Pubbl. Ven, 4 Ago 2017
Gioco e scommesse, legittima la limitazione di orario degli apparecchi con vincita in denaro
Modifica paginaCon la sentenza 11 luglio 2017, n. 839, il TAR per il Piemonte ha dichiarato la legittimità di un’ordinanza del sindaco recante la limitazione degli orari di funzionamento degli apparecchi con vincita in denaro installati nei pubblici esercizi autorizzati.
L’amministratore di una società di apparecchi da gioco impugnava l’ordinanza n. 32 del 27.10.2016 emessa dal Sindaco di Verbania che prevedeva delle limitazioni temporali all’esercizio del gioco tramite apparecchi e congegni automatici di intrattenimento (ossia quelli di cui all’art. 110 co.6 e 7 del T.U.L.P.S.) all’interno delle sale gioco, delle sale scommesse, degli esercizi pubblici e commerciali dei circoli privati e di tutti i locali pubblici od aperti al pubblico asserendo che fosse stata emessa in violazione di legge nonché in eccesso di potere.
Il T.A.R. del Piemonte ha ritenuto di dover respingere il ricorso proposto ritenendo legittima tale ordinanza; il giudice amministrativo ha infatti posto in evidenzia nella premessa come la “ludopatia” sia considerata dall’Organizzazione mondiale della Sanità quale patalogia, nonché come il legislatore nazionale si sia adoperato per intervenire in materia, seppur in modo “disorganico”.
Riprendendo poi la sentenza n. 108 dell’11 maggio 2017 della Corte Costituzionale, ha ricordato che dapprima il D.L. 158/2012 ha dettato una serie di disposizioni per contrastare l’insorgenza della ludopatia stabilendo che le cd. slot-machine che risultassero ubicate in vicinanza di luogo come scuole, ospedali, luoghi di culto, etc. dovessero essere ricollocati; successivamente la l. 23/2014 delegava al Governo “ad attuare, con i decreti legislativi di cui all'articolo 1, il riordino delle disposizioni vigenti in materia di giochi pubblici, riordinando tutte le norme in vigore in un codice delle disposizioni sui giochi, fermo restando il modello organizzativo fondato sul regime concessorio e autorizzatorio, in quanto indispensabile per la tutela della fede, dell'ordine e della sicurezza pubblici, per il contemperamento degli interessi erariali con quelli locali e con quelli generali in materia di salute pubblica, per la prevenzione del riciclaggio dei proventi di attività criminose, nonché per garantire il regolare afflusso del prelievo tributario gravante sui giochi” (sempre al fine di contrastare l’insorgenza della patologia; infine la legge di stabilità 2016 (l. 208/2015) aveva stabilito le caratteristiche dei punti vendita ovi si raccoglie gioco pubblico nonché sancito i criteri per la distribuzione e concentrazione territoriale. Tutte questa disomogenea normativa in materia non aveva però avuto attuazione soprattutto a causa dei numerosi interessi che gravitano intorno al “gioco”.
In questo disorganizzato quadro normativo, le Regioni hanno, quindi, provveduto ad adottare misure per prevenire e contrastare la ludopatia: la Regione Piemonte ha infatti approvato la la legge regionale 2 maggio 2016 n. 9, intitolata “Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico” e sulla base di ciò i vari Comuni piemontesi si sono adoperati nel dettare specifiche discipline da applicare in ambito locale, sempre nel tentativo di sopperire alle lacune del legislatore nazionale in materia.
Nell’impugnazione, la ricorrente lamentava però una serie di censure con riferimento alla disparità di trattamento nonché alla sua sproporzionalità: il T.A.R. non ha accolto alcuno dei motivi formulati stabilendo che l’ordinanza sindacale, avente ad oggetto gli orari di apertura delle sale da gioco “non deve essere necessariamente adottata sulla base degli indirizzi espressi dal Consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione” ricordando come i criteri regionali non siano né tassativi né obbligatori.
E’ stato inoltre posto in evidenza che “la censura di disparità di trattamento formulata con riferimento al gioco on-line, non intaccato dai provvedimenti impugnati, tenuto conto che l’amministrazione comunale non ha il potere di intervenire su tale tipologia di gioco e che la parità di trattamento invocata dalla parte ricorrente si risolverebbe, assurdamente, nell’impossibilità per le amministrazioni comunali di arginare il fenomeno del gioco patologico a tutela delle fasce più esposte della comunità locale, anche con riferimento alle tipologie di gioco per le quali la legge riconosce loro facoltà di intervento.” Nonché “l’idoneità dell’atto impugnato a realizzare l’obiettivo perseguito deve essere apprezzata, tenendo presente che scopo dell’ordinanza comunale non è quello di eliminare ogni forma di dipendenza patologica dal gioco (anche quelle generate da gratta e vinci, lotto, superenalotto, giochi on line, etc.), obiettivo che travalicherebbe la sfera di attribuzioni del Comune, ma solo quello di prevenire, contrastare, ridurre il rischio di dipendenza patologica derivante dall’utilizzo di apparecchiature per il gioco. La riduzione degli orari di funzionamento degli apparecchi in esame è, in altre, parole, solo una delle molteplici misure che le autorità pubbliche possono adottare per combattere il fenomeno della ludopatia, che ha radici complesse e rispetto al quale non esistono soluzioni di sicuro effetto”.
La censura, poi, con riguardo al difetto d’istruttoria non è estata accolta sulla base che pur non avendo l’amministrazione svolto adeguate indagini inerenti l’incidenza della ludopatia sul territorio, la diffusione di tale fenomeno in ampie fasce della popolazione “costituisce un fatto notorio o, comunque, una nozione di fatto di comune esperienza, come attestano le numerose iniziative di contrasto assunte dalle autorità pubbliche a livello europeo, nazionale e regionale”.
Tra le varie censure mosse, veniva anche addotta la violazione dell’art. 50 comma 7 del TUEL ossia veniva sostenuto che il Sindaco avesse adottato il provvedimento impugnato senza che il Consiglio comunale esprimesse i necessari indirizzi. Neanche questo motivo di censura è stato accolto sulla base dell’art. 50 comma 7 del D. Lgs. n.267/2000 il quale prevede che “il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'ambito dei criteri eventualmente indicati dalla regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti” ed avendo la Corte Costituzionale con la sentenza n. 220 del 2014 stabilito che “così come evidenziato dalla giurisprudenza amministrativa di legittimità e di merito, proprio la disposizione censurata [art. 50 comma 7 TUEL] può fornire un fondamento legislativo al potere del sindaco di disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali sono installate le apparecchiature per il gioco...”. In particolare, la Corte ha sottolineato come in forza della generale previsione dell'art. 50, comma 7 del T.U.E.L. "il sindaco può disciplinare gli orari delle sale giochi e degli esercizi nei quali siano installate apparecchiature per il gioco e che ciò può fare per esigenze di tutela della salute, della quiete pubblica, ovvero della circolazione stradale".
Tenuto conto di tutto ciò, il T.A.R. non ha accolto il ricorso ma, in considerazione della disomogeneità del quadro normativo “e che la relativa disciplina è ancora in attesa di una definizione organica e complessiva”, ha ritenuto di compensare le spese.
In conclusione, si deve ritenere legittimamente adottata l’ordinanza del sindaco con la quale vengano limitati gli orari di funzionamento degli apparecchi e congegni automatici da gioco e intrattenimento all’interno delle sale da gioco, delle sale scommesse, degli esercizi pubblici e commerciali, dei circoli privati e di tutti i locali pubblici o aperti al pubblico, al fine di disincentivare il fenomeno del gioco d’azzardo patologico e garantire la tutela della salute pubblica e del benessere individuale e collettivo.