bianchi” in Louisiana ed in generale rappresentavano circa il 40% della popolazione in quattro altri Stati ex confederati.

[12] In forza del cd. Compromesso nazionale del 1877 che prevedeva il ritiro delle truppe da tutti gli Stati ex confederati, la presenza di un democratico del Sud nel gabinetto Hayes, la costruzione di una ferrovia dal Texas all’oceano Pacifico, l’aiuto all’industrializzazione ed al risanamento economico del Sud, ma soprattutto l’astensione da parte del “Nord” dalla questione razziale.

[13] Il diritto di voto era cioè concesso a chi pagasse più di una certa somma (cfr. art. 33, n. 21 St. Albertino, art. 5, l. 30.06.1912, n. 666 – legge elettorale del 1912, ma v. ora art. 48 Cost.). Tra gli Stati che inserirono questa clausola furono Florida, Alabama, Tennessee, Arkansas, Louisiana, Mississippi, Georgia e il Texas.

[14] Consentiva l’esercizio del diritto di voto a chi avesse sufficiente cultura, va però ricordato come gli ex schiavi fossero esclusi dall’istruzione pubblica.

[15] Per consentire ai “bianchi” privi della necessaria cultura di votare, fu concesso loro il diritto di voto se il nonno (o il padre) avesse goduto dell’elettorato attivo prima dell’1.01.1867. A quell’epoca la maggior parte degli afroamericani si trovava ancora in condizione servile e comunque impossibilitata a votare prima del XV Emendamento (1870).

[16] Gli Slaughter-House Cases, 83 U.S. 36 (1873), comprendono varie cause che riguardavano la legislazione della Louisiana in materia di mattatoi. Queste attività producevano una massa ingente di scarti di lavorazione che finiva nell’acquedotto di New Orleans, con risultati facilmente immaginabili. I mattatoi furono centralizzati e inclusi in una corporation. Alcuni macellai si schierarono contro questo provvedimento sostenendo che ledesse la libertà di commercio e la concorrenza. La Corte Suprema, a stretta maggioranza (5-4), ritenne che il XIV Emendamento proteggesse i privilegi e le immunità dei cittadini degli Stati Uniti e non quelli dei singoli Stati.

[17] I Civil Rights Cases, 109 U.S. 3 (1883), indicano un gruppo di cinque sentenze decise dalla Corte Suprema sulla legge sui diritti civili del 1875 che bandiva la discriminazione razziale nell’accesso a tutti i servizi offerti al pubblico (quindi ad es. l’ammissione ai teatri, locali pubblici ecc.). I ricorrenti, tutti afro-americani, avevano citato in giudizio vari soggetti privati (compagnie di trasporto pubblico, albergatori, osti) che avevano loro rifiutato l’accesso. La Corte Suprema, a larga maggioranza (8-1) ritenne la legge del 1875 incostituzionale perché il Congresso non aveva i poteri per regolare gli affari privati, mentre il XIII Em. si limitava ad abolire la schiavitù. In sostanza, secondo la maggioranza della Corte, le predette norme costituzionali (XIII e XIV Em.) si applicavano solo agli Stati Uniti e non ai privati che quindi erano liberi di rifiutare l’accesso ai cittadini afroamericani. Justice Harlan, che ritroveremo più avanti, nella sua opinione dissenziente sostiene che “né lo Stato, né i pubblici ufficiali di alcuno Stato, né alcuna corporation o singola persona (…) possono (…) discriminare (…) in base alla razza (…)”.

[18] 1890 La. Acts 152. È appena il caso di ricordare che la Louisiana fu un possedimento francese fino alla cessione agli Stati Uniti nel 1803-1804. Proprio nella Louisiana venne emanato nel 1724 un code noir, ossia un testo legislativo sugli schiavi, a sua volta ispirato a quello per le Antille francesi del 1685.

[19] Da tale testo legislativo nasce, per l’appunto, l’espressione “separati ma uguali”, che pone però l’accento sulla separazione piuttosto che sull’uguaglianza.

[20] Trad. a cura dell’autore.

[21] Il comitato era composto da cittadini di New Orleans di varia provenienza ed estrazione sociale.

[22] Il biglietto ferroviario, infatti, copriva una tratta interstatale e quindi rendeva inapplicabile la legislazione della Louisiana, in base al principio federale di libertà di commercio (art. 1, sez. 8 Cost. USA), v. Hall v. De Cuir, 45 La. Ann. 80; 95 U.S. 485 (1877), ma rimaneva intatto il potere degli Stati di regolare i trasporti ed i traffici commerciali all’interno del proprio territorio.

[23] Nel giornale che dava notizia della vicenda il nome viene indicato come Adolph, che era in realtà il nome del padre.

[24] Dal lato paterno Plessy aveva evidenti origini francesi. Suo nonno, originario di Bordeaux, era giunto in Louisiana da Santo Domingo dopo l’insurrezione di L’Overture ed aveva sposato una donna libera “di colore”. Homer Plessy nacque nel pieno della guerra civile il 17 marzo del 1862, dopo la vicenda giudiziaria che lo vide protagonista ritornò nell’anonimato e si spense il 1° marzo del 1925.

[25] Il comitato, in particolare con l’assistenza legale di Albion Winegar Tourgée, aveva previsto la presenza di una persona con poteri di arresto per evitare che Plessy fosse accusato di altri reati, come ad es. il vagabondaggio e non di violazione della legge 111. La compagnia ferroviaria collaborò perché riteneva che la legge imponesse costi ulteriori e non necessari per acquistare un numero maggiore di vagoni ferroviari.

[26] Ex parte Plessy, 45 La. Ann. 80; 11 So. 948 (La. 1892) dell’1.01.1893. Justice Fenner citò anche dei precedenti di Corti del nord degli Stati Uniti come il Massachusetts e la Pennsylvania che ammettevano la segregazione raziale rispettivamente nelle scuole e sui mezzi di trasporto. Secondo la prima corte, anche ammesso che sussista un pregiudizio causato dalla segregazione razziale questo non è stato creato dalla legge e non può essere modificato dalla legge, mentre per i secondi la separazione altro non è che l’attuazione “dell’ordine della Divina Provvidenza (sic) che l’uomo non consenta a razze così diverse di mescolarsi”. Cfr. L.V. Tischauser, Jim Crow laws, Santa Barbara (Cal.), 2012, p. 30. In generale v. C.A. Lofgren, The Plessy Case: a legal-historical interpretation, New York, 1987. La sentenza della Corte Suprema della Louisiana è consultabile in lingua inglese al sito ravellaw.com.

[27] Tacendo la circostanza che di fatto le condizioni dei locali, delle carrozze ed in generale dei luoghi non fossero uguali quanto a spazi, pulizia e finanche igiene.

[28] Certo oggi si potrebbe muovere ad una simile considerazione una semplice, e schiacciante, obiezione, vale a dire che, a ben riflettere, l’oggetto del processo non è il diritto dei trasporti in sé per sé, bensì il pieno esplicarsi della personalità umana sulla base del principio di uguaglianza formale e sostanziale (ancora una volta v. artt. 2, 3, 16, 22 Cost. it.).

[29] Homer A. Plessy v. John H. Ferguson (Plessy v. Ferguson), 163 U.S. 537 (1896), docket n. 210, il testo della sentenza è disponibile in lingua inglese al sito supreme.justia.com.

[30] Ricordiamo che, purtroppo, una simile imposizione per i cittadini di religione ebraica venne prevista a seguito dalle leggi razziali in Germania.

[31] Justice Brewer non prese parte né alla discussione, né alla decisione per gravi motivi familiari.

[32] Tra questi anche Justice White, originario della Louisiana, che votò con la maggioranza. In seguito White sarebbe diventato, nel 1910, il nono Chief Justice degli Stati Uniti.

[33] Strauder v. West Virginia, 100 U.S. 303 (1880). In tale vicenda fu deciso che la legge statale che consentiva ai soli uomini bianchi, cittadini dello Stato e maggiorenni, di sedere come giurati si risolvesse in una discriminazione che implicava una inferiorità nella società civile e ledeva le garanzie delle persone “di colore” (diritto alla “giuria di pari”, VI Em.).

[34] V. L. Paddock, Harlan, John Marshall (voce), in American National Biography Online, 2000.

[35] Harlan ha avuto ragione. La sentenza Plessy è effettivamente tra le più disastrose della Corte Suprema federale. Secondo il sito blogs.findlaw.com si trova al 4° posto su tredici, mentre per il sito mic.com è al 2° posto su sei (dopo Dred Scott).

[36] Tuttavia, pur nella sua promozione dei diritti civili, Justice Harlan, incidentalmente, dichiara che “esiste una razza così differente dalla nostra cui non permettiamo di diventare cittadini degli Stati Uniti. Le persone che appartengono (a quella razza) sono, salvo poche eccezioni, assolutamente escluse dal nostro paese. Alludo ai cinesi”.

[37] Gli afroamericani venivano fatti salire da un’apposita porta collocata sul retro, mentre – naturalmente – l’autista si trovava davanti. Nel tempo necessario per acquistare il biglietto, scendere e risalire, accadeva sovente che il pullman ripartisse.

[38] Nata Rosa Louise McCauley (4.01.1913 – 24.10.2005), Rosa Parks è stata un’importante figura nel movimento che propugnava l’uguaglianza degli afroamericani con gli altri cittadini degli Stati Uniti.

[39] Secondo la sez. 11 del cap. 6, ogni dipendente della compagnia di trasporto operante in città aveva i poteri identici a quelli di un agente di polizia durante la guida dell’autobus per attuare la separazione prevista dalla sezione precedente ed il passeggero era obbligato a sedere nella zona riservata alla propria razza. Già in alcuni casi precedenti gli afroamericani che si erano rifiutati di cedere il posto, ovvero di spostarsi, vennero arrestati.

[40] La donna fu rilasciata la sera stessa su cauzione.

[41] Per più di un anno, 381 giorni per l’esattezza, gli afroamericani boicottarono la compagnia di trasporto pubblico locale di Montgomery. Alla protesta partecipò anche Martin Luther King.

[42] Morgan v. Virginia, 328 U.S. 373 (1946). Anche in tal caso fu invocate la clausola di libertà di commercio, come accadde nella già citata Hall v. De Cuir, ma non il XIV Emendamento.

[43] Browder v. Gayle, 142 F. Supp. 707 (1956), del 5.06.1956 disponibile in lingua inglese su google scholar.

[44] Tanto in forza di una legge del 1871 (17 Stat. 13), formalmente intitolata “Legge per l’attuazione del XIV Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti e per altri scopi”, meglio conosciuta come Legge dei diritti civili del 1871. La norma fu poi recepita nella raccolta ufficiale delle leggi federali (noto come U.S. Code o USC) che al § 1983 del titolo 42° prevede una specifica azione contro la discriminazione causata dalla violazione o privazione dei diritti, privilegi ed immunità previsti dalla Costituzione e dalla leggi (cfr. con l’azione contro la discriminazione di cui agli artt. 43 e 44 d.lgs. 25.07.1998 n. 286 – T.U. immigrazione, che prevede anche il ricorso all’autorità giudiziaria “Quando il comportamento di un privato o della pubblica amministrazione produce una discriminazione per motivi razziali, etnici, linguistici, nazionali, di provenienza geografica o religiosi (…) per domandare la cessazione del comportamento pregiudizievole e la rimozione degli effetti della discriminazione” con possibilità anche di condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali).

[45] Citando la celebre Brown v. Board of Education, 347 U.S. 483 (1954). La Corte Suprema decise, all’unanimità, che la separazione delle classi violava il XIV Emendamento dacché separare gli studenti in base al colore delle pelle era intrinsecamente diseguale. Lo stesso giorno fu decisa una vicenda analoga Bolling v. Sharpe, 349 U.S. 497 (1954), che riguardava direttamente il Governo federale.

[46] Lynne motivò il suo dissenso, ritenendo che dovesse essere la Corte Suprema federale e non un giudice inferiore a dover espressamente superare Plessy. Secondo Justice Lynn anche nel già citato caso Brown la Corte Suprema aveva affermato che vi era ancora spazio per una simile dottrina, “anche se le sue applicazioni sono sempre costituzionalmente sospette”. Nell’impostazione del dissenso sembra emergere una titubanza verso una giurisprudenza, che con termini moderni chiameremmo “creativa”, che si sostituisce al legislatore ovvero al vertice giurisdizionale. Tanto, sempre per usare le espressioni del giudice Lynn, “non per un cieco rispetto (della) regola dello stare decisis” (del precedente vincolante) quanto piuttosto in favore di una stabilità delle leggi.

[47] L’espressione indica che la decisione viene presa collettivamente dalla Corte e non è espressione di un’opinion cui gli altri giudici aderiscono (o da cui dissentono).

[48] Gayle v. Browder, 352 U.S. 903 (1956) e 352 U.S. 950 (1956) per il rigetto dell’istanza di nuova udienza.

[49] Di fatto la segregazione ebbe termine il 20 dicembre, solo dopo la notifica della sentenza al sindaco di Montgomery.

[50] Ci si riferisce ai Civil Rights Act del 1957 e del 1964.

[51] Gli stessi discendenti hanno creato una fondazione, con lo scopo di diffondere la conoscenza della storia dei diritti civili, dal significativo nome “Plessy and Ferguson” (con la congiunzione “and” “e” al posto di “v.” “contro”).

[52] Conservato al Museo Henry Ford a Deaborn (MI).